<p>Il Mondiale delle rivoluzioni della Formula 1 si avvicina. Il 2022 &egrave; l&rsquo;anno zero del Circus e di tutti i team, Ferrari compresa che prover&agrave; a tornare alla vittoria con la nuova monoposto che rende omaggio nel nome ai 75 anni del Cavallino. Sono tante le novit&agrave; regolamentari che rendono la nuova Ferrari F1-75 estremamente rivoluzionaria e diversa rispetto alla sua precedente, la SF21. A Leclerc e Sainz il compito al volante di tirar fuori miglior potenziale e le migliori prestazioni possibili in pista dalla nuova vettura spinta dal motore V6 turbo ibrido, riprogettato ex novo, e con un rivoluzionario design. Vediamo quali sono le differenze e caratteristiche principali (foto Getty e Filisetti)</p> 

Nuova Ferrari F1-75: la Rossa coraggiosa e aggressiva per il Mondiale 2022

In due precedenti articoli abbiamo gi&agrave; trattato le dichiarazioni di Yasuhisa Arai e le risposte di Eric Boullier, con il capo della sezione motorsport di Honda che spiegava come lo sviluppo della power unit andasse avanti (ora nella direzione di una maggior potenza) mentre il direttore sportivo della McLaren puntualizzava come la squadra inglese avesse per&ograve; un po' pi&ugrave; fretta di vedere dei risultati in gara. Il "battibecco" non &egrave; terminato: anche se in toni non polemici, Arai &egrave; tornato sulla questione commentando in particolare un aspetto sollevato da Boullier, quello per cui la Honda abbia perso molto tempo perch&eacute; non aveva assunto tecnici gi&agrave; esperti di Formula Uno, magari provenienti da altre squadre.  &laquo;Non &egrave; un'idea sbagliata - ha dichiarato Arai - ma credo che mettere sotto contratto un ingegnere dalla Ferrari, dalla Mercedes o da altri, avrebbe comportato molte difficolt&agrave;. Sarebbe difficile per questa persona lavorare con noi, perch&eacute; il tipo di cultura &egrave; molto differente: parlo di equipaggiamenti, di simulazioni, di tutto. Per cui non &egrave; questione di capacit&agrave; o di esperienza, ma del fatto che avrebbe richiesto troppo tempo imparare come operiamo. Poi c'&egrave; anche un altro aspetto: alla Honda vogliamo che i nostri dipendenti lavorino a lungo con noi. Di conseguenza, quando qualcuno viene per sei mesi e poi se ne va, &egrave; una situazione difficile. Non &egrave; cos&igrave; che lavoriamo&raquo;.  Quest'ultima considerazione pu&ograve; davvero far sorridere, in un mondo frenetico come quello della F1 dove &egrave; normale che a ogni fine stagione (e talvolta anche durante il campionato) vi siano numerosi cambi di casacca e non solo fra i piloti. Per non parlare della situazione economica che dalle nostre parti ha reso quasi un'utopia pensare al "posto fisso". Per la cultura giapponese, tuttavia, quello della fedelt&agrave; e della lealt&agrave; "per tutta la vita" nei confronti di un'azienda &egrave; un sentimento molto radicato nei lavoratori, tanto che un licenziamento viene vissuto in modo ancor pi&ugrave; traumatico di quanto non sia in Europa: non &egrave; una semplice "perdita di lavoro", ma quasi una sorta di tradimento, da entrambi i lati.  Tornando alla questione Honda-McLaren in s&eacute;, Boullier aveva suggerito si potesse utilizzare del personale McLaren per superare questo scoglio. &laquo;Un'idea valida dal punto di vista dello sfruttamento delle risorse - risponde Arai - ma non da quello pratico: i loro sono ingegneri specializzati nella parte telaistica, non quella propulsiva, e anche se entrambe sono molto importanti, c'&egrave; una notevole differenza fra le due aree. Portare i tecnici dal lato telaistico a quello motoristico non funziona, e lo stesso sarebbe all'opposto se fossero quelli della Honda a passare in McLaren&raquo;.  Dunque quale sarebbe il modo migliore di far lavorare assieme due realt&agrave; cos&igrave; disomogenee come McLaren e Honda? &laquo;Dobbiamo solo continuare a lavorare assieme e a comprenderci a vicenda, discutendo apertamente e ampiamente sulle varie idee e cercando varie soluzioni per superare i problemi. Stiamo lavorando molto strettamente, analizzando le cose approfonditamente. Ora che siamo a met&agrave; stagione abbiamo parlato molto con Eric e gli altri ingegneri, e spero che siano orgogliosi di essere a lavorare con noi pure nel resto della stagione&raquo;, conclude Arai per sottolineare come in ogni caso le due realt&agrave; starebbero lavorando in modo armonico.  Maurizio Voltini

Il responsabile corse della Honda spiega perch&eacute; non sono stati assunti tecnici da altre squadre nel progetto F1

Arai e le differenze culturali

Sono 9 le vetture iscritte nella classe Lmp1 di cui tre Audi R18, due Toyota Ts040, due Porsche 919 Hybrid e due Rebellion-Toyota, ma queste ultime sono prive di dispositivi per il recupero dell&rsquo;energia e non hanno possibilit&agrave; di essere protagoniste. Ecco le differenze tra le tre marche favorite fra gli Lmp1.  TOYOTA La Toyota arriva a Le Mans al comando della classifica di campionato, avendo gi&agrave; vinto a Silverstone e Spa. La Toyota correr&agrave; a Le Mans nella solita configurazione con due unit&agrave; MGU-K (kers) posizionate sugli assi anteriori e posteriori. Dotata di motore a benzina atmosferico V8 di 3.7 litri e supercondensatori per l&rsquo;accumulo dell&rsquo;energia prodotta, la Toyota correr&agrave; nella configurazione a 6Mjoule, con un consumo previsto sul giro a Le Mans di 4,8 litri di carburante. Tra i 6 piloti Toyota, solo Wurz ha gia vinto a Le Mans 2 volte mentre sempre Wurz con Lapierre e Davidson, vantano un successo a Sebring.  PORSCHE La Porsche ritorna a Le Mans con una squadra ufficiale dopo 16 anni di assenza. La nuova 919 Hybrid correr&agrave; a Le Mans nella configurazione 6 MJ, con un consumo previsto di 4,8 litri di benzina per giro. Dotata di un motore a benzina di 2 litri V4 turbo, di un sistema MGU-H, che produce energia dal flusso del gas della turbina, da un dispositivo MGU-K (kers), e batterie, la Porsche &egrave; quella che presenta la soluzione pi&ugrave; varia e completa. Quella della Porsche (kers+Mgu-H+batterie) &egrave; la stessa tecnologia usata in F.1. La Porsche schiera due vincitori di Le Mans: Romain Dumas (nel 2010) e Timo Bernhard. Ci sar&agrave; poi il debutto alla 24 Ore di Mark Webber, ex pilota Red Bull F1.  AUDI L&rsquo;Audi R18 e-tron arriva a Le Mans dopo due gare molto negative, ma con il vantaggio di disporre di una terza vetturarispetto ai rivali. La R18 correr&agrave; nella configurazione 2 Mjoule, con un consumo di carburante di 3,9 litri per giro. L&rsquo;Audi &egrave; dotata di un motore Diesel V6 Turbo di 4 litri e di una sola unit&agrave; MGU-K posta anteriormente, che accumula energia attraverso un volano posto al fianco del pilota. Sul fronte piloti l&rsquo;Audi ha i pi&ugrave; titolati ed esperti: dispone di 5 vincitori di Le Mans, tra i quali Kristensen (9 volte) Fassler, Lotterer, Treluyer (2 volte) Duval (1 vittoria). Un bagaglio di esperienza enorme, che potrebbe fare la differenza a suo favore.

Piloti e tecnologia dei sette prototipi che lotteranno per la vittoria della 24 Ore

Le Mans: Toyota, Audi e Porsche, le differenze

Da uno dei nostri inviati a Barcellona &nbsp;Alberto&nbsp;Sabbatini  Analizzando la conformazione della pista di Barcellona e i parziali della Ferrari, si pu&ograve; capire dove la F14 T perde il famoso secondo e 9 decimi sul giro dalla Mercedes e dove &egrave; inferiore rispetto alle avversarie.  La pista spagnola, 4655 metri, &egrave; divisa in tre parti abbastanza diverse fra loro: il T1 (tratto 1) comprende il lunghissimo rettifilo d&rsquo;arrivo (1 km bello e buono), la prima esse e il curvone velocissimo in salita in accelerazione: 23 secondi di velocit&agrave; quasi pura dove il motore fa la differenza; poi c&rsquo;&egrave; il T2 che &egrave; un tratto misto fatto di curve e controcurve veloci dove conta la tenuta di strada e la aerodinamica migliore delle macchine &egrave; decisiva. Infine c&rsquo;&egrave; il T3 che sono le curvette finali strette da 110/120 all&rsquo;ora e la strettissima chicane: qui conta la trazione, cio&eacute; la capacit&agrave; delle macchine di scaricare a terra i cavalli nelle marce basse senza patinare o scivolare. Non &egrave; soltanto un problema di geometria di sospensione posteriore che fa lavorare bene le gomme, ma anche di motore: il turbo deve erogare dolcemente e senza strappi la potenza, altrimenti le ruote motrici girano a vuoto e la macchina non scatta in avanti.  &nbsp;  Bene, la Ferrari nel T1, primo intermedio che dovrebbe essere in teoria molto critico vista la minor potenza del V6 turbo ibrido Ferrari rispetto al V6 tedesco, perde &ldquo;solo&rdquo; circa 5 decimi dalle Mercedes (23&rdquo;672 Raikkonen, 23&rdquo;156 Hamilton). Per esempio va peggio alla Red Bull perch&eacute; diceva Newey che la loro Rb10 a causa della inferiorit&agrave; del motore Renault ha un gap di quasi 1&rdquo; solo in rettifilo. Distacco rilevato non col cronometro ma tramite il Gps presente su tutte le vetture. Infatti Ricciardo fino a quel punto era nono e dietro rispetto alle Ferrari.  Nel T2 invece, lungo un terzo di pi&ugrave; - una trentina di secondi - la Ferrari accusa un divario di oltre 8 decimi sempre dalle Mercedes (32&rdquo;152 Hamilton, 32&rdquo;896 Alonso). Ma proporzionalmente &egrave; il punto dove la F14 T va meno peggio, visto che il divario &egrave; poco superiore al T1 e il tratto di pista ben pi&ugrave; lungo. Qui la Ferrari per&ograve; paga anche tre decimi alle Red Bull che con la eccezionale deportanza della sua RB10 recupera su tutti eccetto le Mercedes: Ricciardo ha il terzo parziale, appena 3 decimi pi&ugrave; lento di Rosberg, e semina tutti gli altri.  Infine c&rsquo;&egrave; il misto stretto del T3 e qui la Ferrari affonda. Come dice Alonso perde un secondo pieno solo in quel tratto. In realt&agrave; &egrave; un po&rsquo; meno, circa 8 decimi, ma praticamente i ferraristi perdono tutto nella chicane finale e nell&rsquo;accelerazione da l&igrave; verso l&rsquo;ultima curva. Nonostante le modifiche alla gestione elettronica del turbo e del kers, &egrave; in questa accelerazione da seconda marcia dove si mettono in progressione le marce e che porta le macchine da 85 km/h fino ai 180/200 km/h con cui si affronta la curva finale, che viene fuori il male della F14 T. Che non scarica bene la potenza a terra: le ruote motrici slittano, la macchina non avanza mentre le altre schizzano via come fionde. E mette in difficolt&agrave; i piloti, visto che Raikkonen nei suoi giri pi&ugrave; veloci in qualifica inseriva con forza l&rsquo;avantreno nel curvone finale e spesso si &egrave; visto che il retrotreno tendeva a sovrasterzare.  Il suo stile, un po&rsquo; rallistico, &egrave; risultato comunque pi&ugrave; efficace di quello di Alonso visto che Kimi in quel tratto (30&rdquo;359 contro 30&rdquo;542) ha recuperato qui ben 2 decimi a Fernando.  &nbsp;

Scopriamo dove nascono i 2&rdquo; al giro che la F14 T prende dalla Mercedes

Ferrari, ecco dove perde terreno

Vi proponiamo questo articolo tratto da Autosprint in edicola domani che esamina il "male oscuro" della Ferrari dal punto di vista aerodinamico.  C&rsquo;&egrave; qualcosa di fondamentalmente sbagliato nella Ferrari di quest&rsquo;anno? Per una volta non parliamo di motore non all&rsquo;altezza del Mercedes, ma di un altro problema, nelle dimensioni fondamentali. Proprio in questi giorni, il materiale della squadra arriva al Circuit di Catalunya a Montmel&ograve;. &Egrave; una tappa importantissima, perch&eacute; segna l&rsquo;inizio della stagione &ldquo;europea&rdquo;. Per quattro mesi, esclusa la pausa estiva ad agosto, sar&agrave; possibile lavorare seriamente su telai e aerodinamica fra una gara e l&rsquo;altra. Sul motore, lo sappiamo, &egrave; pi&ugrave; difficile intervenire perch&eacute; il deficit di cavalli della Ferrari sul Mercedes &egrave; dovuto soprattutto al turbo troppo piccolo che compromette il funzionamento del motore Mgu-H in funzione di generatore.  Per&ograve; &egrave; un&rsquo;altra voce, proveniente da Maranello, che ci interessa. Quella secondo la quale la F14 T soffre di un difetto congenito nella progettazione. Per dirla in poche parole, &egrave; troppo stretta. Nella vista in pianta (che vedete nell'immagine principale) il raffronto con la F138 che l&rsquo;aveva preceduta mostra un &ldquo;dimagrimento&rdquo; incredibile delle fiancate, forse appena pi&ugrave; larghe alla bocca ma decisamente pi&ugrave; snelle appena dietro. Tanto da mostrare una generosa porzione di fondo scocca. Lavorare sugli ingombri laterali, sulla larghezza delle fiancate, ha sempre uno scopo: pi&ugrave; stretta e compatta &egrave; la carrozzeria, minore la resistenza aerodinamica.  Eppure le &ldquo;pance&rdquo; da top model non funzionano. Perch&eacute; mai? Per rispondere prendiamo un esempio: la Sauber dell&rsquo;anno scorso. Nata supercompatta, si rompeva poco, ma andava piano. Proprio perch&eacute; le fiancate ridotte non &ldquo;lavoravano&rdquo; a sufficienza nel generare carico aerodinamico&hellip;. (continua)  L'articolo completo con gli approfondimenti lo trovate su Autosprint n.18 in edicola da martedi 6 maggio.  Alberto Antonini

Ci sono anche problemi aerodinamici sulla F14 T. Questo estratto da Autosprint in edicola martedi rivela uno dei punti negativi della monoposto

Pance troppo strette il male della Ferrari

Il progresso pi&ugrave; grande l&rsquo;ha fatto Valtteri Bottas con la Williams, l&rsquo;unico passo indietro &egrave; stato quello di Fernando Alonso. Ma andiamo per ordine: saltano fuori cose interessanti andando ad analizzare i tempi della Q2 e della Q3, le uniche che si sono svolte con gomme soft per tutti i piloti. &Egrave; un bel test per vedere chi &egrave; riuscito da met&agrave; a fine sessione a spremere di pi&ugrave; la macchina.  Una volta i tempi della Q2 non erano cos&igrave; significativi, perch&eacute; a met&agrave; qualifica molti piloti facevano il minimo indispensabile per accedere alla fase finale, si risparmiavano o risparmiavano le gomme per la fase decisiva. Ma adesso che tutti, a parte le Mercedes, sono molto ravvicinati, nessuno pu&ograve; permettersi di non andare al 100% altrimenti non passa la tagliola della Q2 e rimane indietro in griglia di partenza. Per cui (grazie anche al set in pi&ugrave; concesso quest&rsquo;anno dalla Pirelli) tutti i piloti, sia in Q2 che in Q3 spingono al massimo: provano a fare quello che in gergo si chiama il &ldquo;giro della morte&rdquo; oppure &ldquo;il giro a vita persa&rdquo;, nel senso che per un solo giro si d&agrave; davvero tutto violentando l&rsquo;istinto di conservazione e prendendosi tutti i rischi possibili.  Se ci fate caso, quasi sempre ogni volta che si torna in pista con gomma pi&ugrave; morbida e assetto da qualifica si riesce a migliorare un po&rsquo;. I motivi sono due: di solito la pista si gomma maggiormente, l&rsquo;aderenza aumenta, nel caso del Bahrain dove si corre di sera poi bastano anche pochi minuti in pi&ugrave; per far scendere un pizzico le temperature, e siccome fa pi&ugrave; fresco, i motori rendono meglio.  Ma soprattutto giro dopo giro migliora la guida dei piloti. Nemmeno loro sono &ldquo;macchine&rdquo; perfette; facendo pi&ugrave; giri al limite si va sempre pi&ugrave; forte perch&eacute; si abituano i riflessi e il colpo d&rsquo;occhio a staccare sempre pi&ugrave; tardi, a osare sempre un poco di pi&ugrave;. Ecco perch&eacute; a volte vedete anche certi piloti - l&rsquo;ha fatto pure Alonso in Bahrain - scendere subito in pista in Q3 con gomme usate: non per fare un tempo in condizioni imperfette, ma per riprendere il ritmo, riabituare occhi, riflessi e fisico, dopo un breve intervallo, agli automatismi necessari per la guida al limite.  E allora vediamo chi &egrave; stato pi&ugrave; bravo a limar via decimi al proprio tempo veloce dalla Q2 alla Q3. Il progresso pi&ugrave; grande l&rsquo;ha fatto Bottas, che dall&rsquo;1&rsquo;34&rdquo;842 della Q2 si &egrave; migliorato di ben 595 millesimi. A proposito, &egrave; curiosa proprio la storia dei due galletti Williams, Massa e Bottas: i due rivali avevano fatto l&rsquo;identico tempo al millesimo in Q2, 1&rsquo;34&rdquo;842 per entrambi ma mentre Bottas si &egrave; migliorato di quasi sei decimi come abbiamo detto, Massa ha tolto solo 331 millesimi al suo tempo pari a ben cinque posizioni: significa partire due file dietro il compagno.  Dopo Bottas il progresso pi&ugrave; grande l&rsquo;ha fatto Raikkonen, per la prima volta davanti ad Alonso quest&rsquo;anno in qualifica; il ferrarista ha limato via 557 millesimi al suo tempo della Q2. Poi Rosberg che si &egrave; migliorato di 523 ms, pi&ugrave; bravo di Hamilton che ha tolto solo 408 millesimi al suo tempo della Q2 e cos&igrave; si &egrave; fatto sfuggire la pole.  Poi buon progresso di Perez, 401 millesimi in meno, quindi Button (327 millesimi) meglio di Magnussen che ha migliorato soltanto di 192 millesimi.  Infine il caso Alonso: &egrave; stato l&rsquo;unico dei top ten a peggiorarsi in Q3 rispetto alla Q2: ben 269 millesimi in pi&ugrave;. Considerando che per le ragioni precedenti di solito ci si migliora sempre, &egrave; l&rsquo;indizio di un serio problema nel giro veloce. Infatti Fernando lo ha ammesso: ha avuto un sospetto calo di motore nella fase finale perch&eacute; la squadra ha scoperto che perdeva molti decimi in rettifilo da tutti gli altri.

Analizziamo la parte decisiva delle qualifiche in Bahrain, con Bottas autore del miglioramento pi&ugrave; significativo

6 risultati per 'differenze'

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Quei distacchi indicativi fra Q2 e Q3