        In questi giorni Kimi Raikkonen &egrave; al mare, a godersi una vacanza estiva prima di tornarsene sulle montagne innevate. Sar&agrave; per lui il primo Natale non pi&ugrave; da pilota in attivit&agrave;, una "pensione" che sarebbe potuta arrivare anche molto, molto prima, come ha spiegato l'ex pilota dell'Alfa Romeo-Sauber.  Brawn, nessuna nostalgia delle vetture 2021 Il ritiro un'idea costante Questo perch&eacute; l'idea di abbandonare la F1 il finlandese l'ha avuta molto volte, come ha spiegato in un'intervista a GPFans: "Negli anni molte volte nella mia mente si &egrave; fatta spazio l'idea di ritirarmi, molto tempo fa. Ero gi&agrave; stato lontano per due anni (2010 e 2011, ndr), poi nel corso degli anni questo pensiero veniva fuori ovunque, ad ogni gara oppure ogni cinque, 'Adesso basta' dicevo, &egrave; cos&igrave; che va. Alla fine, &egrave; stata una mia decisione. Ovviamente ne ho parlato molte volte con la mia famiglia, ma non &egrave; abbiano detto qualcosa. E' stata una mia decisione quella di fare ci&ograve; che desidero. Adesso sono sicuro che siano felici perch&eacute; sar&ograve; di pi&ugrave; a casa".   Ricciardo, una stagione da 5,5: "Ma ho capito i miei punti di forza"  Pi&ugrave; tempo a casa Per quanto la famiglia non gli abbia direttamente chiesto di ritirarsi, la stessa ha comunque influenzato la decisione del campione del mondo 2007, desideroso di stare pi&ugrave; vicino a moglie e figli: "Voglio passare pi&ugrave; tempo a casa con i miei bambini,&nbsp;crescono in fretta. Voglio trascorrere del tempo con la famiglia e fare pi&ugrave; cose con loro. Dover programmare il tempo in famiglia a causa dei miei impegni nega molte cose, sicuramente non &egrave; stato facile per i bambini. E' difficile stare molto tempo lontano da casa e non&nbsp;&egrave; la cosa pi&ugrave; bella per loro, anche se sapevano tutto. Ci si sono abituati, ma era da tempo che mi chiedevano quando mi sarei fermato".   Verstappen: "Perez eccezionale, non chiamatelo numero 2"       

<p>Il finlandese, fresco dell'addio alla F1, ha raccontato come molte volte nella sua mente si sia insinuata l'idea del ritiro, una decisione presa quest'anno per stare pi&ugrave; tempo con la propria famiglia</p>

Raikkonen: "Ho pensato di ritirarmi molte volte"

Si &egrave; conclusa nel modo peggiore la battaglia che Jules Bianchi ha condotto dal giorno del suo incidente a Suzuka circa 9 mesi fa, cio&egrave; lo scorso 5 ottobre, nel corso del GP F1 del Giappone. La famiglia ha dato notizia questa notte del suo decesso, avvenuto venerd&igrave; sera presso l'ospedale dell'Universit&agrave; di Nizza dove era ricoverato in coma. &laquo;Jules ha combattuto fino alla fine, come ha sempre fatto, ma ieri la sua battaglia si &egrave; conclusa&raquo;, hanno dichiarato i genitori Christine e Philippe, con il fratello Tom e la sorella Melanie.  &laquo;La nostra &egrave; una pena immensa e indescrivibile. - ha proseguito la famiglia Bianchi - Ringraziamo il personale medico dell'Ospedale dell'Universit&agrave; di Nizza, che lo ha trattato con amore e dedizione. Ringraziamo anche il personale del Mie General Medical Center in Giappone, che ha preso in cura Jules subito dopo l'incidente, cos&igrave; come tutti gli altri medici coinvolti nella lotta portata avanti negli ultimi mesi&raquo;.  &laquo;Vogliamo inoltre ringraziare i colleghi di Jules, i suoi amici, i suoi sostenitori e tutti coloro che hanno dimostrato il loro affetto in questo periodo. Ci hanno dato la forza per resistere in questi momenti terribili. Ascoltare e leggere i loro numerosi messaggi ci ha mostrato come Jules avesse suscitato un profondo affetto in cos&igrave; tante persone in tutto il mondo&raquo;.  &laquo;Ora vi chiediamo di rispettare la nostra privacy in questo momento molto difficile, in cui cerchiamo di affrontare la perdita di Jules&raquo;, ha concluso la famiglia del 25enne pilota francese. La redazione di Autosprint si unisce al dolore della famiglia Bianchi e al cordoglio di quanti sono vicini.

La triste notizia comunicata dalla famiglia, che conferma la dipartita del pilota francese ieri sera a Nizza 

Jules Bianchi ci ha lasciato

di Mario Donnini  PRIMA PARTE  Non vi prendo in giro dicendo che Viviane &egrave; solo la sorella di Senna. No, Viviane &egrave; molto di pi&ugrave;. Incarna ci&ograve; che resta di Ayrton. Il personale di terra di una leggenda alata che &egrave; volata via.  Non ci provo neanche a convincervi che l&rsquo;arco del sorriso di Viviane &egrave; lo stesso del campione, per capirla basta guardarla ancora oggi.  Vi racconto una storia, piuttosto, una strana storia che mi ha svelato Paula, la 29enne figlia di Viviane. Ayrton era scomparso da pochi mesi e suo padre Milton non si dava pace per il dolore. Nei momenti in cui la mancanza del figlio lo trafiggeva in modo insopportabile con mille spilli di nostalgia, prendeva un registratore, lo accendeva e sentiva la sua voce.  Quand&rsquo;ebbe ascoltato tutti i nastri che aveva, divenne pi&ugrave; triste. Non ci sarebbero state pi&ugrave; parole nuove, avrebbe ripassato sempre le stesse.  Ma un giorno, per caso, registr&ograve; anche la voce di Viviane. Poi, chiss&agrave; perch&eacute;, la riascolt&ograve; rallentandola del trenta per cento. Chiam&ograve; gli altri della famiglia, spinse il tasto play e tutti ebbero un tuffo al cuore. Quella sembrava la voce di Ayrton che diceva cose nuove.  Ora Viviane &egrave; anche questo, per noi tutti che leggiamo queste righe. Una voce da registrare e rallentare per sentire Ayrton ancora vicino. E noi facciamo come il vecchio Milton, quando spingeva un tasto, stringeva gli occhi e con rimpianto guardava lontano. Ascoltiamola, leggiamola Viviane. Al rallentatore, con una suggestione che ci riporta a una leggenda interrotta venti anni fa mai mai dimenticata.    - L&rsquo;ingresso nel terzo millennio ha stabilito realt&agrave; nuove per il nom di Ayrton Senna, eletto &ldquo;Pilota del Secolo&rdquo; sia in Brasile che in Europa. &laquo;In Brasile &egrave; accaduto in netto anticipo, mi ha fatto piacere che il riconoscimento sia poi stato conferito anche nel continente europeo&raquo;.  - Ayrton fu un campione che si costru&igrave; da solo, aiutato agli inizi dalla famiglia, ma ben presto divenendo un pilota professionista in gradi di fare leva sui risultati. Pap&agrave; Milton pu&ograve; essere considerato a sua volta un self-made man, diventato ricco dal nulla. Lei &egrave; una donna colta, manager dell&rsquo;istituto dedicato a suo fratello e laureata in psicologia. C&rsquo;&egrave; qualcosa di speciale nella famiglia Senna. Cosa, secondo lei? &laquo;I valori della mia famiglia sono stati uno stimolo eccezionale alla nostra intraprendenza individuale. In realt&agrave; nessuno di noi &egrave; speciale. Forse la vera differenza l&rsquo;ha fatta l&rsquo;educazione che abbiamo avuto dai genitori, basata su determinazione, onest&agrave;, impegno, ricerca continua della perfezione. valori utili sempre e ovunque&raquo;.  - E le radici del patrimonio di famiglia? &laquo;Mio padre si &egrave; costruito una fortuna con un&rsquo;azienda che realizzava maniglie delle portiere e accessoristica per auto. Col boom del mercato degli Anni &rsquo;60 cominci&ograve; a lavorare per Case come Ford e Volkswagen. Tutto cambi&ograve; in meglio, per noi. La verit&agrave; &egrave; che abbiamo avuto dalla vita molte chance che ad altri sono precluse o comunque non sono state concesse&raquo;.  - L&rsquo;educazione che avete ricevuto &egrave; stata di matrice laica o religiosa? &laquo;La sorprender&ograve; ma dico laica, anche se, essendo la nostra una famiglia d&rsquo;origine italiana, l&rsquo;humus &egrave; stato quello della cultura cattolica. Io e Ayrton fin dalla pi&ugrave; tenera et&agrave; abbiamo frequentato scuole cattoliche, poi abbiamo ampliato il patrimonio delle nostre esperienze. Mi sono avvicinata al protestantesimo e gli ho anche trasmesso i risultati del mio percorso. Non abbiamo mai smesso di cercare Dio. Non in modo bigotto, ma come tappa irriunciabile per capire l&rsquo;essenza, il significato pi&ugrave; profondo della vita&raquo;.  - Ayrton visse una fase mistica all&rsquo;apice della carriera, nel 1989. Si diceva in grado di dialogare con Dio e un sabato pomeriggio in qualifica a Hockenheim rivel&ograve; d&rsquo;aver visto la Madonna. &laquo;Mio fratello aveva un triplice legame fortissimo con la sua famiglia, il suo Paese e con Dio. Parte della sua immensa forza mentale e caratteriale scatur&igrave; proprio da questi punti di riferimento. Per esempio, lui disse pi&ugrave; volte che ritirandosi in famiglia acquistava immensa energia. Dio era una delle fonti di questa forza per fronteggiare le sfide che gli si presentavano davanti&raquo;.    - Venti anni dopo la sua scomparsa, Senna resta il pilota pi&ugrave; amato dai brasiliani. Pi&ugrave; di Fittipaldi, immensamente pi&ugrave; dello stesso Piquet, mentre gli altri sono considerati solo dei bravissimi piloti. Pu&ograve; spiegare il perch&eacute;? &laquo;Dal punto di vista emotivo, dico che &egrave; un mistero. Sul piano razionale, penso che dal mare di lettere e messaggi che ci arrivano ancora oggi all&rsquo;Instituto Senna si evince un concetto molto chiaro. Mio fratello si &egrave; elevato a un livello paradigmatico, ha rappresentato il modello di un modo di vivere e di pensare, oltre che uno stile di correre in pista. Un giorno un ragazzo mi scrisse: &ldquo;Ho messo il poster di Ayrton sopra il letto e ogni mattina lo guardo e dico che posso e devo vincere, al fine di trovare la via per superare le difficolt&agrave;, proprio come lui &egrave; sempre stato capace di fare. Ma...&raquo;.  - Ma? &laquo;C&rsquo;&egrave; un altro fattore che considero molto importante. Lui mostr&ograve; un lato positivo del Brasile che prima era nascosto. Ayrton svel&ograve; al mondo la faccia luminosa del nostro Paese. fate presto, voi in Europa. Potete vantarvi del vostro cibo, della vostra industria, della vostra tecnologia. Noi no. Ragionando in termini di psicologia di massa, credo che il nostro sia un complesso d&rsquo;inferiorit&agrave; che deriva dalla colonizzazione portoghese. Poi venne un uomo chiamato Ayrton e nel mondo divenuto improvvisamente e mediaticamente Villaggio Globale dimostr&ograve; al di l&agrave; dei luoghi comuni noi brasiliani potevamo vincere, avere una consistenza mentale in grado di superare qualsiasi genere di ostacolo. Un successo di radice squisitamente individuale, quindi d&rsquo;impronta ben diversa da quella tradizionale del nostro clacio &ldquo;bailado&rdquo;. Vede, ogni giorno compare sulla stampa il cosiddetto lato oscuro del Brasile: corruzione, devastazione, povert&agrave;. Ayrton ha mostrato al mondo lo &ldquo;shining&rdquo; della nostra terra, tramutandone un&rsquo;identit&agrave; di massa da negativa a positiva. Per quanto mi riguarda vorrei sottolineare che non &egrave; stato solo un grande campione. per noi brasiliani &egrave; e credo rester&agrave; il pi&ugrave; grande ambasciatore di tutti i tempi. I poster degli altri piloti sono solo foto appese al muro, quello di Ayrton no, &egrave; magicamente molto di pi&ugrave;. Rappresenta uno specchio, per chi lo guarda. La promessa di un&rsquo;ispirazione, un viaggio difficile e premiante&raquo;.  Complessivamente suo fratello riusc&igrave; a sconfiggere il suo grande rivale Alain Prost sull&rsquo;asfalto della pista, entre il francese a pi&ugrave; riprese si dimostr&ograve; pi&ugrave; a suo agio sul velluto dei divani di trattativa nelle salette priv&eacute; del paddock, dove da sempre si tessono le trame della politica e del potere. Pi&ugrave; furbo, politico e volpino del grande rivale, non crede? &laquo;&Egrave; ora di chiudere per sempre la questione del dualismo Prost-Senna. Ho elaborato una mia idea. Alain e Ayrton avevano un bisogno immenso l&rsquo;uno dell&rsquo;altro. Erano dotati di un potenziale che, come per tutti, rappresenta una sommatoria di possibilit&agrave; virtuali. Combattendosi spietatamente sui circuiti di tutto il mondo si costrinsero a vicenda a tirare fuori il meglio, la quint&rsquo;essenza di ciascuno. Ayrton non sarebbe mai diventato cos&igrave; forte se sulla sua strada non avesse incontrato Alain, e viceversa&raquo;.  - Paradossalmente, i conti tornano. Dal ritiro di Prost, Senna non vinse mai pi&ugrave; un Gran Premio. Dal giorno della morte di Ayrton, Alain non ha pi&ugrave; ottenuto alcun successo nelle corse di livello top stando fuori dall&rsquo;abitacolo. &laquo;Non credo sia un caso&raquo;.    - Diciamo le cose come stanno. La realt&agrave; su suo fratello non &egrave; stata solo idilliaca e celestiale. Per esempio la stampa ha sempre nutrito un&rsquo;attenzione quasi morbosa per la sua sfera pi&ugrave; intima e personale. Pi&ugrave; che per altri campioni. Piquet ha avuto in vita sua tutte le mogli e le donne che ha voluto senza che nessuno gli rompesse l&rsquo;anima. Ayrton, no. Il contrario. Sempre o quasi chiacchiere e grane. Fin dal giorno del suo fulmineo diverzio da ventenne, dopo un solo anno di matrimonio. Perch&eacute;, secondo lei? &laquo;Mio fratello ha sempre separato la vita privata da quella pubblica&raquo;.  - Sar&ograve; pi&ugrave; preciso. A seconda delle scuole di pensiero, Ayrton &egrave; stato definito rispettivamente un instancabile playboy castigavergini, un eclettico bisessuale e un omo mascherato, un gay, insomma. &laquo;Ahahahaha!!!&raquo;.  - Che fa, ride? &laquo;Il modo in cui mi pone la domanda &egrave; divertente. nessun ragazzo di trenta-trentacinque anni d&igrave;et&agrave; con le pressioni pazzesche che aveva Ayrton nel suo lavoro pu&ograve; sprigionare il potere sessuale atribuitogli da quelle dicerie, non crede?&raquo;.  - Signora, sia buona, non lo chieda a me. &laquo;Tanti anni fa un giornalista domand&ograve; a mio fratello se fosse davvero gay. Lui rispose rifilandogli un pugno in faccia&raquo;.  - Apprezzo il fatto che lei in questo frangente mi pare pi&ugrave; dialettica. &laquo;Comunque c&rsquo;&egrave; un&rsquo;altra ragione che spiega certe speculazioni, ed &egrave; ancor pi&ugrave; importante di ci&ograve; che le ho detto prima. E ci&ograve; risiede nell&rsquo;invidia che provava per Ayrton la persona che mise in giro certe voci. Fu un colpo basso, una vigliacca pugnalata alla schiena. Un modo disonesto di combattere mio fratello. perch&eacute; non c&rsquo;erano il coraggio e le capacit&agrave; per fronteggiarlo in pista&raquo;.  - Ogni riferimento della mia prossima affermazione a ci&ograve; che lei ha appena detto &egrave; puramente casuale. Negli anni successivi alla morte di Ayrton Nelson Piquet ha un po&rsquo; moderato i toni della sua posizione, tradizionalmente contrapposta a quella di Ayrton e alla sua figuara di uomo e campione. &laquo;Posso dirle che alla mia famiglia non interessa ci&ograve; che dice Nelson Piquet&raquo;.  Fine prima parte - Leggi la seconda

Il campionissimo svelato a cuore aperto da chi l'ha vissuto e conosciuto meglio di chiunque altro

La sorella Viviane racconta Ayrton (1&deg; parte)

di Mario Donnini  SECONDA PARTE  - A quale ricordo istintivo collega suo fratello? &laquo;Pu&ograve; sembrarle strano o buffo, ma non lo vedo pilota. Mi viene in mente un bambino che fa &ldquo;bruum bruum&rdquo;, il rumore di un&rsquo;auto da corsa. Un frugoletto che tutto il giorno gioca con le macchinine sul pavimento. Ricordo che ogni volta che nostra madre Neide gli comprava un paio di scarpe, lui aveva un modo originale di provarle. Se le infilava ai piedi, poi correva per fermarsi di colpo. Se si bloccava subito senza strisciare, se le faceva prendere, senn&ograve; diceva che frenavano male. Insomma, desiderava gi&agrave; calzature dotate dell&rsquo;antispin!&raquo;.  - Ricorda il vostro ultimo dialogo prima dell&rsquo;incidente? &laquo;S&igrave;, ci fu una telefonata. ma preferisco non rivelare le sue ultime parole&raquo;.    - La Formula 1 garant&igrave; ad Ayrton una nuova vita, ma in Formula 1 Ayrton ha poi perso la sua, di vita. Come sorella, qual &egrave; il suo giudizio? &laquo;Lei ha ragione. Le corse gli hanno dato tanto e gli hanno preso tutto, compresa la vita. Ma lui conosceva i rischi, le regole del gioco e scelse liberamente di andare avanti. Quando ancora non era arrivato al mondo dei Gran Premi, nel 1981, mio padre prov&ograve; a distoglierlo dalla carriera per farlo lavorare nell&rsquo;azienda di famiglia. Ayrton per due-tre mesi disse addio alle corse, pensando che non sarebbe mai pi&ugrave; rientrato in pista. Ebbene, faceva tutto meccanicamente, sembrava un morto vivente, uno zombie. Aveva completamente smarrito le motivazioni. Cos&igrave; i nostri genitori pensarono di rigenerarlo e di fargli tornare il sorriso permettendogli di tornare a correre in Europa&raquo;.  - Il lungo e complesso processo per accertare cause e responsabilit&agrave; sulla mort di suo fratello francamente non ha fornito l&rsquo;occasione per vedere una bella immagine del mondo della Formula 1. I &ldquo;non ricordo&rdquo; di Damon Hill, la delirante deposizione di Coulthard che &egrave; arrivato a dire che fosse normale che un volante potesse ballare, i dati della vettura di Ayrton in gran parte spariti, i fotogrammi immediatamente precedenti all&rsquo;impatto contro il muretto del Tamburello misteriosamente volatilizzati dalla camera car... Un mondo che si chiude a riccio, insomma. Tristemente, quello stesso mondo che anche e soprattutto Senna nehli anni precedenti alla tregedia aveva aiutato a divenire infinitamente pi&ugrave; ricco. &laquo;Sa come la penso? Ancora non sappiamo con esattezza scientifica cosa sia effettivamente successo il 1&deg; maggio 1994 a Imola, perch&eacute; mio fratello sia morto. Le conclusioni cui si &egrave; giunti non spiegano un bel niente. Non sappiamo la ragione, la vera ragione dell&rsquo;incidente. Cos&igrave; &egrave; come essere fermi al punto di partenza, per certi versi, al di l&agrave; degli esiti processuali&raquo;.  - Colpisce comunque che lei non reclami giustizia. A quanto pare dice che la situazione &egrave; ferma nmolto prima: all&rsquo;accertamento della questione di fatto. &laquo;La mia famiglia non ce l&rsquo;ha con nessuno. Sarebbe solo bene sapere con certezza assoluta cosa accadde quel giorno&raquo;.  - In tutti questi anni si sar&agrave; fatta un&rsquo;idea. &laquo;S&igrave;. Francamente s&igrave;, ma &egrave; una cosa privata.  - Le monoposto Williams da dopo l&rsquo;incidente hanno portato gli adesivi della fondazione dedicata a Ayrton, i rapporti tra l&rsquo;ultima squadra del campione e la sua famiglia sono sempre sembrati buoni. &laquo;Ottimi. Con Williams, Dennis, Prost e tutta la Formula 1. Frank ha sofferto moltissimo il fatto che Ayrton sia morto al volante di una sua vettura. Insomma, le dico come la penso: &egrave; vero, sappiamo perfettamente che la monoposto si ruppe e sappiamo anche cosa cedette, ma, attenzione, questo &egrave; solo l&rsquo;inizio dell&rsquo;incidente. Nell&rsquo;opinione di molti, non &egrave; questa la causa vera. Vede, la rottura di un piantone dello sterzo pu&ograve; verificarsi in una corsa di Formula 1. Il punto &egrave; un altro. Credo che non sappiamo tutto, penso che ancora manchi qualcosa&raquo;.    - Di certo resta strano che non vi siamno immagini della camera car di Ayrton immediatamente precedenti all&rsquo;impatto. &laquo;Solo strano? Molto strano&raquo;.  - Lei crede che un giorno sar&agrave; possibile raggiungfere un livelklo accettabile di verit&agrave; assoluta su quello che accadde il 1&deg; maggio 1994 a Imola in occasione del Gp di San Marino? &laquo;Solo Dio lo sa&raquo;.  - Qual &egrave; stato il miglio amico di Ayrton, nella vita e nelle corse? &laquo;Per la prima parte dell domanda, rispondo nostro padre Milton. Per la seconda, Gerhard Berger&raquo;.  - Ci parli dellistiuto da lei gestito e intitolato a Ayrton. &laquo;L&rsquo;idea di fare qualcosa per i meno abbienti, soprattutto bambini, nacque parlando con lui tre mesi prima dell&rsquo;incidente. Mi disse di pensare, di riflettere sulle modalit&agrave; di un possibile impegno. Cos&igrave; dopo la sua morte io e la mia famiglia abbiamo deciso di portare avanti l&rsquo;idea della Fondazione. Alla quale &egrave; stato destinato il 100% del guadagno proveniente dal marchio Senna, del personaggio a fumetti Senninha e dei diritti di sfruttamento dell&rsquo;immagine di Ayrton in tutto il mondo&raquo;.  - Un programma collegato alla situazione socio-politica del Brasile, che, al di l&agrave; del recente grande sviluppo economico, resta la patria delle grandi diversit&agrave; tra ricchi e povere e dei destini pi&ugrave; divergenti. &laquo;La mia nazione &egrave; tra le prime potenze economiche del mondo quanto a capacit&agrave; potenziali di futura crescita ma resta oltre la cinquantesima posizione secondo la graduatoria Onu degli indici di sviluppo sociali. &Egrave; come avere un Paese che allo stesso tempo &egrave; un po&rsquo; Svizzera e un po&rsquo; Afghanistan. Due realt&agrave; stridenti, spesso separate solo da una strada o da un fiume. Da noi il problema non &egrave; quello della crescita economica, ma quello dell&rsquo;incremento delle qualit&agrave; della vita individuale. Dobbiamo occuparci di milioni di persone che vivono nella parte &ldquo;afghana&rdquo; del Brasile, per insegnargli la via &ldquo;svizzera&rdquo;. Il grande sogno di Ayrton e quindi, quello nostro, da lui ereditato, era quello di creare chance per i meno fortunati. In fondo lui ebbe una famiglia in grado di dargli valori, educazione, alimenti e, soprattutto, la possibilitit&agrave; di essere sino in fondo se stesso&raquo;.  - Ha avuto un seguito il personaggio a fumetti Senninha, a lui isprato? &laquo;S&igrave;, &egrave; divenuto un modello per i bambini brasiliani. Dal 2003 &egrave; pure divenuto un cartone animato trasmesso su Rete Globo&raquo;.    - Quali erano le canzoni, i libri, i film preferiti da Ayrton? &laquo;Adorava la musica. Tina Turner, i Queen, Phil Collins, Enja. Non era un divoratore di libri. Leggeva giornali dedicati alle corse e a volte la Bibbia. Aveva un debole per i film d&rsquo;azione, visto che lo era, un uomo d&rsquo;azione. Anche quando andava in spiaggia, non faceva che scorrazzaresul jet-ski, la moto d&rsquo;acqua&raquo;.  - Tra gli sportivi italiani, a due decenni dalla sua scomparsa, resta il rimpianto struggente per non averlo visto in Ferrari. &laquo;In quei tempi la Rossa non era in grado di essere vincente da subito, mentre Ayrton aveva fame di successi. Rifiut&ograve; una grande somma da parte della casa di Maranello, preferendo guadagnare meno e avere una monoposto al top come la Williams, per affrontare da vincente la stagione 1994. Ma, ricordatelo, il suo sogno era guidare un giorno per la Ferrari&raquo;.  - La sera dei Caschi d&rsquo;Oro di Autosprint 2001, al suo ritorno in Italia dopo anni di assenza, Piero Ferrari l&rsquo;ha abbracciata e le ha detto alla mia presenza: &laquo;Abbiam fatto di tutto, al tempo, per portare Ayrton alla corte di maranello. Peccato...&raquo;.  &laquo;Ricordo un pomeriggio a Montecarlo, poco prima dell&rsquo;icidente. Passeggiavamo sul lungomare e lui mi disse: &ldquo;Adess devo vincere con la Williams. Poi la mia prossima e ultima sfida sar&agrave; quella di portare al trionfo la Ferrari&rdquo;. Purtroppo &egrave; andata diversamente&raquo;.  - Le capita mai d&rsquo;incontrare Ayrton in sogno? &laquo;S&igrave;, mi capita&raquo;.  La prossima volta che lo vede, gli dica che gli vogliamo bene.  Fine seconda parte - Leggi la prima

4 risultati per 'famiglia'

Raikkonen: "Ho pensato di ritirarmi molte volte"

Jules Bianchi ci ha lasciato

La sorella Viviane racconta Ayrton (1° parte)

La sorella Viviane racconta Ayrton (2° parte)