        Ora che Felipe Massa percorre vie legali per cercare di riavere il titolo 2008, ovvero un riconoscimento del danno subito in quella controversa fine stagione a Singapore, prodromo di Interlagos, arriva l&rsquo;anniversario scomodo, il quarantesimo, con la parte calda e decisiva dell&rsquo;annata 1983. La prima di un mondiale vinto da un motore turbo, il 4 cilindri BMW, montato sulla Brabham a freccia, guidata da Nelson Piquet e progettata da Gordon Murray. E questo sarebbe niente. Il "mistero" irrisolto della Brabham 1983 Il problema &egrave; che ancora oggi nessuno ha capito quelle ultime tre gare, che videro improvvisamente le Brabham dello stesso Piquet e di Patrese mettersi a volare, imprendibili - in un mondiale fin l&igrave; equilibratissimo - e aggiudicarsi le restanti tre gare in programma, a Monza, Brands Hatch e Kyalami, rispettivamente nei Gp d&rsquo;Italia, Europa a Sudafrica. Qualcuno parl&ograve; di benzina con l&rsquo;ottano balordo, di prelievi controversi e di valori decisamente prossimi all&rsquo;irregolarit&agrave;, altri smentirono, la Federazione mai chiar&igrave; del tutto la questione. Semplicemente Piquet vinse due gare di seguito, Patrese una, l&rsquo;ultima, appunto in Sudafrica, mentre gli altri due contendenti, prima Arnoux su Ferrari e infine Prost su Renault, andarono in crisi e il brasiliano pot&eacute; festeggiare allegramente il suo secondo titolo mondiale dei tre che avrebbe vinto in tutto. Eppure quella Brabham che a un certo punto si mise a emettere uno strano fumo dagli scarichi e a volare in pista convinse non proprio chiunque, nel Circus. Tra questi, due su tutti, restarono per niente sereni: lo stesso Ren&eacute; Arnoux, pilota della Casa di Maranello non proprio certo dell&rsquo;inappuntabilit&agrave; della Brabham nel finale, e perfino il progettista e responsabile delle attivit&agrave; sportive della Ferrari Mauro Forghieri. L&rsquo;ingegnere si limitava a dire che secondo lui c&rsquo;erano tutti gli estremi per fare almeno reclamo e chiedere ulteriori chiarimenti, ma a un certo punto Enzo Ferrari lo aveva preso a braccetto dicendogli, con inconsueta mitezza: &ldquo;Lasciamo stare e concentriamoci sull&rsquo;anno prossimo&rdquo;. Il mancato reclamo della Ferrari In effetti la Ferrari che ipoteticamente protesta e reclama avverso la Brabham, col Drake contro Ecclestone, al tempo proprietario del team oltre che leader dei Costruttori britannici, avrebbe significato spaccare politicamente, pericolosamente e assai gravemente il fronte faticosamente ricomposto del Patto della Concordia, che da allora aveva sancito la pace nelle lotte di potere del Circus. E cos&igrave; quella strana cosa del finale di campionato poco chiaro venne inghiottita come un boccone storto e indigesto, ma meritevole di sparire e basta dalla vista di tutti, salvo danni peggiori a lungo termine. Peccato per la Ferrari e, non di meno, peccato per Arnoux, che rest&ograve; estromesso dalla lotta finale in un mondiale nel quale aveva comunque dei gran meriti. Tanto che ancora oggi, quaranta anni dopo, ricorda: "Il titolo forse me lo giocai a Detroit per un guaio alla centralina. Da parte nostra potevamo avere un po&rsquo; di affidabiolit&agrave; in pi&ugrave; e sarebbe stato molto meglio. Perch&eacute; poi di fatto la lotta termin&ograve; a tre gare dalla fine, quando le Brabham divennero imprendibili, senza che mai fino in fondo si potesse capire davvero perch&eacute;...".  E cos&igrave; nella graduatoria dei mondiali controversi, oltre al 2008 ora in ballo, in qualche modo, anche se senza strascichi legali, resta anche quel piccolo mistero nel finale dell&rsquo;edizione 1983, ancor oggi discusso, se non discutibile assai. Briatore s&igrave;, Massa no: la F1 l'insostenibile arroganza del potere&nbsp;        

40 anni fa la Ferrari perse il mondiale contro una Brabham-BMW divenuta d&rsquo;un colpo un razzo. Fin troppo?

L’anniversario strano della F.1 col discusso 1983

        Siete in via Monte Napoleone, e tra negozi di lusso e prodotti esclusivi, trovate davanti ai vostri occhi una monoposto campione del mondo di F.1. &Egrave; la Brabham BT52 motorizzata BMW con cui Nelson Piquet vinse il titolo piloti 1983, il secondo della carriera del brasiliano, e si trova esposta alla House of BMW in via Monte Napoleone 12 fino al prossimo 15 settembre, in occasione del GP d'Italia a Monza e dei 40 anni di quel trionfo iridato. GP ITALIA, COME ARRIVARE A MONZA NEL WEEKEND DELLA F.1 "In concomitanza con la 94a edizione del Gran Premio di F.1 di Monza - ha dichiarato Massimiliano Di Silvestre, Presidente e Amministratore Delegato di BMW Italia - ci &egrave; sembrato bello festeggiare l&rsquo;evento, ricordando il quarantesimo anniversario della vittoria mondiale con Nelson Piquet di una vettura di Formula 1 spinta da un motore turbo BMW. La nostra House of BMW di via Monte Napoleone 12 offrir&agrave; l&rsquo;opportunit&agrave; di ammirare una vettura iconica della nostra storia in un luogo simbolo del lifestyle mondiale come il Quadrilatero della moda di Milano".  Brabham BT52, il secondo Mondiale di Piquet La BT52, progettata da Gordon Murray, nasce dalle ceneri della "mai nata" BT51, che dopo aver svolto qualche test in pista venne abbandonata a causa del divieto, imposto dalla Federazione, di utilizzare le minigonne. Il nuovo progetto previde l'utilizzo di un telaio in fibra di carbonio nella parte superiore e in alluminio nella parte inferiore, con un motore BMW M12/M13 turbo 1.5 da 740 cv.Portata in gara da Nelson Piquet e Riccardo Patrese - e dal messicano Rebaque nella Race of Champions di Brands Hatch non valida per il Mondiale -, la macchina del team di Bernie Ecclestone vinse 3 gare su 15, tra cui proprio Monza (le altre due a Jacarepagu&agrave; e a Brands Hatch, ma per il GP d'Europa), e tutte con Nelson Piquet, che si laure&ograve; campione del mondo, mentre la Ferrari si consol&ograve; con il titolo costruttori.  ESCLUSIVA: GORDON MURRAY SVELA I MISTERI DELLA F1       

A Milano, in occasione del 40&deg; anniversario del campionato mondiale 1983, alla House of BMW &egrave; esposta la monoposto con il motore turbo da 740 cv della Casa bavarese

GP Italia, in via Monte Napoleone sfila la Brabham BT52 di Piquet

Dalla BT61, che era monoposto di Formula 1, alla BT62, che è granturismo omologata esclusivamente per l'impiego in pista. Il marchio Brabham ritorna, diventa Brabham Automotive e punta un futuro nel quale correre a Le Mans. BT62 monta un motore V8 5.4 litri aspirato, da 710 cavalli. Meno di 1.000 kg di peso per la supercar, in grado di sviluppare 1.200 kg di carico aerodinamico

Brabham BT62, prove di WEC

Piquet e Lauda, Ickx e Hulme, Patrese e Reutemann. Poi De Angelis, Rindt, Hill. Tutti legati in qualche modo a Brabham Racing. A sir Jack e John Tauranac, alle iniziali che, dai primi anni Sessanta, sostituirono la sigla MRD con BT. Il conteggio si ferma a 60B, pi&ugrave; una 61 mai scesa in pista. Era il 1992 e calava il sipario sulla storia da corsa della Brabham: 4 titoli iridati Piloti, due con Nelson Piquet, uno con Danny Hulme nel &#39;67 e, storico, il successo del &#39;66 di Jack Brabham: primo e unico a vincere un campionato con una monoposto che portava il suo nome. Mondiale Piloti e mondiale Marche, nel &#39;66 e &#39;67.  A quella storia rende omaggio Brabham BT62, che &egrave; opera prima della neonata divisione Automotive, diretta dal figlio David, gi&agrave; con un passato da corsa, Formula 1 e Le Mans. Ventiquattro partenze nella prima, 1990 su Brabham, 1994 sulla Simtek. Il trionfo con Gen&eacute; e Wurz nel 2009 su Peugeot 908 a Le Mans. Alla 24 Ore, in futuro, vorrebbe riportare il marchio, che muove i primi passi a Londra, alla Australia House. In scena, BT62, supercar classica, fatta alla vecchia maniera, con un motore V8 5.4 litri aspirato, 710 cavalli, 667 Nm di coppia, nessun supporto ibrido e una massa di appena 972 kg. Di fatto, un prototipo, poich&eacute; non sar&agrave; possibile circolare su strada, ma esclusivamente in pista.  In 70 avranno la fortuna di poterlo fare, tante saranno le unit&agrave; prodotte, ad Adelaide. Le prime 35 ripercorreranno le livree delle vetture vincenti nella storia della scuderia. Dal verde-oro dell&#39;iridata BT19 del 1966, allo schema Martini della Brabham-Alfa Romeo del 1978. Prezzo: 1,1 milioni di euro. Pi&ugrave; tasse e optional. Cos&igrave;, si entra nel club Brabham Automotive e si guadagna il diritto a partecipare al programma di sviluppo, per affinare le proprie capacit&agrave; di guida, sfruttare al meglio le gomme slick Michelin su cerchi da 18, la frenata da corsa con un vero impianto con materiale d&#39;attrito e dischi in fibra di carbonio, il carico aerodinamico di 1.200 kg, imparare a leggere i dati telemetrici raccolti dal sistema a bordo.  Immaginare un futuro, quale sviluppo inseguito da David Brabham per la casa, che porti a correre una 24 Ore di Le Mans, vedrebbe la Classe GTE quale naturale sbocco per un progetto che potrebbe muovere proprio dalla BT62 per arrivare a correre accanto a Ferrari e Porsche, Ford e Corvette, Aston Martin e BMW.  Al momento, un sogno. La concretezza della supercar, invece, &egrave; tutta nella realizzazione in fibra di carbonio &ndash; telaio e carrozzeria -, nello schema sospensivo pushrod, nel cambio sequenziale Holinger, nella ripartizione dei pesi 41:59 tra i due assi, con pilota a bordo. Entro fine anno le prime consegne. 

Il passato da corsa di Brabham Racing, l&#39;attualit&agrave; di Brabham Automotive. La BT62 &egrave; supercar specializzata per la pista, con un obiettivo: arrivare a correre la 24 Ore di Le Mans

Brabham BT62, sognando Le Mans nel nome di Black Jack

Dopo i due titoli mondiali conquistati al volante di vetture Cooper, l&#39;ingegnere-pilota Jack Brabham aveva fondato il suo team e nel&nbsp;1966 mette a segno un&#39;impresa finora rimasta senza pari. Grazie a quattro vittorie e a un podio ottenuto al volante delle sue BT19 e BT20, l&#39;australiano si laurea campione per la terza volta, diventando il primo e unico pilota a vincere in Formula&nbsp;1 pilotando una vettura con il proprio nome

Formula 1 1966, la tripletta record di Brabham

Negli Anni &rsquo;70 e &rsquo;80 Zeltweg non era solo la sede del Gp d&rsquo;Austria, ma qualcosa di pi&ugrave; e d&rsquo;assai diverso, per i tifosi italiani. Rappresentava, dopo Monza, il secondo Gp tricolore e, dopo l&rsquo;avvento di Imola nel giro iridato, quindi a partire dal 1980, la terza corsa di casa nostra. A due passi dal confine, verde, accogliente e amica. In fondo erano bei ricordi a legare fin dall&rsquo;inizio i tifosi Ferrari all&rsquo;Austria.  La prima corsa che vide la massima formula impegnata a Zeltweg, fu nel 1963 e vinse Jack Brabham su Brabham-Climax, ma, attenzione, si corse su un rudimentale tracciato ricavato dalla locale superficie aeroportuale. L&rsquo;anno dopo la gara era valida per il mondiale, e rester&agrave; indimenticabile per il trionfo, l&rsquo;unico in F.1, del compianto Lorenzo Bandini su Ferrari. Fu guardando l&rsquo;anfiteatro naturale ai piedi delle montagne circostanti che si pens&ograve; a un tracciato di Formula Uno che fosse degno di tale nome e nacque cos&igrave; l&rsquo;Osterreichring, il quale nel 1969 ospit&ograve; anzitutto una prova del Mondiale marche vinta dalla Porsche 917 di Siffert-Ahrens, e l&rsquo;anno dopo accolse il Circus iridato, col trionfo di Jacky Ickx con la Ferrari 312B.  Da l&igrave; in poi l&rsquo;Osterreichring divenne un classico per la F.1, per almeno tre buone ragioni: la pista stupenda, fatta di saliscendi, impegnativa quanto selettiva per la meccanica, le medie altissime, culminate con i 235,359 km/h sulla distanza, fatti segnare da Mansell nell&rsquo;era turbo con la Williams-Honda nel 1987, e la mutevolezza e l&rsquo;imprevedibilit&agrave; del clima in grado di regalare alla corsa sviluppi monsonici e risultati inattesi ed entuasiasmanti, come l'acquazzone che propizi&ograve; il trionfo di Vittorio Brambilla su March nel 1975, piuttosto che i colpi di scena e i testacoda a non finire della rocambolesca edizione 1978, con la vittoria di Ronnie Peterson su Lotus.  Il 1987 fu anche l&rsquo;anno delle tre partenze per una serie impressionante di collisioni multiple al via, per le quali fu accusata l&rsquo;esiguit&agrave; della sede stradale. La volont&agrave; degli organizzatori di non ampliare la larghezza del rettilineo di partenza fu una delle ragioni dell&rsquo;uscita dell&rsquo;Osterreichring dal giro iridato. In fondo i proprietari della pista avevano gi&agrave; litigato con Ecclestone nel 1979, quando si erano rifiutati di trasmettere il Gp in diretta Tv internazionale, per una polemica sui diritti televisivi.  Morale della favola, per dieci anni la pista usc&igrave; dal giro iridato, per tornare nel 1997, praticamente dimezzata quanto snaturata e ribattezzata A-1 Ring. La F.1 ha continuato a solcare le verdi colline d&rsquo;Austria fino al 2003, quando si pensava che il tracciato potesse essere smantellato per ospitare una serie d&rsquo;insediamenti voluti dal nuovo proprietario, Dietrich Mateschitz, patron della Red Bull. Cos&igrave; non &egrave; stato: al contrario, negli ultimi anni, lo stesso Mateschitz ha speso per riammodernare la pista e per farla tornare nel giro mondiale, l'ha battezzata Red Bull Ring e il Gp d&rsquo;Austria torna ora a essere una realt&agrave;.

Negli Anni &rsquo;80 era considerata la terza corsa italiana dopo Monza e Imola

Gp d&rsquo;Austria, una gara molto "nostra"

All&rsquo;et&agrave; di 88 anni il tre volte campione del mondo australiano &egrave; scomparso al termine di una lunga lotta contro un male incurabile. A darne la notizia &egrave; stata la stessa famiglia Brabham, che ha assistito fino alla fine Sir.Jack nella sua abitazione australiana.  Tra i titoli mondiali di Jack&nbsp;Brabham, spicca soprattutto il terzo, conquistato nel 1966 nelle doppia veste di pilota e costruttore. Fu la prima e per adesso unica volta in cui un pilota ha vinto il mondiale Piloti F1 al volante di una macchina di propria costruzione. Un record arrivato undici anni dopo il suo esordio in monoposto con la Cooper, datato 1955, casa con cui riusc&igrave; a conquistare due titoli mondiali di Formula Uno nel 1959 e 1960.  Brabham fu anche il primo a&nbsp;conquistare un titolo mondiale F1&nbsp;con una monoposto&nbsp;a motore posteriore, la Cooper. Fino al 1958 avevano dominato le macchine a motore anteriore, Alfa Romeo, Ferrari, Mercedes, Vanwall. Brabham era soprannominato Black Jack per via del colore corvino dei capelli ma anche del carattere spigoloso e niente affatto conciliante.  Due anni dopo il secondo titolo Sir Jack diede il via alla sua squadra, e quattro anni dopo arriv&ograve; il primo mondiale di Formula Uno, &ldquo;bissato&rdquo; dodici mesi dopo dal compagno di colori Denis Hulme. Una vittoria, quella di Hulme, che per&ograve; provoc&ograve; la rabbia di&nbsp;Brabham surclassato dal compagno di squadra al punto che lo allontan&ograve; dalla squadra a fine anno nonostante al vittoria.  L'ultima stagione F1 di Jack Brabham fu il 1970, dove&nbsp;vinse la prima gara dell'anno in Sudafrica. Poi sub&igrave; due rititri incredibili, uno per un'uscita di&nbsp;strada a Montecarlo all'ultima curva mentre era in testa (favorendo cos&igrave; la vittoria di Rindt) e una per esser rimasto&nbsp;senza benzina all'ultimo giro al Gp d'Inghilterra. Con un po' di fortuna quel mondiale avrebbe potuto essere suo e sarebbe stato il quarto titolo.  Al termine della stagione 1970, a 44 anni,&nbsp;Brabham diede l&rsquo;addio alla Formula Uno nelle vesti di pilota. Nel&nbsp;1972&nbsp;cedette anche la propriet&agrave; della squadra, il&nbsp;team Brabham, che pass&ograve; nelle mani di Bernie Ecclestone, e prosegu&igrave; la sua striscia vincente grazie a Nelson Piquet, che arricch&igrave; il palmares con altri due titoli mondiali.  &laquo;Ha vissuto una vita incredibile &ndash; ha commentato il figlio David nel dare la notizia &ndash; riuscendo a realizzare i suoi sogni come pochi altri hanno fatto. Continuer&agrave; ad essere ricordato &nbsp;attraverso l'eredit&agrave; stupefacente che lascia dietro di s&eacute;&raquo;.      

Il tre volte campione del mondo australiano &egrave; scomparso al termine di una lunga lotta contro un male incurabile

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Bandiera a scacchi per Jack Brabham