Per 21 anni Alberto &egrave; stato giornalista della nostra testata, vivendo l&#39;ultimo periodo della F1 ancora aperta e accessibile. Riviviamo insieme a lui, nella sua ultima intervista ad Autosprint, i momenti pi&ugrave; importanti della sua esperienza

Alberto Antonini: il suo ultimo racconto tra Autosprint, Ferrari e Formula 1

Per il consueto appuntamento “Ci vediamo da Mario” viene ricordato con nostalgia Niki Lauda, nato il giorno 22 febbraio, dell’anno 1949. Il tutto a cura del nostro Mario Donnini

Ci vediamo da Mario: ricordando Niki Lauda

Il 20 febbraio si sono celebrati i centoventicinque anni dalla nascita di Enzo Ferrari, coetaneo di Tot&ograve; e dell&rsquo;ex Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Poi, certo, c&rsquo;&egrave; la faccenda del nevone che fece registrare due giorni dopo l&rsquo;atto al comune, perch&eacute; in realt&agrave; il Drake era venuto al mondo, de facto, il 18 del mese, ma questi son particolari. La verit&agrave; &egrave; che, a quasi trentacinque anni dalla scomparsa, di lui si sente una mancanza dolorosa e bruciante e, ogni anno che passa, nell&rsquo;animo di chi l&rsquo;ha conosciuto anche solo tramite interviste, vulgata e conferenze stampa, il senso di disorientamento e dolce rimpianto si acuisce.  125 anni fa nasceva Enzo Ferrari: ecco il Drake dalla A alla Z    Perch&eacute;? Per pochi e semplici motivi. Il primo. Chiedete al mondo chi &egrave; il calciatore pi&ugrave; grande e scatenerete una bagarre a due, tra voti per Pel&eacute; e per Maradona. Domandate qual &egrave; il pilota pi&ugrave; grande, e darete vita a un referendum infuocato, che toccher&agrave; epoche e campioni di pi&ugrave; eterogenea natura. Ma provate a chiedere il nome del patron/costruttore pi&ugrave; di culto e chiunque vi risponder&agrave; Enzo Ferrari. A maggioranza bulgara. Per la sua storia, unica e inimitabile, fatta di passione, cinismo, alfieriana volont&agrave; e voglia di non arrendersi mai. Per il suo carattere ferreo, permaloso, arcingno, esplosivo e a tratti introverso. Per il carisma, mai eguagliato da nessuno, nel mondo delle corse. Per la capacit&agrave; di reggere la scena, con conferenze stampa istrioniche, temute e amate, teatrali, egoriferite e spettacolari. Monologhi infiniti con cui e in cui l&rsquo;antico attorone lasciava il mondo pendere dalle sue labbra, quand&rsquo;anche il palcoscenico, ovvero la scrivania, caracollasse tra le nebbie di Casinalbo, a due passi da Maranello.    La verit&agrave; &egrave; che Enzo Ferrari era ipermediatico nei decenni della F.1 non mediatica e raggiungeva chiunque e qualsiasi entit&agrave; sol perch&eacute; ci arrivava, a prescindere dal medium e dai principi cardine di McLuhan. In fondo Socrate e Ges&ugrave; Cristo, con rispetto e debite proporzioni parlando, non hanno mai lasciato niente di scritto eppure raggiungono da pi&ugrave; di due millenni, volendo, ogni nato. S&igrave;, quando sei speciale il contenuto prescinde dal mezzo e l&rsquo;agente propulsore diventa lui stesso fuoco e ineludibile e precisissimo vettore. E della saggezza, della spettacolarit&agrave;, dei difettacci, della permalosit&agrave;, della dolente coerenza, dei motti di spirito, delle battute fulminanti e dei trionfi, delle infatuazioni e delle idiosincrasie e non di meno perfino delle indimenticabile sconfitte sue, sentiamo tutti profonda nostalgia.  Perch&eacute; un Grande &egrave; un Grande e non manca solo alla Ferrari ma alla F.1 intiera, allo Sport, all&rsquo;industria, alla mitografia e all&rsquo;universo mondo, uno cos&igrave;. Tanto per dire, uno che fond&ograve; la Ferrari a 49 anni e a cinquantacinque, dopo aver vinto dappertutto e ripetutamente, era gi&agrave; leggenda. Lui era musica, financo esistenziale, e si propag&ograve; senza che ancora avessero inventato gli amplificatori e gli impianti voce d&rsquo;oggi. Adesso abbiamo ripetitori che arrivano oltre Marte, ma tanti neo-padroni del vapore, quasi tutti, nel Motorsport e anche e soprattutto oltre il Motorsport, non hanno niente da dire e s&rsquo;arrabattano a sussurrarlo con grazia unta, andando a sbattere contro il modello del Vecchio che proferiva solo sostanza e coraggio. Sempre, magari con qualche indoratura quasi invisibile di politica paracula ma puntualmente maschia assai e mai lontanamente liquida.  Chiaro, il concetto, no? E allora smettiamo di dire che Enzo Ferrari manca tanto alla Ferrari di oggi, poich&eacute; non manca solo ad essa ma a tutte le Case da corsa del mondo e anche al mondo stesso. In fondo, come Gianluigi Bonelli diceva e scriveva di Tex Willer e Kit Carson, di gente cos&igrave;, subito dopo averla fatta, il Padreterno butt&ograve; via lo stampo. E le Ferrari possono evolversi e replicarsi, gli stampi dei ferri nobili si fanno e rifanno, ma quelli d&rsquo;un cristiano cos&igrave;, mai pi&ugrave;. E, ponendo mente all&#39;Enzo Ferrari neocentoventicinquenne percepito oggid&igrave;, vien da dire la stessa cosa che i chimici pi&ugrave; romantici e sensati pensavano degli eroici alchimisti: non &egrave; che siamo alti noi, no: ce ne stiamo quass&ugrave; sol perch&eacute; siamo nani sulle spalle dei giganti. E il Drake, tra l&rsquo;altro, era un meraviglioso omone.   

Come diceva Gianluigi Bonelli di Tex Willer, l&rsquo;hanno fatto buttando via lo stampo

Enzo Ferrari? Manca a tutti, non solo alla Rossa

Michel Fert&eacute; non &egrave; pi&ugrave; tra noi. Era nato l&rsquo;8 dicembre 1958 ed &egrave; scomparso il&nbsp;4 gennaio, dopo una breve malattia. Francese, fratello di Alain, a inizio Anni &rsquo;80 succede a lui sul gradino pi&ugrave; alto del podio del prestigioso Gp di Monaco F.3, ma, proprio come il suo consanguineo, non avr&agrave; mai la chanche di arrivare in F.1, pur essendo ottimo pilota in formula cadetta (con una mitragliata di piazzamenti a podio sia in F.2 che in F.3000) e top driver dell&rsquo;endurance.  Dove, correndo per tre lustri alla 24 Ore di Le Mans, ottiene come miglior risultato un secondo posto col team Jaguar Twr, dopo aver svolto il ruolo di tester per la Ligier F.1 nel biennio 1984-1985. Michel era diventato un&rsquo;istituzione anche in campionati internazionali quali la serie Bpr per vetture Gran Turismo e poi nel campionato a base europea per vetture Sport, nella seconda met&agrave; degli Anni &rsquo;90, quando aveva portato in gara una Ferrari 333 Sp.  Al di l&agrave; dei risultati, comunque di rilievo, Michel resta un simbolo. L&rsquo;icona dell&rsquo;ampissima schiera di piloti che avrebbero meritato almeno una piccola chance in F.1, peraltro senza mai ottenerla davvero. Gi&agrave;, l&rsquo;incompiutezza. Questa strana mal&igrave;a che rende particolare il fascino di chi avrebbe potuto essere ancor pi&ugrave; e mai fu, pur meritandolo assai.   

Francese, aveva 64 anni ed era stato ottimo pilota endurance e F.2

La scomparsa di Michel Fert&eacute;

Ken Block, pilota di rally, showman e stutnman, è morto a 55 anni in seguito a un incidente in motoslitta. Ma per noi continuerà sempre a derapare...

Ken Block, il ricordo

Poi ci sono infiniti modi di andarsene, ma quello scelto da Ken Block, anzi, dal destino di Ken Block, sembra fatto apposta per ritagliargli ancor pi&ugrave; un posto perfetto nella leggenda, essendo cos&igrave; cinematrograficamente e narravamente omogeneo a tutta la sua vita. Se n&rsquo;&egrave; andato, cio&egrave;, facendo ci&ograve; che amava.  Lui che era il sacerdote massimo della Dea Sbandata, il Globe Trotter con una Wrc al posto della palla a spicchi. Motorsport frammisto a show, superamento del limite, passione ed adrenalina nella pura esplosione visuale della sua classe, diretta al pieno godimento dello spettatore.    L&#39;incidente fatale di Ken Block  Ken Block &egrave; morto all&rsquo;et&agrave; di 55 anni in un incidente in motoslitta vicino a Woodland, nello stato dell&rsquo;Utah. Secche e scarnamente dettagliate, le notizie. Ma dipingono poco e dicono tutto: Il dipartimento dello sceriffo della contea di Wasatch specifica che Block stava guidando nella zona di Mill Hollow quando la sua motoslitta si &egrave; ribaltata mentre styava percorrendo un pendio particolarmente ripido ed &egrave; atterrata sopra di lui. Il crash ha avuto luogo luned&igrave; alle 14.00 ora locale, durante un&rsquo;uscita di gruppo, anche se l&rsquo;incidente mortale &egrave; avvenuto, da quanto si apprende, mentre lo stesso Block era da solo. Block &egrave; stato dichiarato morto sul luogo dell&rsquo;incidente, quindi presumibilmente &egrave; morto sul colpo.  Una vita tutta in sovrasterzo  Tutto quanto ha fatto spettacolo, nella vita e nella carriera di Ken Block. Re del drifting, gi&agrave; praticante di skateboard, snowboard e motocross, &egrave; proprio al volante di una vettura che KB ha dato il meglio di s&eacute;, dimostrando di saper fare spettacolo quanto e come Maradona al palleggio o Gilles Villeneuve in piena sbandata.&nbsp;  Ventitr&eacute; partecipazioni effettive ai rally iridati, le prime su Subaru, tutte le altre su Ford, con un settimo posto in Messico 2013 come miglior risultato KB, nativo di Long Beach, in California, era amato e conosciuto a livello mondiale per immagini e exploit visulamente strepitosi che ne esaltavano una capacit&agrave; di guida tra l&rsquo;artistico e il circense, il tutto proposto con un entusiasmo e una gioia di vivere da grande, immenso uomo di sport.  E adesso, apprendere che se n&rsquo;&egrave; andato in motoslitta, esattamente nel modo opposto al quale Gilles Villeneuve era arrivato nelle corse, colpisce il cuore. Come se per arrivare o salutare, certi campioni amatissimi finiscano con l&rsquo;usare le stesse porte.  La neve ti sia lieve, Ken.   

Il re del drifting muore in un incidente in motoslitta

Addio a Ken Block

La scuderia della Stella ha postato sui propri social un video in cui mostra tutte le foto istantanee da collezione che rappresentano i momenti salienti della stagione di Formula 1 appena conclusa. Ecco l'album dei ricordi!

Mercedes, quante emozioni nel 2022 con Hamilton e Russell!

Lo definirono &ldquo;il pi&ugrave; bel sorriso della F.1 dai tempi di Francois Cevert&rdquo;. Patrick Tambay era questo e molto di pi&ugrave;. Uno stupendo pilota, molto amico di Gilles, una cara persona, un galantuomo. Purtroppo ci ha lasciati, a causa dell&rsquo;aggravarsi delle conseguenze del morbo di Parkinson, che l&rsquo;aveva colpito da anni.    Molto di pi&ugrave; del sostituto di Villeneuve  Tra gli appassionati di F.1 era noto soprattutto per il suo arrivo in Ferrari in pieno 1982, a sostituire uno dei suoi pi&ugrave; cari compagni di gara, appunto quel Gilles Villeneuve che aveva conosciuto nel 1977, ai tempi in cui entrambi correvano nella Can-Am con le ex F.5000, Patrick per Carl Haas e l&rsquo;Aviatore per Walter Wolf. Il canadese da l&igrave; si sarebbe guadagnato lo shot in Ferrari, mentre in francese avrebbe debuttato in F.1 prima con la Surtees, senza successo e subito dopo con l&rsquo;Ensign, inanellando una serie di prestazioni stupefacenti, sempre a ridosso dei migliori, con una macchina da museo, tanto da sfiorare il podio nel Gp d&rsquo;Olanda, exploit impeditogli solo da una panne secca nel finale di gara.  Tra Can-Am e F1  A fine stagione esce indenne da una terrificante incidente a Monza, che lo vede ribaltato strisciare per centinaia di metri sull&rsquo;asfalto, salvato dal rollbar che regge. Nel 1978 approda alla McLaren diventando uomo Marlboro, ma tre macchine sbagliate di seguito distruggono la prima fase della sua carriera nei Gp. Nel 1980 eccolo tornare alla Can-Am, sempre con la Lola dell&rsquo;importatore locale Carl Haas, stavolta con la T530 in luogo della vecchia T333CS guidando la quale fa il bis, portando a due i titoli vinti. Il 1981 lo rivede in F.1, prima con la Theodore e quindi con la Talbot, a sostituire l&rsquo;infortunato Jabouille. E proprio con la Theodore stupisce il mondo ottenendo un sesto posto strepitoso a Long Beach. Ma il seguito della stagione lo vede ancora una volta lottare in fondo al gruppo con vetture poco competitive e da l&igrave; il secondo addio alla F.1, per tornare nella solita e solida Can-Am.    L&#39;arrivo in Ferrari  Sar&agrave; appunto il tragico incidente di Gilles a Zolder a rilanciarlo con l&rsquo;inatteso ingaggio della Ferrari, cui far&agrave; seguito, nel Gp di Germania a Hockenheim, un entusiasmante e liberatorio trionfo, il giorno dopo del terrificante crash in cui Didier Pironi ha visto spezzarsi le gambe e la carriera. A tre quarti di 1982 Patrick sembra addirittura proiettato verso una clamorosa rimonta iridata che potrebbe dargli il titolo, ma un incredibile infortunio, con un nervo leso durante una seduta di fisioterapia, lo toglie di scena per alcuni determinanti Gran Premi, tarpando le ali al suo sogno mondiale.  L&#39;impresa a San Marino e il licenziamento  Malgrado questo, nel 1983 rieccolo al via da competitor iridato con la prima Ferrari in carbonio, la C3, che arriva a met&agrave; stagione. Nel frattempo, Patrick ha gi&agrave; fatto piangere mezzo mondo andando a vincere il Gp di San Marino 1983 con la C2 evoluta, correndo in onore di Gilles, in una Imola che sembra il Maracan&agrave;. Col francese trascinato al trionfo da un tifo incontenibile. Sar&agrave; quello il suo giorno di gloria pi&ugrave; alta e idealizzata, col popolo ferrarista che lo adotta a beniamino anche per i modi gradevoli, per il fare gentile e l&rsquo;atteggiamento da brava, bravissima persona. E proprio con questo spirito, a fine stagione, apprender&agrave; e prender&agrave; il licenziamento dalla Ferrari, che gli preferisce il giovane Michele Alboreto. Una gran brutta notizia, aggravata dal fatto che a dargliene notizia non &egrave; la casa di Marenello, ma Pino Aliievi della Gazzetta dello Sport...  L&#39;ultima lezione di Patrick  Sbollita la delusione, Patrick passa alla Renault portandosi con s&eacute; il fedelissimo ingegnere Tommaso Carletti. Dopo quest&rsquo;esperienza tutto sommato interlocutoria, a met&agrave; Anni &rsquo;80 terminer&agrave; la carriera in F.1 guidando per la Beatrice-Force-Lola, vettura di Carl Haas, lo stesso che gli aveva dato fiducia nella Can-Am 1977, spalancandogli le porte del professionismo ad alto livello. &Egrave; una specie di perfetta chiusura del cerchio. A fine 1986, a 37 anni, Patrick chiude coi Gp, dandosi al&rsquo;endurance con la Jaguar-Twr, prima di diradare le sue presenze nelle corse attive, fino all&rsquo;addio. Nel 2006 torna alle monoposto nella MasterGp Series, partecipando a una prova a Kyalami, in Sudafrica, nel corso della quale si confida in una lunga chiacchierata col sottoscritto, confessando qualche rimpianto per quel 1982 cos&igrave; esaltante e sfortunato: &quot;Senza quel problema in fisioterapia, quel mondiale avrei potuto vincerlo davvero, nel nome di Gilles e della Ferrari. Peccato, evidentemente il destino voleva altrimenti. D&rsquo;altronde la vita &egrave; esattamente questa: in essa ottieni ci&ograve; che meriti, filtrato da quello che ti capita&quot;.  Una frase che resta una belissima lezione esistenziale per tutti noi. E per una fortuita chiusura tipografica anticipata, il momento non &egrave; propizio per ricordarlo da subito sulle pagine cartacee di Autosprint, per esigenze di chiusura redazionale. Ma sappiate che nel numero successivo, in edicola non questo marted&igrave; bens&igrave; l&rsquo;altro, dedicheremo a lui tante pagine e un caldo Cuore da Corsa, come merita.  Ciao, Patrick.   

Il nostro giornalista traccia un ricordo personale del forte e amatissimo pilota Francese

Ciao, meraviglioso Patrick Tambay

Una volta, anni fa, ci dovevamo vedere per un&rsquo;intervista e Mauro Forghieri mi dette appuntamento fuori dal casello di Modena Nord. All&rsquo;ora convenuta pagai il pedaggio, vidi alzarsi la sbarra e sulla destra cercai l&rsquo;ingegnere, che gi&agrave; era l&igrave; ad aspettarmi. Tirai gi&ugrave; il vetro e lui venne a parlarmi, appoggiandosi al montante della macchina. &quot;Allora, tutto bene? Come &egrave; andata? Traffico?&quot;.   Momento memorabile  Lo guardai e il cuore mi manc&ograve; un colpo. Ero al volante e lui chino a parlarmi, con quelle domande. Poco importa avessi una Skoda da 200mila chilometri e non una Ferrari 330 P4. Era la sua postura a mandarmi in orbita. Sai quando ti si apre un universo in due secondi? Col cuore a mille stavo pensando in diretta: &quot;Forghieri chino a farmi domande mentre lo guardo dall&rsquo;abitacolo. &Egrave; una cosa sacrale, la porta del paradiso, vedere un uomo che per decenni &egrave; stato in questa posizione con i pi&ugrave; grandi piloti del mondo facendoli vincere, &egrave; un&rsquo;immagine laicamente messianica, il senso della passione di noi tutti. Il simbolo del cuore per le corse, delle emozioni pi&ugrave; belle, di Clay, Niki, Gilles e Jody. Questo non &egrave; solo un genio, un vincente, un uomo piacevole, l&rsquo;effige fosforica della Ferrari primordiale e verace e il testimone privilegiato e decisivo del suo tempo... No, Mauro Forghieri &egrave; anche molto di pi&ugrave;, per tutti noi malati di corse, specie di una certa Ferrari di una certa epoca. &Egrave; la romantica password della nostra passione, il custode di un paradiso nostalgicamente perduto, che quando vuole tira fuori le chiavi e ci riaccompagna amabilmente dentro. Tra i nostri sogni belli che furono realt&agrave;. Quest&rsquo;uomo &egrave; magico, ora come allora. &Egrave; magico e lo sar&agrave; per sempre, perch&eacute; ha il potere di far viaggiare le anime nostre solo evocando un ricordo, un nome, una sigla di macchina. &Egrave; uno degli uomini pi&ugrave; importanti delle nostre vite di appassionati e di sicuro il pi&ugrave; evocativo, il pi&ugrave; caldo, il pi&ugrave; vero&quot;.  &quot;Be&rsquo;, alora ? - Con una elle sola, all&rsquo;emiliana, mi disse lui -: che hai, lacrimi?&quot;. Ma no, ingegnere, sar&agrave; l&rsquo;allergia.  Custode dei sogni  Fine dell&rsquo;aneddoto, che precede la notizia secca, anche se nel giornalismo serio non bisognerebbe mai fare cos&igrave;. Ho scritto queste righe subito e davanti, perch&eacute; penso sia cos&igrave; per tutti noi, adesso. Non se ne va solo un grande della F.1, dell&rsquo;endurance e del Motorsaport, ma il custode caldo dei nostri sogni motoristicamente pi&ugrave; nostalgici ed esaltanti. Se n&rsquo;andato a ottantasette anni, ma &egrave; uno di quei pochi uomini che ha sempre avuto la stessa et&agrave;.  L&rsquo;et&agrave; di Mauro Forghieri. Una cosa unica, tutta sua. Maturo gi&agrave; quando era giovanissimo, fresco, freschissimo nel momento in cui l&rsquo;anagrafe avrebbe potuto farlo vecchio. Lui &egrave; stato sempre lui, altroch&eacute;. Il pi&ugrave; rinascimentale dei geni ingegneristici della F.1, perch&eacute; sapeva e sapeva fare tutto. Telaio, aerodinamica, motore, e che motori, sospensioni, viti, rondelle e prigionieri. Tutto. Come Pico della Mirandola. Dal foglio bianco alla macchina finita, passando per gestione in pista, sviluppo, tattiche, rapporto coi piloti e, ovviamente, litigate con Enzo Ferrari. &quot;Ho anche dato consigli sentimentali a Chris Amon, peraltro sbagliando&quot;, ricordava. Brenda Vernor, la mitica segretaria particolare del Commendatore, lo dice ancora: &quot;Mauro &egrave; il solo che poteva strillare nel&rsquo;ufficio di Enzo Ferrari. Poi tutto si calmava. Cominciava la spiegazione dolce e alla fine si salutavano di buon grado. Funzionava cos&igrave;&quot;.  Una vita di corsa  Arriva in F.1 a ventisei anni, da neolaureato in ingegneria meccanica e, essendo bravissimo e figlio di Reclus, capomeccanico della Ferrari dell&rsquo;era ruggente, il Vecchio lo mette subito nel giro dei Gran Premi, sulle prime a vivere il clima della squadra dominatrice con la Sharknose, nel 1961. &quot;A dire la verit&agrave; in Ferrari c&rsquo;ero gi&agrave; stato per una specie di stage, poi alla chiamata vado felice, anche se il miuo sogno &egrave; sempre stata l&rsquo;aeron autica. Debutto in F1 assistendo al Gp di Montecarlo 1961 e mi godo la vittoria di Moss con la Lotus di Rob Walker. Il solo campione della storia che cava la carrozzeria per guidare refrigerato. E fa bene. Cio&egrave;, al mio esordio, la pi&ugrave; grande lezione di ingegneria me la d&agrave; un pilota. &ldquo;Cominciamo bene...&rdquo;, penso. Poi tutto scorre veloce. Il gran capo Chiti litiga con Ferrari, con lui Tavoni e altri che se ne vanno. La Rossa resta sguarnita e il Commendatore resta quasi solo e mi chiama. &ldquo;Mauro, tocca a te&rdquo;. Ho ventisei anni e mezzo&quot;.  Gli dico che so di una gran cazziata che prese da Chiti, a met&agrave; stagione, al Gp di Francia 1961. Lui mi guarda e fa &quot;Vero, ma non ricordo perch&eacute;. E se non lo ricordo, vuol dire che era una cosa da niente. E non ne ricordo altre, di cazziate prese&quot;.   Neanche da Enzo Ferrari? &quot;Quelle erano discussioni in modenese, altra roba&quot;.   Campione del mondo con Surtees nel 1964, a 29 anni. Campione del mondo con Lauda, a quaranta. Poi ancora con Lauda, quindi con Scheckter nel 1979. Iridato con la Ferrari in endurance nel 1962, 1963, 1964, 1965, 1967 e 1972. In tutto fanno dieci. Dieci e lode, Ingegnere. E poi c&rsquo;&egrave; la Ferrari 330 P4, il bolide pi&ugrave; bello nella storia del creato. &quot;Dai, non esageriamo - commentava lui - . Mi spiace solo che ne abbiam fatte poche e che non me ne sono fatta regalare una&quot;, chiosava ridendo. Direttore tecnico e timoniere in pista della Ferrari dal 1962 al 1984, poi Lamborghini, Bugatti, Oral e le consulenze per la Bmw. Tante cose. Ma lui &egrave; l&igrave;, a rappresentare molto di pi&ugrave;. Lui &egrave; e rester&agrave; per sempre l&rsquo;uomo immagine della nostra passione.  Se la F.1 ha una effe davanti, bloccata da un punto, l&rsquo;unica spiegazione possibile &egrave; che quella effe, nel cuore di noi tutti, vuol dire Forghieri.   

Aneddoti e ricordi&nbsp;di una persona&nbsp;formidabile che ha segnato un&#39;epoca. Ecco chi era Mauro Forghieri

Addio, Forghieri, custode dei nostri sogni

Ti ho visto debuttare in F.1 a Imola nel Gp del 1982. Eravamo due ragazzi. Tu Riccardo Paletti in pista con l&#39;Osella, io dietro le reti alle Acque Minerali, da tifoso con lo zainetto. Ti vedevo sfrecciare, col Cosworth a lacerarmi i timpani e notavo che curvavi reclinando il casco e mi davi l&#39;idea di godertela da matti. Ti sentivo vivo come mai. Quaranta anni dopo ci ripenso e mi piace immaginare che qui e ora quest&#39;attimo bello ritorni.  Ciao, Ricky. 

A 40 anni dal tragico incidente in Canada, rendiamo omaggio all&#39;indimenticabile pilota italiano

Speciale Sterzi a Parte:&nbsp;Ricordando Riccardo Paletti

        Un primo verdetto arriva nel post gara di Abu Dhabi. I commissari di Yas Marina hanno respinto parte del ricorso presentato dalla Mercedes contro la Red Bull. Il duello tra Verstappen e Hamilton non accena a concludersi, se la pista oggi ha decretato che il vincitore del Mondiale di F1 2021 &egrave; l'olandese, al suo primo titolo iridato, la stessa cosa non &egrave; avvenuta nel paddock, dove la direzione di gara sta valutando i reclami del team di Brackley.  Per il momento quindi la festa di Max &egrave; rimandata, cos&igrave; come il suo primo posto che rimane sub iudice fino a quando la FIA non emetter&agrave; il verdetto definitivo sulla vicenda. Anche se su Twitter la FIA ha pubblicato il report della gara indicando Max Verstappen come campione.&nbsp;&nbsp;  Si attende la decisione definitiva Dopo un primo incontro di 45 minuti e un secondo durato invece la met&agrave; del tempo, tra i commisari FIA e i rappresentanti Red Bull (nello specifico Horner-Newey-Whitley), insieme ad altrettanti componenti della Mercedes, alla presenza di un avvocato, &egrave; stata presa una prima decisione. Non &egrave; stata accolta alcuna protesta per la violazione dell'articolo numero 48.8 del regolamento sportivo, che riguarda il sorpasso di Max nei confronti di Lewis in regime di Safety Car, quando l'olandese facendo le onde ha messo il muso della sua RB16B davanti alla W12. Una vittoria conquistata presentando altri episodi precedenti a questo, in cui il direttore d&igrave; gara, Michale Masi, secondo il team di Milton Keynes ha gestito l'entrata in pista della SC in maniera diversa dal regolamento. Resta invece ancora in piedi il ricorso per l'articolo numero 48.12, relativo alle sole 4 monoposto (invece che tutte) sdoppiate dal gruppo in regime di Safety Car e che avrebber dunque innescato una presunta ripartenza irregolare. La Mercedes chiede di annullare l'ultimo giro, quello del sorpasso di Verstappen con gomma rossa e che lo ha porttato all'attacco decisivo e vincente su Hammer. Molto probabilmente in caso di una seconda respinta, &egrave; probabile che il team si appeller&agrave; al Tribunale per le grandi istanze di Parigi della FIA per un ulteriore ricorso.&nbsp;        

I commissari hanno deciso di non accogliere le accuse rivolte alla Red Bull nel post gara di Abu Dhabi per quanto riguarda il sorpasso di Max su Lewis in regime di SC. Si attende il secondo comunicato sulla presunta partenza irregolare

Ufficiale: respinto a metà il ricorso della Mercedes nei confronti di Verstappen

 p.p1 {margin: 0.0px 0.0px 0.0px 0.0px; font: 24.0px Helvetica} p.p2 {margin: 0.0px 0.0px 0.0px 0.0px; font: 24.0px Helvetica; background-color: #fde9eb} p.p3 {margin: 0.0px 0.0px 0.0px 0.0px; text-align: justify; line-height: 10.4px; font: 24.0px Helvetica} span.s1 {font-kerning: none}    Siamo tutti pi&ugrave; soli e tristi senza Sir Frank Williams. A 79 anni se n&rsquo;&egrave; andato il Costruttore pi&ugrave; resiliente e sorprendente nella storia delle corse. Partito da zero ha saputo avere in F.1 il dono della visione unito a quello delle gestione vincente della realt&agrave; dando nome e gloria a monoposto leggendarie.  Sir Frank Williams lascia una traccia indelebile. Un&rsquo;impronta gigantesca nella storia del Motorsport. La scuderia di F1 ha vinto nove titoli costruttori, l&#39;ultimo nel 1997 con Jacques Villeneuve, anche campione piloti con ben sette vittorie in stagione, e Heinz-Harald Frentzen arrivato secondo dopo l&#39;esclusione dalla classifica piloti di Michael Schumacher nell&#39;ultima gara dell&#39;anno nel GP d&#39;Europa disputato a Jerez. I mondiali piloti vinti dalla Williams sono stati sette. In totale i titoli conquistati sono stati 16.    Una storia leggendaria  Fino al 2012 Williams ha fatto parte del consiglio di amministrazione della scuderia da lui fondata nel 1977. E proprio nove anni fa si gode dal vivo la vittoria di Pastor Maldonado. &Egrave; rimasto quello l&rsquo;ultimo successo della Williams in F.1  Il contratto di Maldonado in quell&rsquo;ultima stagione con Frank ancora protagonista era stato pi&ugrave; di una boccata di ossigeno per la Williams, la vittoria un piacevole imprevisto. &quot;Maldonado? Non dico di no, l&rsquo;abbiamo preso anche perch&eacute; portava soldi. Ma se fosse stato una pippa, non avrebbe firmato con noi&quot;.  &quot;Nell&rsquo;86 persi il mondiale per colpa della mia stupidit&agrave;&quot; o &quot;A volte la mia condizione di invalido mi ha aiutato a concludere affari&quot; erano le sue frustate di ghiaccio al destino. Ma ha sempre miniminizzato sull&rsquo;incidente che lo inchiod&ograve; per sempre sulla sedia a rotelle, mentre lui e il team manager Peter Windsor correvano come pazzi su una Ford Sierra a noleggio per raggiungere l&rsquo;aeroporto di Nizza dal Paul Ricard.  I talenti di Sir Frank  Ne ha presi tanti, Frank Williams, di rischi, in quarant&rsquo;anni e passa di carriera F.1. Con Jacques Villeneuve gli and&ograve; bene, con Alex Zanardi no. Con Damon Hill, collaudatore con dubbi precedenti alla Brabham, ci scapp&ograve; un mondiale, nel &lsquo;96. Con Heinz-Harald Frentzen, chiamato senza scrupoli a sostituire Damon, fu un mezzo calvario. Ne ha gestiti tanti di piloti, Frank, e qualcuno l&rsquo;ha anche malgestito, vedi Reutemann e Jones nell&rsquo;81. Ma se tanti ricordano i mondiali perduti dalla squadra - primo fra tutti l&rsquo;86 della gomma scoppiata a Mansell - resta il fatto che la Williams Grand Prix, mondiale con Jones nell&rsquo;80, aveva debuttato tre anni prima.  L&#39;episodio da ricordare  Daniele Audetto, protagonista storico del mondo dei Gran Premi, ha spesso ricordato un episodio di quell&rsquo;esordio. &quot;Eravano a Kyalami, io ero team manager alla Ferrari. Venne organizzata una gara podistica sul circuito e Frank, che a 35 anni era veramente in forma, la vinse. C&rsquo;era un bel monte premi in palio e lui, tutto contento, disse: &ldquo;Dovevo assolutamente arrivare primo, mi servivano quei soldi per pagare l&rsquo;albergo alla squadra&rdquo;&quot;.  Era arrivato senza una lira, la sede storica di Didcot, che aveva acquistato con Patrick Head, era un vecchio magazzino di tappeti abbandonato. Ma senza essere un tecnico, aveva capito prima di altri l&rsquo;importanza dell&rsquo;aerodinamica, del telaio, rispetto alla potenza del motore. Quando Alan Jones, che odiava gli assetti troppo rigidi, gli sugger&igrave; di montare le molle al sedile, Frank gli replic&ograve;: &quot;E perch&eacute; non ti siedi sul tuo portafoglio?&quot;.  &quot;Be&rsquo; - rispose Jones - prima dammi qualcosa per imbottirlo&quot;. Soldi, sempre soldi.  Ne ha guadagnati tanti, Frank, da quando girava con un furgone carico di pezzi di ricambio di funzionalit&agrave; (e origine, maligna qualcuno) sospetta. E conduceva gli affari da una cabina telefonica. Sempre risultati sensazionali, alla faccia delle avversit&agrave;. Quando tanti anni fa si present&ograve; - da imputato - alla prima udienza del processo Senna, mentre il pubblico ministero cercava di fare tradurre la domanda su quale fosse il suo ruolo nella squadra, Frank si avvicin&ograve; al microfono e sussurr&ograve;, in italiano: &quot;Il cerca-soldi&quot;.   La conosceva bene, la nostra lingua: dai tempi della collaborazione con De Tomaso e Tecno, forse anche da prima, le sue vicende e le nostre si sono incrociate spesso. Ha avuto amici, nemici, piloti in tricolore. Ha sub&igrave;to un processo, appunto: e se oggi chiunque sa chi fosse Ayrton Senna, forse non tutti ricordano Piers Courage e il rogo di Zanvoort &lsquo;70 con una vettura della sua scuderia. Per tanti anni, Frank defin&igrave; quell&rsquo;incidente come il momento pi&ugrave; buio.  Siamo tutti pi&ugrave; tristi, adesso. Riposa in pace Sir Frank Williams&hellip; 

Addio a una leggenda che &egrave; stata parte integrande della F1. Senza di lui, nulla sar&agrave; pi&ugrave; come prima

Tutti pi&ugrave; soli e tristi senza Frank Williams

Un ricordo indelebile, impresso per sempre nel circuito a cui ha dedicato tutta la sua vita. Il N&uuml;rburgring dedica una curva Sabine Schmitz che cos&igrave; rimarr&agrave; per sempre nel leggendario tracciato del Nordschleife.  La Regina dell&#39;Inferno Verde, scomparsa lo scorso marzo a soli 51 anni purtroppo a causa di un tumore diagnosticato nel 2017, era stata la prima donna a vincere la 24h del N&uuml;rburgring nel 1996 e poi nel &#39;97 e ha dedicato tutta la sua vita alla pista dell&#39;Eifel, crescendo a pochi metri di distanza da queste curve a N&uuml;rburg e collezionando qui pi&ugrave; di 33.000 giri.&nbsp;  Passione che la fece diventare anche l&#39;ambasciatrice in tutto il Mondo: &quot;Sabine Schmitz era l&#39;ambasciatrice del N&uuml;rburgring. Il suo nome &egrave; stato menzionato in tutto il mondo per identificare la nostra pista - ha detto l&#39;amministratore delegato del N&uuml;rburgring Mirco Markfort -. &Egrave; il sinonimo di ci&ograve; che definisce il N&uuml;rburgring: lo stretto legame con la regione, la vicinanza ai tifosi e l&#39;impegno spassionato&quot;.  Cerimonia d&#39;inaugurazione per l&#39;11 settembre  Un decisione, quella di dedicargli un angolino del suo amato N&uuml;rburgring, che &egrave; stata presa in considerazione anche grazie ad una petizione online creata su Change.org. In poche ore sono state pi&ugrave; di 10.000 persone a firmarla, arrivando dopo 24 ore addirittura a 50.000. La mozione popolare alla fine ha attirato l&#39;attenzione dei funzionari del complesso che hanno deciso di rendere realt&agrave; il desiderio di tanti tifosi.  E ora che Sabine non c&#39;&egrave; pi&ugrave; la prima curva sinistra, quella in uscita del Gran Premio di Formula 1 del Nordschleife, prender&agrave; il suo nome. L&#39;inaugurazione ufficiale della &quot;Sabine-Schmitz-Kurve&quot; sar&agrave; parte integrante della 6 ore del N&uuml;rburgring Endurance Series, prevista per l&#39;11 settembre 2021.  &nbsp;   Sabine-Schmitz-Kurve on the Nordschleife! ? Highest honour for &quot;the ambassador of the N&uuml;rburgring&quot;. ? First corner on the Nordschleife receives her name ? Schmitz grew up a few metres away - in N&uuml;rburg ? Official ceremony: 11 September, 6h race N&uuml;rburgring Endurance Series pic.twitter.com/J4FTBL2PPI &mdash; N&uuml;rburgring (@nuerburgring) June 18, 2021 

La Regina dell&#39;Inferno Verde, scomparsa lo scorso marzo a soli 51 anni, grazie anche ad una petizione online avr&agrave; presto intitolato un angolo di quella pista nella quale ha percorso pi&ugrave; di 33.000 giri &nbsp;

Sabine Schmitz, il N&uuml;rburgring le dedica la prima curva del Nordschleife

Mentre il mondo progressivamente spera di ripartire, per un attimo mi rifermo e rivolgo un pensiero caldo a un grande campione che ci ha lasciato venti anni fa: Fabio Danti. In un mondo di corse e piloti in certi casi sempre pi&ugrave; plastificati, non necessariamente troppo coraggiosi ma perlopi&ugrave; abili, preconfezionati, furbi e voraci come zanzare, una bella iniezione disintossicante di Fabio Danti &egrave; proprio quello che ci vuole.  Una forma d&#39;Arte    Fabio non &egrave; pi&ugrave; tra noi dal 3 giugno 2000, vittima di un incidente nella cronoscalata Caprino-Spiazzi mentre era al volante della sua Osella, nell&rsquo;ultima piega del tracciato, a circa cento metri dal traguardo.  Fabio &egrave; ancora tra noi, perch&eacute; chi l&rsquo;ha visto correre e tirare su per i tornanti di tutta Italia e mezza Europa sa benissimo che certe cose restano. No, non si scordano, sono carezze di brividi, pura gioia di vivere e passione applicata all&rsquo;asfalto.  Rimangono sensazioni che fanno deglutire solo a rivedere quel prototipo che aggredisce curve in mezzo al verde attaccando a bestia, ma nello stesso tempo pennellando con grazia. Come vedere il Canaletto che nobilita e pittura una tela manovrando il pennello in un film accelerato, dai fotogrammi quasi impazziti, concludendo in pochi secondi il suo spettacolo d&rsquo;arte spontanea ma calcolata, istintiva e allo stesso tempo sapiente, che poi dura per sempre. Arte strana, impazzita, incazzata, ma pur sempre Arte.  La carriera  Dopo un anno di avanscoperta con i prototipi, Fabio centra il titolo Italiano della Montagna nel 1994 a bordo della Lucchini a soli 27 anni e siamo solo all&rsquo;inizio. Perch&eacute; poi &egrave; due volte campione Europeo della Montagna, nel 1995, sempre su Lucchini, e nel 1996 su Osella.  E a differenza di ci&ograve; che capita a quelli delle salite, che per una vita fanno pi&ugrave; o meno le stesse cose, felicissimi financo di ripeterle, lo chiama una Casa ufficiale di quelle buone, ossia la Skoda, vale a dire il Gruppo Volkswagen.  E tra l&rsquo;Octavia canonica, la Felicia e la spettacolare Octavia in versione Station Wagon, diventa ufficiale di lusso nelle salite, ma anche di rado, passando come la cometa di Halley, perfino nel rally di Sanremo, confermandosi il supermanico che &egrave; sempre stato. Insomma, Fabio a un certo punto, quando c&rsquo;&egrave; da scegliere, da battezzare una politica, una direttrice di sviluppo per la carriera, potrebbe puntare a fare il bravo, il calcolatore, una specie di neo-braccino bello birbo e tenersi e lisciarsi il posto fisso che s&rsquo;&egrave; conquistato. Invece no.  Lui, peraltro non entusiasmando i suoi datori di lavoro, sente il richiamo della foresta e torna al volante del prototipo: l&rsquo;amore antico, puro, ancestrale. Periglioso, appassionato, e, in ultimo, traditore.  Ma Fabio &egrave; uno cos&igrave;. Sogna d&rsquo;essere se stesso. Sa che le cronoscalate a tutta sono la sua vita e pu&ograve; anche mettere in conto, hai visto mai, che possano presentare anche conti salati, maligni. In fondo rischiare di finire restando se stessi &egrave; anche un modo bello tignoso per continuare, eh.    Il ricordo  Fabio Danti, classe 1967, lo ricordo a Gubbio, un pomeriggio del 1993, dalle parti dell&rsquo;anfiteatro, al paddock del Trofeo Fagioli, in una lunga chiacchierata nella quale mi si mostra timido, educato e determinato. Gli parlo, lo guardo, lui risponde conversando piano con gli occhi la cui contentezza sembra il coperchio momentaneo di una gran determinazione e mentre l&rsquo;ascolto butto l&rsquo;occhio altrove, tanto quelli buoni son tutti vicini, ed ecco che vedo i signori delle salite, Mauro Nesti, classe 1935, Mimmo Scola, classe 1930. Gi&agrave;, Fabio era la novit&agrave;, in quell&rsquo;ambiente l&igrave;. Tuta immacolata, sorriso ritroso e un manico bello ignorante, ignorantissimo. Fabio era un ragazzo che dentro aveva gi&agrave; i valori di un uomo.  Ho scritto un libro su di lui - s&rsquo;intitola &ldquo;Fabio Danti - sopra di lui solo la pioggia&rdquo; - e una delle cose che mi ha pi&ugrave; colpito raccogliendo materiale, &egrave; il ricordo che mi regal&ograve; e gli dedic&ograve; Raimondo Amadio, il quale pure lui in quel tragico 2000 conobbe il morso del destino, perdendo il padre Luigi in un altro incidente a bordo di un prototipo. Cos&igrave; eccovi Raimondo, adesso: &quot;Con mio padre conoscemmo Fabio a Predappio nel 1993, nella sua prima vera stagione con le sport e fu feeling a prima vista. L&rsquo;anno dopo, a Cividale, Ezio Baribbi ci consigli&ograve; di appoggiarlo e fu cos&igrave; che Fabio Danti e Villorba Corse divennero un binomio praticamente inscindibile. In quei tempi per pura passione la Villorba inizi&ograve; a fare delle piccole forme di mecenatismo, mettendo a disposizione parte del budget, l&rsquo;iscrizione alle gare, cinque set di gomme pi&ugrave; un treno di termocoperte. Nel caso di Fabio, per&ograve;, per mio padre la faccenda si poneva in termini diversi, perch&eacute; lo sentiva come un figlio adottivo, cio&egrave; non c&rsquo;era solo la passione per le corse a unirli, ma anche affinit&agrave; sul lato squisitamente umano. Perch&eacute; il bello di Fabio - prosegue Raimondo Amadio - &egrave; che accanto al campione ha sempre lasciato spazio all&rsquo;Uomo. Non &egrave; mai stato un professionista asettico. Lo ricordo in un viaggio che facemmo insieme nel 1998 in Repubblica Ceca, quando lui and&ograve; a fare il sedile della Octavia con cui avrebbe disputato il secondo Sanremo con la Skoda. Si confidava, esprimeva i suoi dubbi, dava di s&eacute; un quadro stupendamente sincero, sottotraccia ma allo stesso tempo conscio delle sue capacit&agrave;. Questa, credo, fosse la bellezza del suo essere vero come uomo, oltre che come pilota. Perch&eacute; lui &egrave; rimasto sempre caldo e autentico: voglio dire che s&igrave;, Fabio vinceva, era al top ma in realt&agrave; continuava a considerarsi un innamorato e un appassionato di corse, uno che alternava senza problemi e sempre con il sorriso salita, pista, rally, slalom e neve e ghiaccio con lo stesso spirito entusiasta. E anche in questo, da un punto di vista perfino tecnico, emerge la sua grandezza: nel suo eclettismo. Nella capacit&agrave; di essere forte sempre e comunque, indipendentemente dalla macchina e dalla disciplina specifica. S&igrave;, l&rsquo;eclettismo &egrave; la caratteristica che lo pone una spanna sopra tutti gli altri campioni delle salite della sua epoca, che erano sopratutto dei grandi specialisti. Posso dire che pi&ugrave; avanti solo Denny Zardo ha dimostrato altrettanta versatilit&agrave; - conclude Raimondo Amadio -, per cui nella mia speciale e personalissima hit parade, da questo punto di vista, vedo Danti e Zardo diversi dagli altri e sopra gli altri&quot;.   Corse su strada, legame unico d&#39;oltre Manica  Ecco, e oltre a scrivere un libro su Fabio, ne ho studiato a lungo e infine sfornato un altro su Joey Dunlop, il campionissimo duro e puro delle corse motociclistiche stradali nordirlandesi e del TT e, in un&rsquo;esperienza incredibile e inattesa, ho trovato congiunzioni impensate, instersezioni e similituidini che fanno pensare, tra due modi d&rsquo;essere, vivere e correre non omogenei ma senz&rsquo;altro compatibili. Quasi a unire Ballymoney nell&rsquo;Ulster con i boschi dell&rsquo;Abetone o Cutigliano con l&rsquo;Isola di Man. Fabio e Joey non sono due grandi comunicatori. Pi&ugrave; che parlare, preferiscono dare del gas.  Col mezzo hanno un rapporto intimo, sacrale ma anche primordiale. Adorano mettere testa e mani sul loro bolide, sanno spremerlo, una volta col casco in testa, ma anche e soprattutto prepararlo, affinarlo, montarlo e smontarlo come una creatura tutta loro.  Fabio e Joey potrebbero sistemarsi, fare i paraculi, imboscarsi, scegliere corsette pi&ugrave; innocenti, facili e programmi remunerativi, invece, fondamentalmente, se ne fregano.  Hanno un&rsquo;adorazione lacerante e trascinante per le competizioni a ostacoli fissi, alberi, terrapieni, pali e strapiombi. Sono due tipi, ciascuno nel suo, precisi al millimetro.  Se ti metti dietro una barriera e al loro passaggio segni col gesso dove hanno messo la gomma, quando uno dei due ritransiter&agrave; di nuovo, vedrai, la rimetter&agrave; esattamente dove l&rsquo;aveva piazzata prima. E pi&ugrave; o meno sar&agrave; cos&igrave; ovunque, ma, magicamente, il crono realizzato sar&agrave; progressivamente migliore.  Destino tragico  Fabio e Joey seguiranno lo stesso destino, nel giro di pochi giorni, in gare in cui non si stavano giocando nulla di importante: il ragazzo di Cutigliano saluta il mondo, come dicevo, il 3 giugno, mentre Yer Maun se ne andr&agrave; il 3 luglio dello stesso anno, a Tallinn.  Due incidenti che ancora oggi fanno discutere, recriminare, arrovellare chi in una spiegazione in pi&ugrave;, un particolare o un sentore, trova la scusa inconscia per rievocare e sentire ancora vicini gli amati campioni che se ne sono andati. Fabio e Joey erano due ragazzi di provincia.  Adoravano vincere ma poi sapevano che c&rsquo;era un prezzo da pagare ed era quello d&rsquo;andare alle premiazioni pi&ugrave; importanti vestiti a festa, con improbabili mise ufficiali.  Ricordo Joey con giacchette troppo lunghe o troppo corte, tutto rosso di imbarazzo, ricevere trofei leggendari dal Ministro di turno dell&rsquo;Isola di Man.  Caschi d&#39;oro e di timidezza  E rammento Fabio, la prima sera che venne al palazzo dei Congressi, a Bologna, alla festa di Autosprint, per ritirare il primo dei due Caschi d&rsquo;Oro che avrebbe meritatamente vinto. Aveva una giacca Spencer e una camicia ben stirata, unite a un sorriso sgualcito di timidezza, come quando a vestirti cos&igrave; preciso &egrave; una che ti vuole molto bene ma poi tu un pochino ti senti a disagio, perch&eacute; sei un ragazzo di provincia e vorresti startene in jeans.  Lo accolsi virando il prima possibile sul dialetto umbro, che tanto somiglia al toscano, giusto per fargli capire che doveva star tranquillo, che ad accoglierlo, ad applaudirlo e a premiarlo quella sera, proprio come alla fine di mille tornanti, avrebbe trovato gente semplice e appassionata tanto quanto lui. Fabio si rilass&ograve; e il suo abito divenne comodo e il sorriso pi&ugrave; fresco, felice e lucente, quasi appena stirato.    Un ragazzo semplice  Fabio l&rsquo;ho poi incontrato di nuovo tanti anni dopo nei posti pi&ugrave; belli del mondo, che sono sempre i ricordi trasognati, umidi del rimpianto di chi ama e non ha nessuna voglia di smettere di farlo. Fabio, se volete, lo trovate nei racconti della ragazza Claudia, del padre Giampiero, gi&agrave; presidente della Societ&agrave; Abetone Funivie, e della madre Giancarla, al tempo titolare di un laboratorio per la lavorazione dei frutti del sottobosco.  Vedete, sono nomi, ruoli, professioni e sensibilit&agrave; che gi&agrave; dicono tanto, se non tutto. Fabio era questo. Un ragazzo semplice e vero, un piede pesante come un macigno. Un pezzo di quella Montagna cui sentiva di appartenere. Anche se era giovane, bravo a far tutto e l&igrave; per l&igrave; sembrava avere poco in comune con le vecchie volpi delle salite, che poi riusc&igrave; a mandare, una a una, in pellicceria.  Una volta &ldquo;Provella&rdquo;, al secolo Roberto Rosati, il leggendario meccanico di Fabio, mi raccont&ograve; come cap&igrave; che il suo ragazzo li avrebbe presto battuti tutti, i sacri santoni, della categoria, i baroni delle curve in salita. &quot;Le prime volte, veniva Nesti, ci faceva gran complimenti e sfoderava bei sorrisi, ma sorrisi grandi eh, mica piccini. Per&ograve; mentre si felicitava non aveva gli occhi stretti, a grinze felici. Gli occhi eran belli fissi, come quelli di uno che pare contento, ma si sforza anche di esserlo, perch&eacute; contento proprio non &egrave;. L&igrave; capii - continuava &ldquo;Provella&rdquo; -, che il caro Fabio stava facendo cose sempre pi&ugrave; belle. Perch&eacute; fino a l&igrave;, uno come Nesti non l&rsquo;aveva spettinato mai nessuno. Ma ancora non potevo mica essere sicuro, stavo aspettando un&rsquo;altra prova, una conferma e non mi sarei fidato neanche di una vittoria importante o di un record all&rsquo;improvviso. No, non sapevo neanche io cosa andavo cercando, per&ograve; mi figuravo che il giorno in cui Fabio avesse svoltato davvero, Nesti avrebbe fatto qualcos&rsquo;altro, ma a modo suo, senza farsi capire troppo. Fabio continu&ograve; a vincere - saliva nell&rsquo;affabulazione da consumato story teller &ldquo;Provella&rdquo;, col barbone nero vibrante a ogni twist narrativo come quello del bardo Alan Moore, autore di Watchmen - e una bella sera il fatto tanto atteso infine avvenne. Ecco, quella volta mi resi conto che Fabio Danti, il mio, il nostro Fabio, era diventato un grandissimo pilota, uno di quelli che non si fanno dimenticare. Insomma, noi si era andati forte, quel pomeriggio di prova, eppure per una volta Mauro Nesti ci venne a salutare educato, splendido, signore come sempre, ma con mia grande sorpresa cominci&ograve; a fare quello che lui da mezzo secolo proprio non amava fare. Abbass&ograve; subito il tono e in modo confidenziale, quasi pieno d&rsquo;affetto, si mise a darci dei gran consigli sottovoce. Mica si pensava d&rsquo;averne bisogno, noialtri, dei consigli suoi, eppure erano tanto precisi, generosi, pieni di dettagli, di indicazioni di strade d&rsquo;assetto e regolazioni... Consigli che erano come incantesimi e trucchi che ti stava raccontando un mago grande e di solito geloso di quel che sapeva. Ma io sono meccanico, mica dormo. E allora, fu cos&igrave; che capii che ce l&rsquo;avevamo fatta, con Fabio che avevamo costruito davvero qualcosa di grande, tra i tornanti del nostro mondo, perch&eacute; io lo sapevo che tutti quelli che ci stava dando tanto buono il Mauro Nesti, l&rsquo;erano tutti, ma proprio tutti, dei gran consigli sbagliati&quot;.  &ldquo;Provella&rdquo; aveva spalancato la porta della Verit&agrave;. La definizione giusta per racchiudere vita, carriera e umana avventura di Fabio, quella era e resta.  Il fantastico Danti, il pilota che costrinse l&rsquo;immenso Mauro Nesti a dargli dei consigli sbagliati. Ciao, Fabio. Venti anni. E sei ancora qui, Campione.&nbsp; 

L&rsquo;inizio del mese di giugno del 2000 aveva visto la morte in un incidente alla Caprino-Sp&egrave;iazzi di Fabio Danti, uno dei pi&ugrave; grandi specialisti nella civilt&agrave; da corsa delle cronoscalate. Quel che segue &egrave; il modo pi&ugrave; affettuoso, commosso e intenso per sentirlo ancora vicino

Ricordiamo Fabio Danti venti anni dopo

Il mondo delle corse piange la scomparsa di Germano Nataloni, nativo di Viterbo, 88enne pilota veterano delle cronoscalate italiane ed europee e nella gare nazionali di velocit&agrave;.  Grande affezionato al marchio Lancia, in oltre mezzo secolo di attivit&agrave; in pista e in salita ha portato in gara un numero impressionante di modelli della Casa torinese - dall&rsquo;Aurelia B21 alla Delta Proto - tra i quali spicca la stupenda Lancia Beta Montecarlo Gruppo 5.&nbsp;  Nataloni &egrave; anche stato uno degli ultimi piloti in attivit&agrave; ad aver preso parte, ancora giovanissimo, alla 1000 Miglia, quella vera.  Alla famiglia Nataloni le condoglianze della redazione di Autosprint, consci d&rsquo;interpretare il sentimento generale dei tantissimi che hanno conosciuto e apprezzato il grande Germano. 

Cordoglio per l&rsquo;apprezzato gentleman driver viterbese, protagonista di una carriera durata oltre mezzo secolo, quasi sempre col marchio Lancia

La scomparsa di Germano Nataloni

Era il 17 luglio del 2015 quando Jules Bianchi a soli 25 anni perdeva la sua corsa pi&ugrave; importante: quella con la vita. Un talento in Formula 1, un piccolo campione di kart e una promessa della Ferrari Driver Academy, con un futuro da grande pilota delle monoposto nella scuderia del Cavallino. &nbsp;  &Egrave; l&#39;epilogo pi&ugrave; triste di una tragedia che ritorna a ricordare tutta la sua gravit&agrave;, con le parole di un padre, Philippe Bianchi, che 4 anni fa come oggi maledice un Gran Premio disputato in condizioni meteorologiche al limite.  Adieu Bianchi: il ricordo    Ma l&#39;incidente sulla pista di Suzuka, durante il GP del Giappone del 5 ottobre 2014, spezza&nbsp;i sogni di un ragazzo - nipote del pilota&nbsp;Lucien Bianchi&nbsp;morto nel 1969 durante le prove a&nbsp;circuito di Le Mans -&nbsp;sempre col sorriso sul volto. La pioggia incessante sul circuito, la visibilit&agrave; limitata e una gru maledetta, che stava rimuovendo la monoposto di Adrian Sutil&nbsp;finito fuori pista, e&nbsp;che molto probabilmente non doveva riamanere&nbsp;l&igrave;.  Bianchi: una carriera brillante, stroncata  Bianchi al 43&deg; giro perde il controllo della sua MR03 e ci finisce contro, la prende&nbsp;in pieno e cade in un lungo coma di 9 mesi, dal quale non si risveglier&agrave; pi&ugrave;. Dopo il tragico incidente la FIA decide di ritirare il&nbsp;numero&nbsp;17, dalla lista dei numeri del mondiale F1, e Nizza, la sua citt&agrave; natale, gli intitola una strada, che oggi &egrave; meta di pellegrinaggio per i tanti appassionati del motorsport. E nonostante il tempo passato, il suo ricordo continua a vivere nel cuore degli appasionati e di tutti quelli che&nbsp;si sono emozionati almeno una volta vedendo Jules sorridere al&nbsp;volante.  Bianchi, quell&rsquo;abbraccio che rester&agrave;  &nbsp;   Never forgotten. Always in our hearts.#JB17 #ForzaJules pic.twitter.com/PVp3ZcvXtt &mdash; Formula 1 (@F1) 17 luglio 2019   &nbsp; 

Un sorriso e un ricordo che rimangono nonostante il tempo che passa. Era il 17 luglio del 2015 quando dopo 9 mesi di coma dall&#39;incidente del GP del Giappone, moriva Jules Bianchi: giovane pilota dal futuro in Ferrari

Jules Bianchi, quattro anni e un ricordo sempre vivo

Quella del 14 agosto &egrave; una ricorrenza importante per la Ferrari: in questa data, 26 anni fa, scomparve infatti Enzo Ferrari, fondatore di una delle aziende che continuano a dare lustro al nostro Paese. Cos&igrave; l&rsquo;attuale presidente, Luca Cordero di Montezemolo, ha voluto ricordarlo con queste parole rilanciate anche tramite il sito ufficiale. Ricordando in particolare i risultati economici, in crescita come non mai, per quanto riguarda la produzione delle supercar stradali.  &laquo;Sono stato al suo fianco vari anni &ndash; ha detto Montezemolo &ndash; E quando sono tornato nel 1991 alla guida dell&rsquo;azienda ho applicato molti suoi principi come innovare, non accontentarsi mai e decidere rapidamente. Sono sicuro che Enzo Ferrari sarebbe felice di vedere come siamo cresciuti, della presenza Ferrari in 62 Paesi, dei forti investimenti che facciamo sul prodotto e sull&rsquo;innovazione tecnologica, mettendo sempre al centro le persone perch&eacute; &egrave; grazie alle loro capacit&agrave; che chiuderemo anche il 2014 con risultati economici record. Lo sostengo da sempre: dietro prodotti eccezionali ci sono uomini e donne eccezionali e a proposito di modelli anche quest&rsquo;anno, dopo l&rsquo;incredibile successo de LaFerrari, abbiamo delle sorprese straordinarie per i nostri clienti&raquo;.  E per quanto riguarda invece la Scuderia di Formula Uno? &laquo;Stiamo facendo un lavoro di cambiamento profondo, sia dal punto di vista organizzativo che da quello culturale. Abbiamo preso importanti decisioni e abbiamo compiuto concreti passi avanti anche se per ora i frutti di questo grande lavoro non sono sempre stati visibili. L&rsquo;obiettivo &egrave; quello di tornare competitivi quanto prima e allo stesso tempo di creare le condizioni per aprire un nuovo ciclo vincente. Anche per quanto riguarda il nostro sport, in generale, siamo contenti di vedere che tutti i principali protagonisti condividano la necessit&agrave; che abbiamo manifestato per primi di rilanciare la Formula Uno. Abbiamo proposte precise per lo spettacolo a iniziare da regolamenti pi&ugrave; semplici, mettendo al centro gli spettatori ad iniziare dai pi&ugrave; giovani&raquo;.  &laquo;Per quanto riguarda i nostri piloti &ndash; prosegue Montezemolo &ndash; abbiamo la fortuna di avere due campioni che stanno lavorando con tutta la squadra per ritornare competitivi. Poi, come ogni estate, girano voci di presunti problemi o trattative con cifre non solo irreali ma anche fuori da ogni logica, come quelle circolate sul contratto di Alonso o sull&rsquo;ingaggio dei piloti. Ormai lo sappiamo, il caldo estivo gioca sempre qualche brutto scherzo. I nostri piloti devono riposarsi e tornare carichi, la stagione &egrave; ancora lunga e abbiamo bisogno di Fernando e Kimi al massimo della forma. A proposito, auguri a Kimi che diventer&agrave; presto pap&agrave;&raquo;.  &laquo;Poi &ndash; conclude Montezemolo &ndash; Voglio dire grazie ai nostri tifosi per il continuo sostegno e augurare buona estate a tutti&raquo;.

&ldquo;Sarebbe orgoglioso di noi&rdquo;, dice a 26 anni dalla scomparsa, riferendosi ai risultati di vendita delle Ferrari stradali

Montezemolo ricorda Ferrari

Imola il 1 maggio &egrave; stata invasa da fan di Senna, appassionati di F1 e semplici cittadini che si sono uniti ai piloti e ai tifosi nel ricordo del grande campione scomparso 20 anni fa. Riviviamo alcune scene colte a Imola nel corso del Senna tribute, l'evento organizzato in circuito da F1Passion.  Il momento pi&ugrave; toccante &egrave; stato la grande procesione di tifosi alla curva del Tamburello, con in testa i piloti della Ferrari, Alonso, Raikkonen, De la Rosa e Bianchi rigorosamente in abito scuro e cravatta rossa. Con loro c'era Berger, che apriva la serie dei piloti dell'epoca di Ayrton, e assieme all'austriaco c'erano Pierluigi Martini, Ivan Capelli, Emanuele Pirro, Riccardo Patrese, Andrea De Cesaris, Jarno Trulli, Luca Badoer.  La lunga processione - si parla di circa 20mila persone - si &egrave; poi fermata davanti alla curva del Tamburello dove, alle 14.17 &egrave; stato osservato un minuto di silenzio in ricordo di Senna.  Leggi il ricco programma di Imola. Clicca qui  

Tributo a Senna: tutte le immagini

Oggi, 21 marzo, non &egrave; soltanto il primo giorno di primavera. Per i nostalgici della F1 d'altri tempi e per gli appassionati di motorsport in generale &egrave; anche la ricorrenza del compleanno di Ayrton Senna che nacque il 21 marzo 1960 a San Paolo, in Brasile,. Oggi Senna se non fosse scomparso a 34 anni a Imola, il 1&deg; maggio nell'assurdo incidente che ci ha portato via uno dei pi&ugrave; grandi campioni di F1 della storia della F1, avrebbe 54 anni. Forse cinque o sei titoli mondiali all'attivo, magari qualcuno con la Ferrari perch&eacute; la storia della F1 avrebbe preso una piega diversa dopo il 1994 se Ayrton non fosse morto.  Un omaggio a Senna, nell'anniversario del suo compleanno, &egrave; venuto addirittura anche da Google che ha realizzato una grafica speciale che campeggia su tutti i siti del mondo del motore di ricerca.    Autosprint nel suo piccolo vuole omaggiare la ricorrenza di Senna. Proponendovi in questo link uno dei pi&ugrave; belli articoli dedicati all'asso brasiliano apparsi sulle pagine del nostro settimanale. In attesa del 1 maggio, data dei venti anni dalla sua morte, quando si svolgeranno tanti eventi per ricordarlo, specialmente quello organizzato a Imola da Ezio Zermiani e tanti appassionati a lui vicini. Anche Autosprint ha in ballo una serie di iniziative editoriali per ricordare Senna e presto ve le sveleremo.  &nbsp;

Il 21 marzo avrebbe compiuto 54 anni. Vi riproponiamo un articolo di Autosprint per ricordarlo

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