Sono tornate le corse in salita (almeno in Croazia) e puntuale a Skradin (Scardona) &egrave; tornato il duello Merli-Faggioli, vinto di un soffio dal trentino su Osella al termine di un weekend subito emozionante e non privo di qualche imprevisto, come il diluvio che ha costretto entrambi a una sola salita di prove al sabato su un tracciato nuovo. Quel diluvio, in particolare ai 9 piloti italiani presenti, &egrave; sembrato infinito e davvero l&rsquo;ennesimo segno contrario di un destino che fino a questo weekend, causa emergenze covid-19, aveva fatto lasciare tutto ai box.  In attesa di sapere definitivamente come potranno ripartire le cronoscalate italiane (ora si lavora a un Civm &ldquo;ridotto&rdquo; con start ad Alghero il 26 luglio o al Nevegal il 9 agosto o al massimo a Gubbio il 23 agosto) e in mancanza di un Cem 2020, gi&agrave; annullato (cos&igrave; come la stagione tedesca, mentre il Campionato Francese conferma al momento 5 prove e il via dal Mont Dore il 9 agosto), i due campioni europei si sono presentati puntuali e con le novit&agrave; 2020 sulle rispettive vetture nell&rsquo;unica occasione buona del momento alla 14esima Nagrada Grada Skradina.  Trattandosi dell&rsquo;esordio stagionale &egrave; stata un po&rsquo; per tutti una sorta di gara-test, ma nonostante fossero soprattutto la funzionalit&agrave; delle nuove accortezze e dei ritocchi, specie quelli aerodinamici, a interessare il lavoro dei rispettivi team, le scintille non sono mancate.  Sabato dopo il diluvio soltanto 75 millesimi (a favore di Faggioli) separavano i loro riscontri. Domenica nella somma dei tempi delle due manche disputate lungo i 3385 metri del tracciato della localit&agrave; adriatica che sorge tra Zara e Spalato &egrave; stato invece Christian Merli ad avere la meglio, anche se non sul crono assoluto in singola manche.  Il pilota trentino ha vinto la gara piazzando la propria Osella Fa30 Evo davanti alla Norma M20 Fc del rivale fiorentino per appena 3 decimi, con miglior tempo e nuovo record del tracciato fatto segnare per&ograve; da Faggioli nella seconda manche in 1&rsquo;22&rdquo;257 (contro l&#39;1&rsquo;22&rdquo;865 del rivale), che ha migliorato l&rsquo;1&rsquo;22&rdquo;989 di Merli nella prima manche (quando Faggioli si era fermato sull&#39;1&#39;23&quot;903).  Il podio, manco a dirlo tutto tricolore, &egrave; stato quindi completato da un motivatissimo Diego Degasperi, presente con la Fa30 del Team Faggioli e classificatosi terzo a 6&rdquo;47 dal vincitore.  Classifica, top 5   p.p1 {margin: 0.0px 0.0px 0.0px 0.0px; font: 12.0px Helvetica; -webkit-text-stroke: #000000} span.s1 {font-kerning: none}  1. Merli (Osella Fa30 Evo Zytek) in 2&rsquo;45&rdquo;854; 2. Faggioli (Norma M20 Fc Zytek) a 0&rdquo;306; 3. Degasperi (Osella Fa30 Zytek) a 6&rdquo;470; 4. Venturato (Gloria C8P Evo) a 19&rdquo;805; 5. Szsaz (Reynard F.3000 Zytek) a 24&rdquo;037. 

In Croazia si rinnova l&#39;eterno duello tra il trentino e il toscano: il primo vince, il secondo fa il record

Merli vince in Croazia il primo duello 2020 con Faggioli

Mentre il mondo progressivamente spera di ripartire, per un attimo mi rifermo e rivolgo un pensiero caldo a un grande campione che ci ha lasciato venti anni fa: Fabio Danti. In un mondo di corse e piloti in certi casi sempre pi&ugrave; plastificati, non necessariamente troppo coraggiosi ma perlopi&ugrave; abili, preconfezionati, furbi e voraci come zanzare, una bella iniezione disintossicante di Fabio Danti &egrave; proprio quello che ci vuole.  Una forma d&#39;Arte    Fabio non &egrave; pi&ugrave; tra noi dal 3 giugno 2000, vittima di un incidente nella cronoscalata Caprino-Spiazzi mentre era al volante della sua Osella, nell&rsquo;ultima piega del tracciato, a circa cento metri dal traguardo.  Fabio &egrave; ancora tra noi, perch&eacute; chi l&rsquo;ha visto correre e tirare su per i tornanti di tutta Italia e mezza Europa sa benissimo che certe cose restano. No, non si scordano, sono carezze di brividi, pura gioia di vivere e passione applicata all&rsquo;asfalto.  Rimangono sensazioni che fanno deglutire solo a rivedere quel prototipo che aggredisce curve in mezzo al verde attaccando a bestia, ma nello stesso tempo pennellando con grazia. Come vedere il Canaletto che nobilita e pittura una tela manovrando il pennello in un film accelerato, dai fotogrammi quasi impazziti, concludendo in pochi secondi il suo spettacolo d&rsquo;arte spontanea ma calcolata, istintiva e allo stesso tempo sapiente, che poi dura per sempre. Arte strana, impazzita, incazzata, ma pur sempre Arte.  La carriera  Dopo un anno di avanscoperta con i prototipi, Fabio centra il titolo Italiano della Montagna nel 1994 a bordo della Lucchini a soli 27 anni e siamo solo all&rsquo;inizio. Perch&eacute; poi &egrave; due volte campione Europeo della Montagna, nel 1995, sempre su Lucchini, e nel 1996 su Osella.  E a differenza di ci&ograve; che capita a quelli delle salite, che per una vita fanno pi&ugrave; o meno le stesse cose, felicissimi financo di ripeterle, lo chiama una Casa ufficiale di quelle buone, ossia la Skoda, vale a dire il Gruppo Volkswagen.  E tra l&rsquo;Octavia canonica, la Felicia e la spettacolare Octavia in versione Station Wagon, diventa ufficiale di lusso nelle salite, ma anche di rado, passando come la cometa di Halley, perfino nel rally di Sanremo, confermandosi il supermanico che &egrave; sempre stato. Insomma, Fabio a un certo punto, quando c&rsquo;&egrave; da scegliere, da battezzare una politica, una direttrice di sviluppo per la carriera, potrebbe puntare a fare il bravo, il calcolatore, una specie di neo-braccino bello birbo e tenersi e lisciarsi il posto fisso che s&rsquo;&egrave; conquistato. Invece no.  Lui, peraltro non entusiasmando i suoi datori di lavoro, sente il richiamo della foresta e torna al volante del prototipo: l&rsquo;amore antico, puro, ancestrale. Periglioso, appassionato, e, in ultimo, traditore.  Ma Fabio &egrave; uno cos&igrave;. Sogna d&rsquo;essere se stesso. Sa che le cronoscalate a tutta sono la sua vita e pu&ograve; anche mettere in conto, hai visto mai, che possano presentare anche conti salati, maligni. In fondo rischiare di finire restando se stessi &egrave; anche un modo bello tignoso per continuare, eh.    Il ricordo  Fabio Danti, classe 1967, lo ricordo a Gubbio, un pomeriggio del 1993, dalle parti dell&rsquo;anfiteatro, al paddock del Trofeo Fagioli, in una lunga chiacchierata nella quale mi si mostra timido, educato e determinato. Gli parlo, lo guardo, lui risponde conversando piano con gli occhi la cui contentezza sembra il coperchio momentaneo di una gran determinazione e mentre l&rsquo;ascolto butto l&rsquo;occhio altrove, tanto quelli buoni son tutti vicini, ed ecco che vedo i signori delle salite, Mauro Nesti, classe 1935, Mimmo Scola, classe 1930. Gi&agrave;, Fabio era la novit&agrave;, in quell&rsquo;ambiente l&igrave;. Tuta immacolata, sorriso ritroso e un manico bello ignorante, ignorantissimo. Fabio era un ragazzo che dentro aveva gi&agrave; i valori di un uomo.  Ho scritto un libro su di lui - s&rsquo;intitola &ldquo;Fabio Danti - sopra di lui solo la pioggia&rdquo; - e una delle cose che mi ha pi&ugrave; colpito raccogliendo materiale, &egrave; il ricordo che mi regal&ograve; e gli dedic&ograve; Raimondo Amadio, il quale pure lui in quel tragico 2000 conobbe il morso del destino, perdendo il padre Luigi in un altro incidente a bordo di un prototipo. Cos&igrave; eccovi Raimondo, adesso: &quot;Con mio padre conoscemmo Fabio a Predappio nel 1993, nella sua prima vera stagione con le sport e fu feeling a prima vista. L&rsquo;anno dopo, a Cividale, Ezio Baribbi ci consigli&ograve; di appoggiarlo e fu cos&igrave; che Fabio Danti e Villorba Corse divennero un binomio praticamente inscindibile. In quei tempi per pura passione la Villorba inizi&ograve; a fare delle piccole forme di mecenatismo, mettendo a disposizione parte del budget, l&rsquo;iscrizione alle gare, cinque set di gomme pi&ugrave; un treno di termocoperte. Nel caso di Fabio, per&ograve;, per mio padre la faccenda si poneva in termini diversi, perch&eacute; lo sentiva come un figlio adottivo, cio&egrave; non c&rsquo;era solo la passione per le corse a unirli, ma anche affinit&agrave; sul lato squisitamente umano. Perch&eacute; il bello di Fabio - prosegue Raimondo Amadio - &egrave; che accanto al campione ha sempre lasciato spazio all&rsquo;Uomo. Non &egrave; mai stato un professionista asettico. Lo ricordo in un viaggio che facemmo insieme nel 1998 in Repubblica Ceca, quando lui and&ograve; a fare il sedile della Octavia con cui avrebbe disputato il secondo Sanremo con la Skoda. Si confidava, esprimeva i suoi dubbi, dava di s&eacute; un quadro stupendamente sincero, sottotraccia ma allo stesso tempo conscio delle sue capacit&agrave;. Questa, credo, fosse la bellezza del suo essere vero come uomo, oltre che come pilota. Perch&eacute; lui &egrave; rimasto sempre caldo e autentico: voglio dire che s&igrave;, Fabio vinceva, era al top ma in realt&agrave; continuava a considerarsi un innamorato e un appassionato di corse, uno che alternava senza problemi e sempre con il sorriso salita, pista, rally, slalom e neve e ghiaccio con lo stesso spirito entusiasta. E anche in questo, da un punto di vista perfino tecnico, emerge la sua grandezza: nel suo eclettismo. Nella capacit&agrave; di essere forte sempre e comunque, indipendentemente dalla macchina e dalla disciplina specifica. S&igrave;, l&rsquo;eclettismo &egrave; la caratteristica che lo pone una spanna sopra tutti gli altri campioni delle salite della sua epoca, che erano sopratutto dei grandi specialisti. Posso dire che pi&ugrave; avanti solo Denny Zardo ha dimostrato altrettanta versatilit&agrave; - conclude Raimondo Amadio -, per cui nella mia speciale e personalissima hit parade, da questo punto di vista, vedo Danti e Zardo diversi dagli altri e sopra gli altri&quot;.   Corse su strada, legame unico d&#39;oltre Manica  Ecco, e oltre a scrivere un libro su Fabio, ne ho studiato a lungo e infine sfornato un altro su Joey Dunlop, il campionissimo duro e puro delle corse motociclistiche stradali nordirlandesi e del TT e, in un&rsquo;esperienza incredibile e inattesa, ho trovato congiunzioni impensate, instersezioni e similituidini che fanno pensare, tra due modi d&rsquo;essere, vivere e correre non omogenei ma senz&rsquo;altro compatibili. Quasi a unire Ballymoney nell&rsquo;Ulster con i boschi dell&rsquo;Abetone o Cutigliano con l&rsquo;Isola di Man. Fabio e Joey non sono due grandi comunicatori. Pi&ugrave; che parlare, preferiscono dare del gas.  Col mezzo hanno un rapporto intimo, sacrale ma anche primordiale. Adorano mettere testa e mani sul loro bolide, sanno spremerlo, una volta col casco in testa, ma anche e soprattutto prepararlo, affinarlo, montarlo e smontarlo come una creatura tutta loro.  Fabio e Joey potrebbero sistemarsi, fare i paraculi, imboscarsi, scegliere corsette pi&ugrave; innocenti, facili e programmi remunerativi, invece, fondamentalmente, se ne fregano.  Hanno un&rsquo;adorazione lacerante e trascinante per le competizioni a ostacoli fissi, alberi, terrapieni, pali e strapiombi. Sono due tipi, ciascuno nel suo, precisi al millimetro.  Se ti metti dietro una barriera e al loro passaggio segni col gesso dove hanno messo la gomma, quando uno dei due ritransiter&agrave; di nuovo, vedrai, la rimetter&agrave; esattamente dove l&rsquo;aveva piazzata prima. E pi&ugrave; o meno sar&agrave; cos&igrave; ovunque, ma, magicamente, il crono realizzato sar&agrave; progressivamente migliore.  Destino tragico  Fabio e Joey seguiranno lo stesso destino, nel giro di pochi giorni, in gare in cui non si stavano giocando nulla di importante: il ragazzo di Cutigliano saluta il mondo, come dicevo, il 3 giugno, mentre Yer Maun se ne andr&agrave; il 3 luglio dello stesso anno, a Tallinn.  Due incidenti che ancora oggi fanno discutere, recriminare, arrovellare chi in una spiegazione in pi&ugrave;, un particolare o un sentore, trova la scusa inconscia per rievocare e sentire ancora vicini gli amati campioni che se ne sono andati. Fabio e Joey erano due ragazzi di provincia.  Adoravano vincere ma poi sapevano che c&rsquo;era un prezzo da pagare ed era quello d&rsquo;andare alle premiazioni pi&ugrave; importanti vestiti a festa, con improbabili mise ufficiali.  Ricordo Joey con giacchette troppo lunghe o troppo corte, tutto rosso di imbarazzo, ricevere trofei leggendari dal Ministro di turno dell&rsquo;Isola di Man.  Caschi d&#39;oro e di timidezza  E rammento Fabio, la prima sera che venne al palazzo dei Congressi, a Bologna, alla festa di Autosprint, per ritirare il primo dei due Caschi d&rsquo;Oro che avrebbe meritatamente vinto. Aveva una giacca Spencer e una camicia ben stirata, unite a un sorriso sgualcito di timidezza, come quando a vestirti cos&igrave; preciso &egrave; una che ti vuole molto bene ma poi tu un pochino ti senti a disagio, perch&eacute; sei un ragazzo di provincia e vorresti startene in jeans.  Lo accolsi virando il prima possibile sul dialetto umbro, che tanto somiglia al toscano, giusto per fargli capire che doveva star tranquillo, che ad accoglierlo, ad applaudirlo e a premiarlo quella sera, proprio come alla fine di mille tornanti, avrebbe trovato gente semplice e appassionata tanto quanto lui. Fabio si rilass&ograve; e il suo abito divenne comodo e il sorriso pi&ugrave; fresco, felice e lucente, quasi appena stirato.    Un ragazzo semplice  Fabio l&rsquo;ho poi incontrato di nuovo tanti anni dopo nei posti pi&ugrave; belli del mondo, che sono sempre i ricordi trasognati, umidi del rimpianto di chi ama e non ha nessuna voglia di smettere di farlo. Fabio, se volete, lo trovate nei racconti della ragazza Claudia, del padre Giampiero, gi&agrave; presidente della Societ&agrave; Abetone Funivie, e della madre Giancarla, al tempo titolare di un laboratorio per la lavorazione dei frutti del sottobosco.  Vedete, sono nomi, ruoli, professioni e sensibilit&agrave; che gi&agrave; dicono tanto, se non tutto. Fabio era questo. Un ragazzo semplice e vero, un piede pesante come un macigno. Un pezzo di quella Montagna cui sentiva di appartenere. Anche se era giovane, bravo a far tutto e l&igrave; per l&igrave; sembrava avere poco in comune con le vecchie volpi delle salite, che poi riusc&igrave; a mandare, una a una, in pellicceria.  Una volta &ldquo;Provella&rdquo;, al secolo Roberto Rosati, il leggendario meccanico di Fabio, mi raccont&ograve; come cap&igrave; che il suo ragazzo li avrebbe presto battuti tutti, i sacri santoni, della categoria, i baroni delle curve in salita. &quot;Le prime volte, veniva Nesti, ci faceva gran complimenti e sfoderava bei sorrisi, ma sorrisi grandi eh, mica piccini. Per&ograve; mentre si felicitava non aveva gli occhi stretti, a grinze felici. Gli occhi eran belli fissi, come quelli di uno che pare contento, ma si sforza anche di esserlo, perch&eacute; contento proprio non &egrave;. L&igrave; capii - continuava &ldquo;Provella&rdquo; -, che il caro Fabio stava facendo cose sempre pi&ugrave; belle. Perch&eacute; fino a l&igrave;, uno come Nesti non l&rsquo;aveva spettinato mai nessuno. Ma ancora non potevo mica essere sicuro, stavo aspettando un&rsquo;altra prova, una conferma e non mi sarei fidato neanche di una vittoria importante o di un record all&rsquo;improvviso. No, non sapevo neanche io cosa andavo cercando, per&ograve; mi figuravo che il giorno in cui Fabio avesse svoltato davvero, Nesti avrebbe fatto qualcos&rsquo;altro, ma a modo suo, senza farsi capire troppo. Fabio continu&ograve; a vincere - saliva nell&rsquo;affabulazione da consumato story teller &ldquo;Provella&rdquo;, col barbone nero vibrante a ogni twist narrativo come quello del bardo Alan Moore, autore di Watchmen - e una bella sera il fatto tanto atteso infine avvenne. Ecco, quella volta mi resi conto che Fabio Danti, il mio, il nostro Fabio, era diventato un grandissimo pilota, uno di quelli che non si fanno dimenticare. Insomma, noi si era andati forte, quel pomeriggio di prova, eppure per una volta Mauro Nesti ci venne a salutare educato, splendido, signore come sempre, ma con mia grande sorpresa cominci&ograve; a fare quello che lui da mezzo secolo proprio non amava fare. Abbass&ograve; subito il tono e in modo confidenziale, quasi pieno d&rsquo;affetto, si mise a darci dei gran consigli sottovoce. Mica si pensava d&rsquo;averne bisogno, noialtri, dei consigli suoi, eppure erano tanto precisi, generosi, pieni di dettagli, di indicazioni di strade d&rsquo;assetto e regolazioni... Consigli che erano come incantesimi e trucchi che ti stava raccontando un mago grande e di solito geloso di quel che sapeva. Ma io sono meccanico, mica dormo. E allora, fu cos&igrave; che capii che ce l&rsquo;avevamo fatta, con Fabio che avevamo costruito davvero qualcosa di grande, tra i tornanti del nostro mondo, perch&eacute; io lo sapevo che tutti quelli che ci stava dando tanto buono il Mauro Nesti, l&rsquo;erano tutti, ma proprio tutti, dei gran consigli sbagliati&quot;.  &ldquo;Provella&rdquo; aveva spalancato la porta della Verit&agrave;. La definizione giusta per racchiudere vita, carriera e umana avventura di Fabio, quella era e resta.  Il fantastico Danti, il pilota che costrinse l&rsquo;immenso Mauro Nesti a dargli dei consigli sbagliati. Ciao, Fabio. Venti anni. E sei ancora qui, Campione.&nbsp; 

L&rsquo;inizio del mese di giugno del 2000 aveva visto la morte in un incidente alla Caprino-Sp&egrave;iazzi di Fabio Danti, uno dei pi&ugrave; grandi specialisti nella civilt&agrave; da corsa delle cronoscalate. Quel che segue &egrave; il modo pi&ugrave; affettuoso, commosso e intenso per sentirlo ancora vicino

Ricordiamo Fabio Danti venti anni dopo

Arriva in Italia il FIA Hill Climb Masters, l&#39;evento che si svolge ogni due anni e riunisce i piloti vincitori nella disciplina nei loro tornei nazionali e nella FIA Hill Climb Competitions. Dopo l&#39;edizione 2014 in Lussemburgo e quella 2016 nella Repubblica Ceca, appuntamento dal 12 al 14 ottobre 2018 a Gubbio. Sul tracciato del Trofeo Luigi Fagioli . La cronoscalata prevede un percorso di 3,31 i km di gara, dal centro storico verso la Gola del Bottaccione e la Madonna della Cima, a quota 700 metri.    Promosso in collaborazione con la Federazione Internazionale dell&rsquo;Automobile, ACI Sport e il Comune di Gubbio,&nbsp;il FIA Hill Climb Masters ha gi&agrave; un record da poter sfoggiare: sono 20 (contro le 14 di due anni fa) le delegazioni nazionali che si sfideranno per la vittoria della Nation Cup, la speciale classifica per nazioni che nell&rsquo;evento, pensato dalla FIA anche come una celebrazione e una sorta di olimpiade delle cronoscalate, affianca quelle individuali. 

Appuntamento dal 12 al 14 ottobre 2018 sul tracciato del&nbsp;Trofeo Luigi Fagioli:&nbsp;3,31 i km di gara, dal centro storico verso la Madonna della Cima, a quota 700 metri.

3 risultati per 'cronoscalata'

Merli vince in Croazia il primo duello 2020 con Faggioli

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FIA Hill Climb Masters 2018, a Gubbio i numeri uno mondiali nella cronoscalata