        Maranello, gioved&igrave; 8 dicembre, Auditorium Enzo Ferrari. Si celebra il rito della prima nazionale dell&rsquo;attesissimo film &ldquo;Ferrari&rdquo; del regista Michael Mann, tratto da libro di Brock Yates &ldquo;Ferrari, l&rsquo;&rsquo;uomo, le auto il mito&rdquo;. Film da 95 milioni di dollari di budget, con tutte le carte in regola per sfondare al botteghino. Piero Ferrari promuove "Ferrari" Ma, al di l&agrave; degli aspetti commerciali, con i crismi qualitativi per ritagliarsi un ruolo importante. Su tutto e tutti, le parole di Piero Ferrari, figlio del Drake, che si sottopone di buon grado al dialogo con Autosprint per dire la sua. E, nondimeno, per dare quella che si pu&ograve; definire la posizione ufficiale della famiglia rispetto al biopic, ossia al film che racconta la parte di una vita. Quella della crisi di mezza et&agrave; del pi&ugrave; noto, amato e sognato costruttore di automobili del mondo, in un momento di svolta della sua vicenda umana, professionale e imprenditoriale. &laquo;Sono qui per vedere il film per la sesta volta, tra proiezioni private e ufficiali e la cosa non mi porta alcun problema - attacca divertito Piero Ferrari -. Di sicuro non mi annoio, perch&eacute; lo spettacolo merita e inoltre rivederlo ogni volta mi d&agrave; la possibilit&agrave; di approfondire parti che mi erano sfuggite, facendo lo zoom su aspetti che non avevo colto a una prima analisi&raquo;.  &Egrave; gi&agrave; una recensione positiva, la sua... &laquo;Per certi versi lo &egrave; eccome, visto che a me il film piace, perch&eacute; sa bilanciare bene il racconto delle corse con quello della vita di mio padre, trovando il dosaggio giusto&raquo;. E entrando nello specifico? &laquo;Vede, la storia della mia famiglia fino a oggi non era mai stata ufficialmente narrata entrando cos&igrave; nello specifico, nei dettagli. Ecco, posso dire con molto piacere che in oltre due ore di spettacolo la vedo raccontata la storia della mia famiglia in modo corretto, documentato e anche con un approccio che definirei garbato. Sono molto contento di questo&raquo;. Il resto dell&rsquo;intervista e una lunga recensione del film saranno pubblicati nel prossimo numero di Autosprint in edicola da marted&igrave;.        

Il figlio del Drake&nbsp; apprezza l'opera di Michael Mann, in prima a Maranello

A Piero Ferrari piace il film "Ferrari"

Autosprint nel prossimo numero in edicola marted&igrave; 12 settembre pubblicher&agrave; un&rsquo;intervista in esclusiva a Joseph Kosinski, il regista del film che Apple Studios sta finanziando sulla F.1, con l&rsquo;appoggio del promoter Liberty Media. L&#39;intervista avr&agrave; sei pagine all&rsquo;interno della rubrica Cuore da Corsa di Mario Donnini. Lo stesso Kosinski per l&rsquo;occasione rivela parte della trama e dei segreti del film.  Ecco l&rsquo;inizio del dialogo, all&rsquo;interno del quale si scoprono molti particolari assai interessanti dell&rsquo;attesissimo film tuttora in lavorazione.  Re Max reso &quot;inutile&quot; dallo strapotere Red Bull  Niente CGI, la F.1 di Kosinski sar&agrave; quella reale  Kosinski, lei, oltre che regista, &egrave; anche un assistente insegnante per l&rsquo;architettura, specializzato nel campo della modellazione tridimensionale e grafica. In poche parole, &egrave; un genio della CGI, ovvero della possibilit&agrave; di ricreare in laboratorio qualsiasi scena corredata da effetti speciali, praticamente senza limiti. Detto questo, perch&eacute; si sta comportando esattamente al contrario e in opposizione alla sue attitudini, girando il pi&ugrave; possibile scene dal vero, sui campi di gara, in pratica prendendo parte col suo team immaginario a una bella fetta del mondiale 2023?   &laquo;Per un motivo molto semplice e reale. Perch&eacute; la Formula Uno &egrave; un ambiente talmente particolare e complesso, da essere praticamente irriproducibile in laboratorio. Non ha senso ricostruire il Circus in uno studio o ricorrendo al computer. S&igrave;, &egrave; vero, ogni cosa volendo &egrave; simulabile, ma se io voglio trasmettere davvero l&rsquo;emozione, l&rsquo;euforia, il senso dell&rsquo;ambiente Formula Uno, devo trovarmici in mezzo, respirare e far respirare allo spettatore la scena e il clima. Se vuoi riprodurre le corse con assoluta fedelt&agrave;, devi accettare la sfida di andare nel loro ambiente. Per questo noi non riproduciamo i Gran Premi, no: ci muoviamo dentro i Gran Premi. &Egrave; la premessa del film e anche la sua caratteristica pi&ugrave; bella, grazie alla stupenda collaborazione ottenuta da Liberty Media e da Stefano Domenicali&raquo;.  Qual &egrave; il suo punto di partenza? Lei parte da zero o tiene culturalmente conto di pietre miliari del cinema a soggetto racing?  La regia di &quot;Apex con &quot;Le Mans&quot; e &quot;Grand Prix&quot; in mente  &laquo;La mia ispirazione cinematografica tiene nel dovuto conto la tradizione e la storia del cinema applicate alle corse automobilistiche. Ovviamente mi muovo tenendo conto di ci&ograve; che gi&agrave; esiste e al top metto il film &ldquo;Le Mans&rdquo; con Steve McQueen e la Porsche 917K come assoluti protagonisti, tanto sono iconici. Ma nello stesso tempo esattamente sullo stesso piano pongo anche &ldquo;Grand Prix&rdquo; di John Frankenheimer, perch&eacute; sa dipingere con maestria una certa Formula Uno classica ed epica e anche maledettamente pericoosa quanto affascinante&raquo;.  Se dovesse fare uno shootout tra questi due film, quale farebbe emergere come il suo favorito, o in ogni caso quello pi&ugrave; importante, per lei?  &laquo;Preferisco tenerli idealmente sullo stesso piano, perch&eacute; ciascuno ha un suo posto nella storia del cinema e, seppur per ragioni diverse, nessuno dei due prevale sull&rsquo;altro. Sono diversi e entrambi importanti quanto imprescindibili...&raquo;.  L&rsquo;intervista completa la potrete leggere e gustare all&rsquo;interno del prossimo numero di Autosprint. 

Viaggio in esclusiva sul set del film finanziato da Apple Studios e appoggiato da Liberty Media

Il regista di Brad Pitt svela i segreti del film sulla F.1

        Michael Mann, dopo l&rsquo;esperienza da produttore esecutivo in &ldquo;Le Mans '66 &ndash; La grande sfida&rdquo;, torna a occuparsi di un film sul mondo dei motori. Questa volta si tratta di una pellicola sulla vita di Enzo Ferrari che prender&agrave; spunto&nbsp;dal libro &ldquo;Enzo Ferrari: The Man, The Cars, The Races, The Machine&rdquo; di Brock Yates. Ambientazione anni &rsquo;50 e intreccio tra vita privata e quella legata all&rsquo;universo Ferrari. Ma chi vestir&agrave; i panni del Drake? Le voci portano tutte a Hugh Jackman. Alex Zanardi e la partita della vita Riprese dalla primavera 2021 &ldquo;Il vero potere di questo film - ha dichiarato Mann - sta nella vita e nella&nbsp;carica di emozioni che trasmettono le persone coinvolte nella storia in circostanze complesse ed estreme,&nbsp;nel potere esplosivo e nella bellezza delle corse. Contiene qualcosa di veramente incredibile ed &egrave; per questo che la storia di Ferrari &egrave; rimasta con me in questi anni&rdquo;. Secondo il magazine hollywoodiano Deadline le riprese del film dovrebbero iniziare nella primavera 2021, ma gi&agrave; nei prossimi giorni il progetto cinematografico verr&agrave; presentato, tramite un incontro virtuale, ai responsabili del Festival di Cannes.  I progetti di Mann Oltre che dal libro di Brock Yates, la sceneggiatura del film &egrave; una rielaborazione della stesura fatta da Troy Kennedy Martin, scomparso nel 2009, in occasione del progetto che avrebbe dovuto prendere forma gi&agrave; nel 2015. Mann, poi, sarebbe intenzionato a realizzare una flotta di auto da corsa per replicare le vetture dell&rsquo;epoca. Perno della vicenda la tragica Mille Miglia del 1957,&nbsp;con l'incidente che port&ograve; alla morte di Alfonso de Portago, provocata dallo scoppio di uno pneumatico della&nbsp;Ferrari 335 S su cui il pilota stava gareggiando. Il libro che Enzo Ferrari non sapeva di aver scritto       

Il produttore esecutivo in &ldquo;Le Mans '66 &ndash; La grande sfida&rdquo; torner&agrave; dietro la cinepresa per dirigere le riprese dalla prossima primavera 2021. La nuova pellicola prender&agrave; spunto dal libro &ldquo;Enzo Ferrari: The Man, The Cars, The Races, The Machine&rdquo; di Yates

Il Drake presto al cinema: il nuovo film di Enzo Ferrari sarà diretto da Mann

&ldquo;Le Mans 66 - La Grande Sfida&rdquo; &egrave; il film pi&ugrave; atteso dell&rsquo;anno per ogni appassionato di motori. La storia della 24 Ore di Le Mans del 1966 &egrave; entrata nel mito, per le vicissitudini personali dei protagonisti che ne hanno animato la vicenda.    La sfida della Ford lanciata alla Ferrari sul suo terreno, il mondo delle corse, &egrave; stato molto di pi&ugrave; di quello che si vide pi&ugrave; di quarant&rsquo;anni fa in pista.  Il film, infatti, si basa pi&ugrave; sugli uomini, che sulle auto. Il centro di tutto sono il designer leggendario Carrol Shelby, interpretato da Matt Demon, e il pilota e meccanico Ken Miles, portato sullo schermo da Christian Bale, e di come questa sfida, che sembrava impossibile, abbia travolto le loro vite. Perch&eacute; la realizzazione di quella GT40, per la Casa dell&rsquo;Ovale Blu, ebbe un costo altissimo per entrambi, soprattutto a causa dell&rsquo;epilogo di quella gara.  Chi conosce la fine di quella Le Mans, non ha bisogno di spiegazioni, chi no potr&agrave; vederlo al cinema a partire dal 14 di novembre.  L&#39;attesa per il film evento cresce. Infatti si &egrave; tenuta ieri, nella suggestiva cornice del The Space Cinema Moderno in Piazza Della Repubblica a Roma, un&#39;anteprima del film, con attori e super bolidi, tra cui Ferrari d&rsquo;epoca e la Ford GT40, vera protagonista della pellicola.  Tra i volti noti del mondo dello spettacolo, attori come Remo Girone, che interpreta nel film il ruolo del gigante Enzo Ferrari, Francesco Bauco, (cast del film), Alessandro Tersigni, e Matteo Martari, influencer del calibro social di Ludovica Bizzaglia, Giulia Latini, il duo comico Actual, Lorenzo Riccardi, la cestita nostrana Valentina Vignali ed il ballerino Samuel Peron e tantissimi altri.   A suggellare l&rsquo;evento, due partnership d&rsquo;onore: l&rsquo;azienda statunitense, produttrice di pneumatici da corsa, Goodyear ha arricchito la serata con un corner dedicato &nbsp;e il network sportivo, Autostprint, rappresentato da Mario Donnini, scrittore e giornalista professionista, che ha fatto gli onori di casa, introducendo la proiezione in sala. 

Il film, che racconta la storia della 24 Ore di Le Mans del 1966, &egrave; stato mostrato in anteprima a Roma, nella splendida cornice del The Space Cinema Moderno, accompagnato dall&#39;esposizione di Ferrari d&rsquo;epoca e della celebre Ford GT40

Le Mans &#39;66 - La Grande Sfida: anteprima a Roma

Giaccio sprofondato sulla poltroncina azzurra di un mini-cinema da venticinque posti a Roma, presso la sede della 20th Centyry Fox, reduce dalla visione in gran segreto, in grande anticipo e con grande emozione, dell&rsquo;attesissimo film &ldquo;Le Mans &rsquo;66-La grande sfida&rdquo;, diretto da James Mangold.  Siamo ai titoli di coda, dopo due ore e mezzo di proiezione letteralmente volate via e mi sento addosso una voglia matta di mettermi a scrivere per farvi sapere cose non di questo film, ma su questo film.&nbsp;  Perch&eacute;, per precisi accordi e nondimeno in ossequio a una dovuta forma di correttezza, non ho alcuna intenzione di sparare spoiler, discovery o rovinose anticipazioni, ma solo d&rsquo;andare oltre e ben al di l&agrave; della trama, per produrre una serie di riflessioni magari in grado di prepararvi e farvi gustare appieno le potenzialit&agrave; di un racconto importante, che &egrave; tutta una lunga, stordente, sporca, dura e cruda poesia dell&rsquo;Uomo contro il Sistema.&nbsp;  Facciamo cos&igrave;: dimenticate Ford contro Ferrari, Le Mans 1966 e le corse. Lasciate stare Henry Ford II, Lee Iacocca e Enzo Ferrari, pi&ugrave; la partecipazione straordinaria di Gianni Agnelli. Corporation e capitani d&rsquo;industria sono figuranti, in fondo, e le macchine da sogno, ossia le Gt40 nonch&eacute; le temutissime e bellissime Rosse, fungono solo da odalische metalliche flessuose e ammalianti, ma nient&rsquo;altro, per una volta.  Perch&eacute; &ldquo;Le Mans &rsquo;66-La grande sfida&rdquo; realizza perfettamente quello che &egrave; il bersaglio mancato dell&rsquo;io narrante di migliaia e migliaia tra registi, scrittori, giornalisti e entit&agrave; mediatiche che da oltre un secolo si occupano di corse e cronaca o storia delle corse e s&rsquo;arrovellano incaricandosi di raccontare, affabulare e dipingere il Motorsport svelandone l&rsquo;intimo senso.  E, aggiungo, mancando il pi&ugrave; delle volte il bersaglio, poich&eacute; si perdono puntalmente tra bulloneria tecnologica, retorica rombante, tromboneria rutilante o sciatteria ricca di rischi folli, incidentoni, coraggio muscolare e tragedie spaventevoli per impressionare sartine da neorealismo profumate di lavanda.  No, &ldquo;Le Mans &rsquo;66-La grande sfida&rdquo; finalmente va al cuore della questione, concentrando direttamente, coraggiosamente e sorprendentemente il laser dell&rsquo;io narrante sull&rsquo;Uomo. Punto. Scoprendo e riscoprendo il Motorsport classico e con esso i suoi nomi pi&ugrave; amati, patinati e altisonanti come semplici occasioni magnetizzanti per portare direttamente e sorprendentemente proprio l&rsquo;Uomo, anzi, un uomo, al centro di gravit&agrave; reale di tutta la storia, che non ha nulla a che spartire con gloria, soldi, fama, sfide epocali o chissach&eacute;.  Il vero protagonista &egrave; una persona semplice, punto. Presumibilmente, anzi, sicuramente, il meno ricco di tutto il film. Ha gli anni del pilota finito, la carriera del campione mai cominciato, una vicenda personale ricca di storture, fallimenti e incomprensioni con tanti se non con tutti. Ma dalla sua vanta un che di particolare. Talento allo stato puro, unito a un codice morale che gli impedisce d&rsquo;essere unto, felpato e leccaculo.    Uno cos&igrave;, inserito in un sistema, pu&ograve; far cambiare la storia. Mettendo in crisi il sistema stesso o, paradossalmente, salvandolo. La portiera della sua Ford Gt40 che non vuole saperne di chiudersi nelle prime, convulse fasi della 24 Ore di Le Mans edizione 1966 sembra tanto la farfalla che sbatte le ali a Pechino rischiando di far crollare la borsa a New York.&nbsp;  Quest&rsquo;uomo si chiama Ken Miles.  Non vi dico altro, sul film.  Per&ograve;, adesso che lo schermo torna buio e la poltrona abbastanza comoda da farmi fermare a pensare, dico che sarebbe bello applicare la filosofia di &ldquo;Le Mans &rsquo;66-La grande sfida&rdquo; alla nostra vita di inguaribili tifosi e appassionati di questo Sport, per andare a vedere e scoprire quali sono, per ciascuno di noi, i piloti, ossia gli uomini, che pi&ugrave; ci hanno colpito, andando contro il Sistema. Facendo il salto sportivo-esistenziale importante, incarnato da un semplice ma tonitruante quesito che qui vi propongo, cio&egrave; questo: e se la parte pi&ugrave; calda, indimenti&igrave;cabile, bastarda e meravigliosa dell&rsquo;intera storia delle corse fosse proprio incarnata dalla sfida Uomo contro Sistema?&nbsp;  Cosa accadrebbe se per una volta smettessimo di guardare i Gran Premi e le classicissime pi&ugrave; belle dell&rsquo;automobilismo non come sfide tra piloti o tra bolidi, ma alla Terminator, ossia uomini contro bolidi, ovvero individuo contro struttura e/o sovrastruttura? Cos&igrave; facendo, che so, smetteremmo di interpretare l&rsquo;automobilismo come il paradiso della brugola, addentrandoci piuttosto nei meandri psicanalitici dello scontro titanico di personalit&agrave; tra Fangio e Ferrari nel 1956 o di Musso contrapposto agli amici-complici Hawthorn e Collins nel 1958 o di Surtees che perde il mondiale 1966 perch&eacute; al Drake mette pi&ugrave; piacere di cacciarlo che di vincere.&nbsp;  Ma andiamo oltre. Rindt che scrive a Chapman chiedendo (inutilmente, ahilui)&nbsp; pi&ugrave; sicurezza, Fittipaldi alla Lotus rovinato da Chapman medesimo nel 1972, quando s&rsquo;innamora sportivamente di Peterson, Regazzoni lasciato in braghe di tela dalla Ferrari al Glen 1974, snobbato nel 1975 e quindi abbandonato al Fuji 1976, con conseguenze devastanti.  Vado avanti a senso e mi appare Reutemann perculato dalla Williams nella stagione 1981 sol perch&eacute; non prono agli ordini di scuderia e costretto per tutto l&rsquo;anno a correre contro la sua stessa squadra e il compagno Alan Jones che lo fottono a Las Vegas 1981, nel finalone, quando quest&rsquo;ultimo dal podio afferma sorridendo al neocampione del mondo Piquet: &ldquo;In gara doppiare Reutemann in totale crisi emotiva &egrave; stato semplicemente meraviglioso&rdquo;.  E di Villeneuve preso nelle maglie del sistema Ferrari l&rsquo;anno dopo, fino all&rsquo;epilogo tragico di Zolder, se ne parla e ne riparla da sempre.&nbsp;  Ma meriterebbe il cono di luce del palcoscenico sublimante anche Eddie Irvine, infilato pericolosamente nel sistema di potere Schumacheriano della Ferrari 1999 e vicinissimo a vincere un titolo mondiale che da solo ridimensionerebbe ruolo, importanza e futuro in Rosso di tante persone molto importanti. Un Eddie Irvine, al quale verso la fine, dicevo, finisce col mancare una gomma in un pit stop e soprattutto attenzioni, vere, aggiornamenti e una spinta in pi&ugrave; perfino all&rsquo;ultimo Gran Premio, fino a che quell&rsquo;alloro mondiale, divenuto cos&igrave; scomodo, lo va a perdere e contenti tutti. Tutti no. Ma tutti quelli che contano, s&igrave;. E, verrebbe da dire pure che solo se Leclerc, Vettel e Binotto saprenno fare squadra e sistema tutti insieme, uscitranno incolumi e forse vincenti dallo snodo di storia che vive ora la Ferrari in F.1.  Insomma, attenzione, perch&eacute; &ldquo;Le Mans &rsquo;66-La grande sfida&rdquo; &egrave; un film dal passo lungo e dalla miccia corta e quando deflagra fa rumore, scuote, sposta e, raccontando una storia tutta vera e tutta sua, suggerisce perfino un metodo, una sensibilit&agrave; d&rsquo;analisi e una chiave di lettura di tanti momenti fondanti della storia dell&rsquo;automobilismo pi&ugrave; o meno recente.  Nello stesso tempo, volando sul piano squisitamente cinematorgrafico, &egrave; bello, dolce e anche carezzevole pensare che in questo periodo fecondo tre film su tre sfornati dal paradiso dei sogni a stelle e strisce mettano gli outsider per protagonisti.  Perch&eacute; se di fatto il beatnik Ken Miles (ossia l&rsquo;attore premio Oscar Christian Bale) &egrave; il vero trionfatore di &ldquo;Le Mans &rsquo;66-La grande sfida&rdquo;, con la sua meravigliosa storia d&rsquo;amicizia con Carroll Shelby (Matt Damon), Cliff Booth (ovvero lo stuntman impersonato da Brad Pitt) giganteggia in &ldquo;C&rsquo;era una volta a Hollywood&rdquo; sull&rsquo;amico attore in declino Rick Dalton-Leonardo DiCaprio e Joaquin Phoenix &egrave; fascia meravigliosamente marginale nel disturbante e sorprendente &ldquo;Joker&rdquo; di Todd Phillips.  Uomini quali ingranaggi dolenti ma reattivi verso il meccanismo. Questo &egrave; il senso di tutto. &ldquo;Le Mans &rsquo;66-La grande sfida&rdquo; avrebbe tutto per essere una sorta di guerra mondiale tra grandi marchi, Ford Vs Ferrari, invece si rivela stupendamente quale storia di due vecchi amici che si trovano ad affrontare una sfida nella quale sono i soli a non dimenticare il senso dei sentimenti pi&ugrave; veri e profondi.  Se ne esce commossi, da &ldquo;Le Mans &rsquo;66-La grande sfida&rdquo;, rabbiosi e un po&rsquo; felici d&rsquo;essere tristi. Non solo vi consiglio d&rsquo;andare a vedere il film, ma v&rsquo;avviso: se lo fate, rischiate terribilmente di tornarci.&nbsp;    Buona visione quando sar&agrave; e, magari, buon ritorno. S&igrave;. &ldquo;Le Mans &rsquo;66-La grande sfida&rdquo; andr&ograve; a rivederlo assieme a voi, a partire dal 14 novembre, col gusto di riguardarmi tanti episodi e momenti di storia delle corse e anche con l&rsquo;Umanesimo e i codici interpretativi delle realta che il film stupendamente suggerisce.&nbsp; 

Quasi una pagina diaristica dell&rsquo;esperienza unica&nbsp;data dalla visione esclusiva e anticipata di quello che viene&nbsp;annunciato tra i film pi&ugrave; importanti nella storia&nbsp; delle corse &nbsp;e non solo. Opera attesa come una sorta di Ferrari Vs Ford,&nbsp;che invece brilla e commuove per il suo Umanesimo rombante

Le Mans &rsquo;66,&nbsp;la grande sfida &egrave; gi&agrave; vinta

Tra i vari film che ultimamente si occupano di Formula 1, ne &egrave; appena stato realizzato uno dedicato a uno dei pi&ugrave; forti piloti che hanno guidato nel circus: parliamo di Ronnie Peterson. Driver dalle indubbie doti e unanimamente riconosciuto tra i pi&ugrave; veloci e spettacolari, lo svedese purtroppo condivide con Gilles Villeneuve e Stirling Moss il podio di chi non ha mai ottenuto un titolo mondiale pur dimostrando di meritarlo, stroncato nella sua carriera dall&#39;incidente al via del GP di Monza 1978.  Il film s&#39;intitola &quot;SuperSwede&quot; ed &egrave; stato coprodotto da Nina Kennedy, la figlia di Ronnie e Barbro Peterson, con la regia di Henrik Jansson-Schweizer. Realizzato in forma di documentario con vari video d&#39;archivio, riporta anche diversi tributi sul pilota da parte di Niki Lauda, Emerson Fittipaldi, Jackie Stewart, Mario Andretti, John Watson e cos&igrave; via. &Egrave; appena stato rilasciato il relativo trailer, mentre la disponibilit&agrave; sembra al momento ridotta al servizio svedese di streaming Viaplay, pur se ci si aspetta che venga estesa ad altri canali distributivi pi&ugrave; avanti nel corso dell&#39;anno. 

Per ora solo in Scandinavia, &egrave; stato realizzato il documentario dedicato allo spettacolare pilota svedese deceduto nel 1978 dopo l&#39;incidente al via a Monza

Arriva SuperSwede, il film su Ronnie Peterson

Scene dure, corse clandestine e gare reali. La storia di una famiglia molto sgangherata dentro a un film che ha come contesto le gare automobilistiche e un personaggio tragicomico come fulcro. Ex pilota, caduto nella trappola della droga prima costretto e poi pronto a un riscatto.  &Egrave; tutto questo "Veloce come il vento", il film di Matteo Roveri con Stefano Accorsi e Matilda De Angelis, grandi protagonisti che interpretano due fratelli agli antipodi cresciuti nel mondo delle competizioni. Lui si chiama Loris &egrave; un ex rallista che fa a pugni con la vita, drogato e inaffidabile. Lei, Giulia, un talento eccezionale che a soli 17 anni partecipa al campionato italiano Gran Turismo, sotto la guida del padre. Ma poi tutto cambia&hellip;  Del film che &egrave; stato girato nel corso del 2014 in tutti i week end del tricolore Gt e uscir&agrave; al cinema il prossimo 7 aprile ne abbiamo parlato con Stefano Accorsi, il 45enne attore emiliano che sul set &egrave; un personaggio che va spesso oltre ogni limite e non solo per uno straordinario sesto senso per la guida.  L&rsquo;intervista completa su Autosprint n.12 in edicola da marted&igrave; 22 marzo.    &nbsp;  

Ecco il trailer del film di Matteo Roveri con Stefano Accorsi e Matilda De Angelis, al cinema dal prossimo 7 aprile. L'intervista completa su Autosprint n.12 in edicola

"Veloce come il Vento", film da corsa (video)

"Veloce come il Vento", il trailer

Dopo il successo del docu-film Ayrton e il recente Man &amp; Le Mans, con Steve McQueen, presentato al Festival di Cannes, esplode la docu-film mania. A Montecarlo sono state presentate altre due produzioni che arriveranno nella sale cinematografiche nel 2015.  Entrambi realizzati dal filmaker austriaco Hannes Schalle, il primo tratta la vita di Niki Lauda dagli inizi di carriera sino all&rsquo;incidente del Nurburgring e si intitola &ldquo;Lauda, the untold story&rdquo;. Il secondo, dal titolo &ldquo;L&rsquo;inferno verde&rdquo;, racconta la storia del circuito del Nurburgring attraverso gli anni.

Sotto i riflettori la sua carriera fino al rogo del 'Ring

Un docu-film dedicato a Lauda

In un&rsquo;epoca in cui i reality spopolano all&rsquo;interno dei palinsesti televisivi, uno di questi si pone l&rsquo;obiettivo di far emergere giovani talenti, non della danza o del canto, come siamo abituati a vedere ormai da tempo, ma del mondo delle corse automobilistiche.  Si chiama Race-to 24 e ha come fine ultimo quello di portare dei giovani a correre in un vero team professionistico alla mitica 24 Ore di Le Mans (e nelle successive gare del WEC).  Esattamente come il numero di ore per cui si corre sul tracciato della Sarthe, 24 saranno i contendenti per il volante messo a disposizione dal Morand Team SARD per una Morgan impegnata in classe LMP2, tra cui figurano Conor Daly, Esteban Guerrieri e Sam Brabham.  Numerosissimi ovviamente i candidati (Il team boss Benoit Morand - che ha un contratto di 3 anni per lo svolgimento di questo reality - ha dichiarato di aver ricevuto pi&ugrave; di 100 domande). Ai driver sopraelencati si devono infatti aggiungere i nomi di: Christopher Haase (gi&agrave; pilota ufficiale Audi in classe GT), Dino Zamparelli (pilota di GP3), Jonathan Summerton (ex-A1GP), Martin Cao (Campione britannico di Formula 3), Melville McKee e Jules Gounon, tanto per citarne alcuni.  Questo talent-show si potr&agrave; seguire sul web fino a quando questo non verr&agrave; spostato in TV durante la sua fase semi-finale. I partecipanti condivideranno il sedile della seconda Morgan del Team Morand (che ha stretto una partnership con la giapponese SARD organisation per la sua campagna WEC 2015) con Oliver Webb e Pierre Ragues (piloti di nazionalit&agrave; rispettivamente britannica e francese).  &laquo;Abbiamo cercato di mettere insieme una vasta gamma di piloti - dichiara Benoit Morand, che precisa di aver stimolato anche l&rsquo;interesse di un pilota Nascar molto promettente, il quale per&ograve; non ha potuto partecipare per vincoli contrattuali - al fine di rendere lo spettacolo interessante. Abbiamo piloti provenienti da 17 Paesi e tre di questi sono donne&raquo;.  Il reality prender&agrave; il via il prossimo 26 marzo e prevede 12 sessioni nel corso delle quali i partecipanti saranno sottoposti a prove mentali e fisiche prima di iniziare le sessioni in pista. La giuria sar&agrave; capitanata da Benoit Morand, il quale verr&agrave; affiancato anche da Christian Klien, pilota attualmente in forza al team.  a.c.

Si chiama Race To 24, e seleziona giovani piloti. Per ora &egrave; sul web, poi dovrebbe arrivare in TV 

Un reality per correre a Le Mans

Cosa ne pensate del film &ldquo;Senna&rdquo; che Italia Uno ha trasmesso lunedi 28 aprile in prima serata? Il bellissimo documentario del regista indiano Asif Kapadia traccia la storia di Ayrton Senna dalle origini, quando correva in karting (con una squadra italiana, la Dap) fino ai suoi anni di Formula Uno.  Si tratta, come avrete visto, di un documentario che usa moltissime sceme di gara ufficiali fornite dalla tv di Ecclestone, ma anche di lunghi spezzoni di interviste in cui Senna si racconta. Interviste raccolte qua e l&agrave; dalle trasmissioni di Rete Globo (la tv nazionale brasiliana) e commenti della tv americana Espn. Ci sono anche lunghi brani tratti dalle conferenze stampa ufficiali in cui Senna dava le proprie impressioni su alcuni argomenti scottanti del momento.  Il film sorvola in fretta gli anni della Toleman e della Lotus e si sofferma invece a lungo sul dualismo fra Ayrton e Alain Prost, raccontando attraverso inedite immagini tv dei briefing dei piloti il contrasto esistente fra le posizioni di Senna e quelle di Prost e del presidente Fia Jean Marie Balestre che lo combattevano politicamente. La tragedia di Imola &egrave; ben raccontata, fin dalle ansie della vigilia, con gli incidenti di Barrichello e Raztenberger, e le preoccupazioni di Ayrton.  Se vogliamo trovare un difetto al film, &egrave; che &egrave; raccontato da una prospettiva troppo anglosassone, perci&ograve; un po&rsquo; &ldquo;fredda&rdquo;. Il film, di produzione inglese, fa ricorso esclusivamente a interviste rilasciate da Senna alla tv brasiliana o a quelle anglosassoni. Si coglie la presupponenza della cultura inglese di ritenere degno di nota solo quello che accade nella loro sfera. Manca l&rsquo;Ayrton Senna &ldquo;italiano&rdquo;, quello che i giornalisti italiani conoscevano bene perch&eacute; Senna si esprimeva meglio nella nostra lingua; forse per affinit&agrave; di sentimenti, con noi italiani si lasciava andare di pi&ugrave; alle proprie emozioni: dal rapporto mai concretizzato con la Ferrari, ai suoi sentimenti verso l&rsquo;amicizia e al rapporto con la fede cristiana.  Manca insomma quel lato pi&ugrave; &ldquo;intimista&rdquo; di Senna che con noi italiani veniva fuori e con gli inglesi no. Avendo il regista scelto solo materiale video di provenienza brasiliana e inglese, non esistono eprci&ograve; alcune scene chiave importanti per comprendere la personalit&agrave; di Senna e i tormenti che stava vivendo: ad esempio tutta la scena della finta pace Senna-Prost, con tanto di stretta di mano maturata in conferenza stampa al Gp di Monza 1990 e le dichiarazioni un po&rsquo; ipocrite dei due; manca perch&eacute; il dialogo (che paralizz&ograve; all&rsquo;epoca la sala stampa) avvenne tutto in italiano e come abbiamo detto il regista ha usato solo filmati in altre lingue.  Per lo stesso motivo manca anche - grave assenza perch&eacute; importante ai fini dei sentimenti reciproci e per cpaire i veri rapporti tra i due - lo spezzone di affettuoso saluto in griglia di partenza fra il campione brasiliano e Prost, ormai ritirato dai Gp, a Imola &lsquo;94 pochi minuti prima del fatale incidente. Fu un dialogo radio fra i due, fra Ayrton seduto in macchina in griglia di partenza e Prost dalla cabina di commento tv dove era commentatore per la tv francese TF1. Con quella emozionante frase &ldquo;Alain, mi manchi&rdquo; pronunciata da Senna ai microfoni della tv francese. Un dialogo esclusivo e chiarificatore chiss&agrave; perch&eacute; dimenticato dal regista.  Ma a parte queste mancanze, il film &ldquo;Senna&rdquo; di 106 minuti, &egrave; uno spaccato eccellente della vita agonistica di Ayrton, con bellissime immagini, alcune davvero inedite, che a distanza di 20 anni dalla tragedia &egrave; in grado di emozionare fortemente i telespettatori che hanno vissuto quei giorni. Ed &egrave; in grado di chiarire ai pi&ugrave; giovani, che Senna non l&rsquo;hanno mai visto correre, perch&eacute; il brasiliano sia entrato nella leggenda del motorsport.

La nostra opinione sul film trasmesso lunedi 28 sera da Italia Uno. Scriveteci qui anche voi cosa ne pensate

Il film &ldquo;Senna&rdquo; visto in tv: i pro e i contro. Commentatelo con noi

Il giudizio pi&ugrave; positivo su Rush &nbsp;&egrave; quello di Valentino Rossi che ha visto "Rush" venerdi sera e su twitter ha scritto: "Emozionante e divertente, grande @RealRonHoward e fighissimi gli attori.finale da applausi. Da vedere per gli appassionati di F.1 e non".&nbsp;  Uscito&nbsp;gioved&igrave; 19 settembre, il film di Ron Howard sulla sfida tra Hunt e Lauda per il mondiale di F.1 1976 &egrave; uno degli eventi della nuova stagione cinematografica.  Allo stesso tempo la pellicola tocca argomenti e rinfocola passioni e stati d'animo dei potenziali spettatori che non mancheranno di dare vita a un acceso dibattito sui tanti temi e sui mille volti di quella epica stagione.  Vi invitiamo quindi a scriverci e a dare il vostro contributo con le impressioni a caldo sul film, per stimolare un confronto e rivivere uno dei momenti pi&ugrave; caldi e indimenticabili in tutta la storia della Formula 1, ora divenuto cinema.

Date la vostra opinione sul film del momento

Il giudizio di Rossi ed i vostri: cosa ne pensate di Rush?

A un giorno dall&rsquo;uscita nelle sale di &ldquo;Rush&rdquo;, Autosprint, stavolta in forze, con tutta la redazione, ha preso visione in anteprima dell&rsquo;attesissimo film evento di Ron Howard. Ben 123 minuti di adrenalina diluita in una sorta di viaggio nel tempo che riemerge l&rsquo;appassionato nell&rsquo;epoca d&rsquo;oro della sfida di Hunt e Lauda, all&rsquo;apice nella stagione 1976, quella del rogo dell&rsquo;austriaco al Nurburgring, del ritorno miracoloso a Monza e della sconfitta nell&rsquo;uragano del Fuji, che consegn&ograve; il titolo al rivale inglese, in un lago d&rsquo;acqua e in un mare di polemiche.  Punto primo, il parere unanime di As &egrave; che vedendo &ldquo;Rush&rdquo; non ci si annoia. La trama incalzante, il montaggio frenetico delle immagini di corsa, la stessa caratterizzazione dei personaggi principali da parte dell&rsquo;australiano Chris Hemsworth - James Hunt - e di uno straordinario Daniel Bruhl, che praticamente clona Niki Lauda, rendono la visione fluida, piacevole e ricca di stimoli di confronto e discussione, che accenderanno un dibattito vibrante, nei prossimi giorni, tra i race fans nostalgici e non.  Punto secondo, &ldquo;Rush&rdquo; non &egrave; un documentario, ma una fiction diretta all&rsquo;entertainment, cio&egrave; al divertimento puro. Tutto ci&ograve; che viene narrato sul grande schermo ha la possibilit&agrave; di essere verosimigliante alla realt&agrave; posta alla base della storia, ma non necessariamente il dovere. Pertanto a poco serve sottolineare l&rsquo;eccessiva caratterizzazione del dualismo Lauda-Hunt, che in realt&agrave; mai raggiunse le vette di una sfida giurata e pluriennale, come sembrerebbe emergere dalla trama del film, mentre &egrave; lecito apprezzare lo sforzo del regista di riuscire a narrare, al di l&agrave; della vicenda che lega i protagonisti, la civilt&agrave; perduta della Formula 1 Anni &rsquo;70, nuda e cruda, per duri e puri, divisa tra rischi ed eccessi, vitalismo e tragedie.  Questo &egrave; &ldquo;Rush&rdquo;: spettacolo puro che far&agrave; divertire, discutere, dividere, confrontare gli appassionati, cos&igrave; come &egrave; gi&agrave; accaduto all'interno della redazione di Autosprint. Proprio come quella fantastica stagione 1976, che ora magicamente rivive. C'&egrave; qualche incongruenza storica, come ad esempio la scarsa attenzione prestata al ruolo di Merzario nel salvataggio di Lauda che, da protagonista che &egrave; stato nella realt&agrave;,&nbsp;all'interno della ricostruzione&nbsp;viene eccessivamente marginalizzato e ridotto al puro rango di comparsa.  A prescindere dal giudizio di ciascuno, da domani sera in poi, almeno e gi&agrave; in questo il film-evento di Ron Howard la sua prima vittoria l&rsquo;ha gi&agrave; ottenuta.  Mario Donnini  

Alla vigilia dell'uscita nelle sale abbiamo visto l'atteso film sulla sfida Hunt-Lauda. Ecco cosa ne pensiamo

"Rush" visto da Autosprint

Siamo stai tra i primi a vedere l'anteprima mondiale di "Rush", il race movie del decennio, la cui scena iniziale vede salire alto l&rsquo;urlo dei motori alla partenza del Gp di Germania del 1&deg; agosto 1976, sulla terribile Nordschleife.  Pronti-via e sul pi&ugrave; bello scatta il fermo-immagine, sospendendo una realt&agrave; che schizza in flashback alla porte d&rsquo;una Londra seppiata e ancora un po&rsquo; swingin&rsquo;, anno 1971, alla gara di F.3 di Crystal Palace, dove James Hunt e Niki Lauda, entrambi ancora dalla parte giusta dei loro vent&rsquo;anni, impareranno a conoscersi in una narrazione che s&rsquo;intreccia e streccia parallelizzandosi, tornando a intersecarsi cinquanta minuti dopo, quando la sceneggiatura si riallaccer&agrave; alla stagione di F.1 1976. Quella della sfida vera.  E l&igrave; gi&agrave; si capisce che a Ron Howard piacciono le corse e ha idee precise. Ad attirare il regista premio Oscar con &ldquo;A Beautiful mind&rdquo; non sono tanto e solo rumore e velocit&agrave;, sibili laceranti di motori moderni sparati a 18mila giri piuttosto che paddock faraonici ed esclusivi. No, &egrave; una civilt&agrave; calda e precisa, quella che lo prende assai, annidata negli Anni &rsquo;70 - l&rsquo;ultima frontiera selvaggia ed estrema delle competizioni prima della Grande Bonifica a suon di soldi e sicurezza - tale da permettergli di girare un western animista, tecnologico e sfrecciante. Questo, soprattutto, &egrave; &ldquo;Rush&rdquo;, il film evento del 2013, attesissimo dai fans del Motorsport e in uscita nelle sale il 19 settembre  Alle luci in sala, d&rsquo;istinto viene da pensare questo: invece che punzecchiare il regista perch&eacute; ha volutamente raffigurato il dualismo Lauda-Hunt in modo pi&ugrave; caustico, stringente, caldo, novellistico e epicicizzante di quel che davvero fu, sarebbe bene risparmiare le energie per criticare come i signori dei Gran Premi di oggi hanno ridotto quel meraviglioso palcoscenico di rischio, brivido, extreme life, calore e colore che era la Formula 1 degli Anni &rsquo;70.  E all'interno del numero di Autosprint in uscita luned&igrave; 26 su ipad e da marted&igrave; in edicola, troverete un'ampia recensione.  

14 risultati per 'film'