Max Angelelli vince e smette. Nell&rsquo;anniversario dei 50 anni dal trionfo di Lorenzo Bandini su Ferrari, nella parata pi&ugrave; stordente della storia endurance, un pilota italiano 50enne trionfa alla 24 Ore di Daytona, su una Dallara Cadillac - anche se ufficialmente ha solo il marchio americano -, che pi&ugrave; tricolore di cos&igrave; non si pu&ograve;, battendo una vettura gemella.  Fino a oggi Max era arrivato sette volte secondo a Daytona, classicissima nella quale in realt&agrave; era riuscito a vincere solo una volta, nel 2004, insieme a Wayne Taylor, suo team boss. Che tredici anni dopo fa correre col pilota bolognese, giunto all&rsquo;ultimo hurr&agrave;,&nbsp;i suoi due figli, Ricky e Jordan, insieme all&rsquo;asso della Nascar, Jeff Gordon.&nbsp;  Ritenuto l&rsquo;anello debole della catena, in un&rsquo;edizione complessa e selettiva, con molta pioggia e il triplo delle insidie in pista, il vecchio Max si rivela perfetto e velocissimo al volante, comportandosi alla grande e divenendo nei momenti di pausa dalla guida fondamentale team coach al box, dopo essere stato l&rsquo;uomo che aveva svezzato la nuovissima Dallara Dpi, all&rsquo;occorrenza ribattezzata Cadillac, ma di genesi e natali tricolori quanto quelli dello stesso Max the Axe.&nbsp;  &Egrave; una vicenda fantastica, che avvince e fa commuovere chi ama le corse, ma anche e soprattutto chi, pi&ugrave; semplicemente, adora le belle storie tout-court.  Roba positiva, galvanizzante, catartica, che ti fa far pace col mondo. Non solo. Coi chiari di luna che si vivono nelle corse, il trionfo di Angelelli e Dallara nella classicissima dell&rsquo;endurance si candida fin d&rsquo;ora a diventare il successo di un binomio tricolore pi&ugrave; importante di tutta la stagione automobilistica, fatte salve successiva sorprese inattese, peraltro pi&ugrave; che ben accette.  E allora, qual &egrave; il problema?  Per Max e la Dallara, nessun problema. Solo meritati applausi.&nbsp;  Per noi, sportivi, race fans, spettatori e aficionados italiani, invece, di problemi ce ne sono almeno un paio e belli grossi quanto assurdi.  Il primo. La risonanza mediatica. Max &egrave; protagonista di una delle corse e delle imprese pi&ugrave; belle della storia recente delle corse e i grandissimi mezzi d&rsquo;informazione ben poco lo filano. Diciamo quasi zero. E di sicuro nessuno lo inviter&agrave; a qualche talk-show, gli dar&agrave; la parola, ne mostrer&agrave; le doti raffinate e pervicaci che da tre lustri hanno fatto di lui un plurititolato Grand-Am, gi&agrave; campione italiano di F.3 e splendido specialista di Macao in monoposto.  Perch&eacute; in certi weekend italiani c&rsquo;&egrave; spazio solo se sei un calciatore di Serie A o financo di Lega Pro, magari protagonista di un gol in sospetto fuorigioco o d&rsquo;un fallo da moviola.&nbsp;  Angelelli, l&#39;ultima impresa del bolognese d&#39;America: &quot;Senza parole&quot;  E sui telegiornali con la tua storia personale scannerizzata in bella evidenza ci vai se squagli la suocera nell&rsquo;Acqua Ragia, mica se vinci la 24 Ore di Daytona.  Ma c&rsquo;&egrave; dell&rsquo;altro, non bastasse questo, perch&eacute; certe volte proprio noi italiani siamo un caso unico al mondo e, purtroppo, la maggior parte delle volte, clinico.  Come noto, il trionfo della Cadillac by Dallara del team di Wayne Taylor &egrave; stato propiziato nel finale di gara causa una toccata del figlio Ricky Taylor, che in quel momento era al volante, con la vettura gemella e battistrada del team Action Express, mentre c&rsquo;era il 31enne portoghese Filipe Albuquerque nell&rsquo;abitacolo.  Storia semplice.&nbsp;  Per giri e giri Ricky punta Filipe, che pervicacemente e legittimamente non d&agrave; strada, facendo ostruzione con impenetrabili traiettorie scudo. Fino a che, alla curva uno, Albu allarga, Taylor tenta d&rsquo;infilarsi tenendo una traiettoria interna, il leader stringe la curva, i due inevitabilmente si toccano e la nera Dallara-Cadillac inseguitrice passa in testa, mentre quella bianca ha la peggio, esce, si scompone e perde game, set e match.&nbsp;  Una manovra al limite, certo che s&igrave;, ma a quel punto e in quel punto ci poteva e ci doveva stare. Chiaro, con l&rsquo;isteria formalista da periti assicuratori che c&rsquo;&egrave; stata in F.1 fino alla scorsa stagione, un&rsquo;entrata del genere sarebbe stata sanzionata di sicuro e col massimo della pena prevista.&nbsp;  Ma fortunatamente negli Usa - dove l&rsquo;infilata estrema di Zanardi a Herta al Cavatappi di Laguna Seca all&rsquo;ultimo giro della gara Cart 1996, viene ancora giustamente, machisticamente e sportivamente considerata un umanissimo capolavoro e le buone maniere sull&rsquo;asfalto o fuori non sono un&#39;ossessione - l&rsquo;occhio dei commissari segue vie pi&ugrave; elasticamente eque e cos&igrave; il trionfo dell&rsquo;equipaggio Taylor-Taylor-Angelelli-Gordon tale &egrave; restato, senza decisioni a tavolino o odiosi provvedimenti discilpinari a posteriori.  Non &egrave; bastato.&nbsp;  Perch&eacute; la maggior parte dei commenti togati made in Italy sottolinea che la vittoria &egrave; avvenuta tra le polemiche e a causa di un episodio di gara controverso, per non dir peggio.  Mi sembra di sognare.&nbsp;  Neppure in Argentina, all&rsquo;indomani della vittoria calcistica ottenuta con un gol di mano di Maradona, fu stigmatizzato il gesto del Pibe de Oro.&nbsp;  Perfino in Italia, all&rsquo;indomani del trionfo ai mondiali contro la Francia, nessuno disse che si trattava d&rsquo;una vittoria psicologicamente non aliena a una provocazione scorretta di Materazzi a Zidane che poi casc&ograve; nel tranello e fu quel che fu.  Re Bernie deposto. &Egrave; la fine di un&rsquo;epoca  Ma qui in realt&agrave; il discorso sarebbe ed &egrave; molto pi&ugrave; facile, carino e scorrevole, perch&eacute; quando &egrave; successo l&rsquo;episodio controverso Max i suoi stint di guida li aveva comunque portati a termine e da gran campione, quindi l&rsquo;epilogo, comunque lo si voglia giudicare, &egrave; del tutto ininfluente con la sua prodezza oggettiva di splendido 50enne.  Invece no. Non &egrave; cos&igrave; per tutti, come dovrebbe essere. Meglio storcere la bocca e puntare il ditino, no?  La nuda verit&agrave;? Max Angelelli merita un immenso abbraccio e una standing ovation per essere stato per anni e da anni il pilota pi&ugrave; sottostimato tra gli italiani che si sono distinti negli Usa.  E inoltre ha tutti i numeri per essere portato in trionfo a braccio, perch&eacute;, oltre a essere un plurivincitore di Daytona e gi&agrave; della Grand-Am, &egrave; riuscito a condurre in porto un successo ancora pi&ugrave; lodevole e sintomo di forza caratteriale: quello d&rsquo;aver sopportato e sconfitto col sorriso l&rsquo;indifferenza, il mancato tributo e il voltarsi dall&rsquo;altra parte di chi non doveva.  Ancora una volta, nelle corse, a gara terminata, un italiano vincente deve misurarsi col pi&ugrave; acerrimo degli avversari: noi stessi. O meglio, l&rsquo;Italia che fa finta di non vedere.  Tanto che se fossero nati in Inghilterra, miti dell&#39;endurance come Merzario, Vaccarella, Pirro, Capello e Baldi avrebbero monumenti equestri in piazza,. Invece sono italiani in questa Italia, quindi nisba.  Be, dai, non importa. Per una volta, in pista, meglio machisti che masochisti.  Grande, immenso Max Angelelli e, ancora una volta, complimenti, Dallara.  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La toccata del compagno Taylor con Albuquerque non inficia l&rsquo;impresa&nbsp;di Max e della Dallara-Cadillac: chi non lo riconosce ha solo torto...

Angelelli a Daytona: &egrave; vera gloria!

Max The Axe ha vinto con la Cadillac-Dallara del team Taylor la 24 Ore di Daytona 2017, l&rsquo;ultima gara della sua carriera lunga tre decenni. Arrivato ai 50 anni, Angelelli ha deciso di ritirarsi, dopo aver vinto 27 gare nell&rsquo;IMSA, due titoli nelle Grand-Am Rolex Sports Car Series e, all&rsquo;inizio della sua carriera, il titolo italiano Formula 3. Le immagini di una vita da corsa.&nbsp;

Max Angelelli: il bolognese che ha trovato l’America

La 24 Ore dei prototipi ha visto trionfare le Cadillac, con Max Angelelli che chiude alla grande la carriera anche grazie al duello all&rsquo;arma bianca del compagno Rick Taylor contro Albuquerque. Ma a Daytona si sono viste grandi battaglie anche e soprattutto nelle categorie GT.

24 Ore di Daytona: Max trionfa e chiude

&ldquo;Qui &egrave; dove tutto &egrave; cominciato e qui &egrave; dove tutto finir&agrave; per me come pilota&quot; racconta il veterano delle vetture prototipo Massimiliano Angellelli. Il bolognese ha annunciato che la 24 ore di Daytona, la prima gara con la Cadillac DPi-V.R per la WTR, sar&agrave; l&#39;ultima gara della sua carriera. Iniziata nel 1987 con le monoposto della Formula Alfa Boxer.  Per lui il titolo italiano di Formula 3 nel 1992, quando il nostro campionato era ultra-competitivo e con anche cinquanta vetture al via. Poi la Formula 3 tedesca (1993-1995), il Gran Premio di Macao di Formula 3 (1996), il FIA GT (1997-1998). Ed anche la 24 Ore di Le Mans 1999 alla guida di una Panoz LMP-1 Roadster-S motorizzata Ford e conclusa 11esimo.  Nel 1999 con l&#39;American Le Mans Series &egrave; iniziata la sua avventura statunitense, ricca di successi, che andr&agrave; a concludersi appunto alla fine di questo mese. L&#39;anno pi&ugrave; ricco di soddisfazioni per Max &egrave; stato il 2005, quando con il suo storico compagno di squadra Wayne Taylor ed Emmanuel Collard hanno vinto la 24 Ore di Daytona e conquistato il campionato Grand American Daytona Prototype di quell&#39;anno.  &ldquo;Sono diventato chi sono proprio qui, partendo da Daytona, ed ora andr&ograve; a salutare e ringraziare la gente proprio in questa pista. Penso sia giusto cos&igrave;. Ringrazio Wayne per avermi spinto a correre a Daytona ancora una volta.&rdquo;  &quot;Max the Axe&quot; in America ha vinto due volte la Grand-Am ed in totale 27 gare in Imsa, anche se ha deciso di autoretrocedersi a terzo pilota per la Wayne Taylor Racing nelle ultime stagioni. &ldquo;Volevo farlo prima,&rdquo; ha raccontato a Sportscar365. &ldquo;Wayne mi ha convinto perch&eacute; mi conosce molto bene e sa quanto sono legato a Daytona come gara, come tracciato , come tutto&quot;.  Angelelli, che ha compiuto 50 anni a dicembre, &egrave; co-proprietario della WTR e rimarr&agrave; attivo nella squadra e nell&#39;essere il collegamento tra la sede del team ad Indianapolis, la Dallara e la Cadillac. &ldquo;Ormai &egrave; diventato praticamente impossibile per me fare entrambe le cose e rendere al livello che la squadra vuole da un pilota,&rdquo; ha commentato. &quot;C&#39;&egrave; sempre una fine a tutto nella vita&rdquo;.  &ldquo;Ho avuto una carriera in Europa e poi sono andato in Giappone, poi sono stato mandato in America contro la mia volont&agrave;!&rdquo; ha raccontato. &ldquo;Me ne sono andato dagli States e tornato in Giappone perch&eacute; &egrave; dove volevo stare. Per una serie di coincidenze, sono tornato in Usa e devo dire grazie a quelli che mi hanno forzato a farlo, e Wayne era uno di loro. Credo sia stata la migliore decisione della mia carriera. La seconda &egrave; stata andare in Grand-Am. Era una grande organizzazione. L&igrave; mi sono fatto un nome e devo ringraziarli&rdquo;. 

Il bolognese chiuder&agrave; la propria lunga carriera piena di successi dopo la 24 ore della Florida

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