Il gioco sporco a un certo punto comincia ad avere il cattivo odore di un&rsquo;esplosione a meno di tredici chilometri in linea d&rsquo;aria dal circuito di Jeddah. &Egrave; il 25 marzo 2022, si corre per la seconda volta il Gran Premio dell&rsquo;Arabia Saudita di Formula Uno in un luogo contestato dai piloti &ndash; e, certo, non solo da loro &ndash; per via del mancato rispetto dei diritti umani in quel Paese dove l&rsquo;arretratezza della civilt&agrave; &egrave; la base dell&rsquo;oppressione. Ma &egrave; un teatro che piace tanto ai padroni del vapore, perch&eacute; porta tanti, tantissimi soldi.  Quel giorno c&rsquo;&egrave; il serio rischio che possa saltare o essere comunque minato alla radice quello che &egrave; molto pi&ugrave; di un intrigo internazionale, perch&eacute; i piloti hanno paura e minacciano di non correre. Hanno saputo che quello &egrave; un attentato, che dei ribelli yemeniti stanchi dell&rsquo;oppressione del regime saudita hanno puntato i missili &ndash; peraltro forniti dall&rsquo;Iran &ndash; sui depositi dell&rsquo;Aramco, societ&agrave; petrolifera di Stato e sponsor della Formula Uno, proprio nel primo giorno del Gran Premio e che magari il prossimo ordigno avrebbe potuto finire sul circuito.  L&#39;editoriale del Direttore: Ferragosto senza Enzo Ferrari  La F.1, i missili yemeniti e la Guantanamo araba  Cos&igrave; minacciano di non correre. E sembrano piuttosto compatti. Alla guida della &ldquo;rivolta&rdquo; c&rsquo;&egrave;&nbsp;il pi&ugrave;&nbsp;coinvolto fra i piloti nella tutela dei diritti civili, Lewis Hamilton. E peccato che non ci sia Sebastian Vettel, bloccato a casa dal Covid, perch&eacute; &egrave; l&rsquo;altro uomo forte dell&rsquo;impegno civile. Ma il rischio del &ldquo;tutti a casa&rdquo; per qualche ora &egrave; pi&ugrave; che concreto. E chiss&agrave; cosa avrebbero fatto se avessero saputo che, volgendo lo sguardo sul fronte opposto a quello delle colonne di fumo nero, c&rsquo;era (e purtroppo c&rsquo;&egrave; ancora) qualcosa di ancora pi&ugrave;&nbsp;maleodorante di quei depositi inquinanti. &Egrave; una delle Guantanamo arabe, la Dhahban Central Prison, un carcere speciale dove vengono rinchiusi detenuti politici, luogo di torture e anche di morte, gestito al di fuori dell&rsquo;apparato carcerario di Stato. L&igrave; entrano persone che spesso non escono pi&ugrave; se non distese con i piedi avanti, l&igrave; entrano persone senza che nessuno lo sappia che sono state portate l&igrave;.  La Guantanamo araba &egrave; a 24 chilometri da dove si corre per la gloria. E nessuno, o quasi, ne &egrave; a conoscenza. E certamente non lo sapevano i piloti che minacciavano di andarsene, memori anche di quanto era accaduto in Formula E, il 27 febbraio dell&rsquo;anno precedente, sul circuito di Diriyadh, in prossimit&agrave; della capitale Ryad. Quattro missili, lanciati dai ribelli Houthi dello Yemen, erano stati abbattuti dalle contraeree e i frammenti erano finiti a ridosso del circuito.  I lavoratori senza diritti di Jeddah  Ma ci sono altre cose che si conoscono o, quantomeno, si sospettano. Quell&rsquo;autodromo, dove si &egrave; corso per la prima volta appena pochi mesi prima, il 5 dicembre 2021, &egrave; stato tirato su in una zona lagunare bonificata per l&rsquo;occasione, in appena otto mesi. A nessuno viene da chiedersi se il metodo usato sia lo stesso che ha portato alla morte 6.500 operai-schiavi utilizzati per la realizzazione degli stadi del Mondiale in Qatar? Eppure i rapporti di Amnesty International parlano chiaro. A Jeddah sono stati utilizzati lavoratori stranieri in stato di semi schiavit&ugrave;, pagati due euro l&rsquo;ora, per turni anche di 12 ore. Se ne sa poco di pi&ugrave;, perch&eacute; nessuna organizzazione umanitaria pu&ograve; accedere ai cantieri. Ma in quell&rsquo;occasione salta l&rsquo;ultimo punto di non ritorno, anche se ormai &egrave; tardi per invertire una tendenza scattata con la discesa in campo come grande finanziatore del Circus di Aramco, azienda petrolifera di Stato saudita. La pi&ugrave; inquinante al mondo.  S&igrave;, &egrave; tardi perch&eacute; ormai non &egrave; pi&ugrave; solo sport, il grande calcio e la Formula Uno sono un ciclopico affare, uno scacchiere dove si gioca una grande partita di potere e di soldi, tanti soldi. Quelli che per gli arabi sono spiccioli, rispetto a fatturati gonfi come miriadi di milioni di depositi di Zio Paperone messi in fila, per la Formula Uno e per il Sistema Calcio sono vagonate di milioni, miliardi vitali per la sopravvivenza&hellip;   Leggi l&#39;inchiesta completa sul nuovo numero di Autosprint in edicola, oppure clicca qui per l&#39;edizione digitale.   

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Intrighi di potere, l&#39;assalto invisibile che passa dalla F.1: l&#39;inchiesta

Arriva anche la Fia, a volerci vedere chiaro nell&rsquo;incidente di Fernando Alonso. Che le spiegazioni date dalla McLaren-Honda non convincano nessuno &egrave; un dato di fatto, cos&igrave; la Federazione operer&agrave; insieme al team di Woking per analizzare i dati a disposizione, tra cui delle riprese del circuito interno della pista, finora mai menzionate. Se dovessero realmente esserci prove filmate della dinamica, si potrebbe comprendere meglio se quanto affermato dalla McLaren corrisponde alla realt&agrave;, oppure, se c&rsquo;&egrave; dell&rsquo;altro. In particolare sarebbe una telecamera posizionata in curva 4 ad aver registrato i fotogrammi finali del crash avvenuto in curva 3.  Un portavoce della Fia ha commentato: &laquo;Osserveremo molto attentamente quanto accaduto, vogliamo sapere cos&rsquo;&egrave; successo, pertanto acquisiremo tutte le informazioni possibili, cooperando pienamente con la McLaren&raquo;.  Il coro degli &ldquo;scettici&rdquo; &egrave; numeroso e conta anche Ivan Capelli. L&rsquo;attuale presidente di AC Milano si &egrave; espresso in merito all&rsquo;incidente di Alonso, ammettendo che: &laquo;Qualcosa di strano &egrave; accaduto, ma in Formula 1 spesso c'&egrave; omert&agrave;. Bisogna dare una risposta a quello che &egrave; successo, anche per far stare pi&ugrave; tranquilli gli altri piloti prima dell'inizio della prossima stagione di F1&raquo;.  Volendo aggiungere elementi che portano quantomeno a dubitare sulle reali cause rese note pubblicamente, ci sarebbe il colpo ricevuto da Alonso nel gran premio di Abu Dhabi 2013, quando la sua Ferrari vol&ograve; sul cordolo in uscita dai box, per difendere la posizione sulla Toro Rosso.  In quell&rsquo;occasione vennero registrati 27G nell&rsquo;impatto verticale del fondo sull&rsquo;asfalto ma nonostante tutto il pilota riusc&igrave; a terminare la gara e spese solo una notte in ospedale, per controlli, nulla in confronto alle ricostruzioni circolate sull&rsquo;incidente di Barcellona, le tre notti in osservazione e la necessit&agrave; di essere sedato.  Quale verit&agrave; partorir&agrave; l&rsquo;indagine congiunta Fia-McLaren?  f.p.

Scatta l&rsquo;inchiesta congiunta con la McLaren e ci sarebbero anche delle riprese dal sistema a circuito chiuso della pista

Incidente Alonso, Fia apre una indagine

Ieri, venerd&igrave;, la Fia aveva dato le sue spiegazioni sull&rsquo;incidente di Jules Bianchi a Suzuka. Dal Giappone si attende un bollettino medico che purtroppo, si sa gi&agrave;, non potr&agrave; dure niente di nuovo. A Sochi, nel giorno delle qualifiche, Charlie Whiting &egrave; disposto ad ascoltare i rappresentanti delle squadre per ricevere proposte in merito alla sicurezza in futuro.  Ha colpito tutti il fatto che lo stesso delegato Fia fosse, per cos&igrave; dire, imputato e giudice nella ricostruzione dei fatti. Ma si &egrave; voluto precisare che quella condotta in questi giorni &egrave; la preparazione di un rapporto, non un&rsquo;inchiesta vera e propria. In tutti i casi, i risultati di questo rapporto andranno sottoposti alla commissione di sicurezza, presieduta da Peter Wright. Comunque la si guardi, &egrave; sempre il potere sportivo che valuta se stesso.  L&rsquo;idea che prende piede &egrave; quella di una &ldquo;zona gialla&rdquo; nella quale i piloti siano obbligati a rallentare. Whiting ha per&ograve; sottolineato che anche questa proposta non &egrave; esente da rischi, perch&eacute; i piloti, nello spazio immediatamente precedente l&rsquo;inizio di questa zona, si daranno battaglia (anche a costo di prendere rischi) per guadagnare la posizione.  In Russia si parla anche dei pericoli connessi all&rsquo;utilizzo dei trattori per rimuovere le vetture incidentate. Charlie spiega: &ldquo;I trattori li usiamo da vent&rsquo;anni con successo. Sono veicoli pesanti, devono avere una certa altezza da terra. Mettere al loro posto le gru, che stanno dietro la barriera, non risolverebbe il problema perch&eacute; la portata massima del braccio &egrave; 50 metri. Non si potrebbe coprire tutta la pista&rdquo;.  Il delegato Fia per&ograve; ha ammesso di essere rimasto &ldquo;sorpreso dal tempo impiegato a Suzuka per rimuovere la Sauber. Mi aspettavo che sarebbero stati pi&ugrave; rapidi. Ma da quando mi hanno avvisato che una monoposto aveva colpito il trattore, al momento in cui ho inviato in pista la safety e la medical car, sono passati s&igrave; e no venti secondi&rdquo;. Tempo perso, che per&ograve; probabilmente non ha influito, purtroppo, sulle condizioni di Jules.  Alberto Antonini

A Sochi si discute di soluzioni per la sicurezza: dalla &ldquo;zona gialla&rdquo; alle gru al posto dei trattori

Bianchi: la Fia aperta a proposte

&Egrave; partita l&rsquo;inchiesta per l&rsquo;incidente di Jules Bianchi a Suzuka. Partita forse col piede sbagliato, perch&eacute; il presidente Fia avrebbe voluto che fosse &ldquo;indipendente&rdquo;, ma poi &egrave; stata affidata allo stesso delegato federale Charlie Whiting. Siamo in grado di rivelare alcuni dei capisaldi su cui si baser&agrave; la conclusione. Li riportiamo, per ora, senza commentarli.  - Jules &egrave; uscito di pista alla curva 7 senza andare in testacoda, a differenza di Sutil al giro prima. La sua velocit&agrave; di percorrenza era prossima ai 212 km/h, quella al momento dell&rsquo;impatto viene calcolata sopra i 180 km/h.  - La Fia sottolinea che prima di passare nel punto dell&rsquo;incidente, il pilota non aveva rallentato in maniera significativa nonostante la presenza di cinque postazioni con bandiere gialle sventolate. La telemetria della Marussia mostrerebbe che non c&rsquo;&egrave; stato rallentamento.  - La bandiera verde nel punto appena successivo all&rsquo;incidente avrebbe potuto essere evitata. Il commissario di pista aveva la facolt&agrave; di usare la gialla anche in quel punto, visto l&rsquo;evidente pericolo.  - Prima di infilarsi sotto il trattore, la vettura era in efficienza, anche se non si riscontrano forti segni di frenata. I due pedali, acceleratore e freno, sono stati divelti nell&rsquo;impatto, ma non risulta un guasto all&rsquo;impianto frenante.  - Nonostante le illazioni, il casco del pilota era integro e anche la testa non ha riportato ferite evidente. Testimoni oculari all&rsquo;ospedale di Yokkaichi avrebbero riferito che Jules sembra normalmente addormentato.  Alberto Antonini

Secondo la Fia il pilota ha ignorato cinque postazioni con bandiere gialle. Impatto a oltre 180 km/h

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