Due riflessioni sull&rsquo;immediato dopo Binotto, premettendo che qui non si parla n&eacute; si fa il nome del successore prescelto. La prima riguarda il passato e la seconda il futuro. Tanto per cominciare, vorrei richiamare l&rsquo;attenzione su una cosa piuttosto singolare, ossia questa. Dal 1961 a oggi, guardando tra tutti i supercapi assoluti o quasi, si capisce e si carpisce una realt&agrave; piuttosto sconvolgente: chi lascia la Ferrari, poi in F.1 non vince pi&ugrave; niente o quasi. Verissimo, c&rsquo;&egrave; la figura di Ross Brawn a meritare considerazione e considerazioni, visto che nel 2009 con la BrawnGp ha poi vinto mondiali in un sol colpo da proprietario, team principal e responsabile strategico di muretto, per&ograve; va anche detto che lui capo assoluto alla Ferrari non &egrave; mai stato, ricoprendo una figura ad hoc di apicale semi-intermedio rispetto ai semidei Montezemolo &amp; Todt, in qualit&agrave; di Direttore Tecnico, e alla fine andandosene alla Honda proprio perch&eacute; la scalata al vertice non la vedeva praticabile.  I destini di chi lascia la Ferrari  Tutti gli altri hanno fatto molto, producendo progetti e idee interessanti, ma mai bissando altrove la gloria ottenuta a Maranello. Di Chiti tutto si sa, di Forghieri abbiamo detto e scritto tutto - il suo motore Lamborghini V12 meritava maggiori chance, in verit&agrave; -, Piccinini, un politico-amministrativo e non un tecnico, poi se n&rsquo;&egrave; andato altrove, dividendosi tra incarichi Fia e l&rsquo;avveduta gestione del suo capitale finanziario. Fiorio, che in questo numero trovate intervistato proprio nel suo ruolo di ex timoniere Rosso, ha avuto il vanto di riuscire a vincere un Gp con Panis a Montecarlo 1996, con la modesta Ligier ottenendo anche dieci podii, e meriterebbe una medaglia d&rsquo;oro al valore sol per questo. Quanto a Jean Todt, chiuso il rapporto con la Ferrari, s&rsquo;&egrave; dedicato con successo a incarichi presidenziali globali, quindi onore al merito. Quanto a Marco Mattiacci e Maurizio Arrivabene, dopo la Rossa F.1 si sono in altre faccende affaccendati. Per certi versi, solo Montezemolo ha la gloria d&rsquo;aver vissuto due ere vincenti in archi narrativi e agonistici diversi, ma, attenzione, pur sempre all&rsquo;interno della Ferrari, prima da giovane diesse e poi da austero Presidente, ovviamente mai altrove. La verit&agrave; &egrave; che chi lascia Maranello, perde la magia vincente. Come la teoria dell&rsquo;ostrica letteriariamente, socialmente ed esistenzialmente propugnata da Giovanni Verga: smarrendo la roccia d&rsquo;origine, l&rsquo;organismo soffre assai e non prospera come prima.  Ferrari, il capo &egrave; come il Presidente degli USA  Nelle pagine dedicate qui dedicate appunto a Fiorio, lui stesso risponde con l&rsquo;acutezza di sempre che la Ferrari &egrave; la pi&ugrave; grande universit&agrave; al mondo specializzata in corse e chiunque esca, per definizione, percorre gradini verso il basso, mai verso l&rsquo;alto. &Egrave; vero. Come &egrave; vero che tecnici di talento e responsabilit&agrave; alta quali Aldo Costa e James Allison, a turno, si sono poi inseriti stupendamente bene nella Mercedes, divenendo strumenti di vittoria, dopo essere stati validissimi anche in Ferrari, ma senza esserne stati mai stati i capi assoluti. Il superboss rosso, per definizione, dati alla mano, quando smette d&rsquo;esserlo non lo diventa per altri. Come un Presidente degli Stati Uniti che, esaurito il mandato, singolo o doppio che sia, poi non va al servizio d&rsquo;altre potenze, in ogni caso adeguandosi a un tipo di vita diversa. Mi viene da sorridere a pensare a Binotto come a un possibile e incattivito Donald Trump in cerca di rivalsa. Galantomismo nel comportamento e serenit&agrave; personale fanno di lui un tipo assai diverso dal focoso tycoon pel di carota, quindi, comunque e dovunque vada in futuro dopo il gardening, sar&agrave; sempre con poco chiasso e molto stile.  Seconda riflessione  La seconda faccenda, invece, &egrave; di carattere socio-mediatico. Mai come stavolta, a Binotto dimesso e a sede maranelliana vacante, s&rsquo;&egrave; scatenato il toto-responsabile Ges. Neanche al commiato di Todt targato 2008, al tempo in veste di Ad, che era stato il capo Rosso pi&ugrave; vincente di tutti, c&rsquo;era stata tanta febbrile e spasmodica ricerca del nome dell&rsquo;erede. Come sempre, c&rsquo;&egrave; da pensare che questo cambiamento non sia casuale. C&rsquo;era una volta il mercato Piloti e la ricerca soignante di un grande campione per la Ferrari. Tutto partiva dal presupposto che per fare una grande squadra era fondamentale avere un gran manico al volante, tutto l&igrave;. Al resto pensava lui. &laquo;Date una macchina decente o buona a Niki Lauda e lui vi porter&agrave; a casa un titolo mondiale&raquo; - diceva orgoglioso Mauro Forghieri.  Un bravo figlio di...  Adesso no. Non pi&ugrave;. Credo che questa sorprendente enfasi nella ricerca di un nome e un volto con cui sostituire Binotto affondi le radici in una nuova, rivoluzionaria e amarissima consapevolezza ormai condivisa da tutti. In F.1, in questa F.1, se non hai un capo politicamente forte, superavveduto, sgamato, all&rsquo;occorrenza anche un tantino spregiudicato e figlio di buona donna, proprio non vai da nessuna parte. L&rsquo;ingegner cortese, la persona intelligente ed educatissima, lo studioso promosso a condottiero - incarnato a torto o a ragione da Binotto - sembra aver lasciato questo, come retrogusto analitico e pretesa risarcitoria, tra la gente. Forse questa ricerca spasmodica del nome capace di aggiustare tutto parte dalla consapevolezza, secondo me un po&rsquo; triste e pure malinconica, che in un Circus come questo &egrave; meglio poter contare su un condottiero estremo, tosto, sinuoso, politico e all&rsquo;occorenza politicone, iperfurbo, tentacolare e superdeterminato, che non avere a disposizione Adrian Newey o Max Verstappen. Il tempo passa e i gusti cambiano, assieme alle legittime esigenze. La base dei ferraristi, spesso masticando amaro, ha capito la lezione e reagisce a suo modo. Teniamoci pure Leclerc, Sainz e Cardile che sono bravissimi, ma dateci al comando uno pi&ugrave; cattivo della suocera di Helmut Marko incrociata con la zia di Eva Kant e il nipote di Tex Willer, senn&ograve; qui non si va da nessuna parte. L&rsquo;avete voluta la F.1 post-eroica tutta soldi, circuiti arabescati, giochi di potere, zero rischi e very politicona? Adesso godetevela. 

<p>Tutti a cercare di indovinare chi sar&agrave; il sostituto di Binotto con un sogno preciso i testa...</p> 

Quella voglia pazza del figlio di buona donna

Comunque andr&agrave; a finire il prossimo Gp di Cina &egrave; destinato a diventare una pietra miliare del Circus. La pista di Shanghai, domenica prossima, ospiter&agrave; la gara numero 1000 della storia della categoria Era il 13 maggio 1950 quando a Silverstone la straordinaria avventura della massima serie del motorsport ebbe inizio. La Scuderia Ferrari non c&rsquo;era, avrebbe debuttato in Formula 1 nel successivo GP di Monaco, ma da quel momento &egrave; stata sempre protagonista, scrivendo alcune delle pagine di maggior successo.  Sedici titoli Costruttori e 15 Piloti ne sono la prova cos&igrave; come 235 vittorie, 220 pole position e 752 arrivi sul podio. Fin qui la storia. Ma c&rsquo;&egrave; un presente ancora tutto da scrivere quest&rsquo;anno per la Ferrari che nel terzo round del Mondiale F.1 cerca quella vittoria solo accarezzata in Bahrain con Charles Leclerc, nuovo idolo del popolo rosso. Dopo le due doppiette Mercedes a Melbourne e Sakhir che hanno gi&agrave; lanciato in orbita le Frecce d&rsquo;Argento per la Scuderia &egrave; arrivato il momento di invertire la rotta.  Ma come si vive la vigilia in casa Ferrari? Sottolinea il team principal Mattia Binotto: &laquo;Il terzo appuntamento della stagione ci vede impegnati su una tipologia di pista diversa sia da quella di Melbourne che da quella del Bahrain. In questo caso abbiamo un lunghissimo rettilineo e curvoni che sollecitano in modo particolare l&rsquo;anteriore. Dal canto nostro vogliamo accertarci della competitivit&agrave; della SF90 anche su questo tipo di tracciato e verificare che i problemi di affidabilit&agrave; avuti in Bahrain non si ripetano. Come sempre siamo desiderosi di fare bene e di confrontarci con i nostri avversari: sar&agrave; la gara numero 1000 della storia della Formula 1, una ragione in pi&ugrave; per provare ad eccellere&raquo;. 

<p>In Ferrari c&#39;&egrave; grade voglia di non mancare all&#39;appuntamento storico riscattando un avvio di stagione non all&#39;altezza delle aspettative</p> 

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Quella voglia pazza del figlio di buona donna

Binotto: "In Cina il GP numero 1000, una ragione in più per eccellere"