Misura 4.115 chilometri e sorge sulle rive del lago Balaton, una delle localit&agrave; turistiche estive pi&ugrave; amate dagli ungheresi. Stiamo parlando del Balaton Park Circuit, il nuovo tracciato progettato da Ferenc Gulacsi (gi&agrave; architetto dell&rsquo;Hungaroring), inaugurato marted&igrave; 16 maggio con una sfarzosa cerimonia presso il comune di Balatonfokajar. &ldquo;&Egrave; un sogno diventato realt&agrave;&rdquo;, ha detto Gianpaolo Matteucci, membro del board del circuito, il cui presidente &egrave; l&rsquo;ex terzo pilota Minardi Chanoch Nissany, padre di Roy, oggi impegnato in Formula 2. &ldquo;La fase di costruzione &egrave; iniziata quattro anni fa - ha proseguito Matteucci - ed &egrave; stata portata avanti con particolare attenzione riguardo alla sicurezza, l&rsquo;innovazione e la cura per l&rsquo;ambiente. Il Balaton Park Circuit &egrave; stato progettato secondo i pi&ugrave; alti standard richiesti da FIA e FIM, dunque siamo pronti ad ospitare eventi di motorsport a due e quattro ruote di livello internazionale&rdquo;.  Presente all&rsquo;inaugurazione anche Giancarlo Fisichella (231 gare di Formula 1), che si &egrave; detto &ldquo;impressionato dalle caratteristiche del circuito&rdquo; dopo essersi cimentato in alcuni giri di pista. &ldquo;Il tracciato ha una serie di curvoni da percorrere ad alta velocit&agrave;, spezzati da tornanti molto tecnici e da due chicane impegnative. Ho anche gi&agrave; notato alcuni punti di sorpassi, come la staccata di curva 1 ed il rettilineo opposto&rdquo;.    Le caratteristiche del Balaton Park Circuit  Le sei curve a destra e le dieci a sinistra andranno percorse in senso anti-orario. La carreggiata ha una larghezza che varia dai 12 ai 15 metri. La struttura principale dispone di 48 box, tre zone paddock separate ma adiacenti e una palazzina attrezzata per ospitare fans, media e ospiti. L&rsquo;impianto dispone di una tribuna della capienza di 10.000 spettatori, ma pu&ograve; arrivare ad accogliere 120.000 persone all&rsquo;occorrenza grazie a diverse tribune mobili.  Un hotel 4 stelle, posizionato proprio a ridosso della sezione finale del circuito, &egrave; in fase di ultimazione, mentre in un secondo momento verr&agrave; costruito un museo di automobili e altre attrazioni dedicate agli appassionati. Il tracciato &egrave; stato costruito secondo gli standard FIA di grado 1, ma inizialmente &egrave; stata applicata alla FIA domanda per avere l&rsquo;omologazione di grado 2, sufficiente per accogliere eventi internazionali. Si stima che l&rsquo;investimento totale dovrebbe ammontare a circa 200 milioni di euro. 

L&#39;architetto dell&rsquo;Hungaroring ha presentato il nuovo circuito. All&#39;evento presente anche Fisichella: &quot;Sono impressionato dalle caratteristiche del circuito&rdquo;

Balaton Park Circuit, ecco il nuovo tracciato progettato da Ferenc Gulacsi

La Formula 1 fa tripletta negli USA: dopo Austin e Miami, torna nel Circus anche la pista del Nevada che mancava dal 1982, tra casin&ograve; e hotel di lusso

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No, GP a Nizza e Madrid, come annunciato, sarebbero spettacolari

No, indipendentemente dalla città, i circuiti cittadini sono imprevedibili

La F1 dovrebbe smetterla di aggiungere circuiti cittadini in calendario?

Gian Carlo Minardi Presidente Presidente Commissione Velocit&agrave; in Circuito, e Raffaele Giammaria, Componente e Direttore della Scuola Federale ACI Sport, insieme al direttore Andrea Cordovani danno il via alle premiazioni Velocit&agrave; in Circuito

Caschi d'Oro e Volanti ACI 2020, le premiazioni di Minardi e Gianmaria

La pista del Montmelò è conosciuta benissimo da piloti e squadre perché sede dei test invernali. Scopiramo assieme quali sono le particolarità dell'autodromo, guardate qui il video

GP Spagna, i punti critici del Circuit Barcelona-Catalunya VIDEO

        Quello che ha segnato il ritorno della Formula 1 negli Stati Uniti nel 2012 &egrave; il Circuit of the Americas (nome spesso accorciato in Cota) localizzato ad Austin, in Texas. Lo sviluppo di 5.513 metri presenta un andamento antiorario che risulta interessante anche per via dei forti dislivelli (la variazione di quota &egrave; di 41 metri) specie quando concentrati in zone come la prima staccata dopo la partenza, che ha una pendenza positiva dell'11%. Molto significative anche le esse veloci che vanno dalla curva 3 fino alla 9 (su 20 curve totali) oppure la lunga piega a destra che include curve 17 e 18. Ma non vanno ignorati i due rettilinei dove &egrave; inoltre possibile utilizzare il DRS: non solo quello del via, ma anche quello opposto tra curve 11 e 12, di 1 chilometro di lunghezza. Tutte queste caratteristiche richiedono monoposto abbastanza complete per ottenere il meglio nei tempi sul giro: sono richieste infatti sia stabilit&agrave;, sia agilit&agrave; nei rapidi cambi di direzione. Pur senza eccessi, i pneumatici sono abbastanza sollecitati e la Pirelli ha portato le mescole intermedie C2, C3 e C4. L'unica variazione rispetto allo scorso anno ha riguardato la riasfaltatura nella zona delle curve 9 e 10, ma proprio il fondo nel suo complesso ha rappresentato un problema da un po' di tempo a questa parte: il cedimento della "base" su cui poggia l'asfalto ha portato nel tempo alla formazione di ondulazioni sensibili che con le Formula 1 (e i loro assetti "inchiodati") si avvertono particolarmente. Fortunatamente non sono in zone di frenata, ma soprattutto quella in accelerazione in uscita da curva 9 ha dato molto fastidio. Un'altra curva "problematica", ma per motivi differenti, &egrave; la 19 (la penultima): questa va tagliata molto cercando di mantenere una velocit&agrave; di percorrenza pi&ugrave; alta possibile, ma porta facilmente ad uscire troppo larghi, anche per la zona asfaltata oltre pista che non "spaventa" e non penalizza. Per questo motivo, per&ograve;, la direzione di gara ha gi&agrave; fatto sapere che annuller&agrave; i tempi in prova e qualifica a quei piloti che supereranno il cordolo bianco e rosso con tutte e quattro le ruote. Inoltre in gara sar&agrave; ammessa questa infrazione solo tre volte prima di finire sotto investigazione.       

Il Circuit of the Americas di Austin presenta un layout interessante con dislivelli sensibili nonch&eacute; esse veloci che premiano stabilit&agrave; e agilit&agrave; al tempo stesso

GP Stati Uniti F1, il circuito: un sali-scendi texano

        Inaugurato nel 1962, l'Autodromo Hermanos Rodriguez &egrave; situato alla periferia di Citt&agrave; del Messico e ha ospitato tutte le edizioni del GP messicano, quando si &egrave; disputato: quella attuale &egrave; la sedicesima volta. Dopo l'abbandono nel '92, &egrave; rientrato nel Mondiale F1 nel 2015 con una versione rivista del tracciato, che ora si sviluppa per 4.304 metri e presenta 17 curve totali. Il circuito si caratterizza per il lungo rettifilo di partenza, dove &egrave; stato possibile superare i 370 km/h, ma presenta altri due allunghi sensibili, due zone con curve lente e anche una serie di esse veloci: &egrave; dunque abbastanza vario e non rende difficili i sorpassi, possibili pure in partenza. La caratteristica principale e pi&ugrave; problematica &egrave; tuttavia la collocazione ad alta quota: si trova a pi&ugrave; di 2.200 metri sul livello del mare, fatto che comporta una sensibile rarefazione dell'aria. Ci&ograve; influisce relativamente sui motori, visto che i turbo risentono meno di questo fattore, fermo restando che per&ograve; bisogna stare attenti a non sforzare troppo le turbine; anche il raffreddamento ne risente, per la minor quantit&agrave; d'aria che attraversa i radiatori. Ma &egrave; soprattutto l'aerodinamica a peggiorare: le superfici riescono a fornire molta meno deportanza e cos&igrave;, nonostante i lunghi rettilinei, si scelgono configurazioni alari molto spinte, con carico medio-alto. In pratica solo a MonteCarlo si usano ali pi&ugrave; deportanti. Ci&ograve; nonostante, la deportanza effettivamente ottenuta resta piuttosto bassa e il comportamento delle monoposto &egrave; scivoloso. Ci&ograve; causa una certa tendenza al graining per i pneumatici, fattore che unito alle velocit&agrave; raggiunte ha convinto la Pirelli a portare mescole pi&ugrave; dure di uno step rispetto allo scorso anno: C2 hard, C3 medium e C4 soft. Un ulteriore motivo di questa scelta &egrave; che la sosta ai box &egrave; abbastanza penalizzante e di conseguenza i team tendono il pi&ugrave; possibile a fare un solo pit-stop in gara (salvo safety car): avere mescole pi&ugrave; dure e "resistenti" permette cos&igrave; di non dover amministrare troppo le gomme con tali strategie. Infine, rispetto all'anno scorso non sono state effettuate modifiche al tracciato, per&ograve; le zone di attivazione dell'ala mobile passano da due a tre: il DRS potr&agrave; essere utilizzato in tutti e tre gli allunghi principali, quello della partenza, quello da curva 3 a curva 4 (il detection point &egrave; lo stesso per entrambi, in curva 15) e quello da curva 11 a curva 12.       

L'autodromo dedicato ai fratelli Rodriguez &egrave; caratterizzato da lunghi rettilinei ma soprattutto dalla posizione ad alta quota che influisce sensibilmente dal punto di vista aerodinamico

GP Messico F1, il circuito: vario, veloce e "alto"

        Il circuito giapponese di Suzuka &egrave; stato realizzato come pista di test dalla Honda nei primi anni '60, e proprio per questo motivo presenta una variet&agrave; di curve impegnative che l'hanno fatto apprezzare fin da quando &egrave; diventato sede del GP nipponico dagli anni '80. Tra le sue caratteristiche &egrave; la conformazione "a 8" con un sottopassaggio, ma anche la presenza di un paio di curve agli antipodi come velocit&agrave; di percorrenza: oltre alla famosa 130R (curva 15) che si affronta in piena velocit&agrave; (ma proprio per questo impedisce l'utilizzo del DRS nel rettifilo precedente) abbiamo all'opposto lo stretto tornantino in salita (curva 11) e la chicane prima del traguardo (curve 16-17). Anche curva 1 si affronta praticamente in pieno per frenare subito nell'affrontare curva 2. Da qui si entra nella zona delle "esse" da curva 3 a curva 7: sono 2 km di pista molto impegnativi per i piloti con i loro continui cambi di direzione. Piuttosto impegnativa anche la curva Spoon (13 e 14) a raggio variabile, che immette sul rettilineo pi&ugrave; lungo. Nei 5.807 metri di questo circuito si sta poche volte con il volante dritto (solo per 1,2 km in tutto!) e questo un po' rende pi&ugrave; difficili i sorpassi e carica molto i pneumatici: per questo motivo la Pirelli ha scelto le mescole pi&ugrave; dure in gamma (C1, C2 e C3). Tutte queste caratteristiche del circuito vanno ad evidenziare facilmente eventuali limiti delle monoposto: in particolare la prima parte del tracciato richiede un'ottima stabilit&agrave; aerodinamica, mentre quella finale favorisce la potenza dei motori. A Suzuka &egrave; presente una sola zona di attivazione dell'ala mobile (DRS) ed &egrave; il rettilineo del traguardo. Rispetto all'anno scorso, le uniche modifiche hanno riguardato curva 15: oltre al miglioramento del drenaggio in caso di pioggia, sono stati posti doppi cordoli all'esterno, al posto della precedente zona di erba sintetica. Ci&ograve; dovrebbe risultare pi&ugrave; "punitivo" in caso di errore e favorire i sorpassi alla forte staccata della chicane successiva.       

La variet&agrave; e la conformazione delle 18 curve lungo i 5,8 km di Suzuka ne fanno uno dei tracciati pi&ugrave; impegnativi e per questo apprezzato dai piloti

GP Giappone F1, il circuito di Suzuka: un vero banco prova

        Quella di Singapore &egrave; una delle ambientazioni di gara pi&ugrave; affascinanti del campionato, dato che tradizionalmente questa gara si &egrave; sempre corsa in notturna, fin dal 2008, anno della prima edizione. &Egrave; stato anzi il primo GP di Formula 1 mai disputato con le luci artificiali. Tutto ci&ograve;, per&ograve;, non rende questo appuntamento meno faticoso e pesante per i piloti, per tutta una serie di motivi. Per iniziare, l'ambiente: qui fa caldo, anche dopo il tramonto, e a questo si aggiunge l'elevatissimo tasso di umidit&agrave;, oltre all'aria piuttosto sporca. In pi&ugrave; il tracciato presenta le consuete problematiche tipiche di un circuito cittadino, come i muretti a bordo pista che non perdonano errori, alle quali si va a sommare un disegno che mette a dura prova i piloti con le sue 23 curve che si alternano freneticamente lungo i 5.063 metri di sviluppo. Tutto questo fa della gara a Singapore la pi&ugrave; dura per i partecipanti. Tecnicamente parlando, la presenza di curve quasi tutte lente e secche richiede un grande grip, specie "meccanico", e buone doti di frenata e trazione, mentre non vi sono rettilinei cos&igrave; lunghi da favorire le velocit&agrave;. Dato quindi che l'incidenza alare non penalizza pi&ugrave; di tanto, tutti portano configurazioni aerodinamiche con il maggior carico possibile. Nello stesso senso va la scelta di Pirelli di portare le mescole pi&ugrave; morbide in gamma: C3, C4 e C5. Questo &egrave; il secondo circuito pi&ugrave; lento dell'anno (dopo MonteCarlo) e dunque lo stress complessivo per i pneumatici &egrave; limitato. A Marina Bay non &egrave; facile superare: per questo le qualifiche saranno particolarmente importanti. &Egrave; anche il motivo per cui sono presenti tre zone DRS: &egrave; possibile aprire l'ala mobile sul rettilineo del traguardo e sugli allunghi da curva 5 a 7 e da curva 13 a 14. Infine, rispetto all'anno scorso sono stati modificati leggermente i cordoli in uscita di curva 7 e soprattutto &egrave; stata riasfaltata gran parte del tracciato, compresa la pitlane dove la velocit&agrave; massima ammessa &egrave; di 60 km/h.       

Quello di Marina Bay &egrave; un circuito che unisce un'ambientazione affascinante a una situazione di gara molto dura per i piloti, da pi&ugrave; punti di vista

GP Singapore F1: gara "luccicante" ma pesante

        Non &egrave; un caso che il circuito di Monza sia definito, anche all'estero, il "tempio della velocit&agrave;". Oltre ad essere un tracciato storico &egrave; infatti quello che contendeva a Silverstone il primato nelle velocit&agrave; raggiunte. Da quando il tracciato inglese &egrave; stato modificato, per&ograve;, quello brianzolo svetta da questo punto di vista, nonostante le chicane. Basti dire che la pole fatta segnare nel 2018 da Kimi Raikkonen in 1'19"119 rappresenta il record come giro pi&ugrave; veloce mai ottenuto con una Formula 1, grazie alla velocit&agrave; media di 263,587 km/h. Inutile sottolineare come ci&ograve; favorisca le macchine pi&ugrave; potenti. Ma non &egrave; tutto qui: per non essere rallentati nei lunghi rettilinei, qui si utilizzano configurazioni alari decisamente scariche e pensate per offrire la minor resistenza aerodinamica possibile (drag). Nondimeno non si pu&ograve; rinunciare del tutto ad avere stabilit&agrave; nelle lunghe staccate o in curve come Parabolica, Ascari o Lesmo, la cui velocit&agrave; di percorrenza influisce anche su quella dei rettilinei successivi. Nelle chicane conta inoltre la capacit&agrave; di "assorbire" bene i cordoli per poter "tagliare" il pi&ugrave; possibile, come pure la capacit&agrave; di trazione in accelerazione. Un'altra difficolt&agrave; di messa a punto delle monoposto a Monza, riguarda il fatto di riuscire a mantenere gomme e freni nel corretto range di temperature. Infatti lo stress in frenata &egrave; notevole, per&ograve; i lunghi rettifili portano facilmente ad un eccessivo raffreddamento di questi componenti, e quindi bisogna stare attenti a non eccedere in un senso o nell'altro, e che non vi siano sbilanciamenti tra i due assi. Ricordiamo che sono presenti due zone di attivazione dell'ala mobile: il DRS pu&ograve; essere usato nel rettilineo del via e in quello tra Lesmo e Ascari (tra curva 7 e 8). Rispetto all'anno scorso sono state effettuate modifiche di dettaglio, che non variano il layout del tracciato. In particolare &egrave; stata riasfaltata la variante della Roggia (curve 4 e 5) e questo potrebbe dare qualche problema in caso di pioggia. Inoltre il guardrail che delimitava a destra l'uscita dalla pitlane, &egrave; stato sostituito con i jersey in cemento.       

Il circuito brianzolo presenta caratteristiche uniche: poche curve, ma soprattutto le velocit&agrave; pi&ugrave; alte misurate nella stagione, che giustificano il titolo di "tempio della velocit&agrave;"

GP Italia F1: Monza, la pista più veloce

        La pista di Spa-Franchorchamps, e in particolare la zona di Eau Rouge e Raidillon, verr&agrave; modificata dopo l'incidente terribile ad Anthoine Hubert dello scorso sabato in F2? C'&egrave; questa possibilit&agrave;, anzi in pratica &egrave; gi&agrave; stato deciso, nonostante l'inchiesta per capire meglio quali siano stati i fattori decisivi che hanno portato alla morte del 22enne pilota francese sia stata appena avviata e quindi ancora in corso. Tuttavia il tracciato in s&eacute; non dovrebbe subire alcuna variazione, si parla piuttosto di posizionare della ghiaia nello spazio di fuga all'esterno del Raidillon, quella che ufficialmente &egrave; curva 4 sul circuito (la foto in apertura mostra com'era la zona nel '96). Ad affermarlo alla stampa belga e in un tweet &egrave; la stessa direttrice del circuito, Nathalie Maillet: &laquo;Non &egrave; prevista alcuna modifica al tracciato, al Raidillon, ma quel che &egrave; certo &egrave; che rimetteremo la ghiaia nello spazio di fuga. Attualmente stiamo valutando dove posizionarla esattamente e con quale profondit&agrave;, e anche se coprire tutta la curva oppure no&raquo;. Qualcuno ha voluto ravvisare una sorta di "senso di colpa" in questa decisione, che per&ograve; in realt&agrave; era gi&agrave; precedente all'incidente, che al massimo ha giusto accelerato la pratica: infatti la modifica era gi&agrave; stata pensata per permettere di correre con le moto. &laquo;Le regole per le gare motociclistiche sono pi&ugrave; stringenti, da questo punto di vista. Per questo motivo pensiamo che avranno un effetto positivo anche nei confronti delle gare automobilistiche. Cercheremo di finalizzare tutto entro la fine dell'anno, in modo da avere per tempo i permessi&raquo;, aggiunge Maillet. Per quanto riguarda l'incidente di Hubert in s&eacute;, la direttrice ha spiegato: &laquo;Quanto successo &egrave; stato davvero sfortunato e ci ricorda che non esiste alcun "rischio zero" nelle corse. Il circuito ha sempre lavorato a stretto contatto con la FIA per il beneficio della sicurezza. Attendiamo ora i risultati dell'indagine della federazione sulle cause esatte dell'incidente&raquo;. In ogni caso, &laquo;Questo incidente non mette in discussione il futuro della Formula 1 a Spa-Francorchamps. Si &egrave; trattato di un incidente di gara. Ma naturalmente ne siamo rimasti tutti profondamente colpiti ed &egrave; per questo che dobbiamo continuare a sviluppare la pista nel senso della sicurezza, come pure il sistema di primo soccorso&raquo;.       

Dopo l'incidente a Hubert la direttrice del circuito Nathalie Maillet spiega che verranno fatte modifiche non al tracciato, ma agli spazi di fuga

Pista di Spa F1: tornerà la ghiaia al Raidillon

        La gara sulla pista di Spa-Francorchamps resta sempre una delle pi&ugrave; attese proprio per via delle caratteristiche di questo storico tracciato, dove si corre fin dal 1922 seppure in una configurazione molto diversa dall'attuale, impostata a fine anni '70. Restano comunque i connotati di un circuito ricavato dalla congiunzione di vecchie strade aperte al traffico (come quello di Imola) che per di pi&ugrave; presenta caratteristiche salienti: &egrave; per esempio il pi&ugrave; lungo del Mondiale F1, con i suoi 7.004 metri di sviluppo, ed &egrave; anche quello che presenta la maggior variazione altimetrica, circa 100 metri di dislivello tra i punto pi&ugrave; basso e quello pi&ugrave; alto. La configurazione delle curve (19 il numero ufficiale) &egrave; ci&ograve; che rende questa pista iconica nonch&eacute; una delle pi&ugrave; apprezzate sia dal pubblico che dai piloti. La pi&ugrave; nota &egrave; senz'altro la sequenza Eau Rouge-Raidillon, per quanto ultimamente venga percorsa in pieno da tutti (con le macchine di una volta era invece ben pi&ugrave; selettiva). Nondimeno, rendendo possibile stare a pieno gas per 1,8 km dalla Source (curva 1) fino alla staccata di Les Combes (curve 7-9) alla fine del rettilineo del Kemmel, rappresenta sempre una bella sfida anche tecnica. Inoltre le forti staccate presenti &ndash; non solo Les Combes ma anche La Source e la chicane finale che molti continuano a chiamare Bus Stop (anche se sarebbe improprio da quando non &egrave; pi&ugrave; una "doppia esse") &ndash; e le curve impegnative come Pouhon (10-11) fanno di Spa una vera "universit&agrave; di guida". La lunghezza del tracciato, inoltre, fa s&igrave; che le strategie vadano attuate con tempismo perch&eacute; sbagliare il momento del pit-stop si ripercuote maggiormente. Per lo stesso motivo anche le qualifiche vanno programmate attentamente, perch&eacute; le gomme difficilmente "rendono" per pi&ugrave; di una tornata. Le caratteristiche di alta velocit&agrave; e di stress sui pneumatici (oltre a una certa abrasivit&agrave; dell'asfalto) sono ci&ograve; che ha fatto scegliere alla Pirelli di portare qui le mescole pi&ugrave; dure della gamma, vale a dire C1, C2 e C3. Infine, sono presenti due zone DRS: quella sul rettilineo del via e quella tra Raidillon e Les Combes, sul Kemmel, che &egrave; stata leggermente accorciata rispetto allo scorso anno: parte 20 metri pi&ugrave; avanti, 230 dopo la curva 4.       

Il tracciato belga &egrave; tra i pi&ugrave; apprezzati da pubblico e piloti per via delle sue caratteristiche, tra cui la variazione altimetrica

GP Belgio F1: Spa, la pista più lunga e più iconica

        La pista realizzata nei dintorni di Budapest, in Ungheria, &egrave; decisamente particolare: il suo sviluppo di 4.381 metri &egrave; abbastanza contorto e tortuoso, e in certi punti la pista &egrave; anche parecchio stretta. Per questi motivi l'Hungaroring &egrave; stato spesso paragonato a una sorta di MonteCarlo senza muretti, o pi&ugrave; semplicemente a un grande kartodromo. Tuttavia le sequenze di curve e controcurve medio-lente (sono 14 in tutto) rendono la guida impegnativa e richiedono monoposto molto stabili, ed &egrave; per questo motivo che qui si utilizzano configurazioni aerodinamiche tra le pi&ugrave; "cariche" della stagione. Del resto i rettilinei non sono molto lunghi e cos&igrave; non ci si preoccupa pi&ugrave; di tanto delle velocit&agrave; massime. Tutto questo per&ograve; fa s&igrave; che superare non sia facile, anche perch&eacute; solitamente la pista risulta piuttosto sporca appena fuori dalle traiettorie normali. Per tutti questi motivi i pneumatici risultano abbastanza sollecitati: cos&igrave; sebbene la Pirelli abbia scelto la fascia intermedia di mescole (C2 hard, C3 medium, C4 soft) &egrave; facile che in gara si preferiscano quelle pi&ugrave; dure e meno soggette a degrado e abrasione. Ricordiamo che sono previste due zone DRS: il rettilineo di partenza e quello breve tra le curve 1 e 2, con un unico "detection point" appena prima dell'ultima curva. Infine, l'unica modifica rispetto all'anno scorso che pu&ograve; interessare i piloti, &egrave; l'aggiunta di un elemento oltre il cordolo d'uscita di curva 5.       

L'Hungaroring presenta varie curve in sequenza, lungo i suoi 4,4 km, dove servono monoposto stabili: per questo il carico alare &egrave; tra quelli maggiori nella stagione

GP Ungheria, Budapest: stretto e tortuoso come un "cittadino"

        Nella configurazione attuale di 4.574 metri, il circuito di Hockenheim che si trova nel Baden-W&uuml;rttemberg non ha pi&ugrave; le iconiche caratteristiche del vecchio tracciato "a fagiolo" di 6.823 metri che si inoltrava nella foresta e permetteva velocit&agrave; elevatissime, tanto da richiedere chicane a "spezzare" gli allunghi. A giustificare la modifica furono quindi motivi si sicurezza ma anche il fatto che le macchine stavano a lungo fuori dalla visuale degli spettatori, per i quali &egrave; invece previsto soprattutto lo storico Motodrom, uno "stadio" che racchiude la sezione dalla curva 12 alla 17, quella pi&ugrave; guidata. Ora per&ograve; il tracciato risulta pi&ugrave; equilibrato: presenta sempre diversi punti in cui si superano i 300 km/h e alcune staccate impegnative, soprattutto quelle verso curva 2 e curva 6 (tornantino) alla fine dei due tratti in cui &egrave; possibile aprire l'ala mobile. Quest'anno infatti &egrave; stata tolta la prima zona di DRS, quella sul rettilineo di partenza. Inoltre le 17 curve sono abbastanza varie, con una prevalenza di medio-lente che richiedono un buon grip (sia aerodinamico sia meccanico) e una buona accelerazione in uscita. Dunque servono monoposto bilanciate e con buone doti di trazione. Tuttavia i pneumatici non sono particolarmente sollecitati, per cui la Pirelli ha potuto adottare la fascia intermedia della sua disponibilit&agrave; di mescole: C2 hard, C3 medium e C4 soft. Le strategie potrebbero inoltre essere influenzate dal fatto che qui i pit-stop richiedono giusto una ventina di secondi di "perdita di tempo", e ci&ograve; potrebbe favorire soste multiple. Ovviamente sempre che non arrivi la (prevista) pioggia a cambiare tutto.       

Quello tedesco non &egrave; pi&ugrave; l'iconico circuito che si inoltrava nella foresta con velocit&agrave; elevatissime, ma i suoi 4,6 km rappresentano sempre una sfida impegnativa

GP Germania, Hockenheim: accorciato ma più equilibrato

        Situato nel Northamptonshire, quello inglese di Silverstone (dal nome del paese vicino) &egrave; uno dei circuiti pi&ugrave; storici della Formula 1, anche perch&eacute; qui si corse nel 1950 la prima gara mondiale con le massime monoposto. Nato su un vecchio aeroporto militare della Raf, inizialmente raccordando semplicemente tra loro le tre piste di decollo, &egrave; stato modificato alcune volte, man mano che le elevate velocit&agrave; possibili diventavano sempre pi&ugrave; difficili da gestire in sicurezza. Fino all'attuale configurazione di 5.891 metri con 18 curve, di vario genere, che premiano le giuste traiettorie. Per quanto ora le velocit&agrave; assolute siano limitate, sono pur sempre mediamente elevate e soprattutto vi sono molte curve medio-veloci che richiedono la maggior deportanza possibile, compatibilmente per&ograve; con le esigenze di resistenza all'avanzamento, anche perch&eacute; stare per pi&ugrave; del 60% del tempo a pieno gas influisce pure sui consumi. Tali caratteristiche portano molto stress sui pneumatici, soprattutto come carichi laterali, fattori che unitamente alla velocit&agrave; ha portato la Pirelli a selezionare anche stavolta le mescole pi&ugrave; "resistenti" in gamma: hard C1, medium C2 e soft C3. La novit&agrave; principale quest'anno &egrave; la completa riasfaltatura del tracciato, effettuata da poco, con un fondo ora drenante (visti i precedenti problemi con la pioggia) e pi&ugrave; scuro. Questo ha "lisciato" alcune precedenti asperit&agrave; del fondo, pur se certi dossi sono rimasti e in pi&ugrave; vi sono differenti giunzioni tra le varie zone; inoltre in alcune curve &egrave; leggermente variata la pendenza. Ci&ograve; ha fatto s&igrave; che i piloti pi&ugrave; esperti si siano ritrovati un po' spiazzati e abbiano dovuto praticamente reinventarsi le migliori traiettorie. Inoltre il fondo, seppur tendenzialmente buono come grip, si &egrave; rivelato "traditore" perch&eacute; piuttosto scivoloso (troppo nuovo e "oleoso") specie nelle zone dove non &egrave; ancora ben gommato. Tutto ci&ograve; ha portato a vari errori dei piloti nelle prime prove libere. Rispetto all'anno scorso sono state assottigliate certe zone d'asfalto oltre i cordoli e prima della ghiaia, in particolare all'uscita di curva 7 "Luffield", per cui chi oltrepassa la riga di bordo pista si ritrova anche con due ruote nella ghiaia. &Egrave; stato inoltre rivisto il cordolo esterno tra la curva 17 e la 18 "Club". Infine, quest'anno si &egrave; tornati a due zone di attivazione del DRS: &egrave; stata tolta quella sul rettilineo del via, visti i problemi in curva 1 "Abbey", mentre sono rimaste quelle sul Wellington Straight (tra curva 5 e 6) e sull'Hangar Straight (tra curva 14 e 15).       

Ricavato da un aeroporto militare, il circuito inglese &egrave; cambiato varie volte di configurazione fino a quella attuale di 5.891 metri, con 18 curve di vario genere e molto impegnative per le gomme

GP Gran Bretagna: Silverstone, tracciato storico da metà XX secolo

        Quello di Spielberg bei Knittelfeld in Stiria &ndash; nome ufficiale Red Bull Ring &ndash; &egrave; un circuito abbastanza particolare nella sua brevit&agrave;: le elevate velocit&agrave; medie assieme allo sviluppo contenuto in 4.318 metri, fanno s&igrave; che i riscontri cronometrici siano quelli pi&ugrave; bassi della stagione, appena superiori al minuto. Offre anche staccate abbastanza impegnative, ma comunque nulla di cos&igrave; estremo da risultare davvero stressante sulle gomme, tanto che la Pirelli porta quelle intermedie in gamma: hard C2, medium C3 e soft C4, come allo scorso GP francese. Anzi, una delle difficolt&agrave; di questo tracciato &egrave; quella di arrivare alle curve centrali 6 e 7 con le gomme destre troppo fredde. Piuttosto &egrave; utile (a dire il meno) una buona potenza motrice abbinata a un basso drag della macchina, con configurazioni alari tendenzialmente scariche. Tuttavia questo rende pi&ugrave; impegnativa la guida, perch&eacute; nelle tante curve "secche" che precedono i rettilinei diventa facile sbagliare e allo stesso tempo non si pu&ograve; sacrificare nemmeno una frazione di km orario per fare il tempo. Inoltre &egrave; cronometricamente influente pure la zona centrale da curva 4 a 8, dove invece sarebbe meglio avere un buon carico. Bisogna oltretutto riuscire a sfruttare bene i cordoli senza scomporsi. Insomma, una pista dove basta poco, anche una piccola sbavatura, per "alzare" il tempo sul giro. Tra i problemi conseguenti alla "brevit&agrave;" del giro, c'&egrave; quello di aumentare le problematiche di traffico in pista, alle quali si somma il fatto che gli specchietti qui si rivelano praticamente inutili: il motivo &egrave; che si &egrave; quasi sempre in una zona "storta" di pista o con variazioni altimetriche tali per cui nei retrovisori si vede solo asfalto o cielo. Un'altra particolarit&agrave; sono le tre zone di attivazione del DRS: il rettilineo di partenza e i due successivi, fino alla curva 4. Per finire, il tracciato austriaco ha avuto varie denominazioni nel corso della sua storia: inizialmente era noto come &Ouml;sterreichring oppure come circuito di Zeltweg, dal nome del vicino aeroporto militare sulla cui pista si disput&ograve; il primo GP austriaco; poi il nome mut&ograve; in A1 Ring in seguito alle pesanti modifiche del '95 che accorciarono sensibilmente la pista e che vennero sponsorizzate dall'omonima societ&agrave; telefonica; per arrivare poi all'acquisto nel 2004 da parte di Dietrich Mateschitz (il boss di Red Bull) e quindi all'ultimo ribattezzo.       

Il Red Bull Ring &egrave; una pista che combina alte velocit&agrave; medie con uno sviluppo limitato a 4,3 km, oltre a curve (10 ufficiali) piuttosto impegnative

GP Austria F1: Spielberg, il circuito più rapido della stagione

        Il Circuit Paul Ricard prende il nome dal produttore del famoso pastis, che fu anche finanziatore dell'autodromo al momento della costruzione nel 1970, e per la seconda volta da quanto &egrave; tornato in calendario ospita il GP di Francia, che qui aveva gi&agrave; corso varie volte fino al '90. La pista si trova a Le Castellet, non lontano da Tolone e dalla Costa Azzurra, e si sviluppa per 5.842 metri. In passato una delle sue caratteristiche peculiari era il lungissimo rettilineo del Mistral (opposto a quello del via) che immetteva nella velocissima curva di Signes. In seguito &egrave; stato interrotto da varie configurazioni di chicane, e quella che viene utilizzata in occasione della Formula 1 corrisponde alle curve 8 e 9, un sinistra-destra non troppo stretto ma che richiede comunque una staccata decisa. Prima di questa variante c'&egrave; una delle due zone di DRS presenti, quando l'altra &egrave; sul rettilineo di partenza. In generale, la pista francese presenta vari allunghi e alcune forti staccate, con curve di varia configurazione e velocit&agrave; di percorrenza, cio&egrave; lente, veloci e medie. Una variabilit&agrave; che richiede quindi monoposto abbastanza equilibrate e "complete", con buona deportanza cercando per&ograve; di non esagerare con il drag in velocit&agrave;: non &egrave; una scelta facile combinare al meglio le due esigenze. L'asfalto non &egrave; molto abrasivo, ma questo vale per la pista, perch&eacute; gli spazi di fuga asfaltati (e colorati) prevedono invece una maggior rugosit&agrave; per frenare le vetture che escano accidentalmente di pista. Al punto per&ograve; che esagerare pu&ograve; portare a rovinare le gomme e quindi la gara. La pista &egrave; stata riasfaltata in parecchie zone: curva 1, dalla 3 alla 7, nel rettilineo successivo fino a curva 11, in curva 12 e infine nelle ultime due curve (14 e 15). Sono state altres&igrave; rifatte le corsie di ingresso e uscita della pitlane: in particolare l'ingresso ora non &egrave; pi&ugrave; dopo l'ultima curva, bens&igrave; a destra di curva 14.       

Vediamo quali sono le caratteristiche della veloce pista francese, lunga 5.842 metri e situata nel sud della nazione

GP Francia, Le Castellet: la pista del ritorno

        Il tracciato su cui si corre la 24 Ore di Le Mans &egrave; uno dei pi&ugrave; lunghi esistenti e con le sue caratteristiche e difficolt&agrave; ha contribuito alla storia e alla fama della gara francese. Il Circuit de la Sarthe si trova a 200 km da Parigi, nella regione della Loira, e dopo varie modifiche nel corso del tempo oggi si sviluppa per 13.629 metri. Viene composto impiegando parte del tracciato permanente Bugatti (quello dove si corre normalmente anche con la MotoGP) al quale si collegano strade dipartimentali normalmente aperte al traffico, che vengono chiuse una volta all'anno per la manifestazione. Il giro inizia subito con un punto impegnativo, la Chicane Dunlop in salita, che si affronta dopo una forte staccata sbilanciata dal precedente curvone. Si va poi in discesa, lasciando il circuito permanente, con le veloci curve e controcurve Chapelle e Foret, quindi a Tertre Rouge, curva a gomito che immette sul rettilineo delle Hunaudieres. &Egrave; un allungo di oltre 6 km sul quale si &egrave; arrivati a passare i 400 km/h: quindi per motivi di sicurezza sono state inserite due chicane di rallentamento (la prima &egrave; chiamata Forza Motorsport, la seconda Michelin) ma in ogni caso le velocit&agrave; raggiunte restano parecchio elevate. Dopo una "piega" da non sottovalutare (frequenti le toccate qui per incomprensioni) si termina nella curva di Mulsanne, una 90&deg; a destra che immette su un altro allungo fino alle due curve "secche" di Indianapolis (anche qui con una piega precedente che sbilancia la frenata) e Arnage. Di nuovo altro rettilineo (in realt&agrave; un po' "storto" pure questo) e si arriva all'impegnativa serie di curve Porsche, velocissime e senza margine d'errore, se non in quella finale che ha un certo spazio di fuga ampiamente sfruttato per mantenere velocit&agrave; verso la doppia e stretta chicane finale, denominata Ford, che raccorda nuovamente al circuito permanente e all'ingresso per i box. L'elevata velocit&agrave; media e la conformazione stessa delle curve fanno s&igrave; che ai piloti siano richiesti impegno e concentrazione massimi, senza possibilit&agrave; che gli errori vengano perdonati. Inutile stare a spiegare come il fatto di doverlo fare con vetture parecchio potenti, fra l'altro regolate in modo aerodinamicamente scarico (per favorire le velocit&agrave; e diminuire i consumi) quindi instabili, e per una gara di ben 2 giri d'orologio, renda tutto ci&ograve; un impegno atletico e psicofisico che non tutti riescono ad affrontare e superare senza difficolt&agrave;. Ma anche e soprattutto questo fattore &egrave; tra ci&ograve; che ha reso grande e affascinante la 24 Ore di Le Mans.       

La gara di 24 ore &egrave; conosciutissima, ma forse non tutti conoscono le caratteristiche specifiche del Circuit de la Sarthe che la ospita una volta all'anno dal 1923

Le Mans: i 13,6 km più famosi al mondo

        Ora non &egrave; pi&ugrave; l'unico &ndash; c'&egrave; anche quello di Marina Bay &ndash; ma il circuito semipermanente di Montreal dedicato a Gilles Villeneuve &egrave; stato il primo ad essere sviluppato su un'isola artificiale, quella di Notre Dame realizzata per le Olimpiadi del 1976. Ci&ograve; ne ha condizionato il layout, paragonabile per certi versi a quelli di Melbourne e di Baku e per altri a quello di Montecarlo. La lunghezza &egrave; di 4.361 metri (che portano a 70 giri di gara) e ufficialmente sono 14 le curve totali del circuito: stranamente nel conteggio viene considerata la leggera "piega" nel rettilineo prima dei box (curva 12) ma non quella che precede il tornante (curva 10) dove si schiant&ograve; Kubica nel 2007. I notevoli allunghi di questo tracciato portano a configurazioni alari piuttosto scariche, e questo rende ancor pi&ugrave; impegnative le forti staccate (che sollecitano molto i freni) per la limitata stabilit&agrave; delle macchine. Inoltre le curve solitamente abbastanza lente con conseguenti forti accelerazioni in uscita richiedono motricit&agrave;, per cui &egrave; importante che le monoposto offrano un buon grip "meccanico" sia davanti che dietro. Tali caratteristiche e necessit&agrave;, unitamente all'asfalto poco abrasivo, hanno quindi portato la Pirelli a preferire le mescole pi&ugrave; morbide in gamma: hard C3, medium C4 e soft C5, esattamente come a Montecarlo. In questa occasione avremo tre zone di attivazione dell'ala mobile in sorpasso: il DRS si potr&agrave; azionare non solo su entrambi i rettilinei principali prima e a fianco dei box, ma anche nell'allungo tra le curve 7 e 8. Oltre al rifacimento della palazzina con i box e di alcune barriere, infine, non ci sono state significative modifiche alla pista, se non un&nbsp; ininfluente allargamento dell'apertura a destra fuori da curva 10 (tornante).       

Il tracciato semipermanente di Montreal &egrave; caratterizzato da lunghi rettilinei e forti frenate/accelerazioni che condizionano il set-up delle monoposto. Avremo inoltre tre zone DRS

GP F1 Canada: il circuito sull'isola artificiale

        Quello a Montecarlo &egrave; sempre stato un appuntamento decisamente particolare per la Formula 1, non fosse altro per l'ambientazione molto "glamour" offerta dal Principato. Ma anche tecnicamente le stradine di questo storico tracciato cittadino di 3.337 metri rappresentano una bella sfida. La tortuosit&agrave; del circuito richiede infatti la massima tenuta di strada, e cos&igrave; anche i carichi alari vengono sfruttati al massimo, con configurazioni specifiche che &egrave; possibile ritrovare solo in Messico (ma l&agrave; &egrave; la rarefazione dell'aria ad essere determinante). Del resto anche la stabilit&agrave; in frenata &egrave; essenziale e non vi sono particolari problemi di velocit&agrave;, perch&eacute; ci sono solo due "allunghi" in cui per&ograve; non si dovrebbero superare i 300 km/h. Solo in quello della partenza &egrave; inoltre prevista l'apertura dell'ala mobile, dunque una sola zona di DRS. La bassa velocit&agrave; media fa s&igrave; che i pneumatici non siano particolarmente sforzati, e per questo motivo la Pirelli ha potuto impiegare le mescole pi&ugrave; morbide della gamma: C3, C4 e C5 nominate quali hard, medium e soft rispettivamente. Da segnalare che rispetto all'anno scorso sono stati riasfaltati i due terzi del tracciato, ma questo &egrave; normale qui perch&eacute; le strade aperte al traffico sono soggette a rifacimenti e ad usura, cui si rimedia proprio prima del GP. Le 19 curve restano comunque impegnative anche perch&eacute; circondate da barriere, muretti e marciapiedi che solitamente lasciano nessun margine d'errore ai piloti. Le difficolt&agrave; di sorpasso e il breve tratto tra partenza e prima curva rendono inoltre molto pi&ugrave; determinanti che altrove i risultati delle qualifiche, che quindi diventano una fase decisiva e molto "calda" del GP. Questo sabato &egrave; inoltre possibile che il meteo faccia qualche scherzo: la probabilit&agrave; di pioggia non &egrave; elevata ma nemmeno nulla, al momento, e comunque anche un cielo nuvoloso con basse temperature ambientali potrebbe condizionare l'utilizzo delle gomme.       

Il tracciato di Montecarlo &egrave; quello pi&ugrave; particolare nella stagione (e nella storia) della F1. Per&ograve; non &egrave; solo un appuntamento "glamour" ma anche una sfida tecnica

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