        Doveva essere il primo di una lunga serie, quello. E invece fu il primo di soli due. "Soli" perch&eacute; uno come Jim Clark, di Titoli, ne avrebbe meritati almeno una dozzina, a sentire quelli che lo hanno visto con i propri occhi. Non ce n'era, contro Jim Clark: potevi batterlo una volta, forse due. Ma per il resto, sarebbe stato sempre lui a transitare per primo sotto la bandiera a scacchi. Proprio come in quel GP d'Italia dell'8 settembre 1963, 60 anni fa. Quel giorno in cui Jim Clark divenne iridato per la prima volta, e con lui pure la Lotus e Colin Chapman. Colin, meglio il tavolo da disegno Quel giorno, a Monza, Colin Chapman cap&igrave; che aveva fatto bene a mollare il volante per concentrarsi sul progettare vetture. Era un genio, Colin, ma non del volante, bens&igrave; del tavolo da disegno. Con le vetture che sfornava e che avrebbe sfornato, non poteva avere il rimpianto di aver mollato con la F1 dopo quell'unica apparizione a Reims 1956, quando mise la macchina al 5&deg; posto in qualifica, ma la distrusse nelle prove senza riuscire a partire per la gara. La carriera di Colin Chapman pilota in F1 fin&igrave; senza nemmeno un giro percorso in gara. Clark, che cavalcata in quel 1963 Quella di Colin Chapman da ingegnere e capo squadra, per&ograve;, deve ancora cominciare. Ed &egrave; una storia stupenda, che porta Titoli e vittorie. Ha la fissa delle leggerezza, Colin: punta a progettare macchine sempre molto leggere, un vantaggio per la prestazione ma un pericolo per l'incolumit&agrave; dei piloti. Veloci s&igrave;, ma troppo pericolose, quelle Lotus. La squadra debutta nel 1958, due anni dopo arriva Clark e la storia cambia. Jim Clark &egrave; l'asso adatto per quelle monoposto. Lui s&igrave; che &egrave; un fenomeno del volante, e Chapman gli mette a disposizione il meglio che pu&ograve;. Il meglio arriva nel 1963: l'anno prima Clark e la Lotus 25 hanno chiuso al 2&deg; posto nel mondiale con tre vittorie, prove generali di titolo. Titolo che arriva, puntuale, nel 1963; a Monaco Jim va k.o. ma per il resto dell'anno non ce n'&egrave; per nessuno: arrivano 4 vittorie di fila, un secondo posto e poi un'altra vittoria, a Monza. Nonostante la regola degli scarti (validi per la classifica i migliori sei risultati su dieci), e nonostante manchino ancora tre gare, il discorso iridato &egrave; gi&agrave; chiuso. Vincer&agrave; altre due gare in quella stagione (Messico e Sudafrica), ma la miglior fotografia per raccontare il dominio di Clark e della "25" quell'anno &egrave; il GP degli Stati Uniti, successivo alla tappa in Italia e dunque a titolo gi&agrave; acquisito. Per un problema alla batteria, Clark non riesce a schierarsi in griglia e quando parte ha gi&agrave; un giro svantaggio. Tuttavia, si mette a rimontare e chiude terzo, deliziando il pubblico di Watkins Glen con una delle corse pi&ugrave; belle della carriera. Ecco di cosa erano capaci Jim Clark e quella Lotus 25, meritatamente iridati oggi, 60 anni fa. Lotus Type 66, sapore di CanAm       

L'8 settembre 1963, al termine di una cavalcata trionfale in campionato, Jim Clark e la Lotus 25 vincevano a Monza e portavano a casa il titolo, il primo per il pilota, la squadra e Colin Chapman

GP Italia 1963: 60 anni fa il primo titolo di Jim Clark e della Lotus

E&#39; considerato uno dei piloti pi&ugrave; formidabili della storia, uno la cui carriera &egrave; finita fin troppo presto, negandogli tanti altri successi. Il 7 aprile ricorre la scomparsa di Jim Clark, deceduto in questa data nel 1968 in seguito ad un incidente sul circuito di Hockenheim in una corsa di Formula 2.  F1, nessun accordo sui tagli  Una carriera straordinaria  Lo scozzese viene accostato ai pi&ugrave; grandi, e probabilmente senza l&#39;incidente di 52 anni fa i suoi titoli sarebbero stati ben pi&ugrave; di due. Uomo fidato di Colin Chapman, Clark ha corso in Formula 1 sempre e solo con la Lotus, con la quale debutta nel 1960 nel Gran Premio d&#39;Olanda, ritirandosi per un guasto alla trasmissione. Il primo successo arriva due anni pi&ugrave; tardi a Spa, con la &quot;25&quot;, monoposto con la quale Jim nella stagione 1963 si laurea campione dopo aver dominato il campionato con ben 7 vittorie, 7 pole e 9 podi su 10 gare. Terzo nel &#39;64, Clark vince di nuovo il titolo nel 1965 alternandosi alla guida della &quot;25&quot; e della &quot;33&quot;, prima di vivere altre due stagioni di alti e bassi in cui non riesce a cogliere il terzo alloro. Il 1968 sembra essere l&#39;anno giusto e Jim domina letteralmente la prima tappa in Sudafrica con la &quot;49&quot;: sembra il prologo di un&#39;annata da dominatore ma tre mesi pi&ugrave; tardi arriver&agrave; l&#39;incidente di Hockenheim a spezzare una brillantissima carriera, che si chiuder&agrave; con 72 Gp disputati, 25 vittorie (in pratica una vittoria ogni tre gare!), 33 pole, 32 podi e 28 giri veloci, senza dimenticare gli 8 Gran Chelem (pole, vittoria, giro veloce e gara condotta sempre in testa), ad oggi record ancora imbattuto.  Arriva Autosprint Play  L&#39;incidente del 7 aprile 1968  L&#39;incidente in cui Clark perse la vita non &egrave; mai stato del tutto chiarito. Chris Irwin, unico testimone oculare in quanto unico pilota vicino a Clark al momento dell&#39;incidente, disse che vide la vettura uscire di pista alla curva all&#39;epoca detta &quot;Coda di gambero&quot; (ridenominata successicamente curva Clark nel vecchio Hockenheim) in maniera inspiegabile, con la monoposto che rotol&ograve; pi&ugrave; volte su stessa prima di schintarsi sugli alberi. Chapman invece indag&ograve; a fondo e sostenne che una foratura lenta port&ograve; all&#39;uscita del copertone dal cerchio oppure allo scoppio della camera d&#39;aria. Qualunque sia stato il motivo, anche se oggi si accetta la teoria del guasto meccanico, Jim perse la vita in quel maledetto incidente, che interruppe i sogni agonistici di un 32enne che avrebbe potuto vincere ancora molto.  Andrea Adamo si racconta ad Autosprint 

Il 7 aprile di 52 anni fa Jim Clark perdeva la vita nell&#39;incidente occorsogli ad Hockenheim in una gara di Formula 2

Jim Clark, l&#39;ultima corsa dello &quot;scozzese volante&quot;

Hockenheim, 7 aprile 2008. Basta uscire dalla traiettoria della Parabolika Einfahrt, la secca curva a destrorsa posta alla fine del settore uno del moderno tracciato, e dirigersi a piedi, un giorno come tanti altri, per uscire dall&rsquo;asfalto e varcare reti e protezioni fino a puntare il prospicente bosco di querce e pini che porta il nome di Eichelgarten. Una semplice croce di pietra, discreta, piccola e tozza, circondata dall&rsquo;erba e da delicati fiori bianchi, reca una semplice iscri- zione: &ldquo;JIM CLARK, 7-4-1968&rdquo;.  Qualche passo e un blocco in granito cementa un altro ricordo, quello del pilota neozelandese Bert Hawthorn, scomparso anch&rsquo;egli l&igrave; mentre era al volante di una F.2, quattro anni dopo, quasi a testimoniare che &egrave; un posto stregato, quello. Si, Hockenheim, 7 aprile 1968, giusto quarant&rsquo;anni fa. Ci sono giorni nella vita di un uomo in cui non pu&ograve; accadere proprio nulla di buono, ma che comunque non verranno mai pi&ugrave; dimenticati. Per esempio la gara d&rsquo;apertura dell&rsquo;Euro F.2 in programma sull&rsquo;allora velocissimo tracciato a forma di fagiolo &egrave; destinata a restare la pi&ugrave; maledettamente importante corsa di formula cadetta nella storia dell&rsquo;automobilismo. Non per quello che offre, ma per il nome del pilota che rapir&agrave; per sempre: Jim Clark, appunto.    GIORNO MALEDETTO. Quinto giro della prima manche. Lo scozzese non si aspetta pi&ugrave; nulla di buono. Gi&agrave; in prova era solamente settimo, con una prima fila monopolizzata dalle Matra di Beltoise e Pescarolo. Su pista bagnata, Clark &egrave; gi&agrave; fuori dalla zona nobile della classifica ed &egrave; alle prese con un motore recalcitrante quando percorre un rettilineo a circa 250 km/h, seguito a circa 200 metri dal pilota Chris Irwin. Ha 32 anni, essendo nato il 4 marzo 1936. L&igrave; finisce la sua storia e comincia la laica sacralizzazione avvolta in una lieve nube d&rsquo;acqua nebulizzata, quasi a simbleggiare un mistero mai risolto. Perch&egrave; la sua Lotus 48 ha cominciato a zigzagare ed &egrave; uscita di strada, sbattendo poi violentemente contro gli alberi? Ha ceduto una sospensione? Oppure ha fondamento l&rsquo;ipotesi di una manovra disperata per evitare un improvviso e mai provato attraversamento di pista a parte di uno spettatore? O, piuttosto, ha ragione la perizia che il patron della Lotus Colin Chapman fa eseguire sui resti della monoposto, evidenziando l&rsquo;afflo- sciamento di una gomma quale causa ultima - ma in fondo comoda e liberatoria, se due ag- gettivi cosi? possono essere usati senza cattivo gusto -, del tragico crash? E&#39; inutile, nessuno lo sapr&agrave; mai con assoluta certezza. Il mistero va rispettato, non violato gratuitamente. Di sicuro c&rsquo;&egrave; solo che Jim Clark &egrave; morto all&rsquo;istante e senza colpe mentre guidava una monoposto che si &egrave; praticamente polverizzata.  CHI E&#39; JIM CLARK? Quarant&rsquo;anni dopo ha molto pi&ugrave;&nbsp;senso chiedersi chi &egrave;&nbsp;oggi, Jim Clark. Il Fausto Coppi della F.1. Il pilota delle fughe nella leggenda. Il via a ruote fumanti, dalla pole, tre-quattro curve e un uomo solo &egrave;&nbsp;al comando: lui. Per sempre. Sovrano delle rimonte impossibili - vedi Monza 1967 -, unico iridato fedelissimo a una sola Casa, la Lotus. Solo campione ad aver vinto nello stesso anno, il 1965, il titolo mondiale di F.1 e la 500 Miglia di Indianapolis. Era il castigaferrari, il principe del kappa&ograve;&nbsp;tecnico, il peggior avversario che qualsiasi campione degli Anni &rsquo;60 avrebbe voluto incontrare sulla sua strada, eppure non fu mai odiato, inviso ai rivali. Gi&agrave;&nbsp;re delle pole e dei giri pi&ugrave;&nbsp;veloci, talento naturale, tattico tetragono e finissimo tester, nella sua epoca lo &ldquo;Scozzese Volante&rdquo; &egrave;&nbsp;stato il primo a guidare e guidare le sue Lotus avendo un computer a bordo ma il computer era proprio lui, Jim Clark. Partecip&ograve;&nbsp;solo a 72 Gran Premi e ne vinse 25. Fondamentalmente tutti quelli in cui la sua Lotus non fece bizze. A parte Jackie Stewart, che corse 99 Gp vincendone 27, tutti quelli che hanno trionfato pi&ugrave; di Jim hanno disputato almeno 150 corse iridate: il doppio. E con il 34,7% di vittorie su gare disputate, Clark &egrave; superato nel rapporto, tra quelli che hanno vinto pi&ugrave; di lui, solo da Michael Schumacher (248 corse/91 successi), col 36,6%. I fatti, come sempre, sono argomenti testardi, ancora oggi, per capire e sognare Jim Clark, due volte iridato, nel &rsquo;63 e nel&rsquo; 65. Il resto &egrave; emozione, nostalgia, classe allo stato puro. Dolce rimembranza.  I RICORDI DI AMON. Ci pensa Chris Amon, uno tra i piloti pi&ugrave; veloci dell&rsquo;era Clark, anche se senza dubbio il pi&ugrave; sfortunato perch&eacute; mai vincente in un Gp iridato, a ricordare e valutare il campionissimo dal suo privilegiatissimo punto di vista (96 Gp disputati dal 1963 al 1976): &laquo;Credo che Jim Clark - spiega Amon -, sia stato il pilota pi&ugrave; forte che io abbia mai incontrato. Anche Jackie Stewart era molto buono, quasi veloce quanto Clark, ma lui doveva lavorare duro per stare al passo del connazionale, invece Jim era un grande talento naturale, uno in grado di guidare qualsiasi cosa. Lo ricordo al Nurburgring nel &lsquo;64 quando un privato gli chiese di fare un paio di giri sulla sua vettura. Pronti via e Clark gli dette dieci secondi al giro, subito. Ecco chi era Jim. &Egrave; difficile compararlo con gente come Fittipaldi o Lauda. Jim era semplicemente un&rsquo;altra cosa, una creatura di un altro pianeta&raquo;. Specie nella serie Tasmania, che si correva nella seconda met&agrave; degli Anni &rsquo;60 dall&rsquo;altra parte del mondo durante il nostro inverno, utilizzando monoposto in una configurazione che era una via di mezzo tra le F.2 e le F.1, con la Ferrari messa appunto a dovere Amon dimostr&ograve; coi fatti, a pi&ugrave; riprese, di poter battere perfino Jim Clark. Eppure il parere del neozelandese, ormai 65enne, non lascia spazio a repliche: &laquo;No, no, non mi sono mai sentito uguale a Jim Clark. Nella serie Tasmania del &lsquo;68, poco prima della sua morte, abbiamo lottato molto, &egrave; vero, ma lui trovava in s&eacute; sempre qualche risorsa extra. Nell&rsquo;ultima corsa che vinse disputammo una battaglia incredibile, l&rsquo;uno nella scia dell&rsquo;altro, poi a ruote appaiate. La sua Lotus aveva pi&ugrave; freni e la mia Dino 2,5 litri, ossia una F.2, era pi&ugrave; leggera della sua. Alla fine, mi fregava puntualmente in frenata. Fatto sta che mi impegnai come un matto per batterlo in volata. Sapevo come farlo. Tutto and&ograve; come avevo previsto, per&ograve; al traguardo fu davanti lui, per pochi centimetri. Questo era Jim Clark&raquo; 

Il 7 aprile 1968 a Hockenheim moriva il pi&ugrave; forte pilota F.1 dell&rsquo;epoca. Scopriamo come e perch&eacute; il suo mito &egrave; rimasto intatto con il servizio di Autosprint uscito a 40 anni dalla scomparsa

Jim Clark, 50 anni dopo la leggenda scozzese &egrave; ancora intatta

Clark ha vinto. No, non &egrave; Superman, ma un ingegnere 48enne di nome Steve.  La Ferrari lo prese dallo staff ex Mercedes Gp (in precedenza aveva lavorato con la Honda e con la Prost), affidandogli il ruolo di responsabile degli ingegneri in pista. Poi, due anni fa, la &ldquo;retrocessione&rdquo; a capo di un reparto che si occupa dei progetti per il Coni. Dalle scocche in carbonio delle F1 a quelle delle slitte e dei kayak.  Steve per&ograve; non c&rsquo;&egrave; stato. E ha fatto causa, ottenendo un verdetto favorevole dal tribunale di Modena. Il che significa che il giudice gli ha dato ragione sul fatto di essere stato sminuito nelle sue mansioni, mentre gli avvocati della Ferrari avevano sostenuto che, essendo responsabile di un reparto, non c&rsquo;era stato nessun ridimensionamento.  Adesso Steve Clark dovrebbe essere reintegrato a tutti gli effetti in un ruolo che, di fatto, oggi viene coperto da Pat Fry, direttore tecnico a cui &egrave; stata tolta la responsabilit&agrave; sulla vettura, passata a James Allison. A meno che non si trovi un accomodamento con Clark, il muretto Ferrari rischia di essere sovraffollato.

Dovr&agrave; essere reintegrato nel suo ruolo di capo ingegnere. Era stato silurato due anni fa

F1, Clark vince la causa contro Ferrari

Con 25 vittorie Lewis Hamilton diventa l&rsquo;ottavo pilota pi&ugrave; vincente di sempre nella storia della Formula Uno: raggiunge e affianca Jim Clark e Niki Lauda nella classifica di chi ha vinto pi&ugrave; Gran Premi. Quella classifica che &egrave; guidata da Schumacher, inarrivabile a quota 91 successi, seguito da Prost (51 vittorie), Senna (41 vittorie) e Vettel (39 vittorie).  &nbsp;Ma quanto valgono le 25 vittorie di Hamilton, le 32 di Alonso e le 39 di Vettel dei giorni nostri rispetto alla storia? I paragoni sono sempre difficili perch&eacute; oggi si corrono mediamente 19/20 Gp a stagione contro i 16 dell&rsquo;epoca di Senna e i 14/15 dell&rsquo;epoca di Lauda e Stewart e gli appena 9/10 dei tempi di Clark. I piloti hanno un carriera pi&ugrave; longeva, le monoposto sono pi&ugrave; affidabili e finiscono tutte le corse. L&rsquo;unica costante tra tutte le epoche &egrave; che ci sono macchine vincenti e binomi piloti-auto che iniziano striscie di successo che durano anni. Successe cos&igrave; con la Ferrari 312 T di Lauda&nbsp;elle sue varie versioni, con la McLaren-Honda Mp4 di Prost e Senna, con le Williams Fw12/15 di Mansell e Prost, con le Red Bull degli ultimi anni.  Per cui il modo migliore per valutare i successi di un un pilota nella storia delle corse non &egrave; calcolare il numero assoluto di vittorie, ma dividerle per il numero dei Gran Premi cui ha preso parte. Fare la media vittorie/gara. Chi ha vinto pi&ugrave; corse disputando il minor numero di Gran Premi &egrave; il pilota di maggior successo.  &nbsp;E allora facendo due conti si vede che senza andare a scomodare Fangio che apparteneva a un&rsquo;epoca davvero pionieristica della F1, il pilota che ha vinto pi&ugrave; corse in proporzione ai Gran premi disputati resta Jim Clark, l&rsquo;asso scozzese che conquist&ograve; con la Lotus due titoli mondiali e mor&igrave; a 33 anni a Hockenheim, nel 1968. Clark, che con la Lotus di Chapman aveva formato un binomio imbattibile quanto quello di Senna con la McLaren e di Vettel con la Red Bull, ha conquistato fra il 1962 e il 1968 25 vittorie in F1. Come Hamilton. Solo che Clark le ha ottenute prendendo parte ad appena 72 Gran premi, il che significa una media incredibile: 1 vittoria ogni 2,88 gare.  Dietro di lui Vettel, che con 39 trionfi in 124 Gp ha la notevole media di 1 vittoria ogni 3,17 corse. Appena sotto dai lui c'&egrave;&nbsp;Schumacher, i cui 91 successi in 307 Gp gli valgono la bella media di 3,37 gare/vittorie. E se Schumi non avesse rovinato la media con i tre anni a bocca asciutta in Mercedes dopo il rientro alle corse, oggi sarebbe alla pari con Jim Clark.  Un poco pi&ugrave; indietro, ma sempre nell&rsquo;eccezionale media di 1 vittoria ogni meno di 4 Gp sono Jackie Stewart (3,66 gare/vittorie), Prost (3,90) e Senna (3,92), questi ultimi due ancora uniti nelle statistiche come in tutta la carriera. Hamilton, con 1 vittoria ogni 5,32 corse disputate, &egrave; indietro in questa classifica media di gare/vittorie ma comunque meglio di Lauda (6,84) con cui condivide il numero dei Gp vinti.  Ancora pi&ugrave; indietro &egrave; Alonso, che sconta pi&ugrave; che gli anni in Ferrari, il biennio quasi a secco con Renaut fra il 2008 e il 2009: Fernando ha una media di 6,87, vale a dire 1 vittoria quasi ogni 7 gare. Paradossalmente &egrave; avanti in questa classifica &nbsp;Damon Hill, che ha vinto solo 22 Gp in carriera ma ha quasi sempre corso con macchine vincenti che gli hanno migliorato la media: 5,22 gare tra una vittoria e l&rsquo;altra.  &nbsp;  Chi ha vinto pi&ugrave; gare disputando meno Gran premi  Clark &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp;2,88 gare/vittorie Vettel &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; 3,17&nbsp;gare/vittorie Schumacher &nbsp;3,37&nbsp;gare/vittorie Stewart &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; 3,66&nbsp;gare/vittorie Prost &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; 3,90&nbsp;gare/vittorie Senna &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; 3,92&nbsp;gare/vittorie D. Hill &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp;5,22&nbsp;gare/vittorie Hamilton &nbsp; &nbsp; &nbsp; 5,32&nbsp;gare/vittorie Mansell &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; 6,03&nbsp;gare/vittorie Lauda &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; 6,84&nbsp;gare/vittorie Alonso &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; 6,87&nbsp;gare/vittorie  &nbsp;

Per valutare il pilota di maggior successo non contano i primi posti assoluti, ma i trionfi in funzione delle corse disputate. Ecco questa speciale classifica

Perch&eacute; le 25 vittorie F1 di Hamilton non valgono Clark

Lewis Hamilton con questa pole raggiunge Clark e Prost a quota 33 pole position e si gode il successo momentaneo, come aveva fatto in Australia.  &laquo;Spero ora di sperimentare come sono queste macchine in gara perch&eacute; finora non ci sono ancora riuscito&raquo;, dice alludendo al ritiro dei primi giri in Australia. Poi torna a parlare delle qualifiche che gli hanno portato la seconda pole stagionale.  &laquo;&Egrave; bello godersi questo momento, ci siamo comportati bene per tutto il weekend. &Egrave; stato incredibile quanta pioggia sia caduta, alla fine era quasi impossibile vedere. Nell&rsquo;ultimo giro ero dietro Hulkenberg, non vedevo nulla, non capivo dove andava la pista, dove frenare: quando mi sono fermato ho capito che era impossibile migliorarsi. Pregavo di non dover fare un ultimo giro ancora tirando perch&eacute; non ci si vedeva pi&ugrave; nulla. In qualche modo l&rsquo;ho finito&raquo;.

Con quella in Malesia raggiunge anche lui la 33&ordf; pole position

Hamilton pareggia Clark e Prost

Definiti i nuovi ruoli alla Ferrari. Alcune di queste novit&agrave; verranno certamente annunciate questa settimana, gioved&igrave; 19, nel corso della cena natalizia del presidente Luca di Montezemolo. Altre, per&ograve;, siamo in grado di anticiparvele.  L&rsquo;arrivo di James Allison&nbsp;(ex Lotus) come direttore tecnico sull&rsquo;autotelaio (in pratica, responsabile dello sviluppo della vettura) ha creato il problema Pat Fry. Che cosa far&agrave; adesso il direttore tecnico precedente, arrivato al posto di Aldo Costa? Quando Allison ha preso ufficialmente servizio, all&rsquo;inizio di settembre, Fry era stato destinato inizialmente a seguire il lavoro nella struttura. Adesso per&ograve; i nuovi ruoli dei due tecnici inglesi sono stati meglio definiti per evitare sovrapposizioni.  Allison &egrave; il direttore tecnico e come tale a lui faranno capo in particolare &nbsp;la progettazione della vettura (sempre affidata a Tombazis), la ricerca e sviluppo e l'intero settore dell'aerodinamica e galleria del vento. Mentre a&nbsp;Pat Fry&nbsp;faranno riferimento le simulazioni, la dinamica del veicolo, il montaggio vetture e e gestir&agrave; gli ingegneri di pista.  Quindi, semplificando, si pu&ograve; dire che Allison da direttore tecnico coordiner&agrave; tutta la fase di progetto e sviluppo della macchina, Fry invece la fase successiva di attivit&agrave; in pista.&nbsp;Mentre dovrebbe sparire dall'organigramma dei tecnici di pista Steve Clark che l'anno scorso era il riferimento degli ingegneri in circuito.&nbsp;Fry, ha commentato l&rsquo;arrivo di&nbsp;Allison&nbsp;come &ldquo;una grande forza per la squadra&rdquo;.  L&rsquo;altra novit&agrave;, praticamente confermata, riguarda l&rsquo;ingegnere di pista che lavorava con Massa, e cio&egrave;&nbsp;Rob Smedley, che &nbsp;ha seguito Felipe alla Williams. Della vettura che adesso &egrave; di Kimi Raikkonen si occuper&agrave; Antonio Spagnolo, che quest&rsquo;anno ha lavorato prima come ingegnere veicolista sulla monoposto di Alonso, e poi, da met&agrave; stagione, &egrave; passato ad altri incarichi. Andrea Stella rimane l'ingegnere di pista della vettura di Alonso.  &nbsp;

Con Allison d.t., Pat Fry sar&agrave; responsabile in pista. C'&egrave; un nuovo ing. per l'auto di Raikkonen

7 risultati per 'clark'

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