Spa-Monza-Mugello: questo dice il men&ugrave; dei prossimi tre weekend del Mondiale di F.1 dove si attende almeno un po&rsquo; di nuova musica nella cucina Ferrari. Dalla fine di agosto a met&agrave; settembre la Scuderia &egrave; chiamata a dare una sterzata all&rsquo;interno di una stagione stramba che ha mostrato subito un volto cattivo al Cavallino. Guai a fare voli pindarici con la fantasia ma basterebbe qualche lampo dentro al buio del tunnel. Non serve aggiungere altro all&rsquo;interno della solita stagione Mercedes-centrica, anestetizzata da un dominio contro il quale, almeno per ora, non sembra esserci via d&rsquo;uscita.  Con la Formula Uno a movimentare l&rsquo;inizio della scorsa settimana passata con la firma del Patto della Concordia e il rinvio a dopo il Gp del Belgio dello stop del quali mode a prendersi tutta la scena nel weekend &egrave; stata la 500 Miglia di Indianapolis. Una corsa che vale una stagione, capace ogni volta di regalare emozioni e belle storie. Come quella che ha scritto il giapponese Takuma Sato, al secondo centro nella gara-icona del panorama a stelle e a strisce. Un successo inseguito con tenacia e difeso nel finale con i denti dagli attacchi di Scott Dixon, il mattatore delle prime sfide stagionali dell&rsquo;Indycar a caccia del sesto titolo in carriera. Ma il neozelandese nulla ha potuto al cospetto del giapponese che nel catino dell&rsquo;Indiana aveva gi&agrave; fatto saltare il banco nel 2017.  Sterzi a Parte: Sato &amp; Alonso, ovvero Honda crea e distrugge  Sorrideva timido Sato alla fine di una corsa che continua a essere un tab&ugrave; per Fernando Alonso intrappolato nei bassifondi della classifica con una monoposto che non &egrave; sembrata al top. L&rsquo;obiettivo tripla corona per lo spagnolo che nella prossima stagione torner&agrave; in Formula Uno con la Renault si allontana, mentre crescono le sue amarezze per quello che poteva essere e non &egrave; stato.  Nel frattempo proprio in tema di America non perdere &egrave; il numero di Autosprint Gold Collection che esce in questi giorni in edicola. Si tratta di un viaggio nel cuore delle corse Usa, un mondo a s&egrave; stante ma capace di regalare racconti straordinari. A iniziare dalle meravigliose pagine scritte da Alessandro Zanardi nel continente americano. Ora che le condizioni di Alex migliorano e la speranza si riaccende, non c&rsquo;era modo migliore per andare a rileggere certe imprese da lui firmate e che nelle 132 pagine e i 22 capitoli sulle quali si articola il racconto prendono la parte principale. A iniziare dalla copertina. 

In questo weekend di pausa dalla Formula 1, prima della tripletta Spa-Monza-Mugello, la protagonista &egrave; stata l&#39;Indy500 che come sempre regala emozioni e storie bellissime. E la seconda vittoria del giapponese Sato &egrave; proprio una di queste

L&#39;editoriale del Direttore: Indianapolis una bella storia

Dai, con questa prodezza Takuma Sato diventa pi&ugrave; importante della Mazda a motore rotativo che vinse la 24 Ore di Le Mans nel 1991. Perch&eacute; il 43enne Honda boy sull&rsquo;Indiana vince per la seconda volta a 43 anni, dimostrando che la prima, nel 2017, non era mica stata un caso o un incrocio magico di circostanze. E ci riesce con lo stesso spirito very banzai dei 2012, quando usc&igrave; alla curva 1 con un tentativo di sorpasso della serie o la vao la spacca a Dario Franchitti. Spacc&ograve;.  Stavolta, invece, quando comincia a infastidire l&rsquo;apparentemente inavvicinabile Scott Dixon, tutto gli va bene, tanto che il veterano nipponico poi reagisce alla grande al tentativo del veterano del team Ganassi di tornare in testa, con difese al limite, cambi di traiettoria corretti ma estremi e con uno spirito che mostra in mondovisione due equatoriali, stratosferici e titanici attributi. Per battere uno Scott Dixon il quale sembrava tale e quale al Pablo Montoya che proprio con Ganassi sbanc&ograve; la Indy 500 da stradominatore totalizzante nel 2000, ci voleva lo spirito libero e forte di uno deciso ad andare oltre, ben oltre il probabile.  E il Takuma Sato che cambia sorte e destino a una gara all&rsquo;apparenza gi&agrave; ampiamente prenotata dall&rsquo;attuale dominatore del campionato ha un qualcosa d&rsquo;eroico, di coraggioso, molto manga e tanto anime, trasversale tra una storia a fumetti e un cartone venuto bene ma non alieno allo spettacolo pulp &amp; kung-fu western da character tarantiniano, nel mostrare lo spettacolo d&rsquo;arte varia di un uomo antico guerriero, leale, indomito, velocissimo e capace di mettere in conto prezzi che in quel momento, nella fase cruciale della corsa, forse sarebbe stato pronto a pagare solo ed esclusivamente lui.  Fantastico, perch&eacute; questa storia profuma tanto di una F.1 che non c&rsquo;&egrave; pi&ugrave;, se si pensa che nel 2001 Takuma era tester della Bar-Honda di Panis e Villeneuve e nel 2002 debuttante nel mondiale alla Jordan al fianco di Giancarlo Fisichella. Tanto che nei giorni scorsi era tornata a fare il giro del mondo la sua foto dell&rsquo;incidente spaventoso con Heidfeld nel Gp d&rsquo;Austria di quell&rsquo;anno, alla curva 3, perch&eacute; tanto simile alle immagini della tragedia sfiorata proprio l&igrave; nella recente gara 1 di MotoGp.  E doppiamente fantastico, considerando che il giapponese stavolta non sbaglia nulla, a differenza d&rsquo;altre occasioni che l&rsquo;avevano visto al centro di polemiche e rimbrotti in IndyCar, per una condotta combattiva, a tratti decisamente sopra le righe e financo sterilmente aggressiva. E comunque che bello tornare a vedere un pilota che vince una tra le gare secche pi&ugrave; importanti del mondo sfatando il pronostico, noi che ormai, da almeno sette stagioni in F.1, gi&agrave; sappiamo dove si va a parare dalla primamezza giornata di test postinvernali. Noi avvezzi a piloti efebici, dai labbrini delicati e il nasino garbato, col ciuccio a reggere i capelli e sempre meno omogenei alla condotta dicorsa di uno che guida dando l&rsquo;idea di non avere niente da perdere, se non questa Indy 500.  Perch&eacute; &egrave; semplicemente meraviglioso per una volta tornare ad applaudire chi corre e vince soprattutto grazie ai propri c******i all&rsquo;acciaio-nichelcromo molibdeno, ovvero adatti a sopportare carichi elevati, urti esoprattutto a resistere a fatica (carico di rottura Rm = 1200 N/mm2). Anche se, a ben guardare, la vita, la carriera e tutto ci&ograve; che riguarda Takuma Sato ,sono in gran parte legati e proporzionali, quanto a incidenza di successo o sfiga, all&rsquo;impegno della Honda nei suoi confronti.  Perch&eacute; &egrave; la Casa giapponese a premiarlo con bellissime chance in F.1, ma anche a segnare la fine della sua avventura, quando nel 2008 chiude la SuperAguri che aveva creato proprio per non lasciarlo a piedi. Ed &egrave; la Honda ad accompagnare e a far rinascere la sua vicenda agonistica negli Usa, motorizzandolo incessantemente dal 2020 a oggi nelle sue peregrinazioni all&rsquo;interno dei team KV, Rahal, Foyt, Andretti e di nuovo Rahal-Letterman-Lanigan, perch&eacute; ormai, in questo automobilismo, senza una corporation davvero amica non saresti proprio nessuno.  In fondo non a caso la faccia oscura del pianeta e della supremazia Honda, anche stavolta, a Indy, &egrave; Alonso e il suo catastrofico peregrinare pertutte le tribolate giornate di questa - per lui di nuovo disgraziata -, 500 Miglia. Con la squadra non ideale e un non adatto alla bisogna motore Chevrolet. Ancora una volta lo spagnolo (ri)scopre quanto sa di sale e costa caro il suo non saper star zitto a proposito del motore Honda F.1 da lui definito &ldquo;Gp2 engine&rdquo; proprio nel Gp del Giappone a Suzuka 2015, con un&rsquo;umiliazione su scala planetaria per la Casa che da allora non perde occasione di sfornare - come e quando pu&ograve; - meravigliosi piatti freddi che sanno d&rsquo;una vendetta piuttosto terrificante, ma non del tutto immotivata.  La verit&agrave; &egrave; che Fernando ha avuto un motore Honda solo nel 2017 col team Andretti e l&igrave; ha sfiorato la vittoria, poi amen. Uscito dal giro della Casa nipponica s&rsquo;&egrave; dovuto accontentare per due anni, questo compreso, di polmoni che gli hanno impedito nel 2019 l&rsquo;accesso in griglia di partenza e quest&rsquo;anno addirittura quello alla top twenty di fine gara. Grande insegnamento filosofico, pi&ugrave; ancora che verdetto sportivo. Il quale recita che nella vita prima di rompere i ponti bisogna pensarci mille volte, perch&eacute; per fare un danno basta una parola e per ripararlo non&egrave; sufficiente una vita. E le conseguenze fanno male, tanto da graffiare un palmar&eacute;s che, a proposito di triple crown, ovvero di tripla corona, meritava e merita tentativi meno fuori misura dei suoi pi&ugrave; recenti sull&rsquo;ovalone dell&rsquo;Indiana. Anche questa &egrave; una grande lezione di cui tener conto, comunque, non solo per Fernando ma per chiunque lo tifa e si interessa con affetto speciale e simpatia genuina alla sua storia, Autosprint compreso e il sovrascritto pure.  Infine, che spettacolo leggere sulle tribune pi&ugrave; capienti del mondo, peraltro vuote, la scritta &ldquo;Indianapolis capitale mondiale delle corse&rdquo;. Magari &egrave; esagerata, per&ograve; &egrave; verosimile. Perche la Indy 500 resta un mondiale in prova unica, l&rsquo;equivalente per le corse in monoposto della prova iridata del ciclismo su strada. Ed &egrave; bello, bellissimo pensare al suo essere restata dura, spietata, estrema, col muro tutt&rsquo;attorno e senza halo, bench&eacute; la sicurezza tosta delle Dallara con l&rsquo;aeroscreen e il tasso d&rsquo;assorbibilit&agrave; delle barriere siano altri miracoli laici di cui andare fieri assai.  Eppure, che orgoglio sentire, palpare e annusare nell&rsquo;aria la pericolosit&agrave;, il senso dell&rsquo;estremo, di malignamente e fascinosamente magico che permane nella 500 Miglia e in tutte le storie che racconta e nelle massime che sforna, oltre che negli eroi che crea e nei personaggi che di volta in volta quasi punisce e ammonisce. Gli incidentoni, la pace car, i soccorsi accurati e i ralenty impietosi, a ricordare, alla facciaccia di tutti i perbenisti, che questo &egrave; uno sportvery dangerous e la cosa piace e ci piace assai, poich&eacute; il rischio resta pur sempre del tutto ragionevole.  Oh yes, Indianapolis &egrave; una delle corse pi&ugrave; pulite, cattive e vere che continuano a vivere nell&rsquo;automobilismo da corsa d&rsquo;oggi e la seconda e non probabile vittoria del vecchio Takuma Sato, l&rsquo;ennesima disillusione della famiglia Andretti e l&rsquo;ulteriore e non immotivato schiaffo preso da Fernando Alonso rappresentano il distillato prezioso e saggio di un superspeedway che premia solo uomini di carattere e ridimensiona, a ragione o torto, il carattere di certi uomini. 

Storie belle e intense di orgoglio, rabbia e vendetta dalla Indy 500 la corsa pi&ugrave; antica, bella e importante del Pianeta. Che premia un 43enne tenace e senza paura e ancora una volta punisce l&rsquo;attitudine di Nando a rompere tutti i ponti nel suo cammino. Peccato davvero...

Sato &amp; Alonso, ovvero Honda crea e distrugge

Takuma Sato, il primo giapponese della storia a vincere la 500 Miglia di Indianapolis, &egrave; riuscito a ripetere l&rsquo;impresa. Il pilota del team Rahal-Letterman-Lanigan, che gi&agrave; aveva prevalso nel 2017, ha scritto il proprio nome per la seconda volta nell&rsquo;albo d&rsquo;oro in un anno difficilissimo per tutti, ma soprattutto per lui. Sin dal terzo posto della qualifica, si era capito che poteva fare la differenza, e in gara si &egrave; tenuto nelle posizioni che contavano. Sempre nei primi cinque, mai sopra le righe ma lasciando intuire il proprio potenziale.  Arrivato alla battaglia finale col favoritissimo della giornata, Scott Dixon, Sato ha semplicemente rotto gli indugi al giro 172, passando il rivale senza paura di affrontarne il ritorno nelle fasi finali. Anzi, chiudendo anche la porta al limite estremo del regolamento, intuendo all&rsquo;ultimo istante il momento di lanciarsi senza incorrere nella penalit&agrave; per &ldquo;chiusura di reazione&rdquo;.  Indy 500, Alonso vede il traguardo non il risultato  Il fuoco di Sato  Un brutto botto di Spencer Pigot (illeso) con 4 giri alla conclusione ha neutralizzato la parte rimanente della corsa, ma anche senza la safety-car, Sato si trovava in una posizione invidiabile, con due doppiaggi da fare che non avrebbero lasciato speranze ai rivali. Forse, un po&rsquo; corto col carburante. Come detto, sin dai primi giri si era visto che lui, insieme ad Alexander Rossi e Dixon, sarebbe stato tra coloro che si sarebbero giocati il successo. La prova generale nei confronti del pentacampione di casa Ganassi era stata al giro 158, prima di perdere posizioni all&rsquo;ultima sosta ai box. Ma alla fine, riportandosi in scia, Takuma ha eseguito il piano come meglio non poteva. Due volte vincitore di Indy, a 43 anni. Un&rsquo;et&agrave; che per molti prelude quasi alla fine della carriera, per uno che ha iniziato cos&igrave; tardi &egrave; ancora quella del pieno splendore. Avrebbe dovuto portare la torcia nelle olimpiadi di Tokyo. Lo far&agrave; l&rsquo;anno prossimo, con il doppio della motivazione.  Sbalordito Dixon  Dopo il traguardo, Dixon era scioccato come raramente lo si &egrave; visto. Il supercampione, punto di riferimento dell&rsquo;IndyCar, darebbe forse quattro dei suoi titoli per un altro anello a Indy, ma non &egrave; finita a suo favore. Un minimo di aggressivit&agrave; in pi&ugrave; al momento giusto magari gli avrebbe consentito di tornare davanti, ma l&rsquo;esitazione &egrave; stata fatale e, come nella vita, a Indy i se e i ma contano poco. Dixon ha condotto 111 passaggi, ma per lui &egrave; arrivata solo la piazza d&rsquo;onore, la terza in carriera, che brucia moltissimo nonostante dei punti che in campionato aprono un precipizio nei confronti di tutti i competitor.  In Ganassi si &egrave; voluta fare troppa strategia? La realt&agrave; &egrave; che, pur senza parlare o fare troppi proclami, anche il team diretto da Bobby Rahal ha lavorato alla grande, come testimoniato dal terzo posto di Graham Rahal. Dopo una qualifica non facile, il figlio del patron ha recuperato, passo dopo passo, in una giornata che per via delle temperature alte e della loro interazione con l&rsquo;aerodinamica si &egrave; rivelata davvero complicata per chi doveva attaccare e sorpassare, specie nei long-run. Il terzo posto &egrave; stato un risultato importante per Rahal, che porta punti utilissimi ma che lo mette ulteriormente in ombra nei confronti del compagno di colori. Nonostante l&rsquo;assenza di pubblico, l&rsquo;Indy 500 2020 ha mantenuto le promesse. Peccato per il finale neutralizzato: alcuni, partendo da Dixon stesso, si aspettavano una bandiera rossa che portasse ad uno shootout finale al cardiopalma, ma con quattro giri alla fine, sarebbe stato difficile da giustificare: c&rsquo;era troppo poco tempo e sarebbe stato tutto troppo artificiale.  Rossi sfortunato  Per un vincitore passato che ha trionfato di nuovo, ce n&rsquo;&egrave; un altro che va a casa arrabbiato e deluso. Si tratta di Rossi, che dopo aver agguantato i primi, ha visto le aspettative sue e dell&rsquo;Andretti Autosport crollare in pit-lane. In occasione della penultima serie di soste, &egrave; stato fatto uscire dai box mentre sopraggiungeva Sato, colpendolo e vedendosi affibbiare una penalit&agrave; per &ldquo;unsafe release&rdquo;.  Nessuno ha avvisato Rossi che stavano sopraggiungendo altre vetture, e l&rsquo;americano si &egrave; lanciato direttamente nella corsia esterna: inevitabile il contatto e la sanzione che l&rsquo;ha visto sprofondare a fondo gruppo. Il tentativo di mettere a segno un miracoloso recupero si &egrave; infranto contro le barriere al giro 144. Il californiano non ha nascosto la delusione, accusando anche Sato di mettere in atto manovre difensive scorrette. Comprensibile la frustrazione, visto il risultato che compromette anche tutta la stagione.  Ferrucci, che poker! Andretti solo 13&deg;  Da rimarcare invece la prova di grande livello di Santino Ferrucci, che ha lavorato benissimo col team Coyne per migliorare la vettura, e alla fine &egrave; riuscito a portarsi a casa il quarto posto, completando il poker di alfieri Honda. Primo dei portacolori Chevrolet &egrave; stato invece Josef Newgarden: anche grazie agli incidenti e alle caution, ha trovato il giusto percorso piazzandosi quinto.  Sesto Patricio O&#39;Ward, leader della pattuglia McLaren-Schmidt, seguito da un treno di vetture Andretti composto da James Hinchcliffe, Colton Herta, Jack Harvey (nella scuderia satellite Shank) e Ryan Hunter-Reay. Ha perso subito smalto, non trovando pi&ugrave; il feeling delle prove con la sua Dallara, il poleman Marco Andretti, tredicesimo. Nella stessa situazione gli ultimi due vincitori, Will Power e Simon Pagenaud: quest&#39;ultimo si &egrave; anche toccato con Hunter-Reay, chiudendo ventiduesimo. Ai margini della top-10 Helio Castroneves, probabilmente all&#39;ultima gara col team Penske, e Felix Rosenqvist, che nel finale ha tentato una disperata strategia con una sosta ritardata in bandiera verde.&nbsp;  Alonso ultima Indy da dimenticare  Una gara complicata da gestire per via del grip e delle condizioni meteo ha visto i rookie pagare pesantemente dazio non solo con la guida, ma anche con situazioni in cui &egrave; mancato il sangue freddo. Si &egrave; iniziato con Rinus VeeKay, protagonista di un primo stint eccellente, con sorpassi da pelo sullo stomaco e un passo confrontabile con quello dei primi. Il pilota olandese ha per&ograve; commesso un enorme errore in corsia dei box, dove bloccando le ruote ha toccato i propri meccanici, stallando inoltre all&#39;uscita. Inevitabile lo stop&amp;go che l&#39;ha spedito sotto di un giro. Si &egrave; piazzato ventesimo.  &Egrave; stata poi la volta di Dalton Kellett, che &egrave; finito al muro, come confermato da lui stesso, per la troppa impazienza al giro 82. Lo spavento pi&ugrave; grosso &egrave; stato per Oliver Askew, che al re-start successivo &egrave; finito contro le barriere in modo molto violento. Il debuttante della McLaren, campione in carica Indy Lights, &egrave; stato colto di sorpresa dal rallentamento del gruppo per un testacoda di Conor Daly, ed &egrave; andato forte sui freni perdendo il posteriore prima di centrare il soft-wall interno.  Al giro 121 ha salutato la compagnia Alex Palou, anch&#39;egli molto positivo fino a quel momento. Finito troppo alto come linea, lo spagnolo ha tentato frenando di rallentare ma ci&ograve; l&#39;ha mandato dritto nelle protezioni. Anche gente pi&ugrave; esperta, come sempre capita, ha dovuto rinunciare ai sogni di gloria. Primo tra tutti, Ed Carpenter, che al primo giro &egrave; stato schiacciato nel muro da Zach Veach, piegando una sospensione e finendo sotto di 13 giri. Poi, Marcus Ericsson, ancora tradito dallo Speedway proprio quando sembrava aver messo a posto il bilanciamento e prepararsi a lottare per la top-5.  Indy500, l&#39;ultima chiamata per Alonso. O forse no  Ovviamente, tra i pi&ugrave; delusi c&#39;&egrave; anche Fernando Alonso. In quella che per il momento potrebbe essere la sua ultima Indy 500, con l&#39;imminente ritorno in Formula 1 che gli far&agrave; accantonare i sogni di &quot;Triple Crown&quot; ha concluso solo ventunesimo.  Il pilota asturiano, che gi&agrave; in qualifica non aveva trovato il giusto compromesso, finendo anche a muro per un errore nelle libere, ha sempre navigato a cavallo della ventesima posizione, incontrando non solo difficolt&agrave; di bilanciamento, ma anche a livello tecnico, probabilmente elettronico.  L&#39;avventura del 2017, in cui grazie ad un propulsore Honda straordinario (ma purtroppo poco affidabile) era stato tra i leader fin dalle prime battute, &egrave; stata un lontano ricordo, e la situazione si &egrave; fatta via via sempre pi&ugrave; simile a quella per cui, nel 2019, aveva mancato l&#39;accesso alla gara. Ovviamente, non cos&igrave; drammatica, ma per un campione arrivato con l&#39;obiettivo di vincere, non pu&ograve; esserci vera soddisfazione. 

Il primo giapponese a vincere la Indy nel 2017 riesce a ripetersi e a lasciare di stucco Dixon, il superfavoritissimo. Male invece per lo spagnolo, ad un passo dal ritorno in Formula 1 e in quella che quasi sicuramente &egrave; stata la sua ultima Indy

500 Miglia di Indianapolis: Sato fa il bis, Alonso solo 20&deg;

Al primo giro della Bommarito 500 a Gateway, Takuma Sato ha rischiato di nuovo il patatrac, stavolta per un contatto innescato da un altro pilota, che avrebbe potuto portare ad un nuovo maxi-incidente come quello di Pocono. Al termine di una settimana difficile in cui &egrave; stato attaccato, accusato e perfino fischiato per quello che, lo scorso weekend, era dopotutto stato un contatto di gara, il giapponese &egrave; uscito dall&#39;ovale dell&#39;Illinois, pi&ugrave; corto e meno pericoloso, con il trofeo del vincitore in mano. Dopo il rischio iniziale, Sato si &egrave; trovato in fondo al gruppo, e ha optato per una strategia alternativa, restando fuori sequenza rispetto agli altri protagonisti in termini di soste ai box.    &nbsp;  Quando per&ograve;, nel finale, Sebastien Bourdais &egrave; finito nelle barriere con poco meno di 60 giri alla conclusione, Sato, come Ed Carpenter e Tony Kanaan, ha avuto l&#39;opportunit&agrave; di effettuare l&#39;ultima sosta in regime di safety-car, e dopo aver preso la testa, con il rientro di tutti gli altri, non l&#39;ha pi&ugrave; mollata. Carpenter, riuscito a sopravanzare Kanaan, gli ha dato la caccia nel finale, ma si &egrave; dovuto accontentare del secondo posto a soli 4 centesimi di secondo di distacco.  &nbsp;  Al quarto posto ha concluso colui che, senza la strategia provvidenziale per i top-3, avrebbe probabilmente vinto, ovvero Santino Ferrucci, leader per ben 97 giri. Ottima la prova con cui ha agguantato e mantenuto la vetta anche se, nel finale, l&#39;americano ha commesso un errore mentre cercava il podio, andando largo e tagliando la traiettoria a Josef Newgarden. Il pilota di Roger Penske, finito in testacoda, &egrave; cos&igrave; precipitato al settimo posto, perdendo punti preziosi per un campionato che comunque lo vede saldamente al comando, con alle spalle Simon Pagenaud, quinto al traguardo.  &nbsp;  Ad aiutarlo, i problemi occorsi a due dei principali concorrenti: Alexander Rossi si &egrave; ritrovato con poco carburante nel finale, vedendosi costretto ad una sosta extra e chiudendo sotto di un giro, mentre Scott Dixon si &egrave; ritirato con un radiatore rotto. Da dimenticare anche la corsa di Will Power, che come altri piloti &egrave; stato messo in difficolt&agrave; dai detriti di gomma fuori traiettoria, finendo nelle barriere.  &nbsp;  L&#39;ordine d&#39;arrivo della Bommarito 500 al Gateway Speedway:  &nbsp;  1 - Takuma Sato (Dallara-Honda) - RLL - 248 giri  2 - Ed Carpenter (Dallara-Chevy) - ECR - 0&quot;0399  3 - Tony Kanaan (Dallara-Chevy) - Foyt - 2&quot;2459  4 - Santino Ferrucci (Dallara-Honda) - Coyne - 4&quot;1935  5 - Simon Pagenaud (Dallara-Chevy) - Penske - 6&quot;2741  6 - Conor Daly (Dallara-Chevy) - Carlin - 8&quot;0200  7 - Josef Newgarden (Dallara-Chevy) - Penske - 13&quot;8050  8 - Ryan Hunter-Reay (Dallara-Honda) - Andretti - 14&quot;9394  9 - Colton Herta (Dallara-Honda) - HSR - 17&quot;1010  10 - Marco Andretti (Dallara-Honda) - Andretti - 18&quot;4657  &nbsp;  Il campionato  1. Newgarden 563; 2. Pagenaud 525; 3. Rossi 517; 4. Dixon 493: 5. Power 416. 

Grazie a una gara attenta e alla scelta strategica dettata dall&#39;incidente avvenuto subito dopo lo start, il giapponese sigla il successo a Gateway

IndyCar: a Gateway Sato si prende la rivincita

Successo di prepotenza dal via alla bandiera a scacchi per Takuma Sato nell&rsquo;IndyCar al Barber Motorsports Park. Il quarantaduenne giapponese ha fatto segnare la pole e se n&#39;&egrave; andato sin dall&#39;inizio, attaccando con grande aggressivit&agrave;.  Nel finale ha preoccupato tutti con un &ldquo;lungo&rdquo; al &ldquo;cavatappi&rdquo;, ma fortunatamente i danni sono stati minimi. Unico rivale che poteva insidiarlo sul tortuoso saliscendi dell&rsquo;Alabama, il compagno di squadra Graham Rahal, fermato per&ograve; da problemi elettronici.  In pista, il tema principale &egrave; stato rappresentato dalla difficolt&agrave;, da parte di molti e in particolare del team Penske e Ganassi, di mettere a punto le vetture, con i piloti che hanno patito in termini di assetto e degrado gomme. Da Ganassi, Scott Dixon ha come sempre minimizzato i danni, chiudendo secondo mentre, alla corte del Capitano, solo Josef Newgarden &egrave; riuscito a trovare il bandolo della matassa. &nbsp;  Per lui un quarto posto ottenuto di forza con un attacco a ruote bloccate nei confronti di Alexander Rossi. Terzo si &egrave; invece piazzato Sebastien Bourdais, che ha effettuato solo due soste contro le tre di tutti gli altri gestendo incredibilmente bene anche le gomme morbide.&nbsp;  Da segnalare anche un buon settimo posto per Marcus Ericsson, alle spalle del compagno di squadra James Hinchcliffe. Lo svedese ha recuperato dalle retrovie aiutato da una strategia leggermente sfalsata. Dopo i problemi meccanici di St. Pete e la penalit&agrave; di Austin, si &egrave; potuto mettere in luce. Solo decimo l&rsquo;altro svedese, Felix Rosenqvist, in crisi con la sua vettura come Simon Pagenaud (9&deg;) e Will Power (11&deg;) autore anche di un testacoda.  Da segnalare una sola caution, per lo stop di Rahal. La direzione gara ha deciso per quest&rsquo;occasione di non chiudere come d&rsquo;abitudine i box, per non dare eccessivo vantaggio ai piloti che si erano appena fermati per la loro sosta. Una situazione che ha sfavorito Hinchcliffe e altri, e che ha visto molti piloti precipitarsi verso la pit-lane, con anche un contatto tra Tony Kanaan e Max Chilton.  &nbsp;  L&rsquo;ordine d&rsquo;arrivo dell&rsquo;IndyCar al Barber Motorsports Park&nbsp;  1. Sato (Dallara-Honda) 90 giri in 1h55&#39;46&quot;8076, alla media di 172.637 km/h; 2. Dixon (Dallara-Honda) a 2&quot;3874; 3. Bourdais (Dallara-Honda) a 2&quot;7933; 4. Newgarden (Dallara-Chevy) a 7&quot;9721; 5. Rossi (Dallara-Honda) a 8&quot;8518; 6. Hinchcliffe (Dallara-Honda) a 9&quot;4356; 7. Ericsson (Dallara-Honda) a 13&quot;7580; 8. Hunter-Reay (Dallara-Honda) a 15&quot;2506; 9. Pagenaud (Dallara-Chevy) a 22&quot;7848; 10. Rosenqvist (Dallara-Honda) a 26&quot;2450; 11. Power (Dallara-Chevy) a 31&quot;8178; 12. Veach (Dallara-Honda) a 33&quot;9035; 13. Harvey (Dallara-Honda) a 34&quot;9655; 14. Andretti (Dallara-Honda) a 39&quot;3119; 15. Ferrucci (Dallara-Honda) a 40&quot;0094; 16. O&rsquo;Ward (Dallara-Chevy) a 40&quot;6728; 17. Pigot (Dallara-Chevy) a 42&quot;5718; 18. Kanaan (Dallara-Chevy) a 1 giro; 19. Jones (Dallara-Chevy) a 1 giro; 20. Leist (Dallara-Chevy) a 1 giro; 21. Hanley (Dallara-Chevy) a 2 giri; 22. Chilton (Dallara-Chevy) a 2 giri; Giro pi&ugrave; veloce: il 12&deg; di Power in 1&#39;10&quot;4818, alla media di 189.061 km/h.  In campionato  1. Newgarden 125; 2. Dixon 98; 3. Sato 91; 4. Rossi 84; 5. Herta 81. 

Vittoria senza discussioni per il giapponese. Dixon e Bourdais sul podio

IndyCar,&nbsp;Barber Motorsports Park: Takuma Sato, vittoria d&#39;autorit&agrave;&nbsp;

L&#39;edizione 101 della gara sullo Speedway va, per la prima volta nella storia, a un pilota giapponese. Takuma Sato porta Andretti Autosport al successo, mentre Fernando Alonso vede infrangersi i propri sogni a 21 giri dal termine, appiedato da un problema tecnico al motore Honda

Indy 500, Sato in trionfo

dal N&uuml;rburgring: Enrico Rosi Cappellani  Kimiya Sato, 24 anni, giapponese di Kobe, &egrave; il quinto pilota ad iscrivere il suo nome nell'albo d'oro dell'Auto GP. Secondo in campionato lo scorso anno alle spalle di Ghirelli, questa volta il pupillo di Vincenzo Sospiri ha chiuso i conti al Nurburgring, in anticipo rispetto alla trasferta finale di fine ottobre all'Estoril.  In Germania, nel week-end assieme al DTM, il pilota dell'Euronova Racing, dopo aver vinto il sabato partendo ultimo, in gara-2 si &egrave; piazzato terzo, rendendo matematicamente inutile ogni rincorsa dei suoi inseguitori. La vittoria in gara-2 al Nurburgring &egrave; andata a Pal Kiss, al secondo successo stagionale.  Il primo per i colori del team Virtuosi UK, dopo il primo successo al Castellet con Zele Racing. Sul secondo gradino del podio il tedesco Pommer (Super Nova) a 10" dal vincitore ungherese.  Sato, come detto, &egrave; salito sul gradino basso del podio, finendo in coda a Pommer. A ridosso del podio tedesco 3 piloti italiani: Roda (Virtuosi UK), Cerruti (Super Nova) e Giovesi (FMS Racing). Sato, in 12 gare cui ha sinora partecipato&nbsp; (su 14 disputate), ha ottenuto 6 vittorie, con 10 podi e 7 giri veloci. Succede nell'albo d'oro dell'Auto GP a Grosjean, Ceccon, Quaife-Hobbs e Ghirelli. 4 piloti (Pal Kiss, Pommer, Giovesi e Roda) all'Estoril si giocheranno il secondo posto in campionato.  &nbsp; Gara 1: Sato da ultimo Al N&uuml;rburgring, settima tappa stagionale del campionato dell'AutoGP, rocambolesca gara-1 con record di drive through, che hanno colpito 10 piloti su 11 in pista. Un'uscita iniziale di De Plano ha infatti causato l'esposizione delle bandiere gialle, in pratica ignorate da tutti. Di conseguenza sono fioccati i provvedimenti della direzione gara.  Ma in Germania non &egrave; stato certo questo il solo colpo di scena. A vincere per la sesta volta quest'anno &egrave; stato alla fine il leader della serie Kimiya Sato (Euronova Racing), partito suo malgrado in ultima fila, dopo l'esclusione dalla Q2, causata da problemi ai freni in Q1. Sul gradino pi&ugrave; alto del podio &egrave; stato per&ograve; premiato Tamas Pal Kiss (Virtuosi UK). Anche l'ungherese per&ograve;, dopo la premiazione, &egrave; stato penalizzato per la medesima violazione al regime di bandiere gialle (sfuggita in un primo momento ai commissari) con l'aggiunta di 25" al suo tempo di gara. Cosi Pal Kiss &egrave; slittato al quarto posto. Stessa sorte &egrave; toccata a Dracone (Super Nova) anche lui "scappato" ad un primo controllo dei commissari, retrocesso poi dal quinto all'ottavo posto.  Dunque al N&uuml;rburgring, partendo ultimo e facendo registrare anche il giro pi&ugrave; veloce, vincitore &egrave; risultato Sato, al sesto successo nel 2014. Il driver nipponico, nella gara di domani, potrebbe chiudere in anticipo il discorso del campionato senza attendere l'ultima trasferta dell'Estoril. Sul podio con il giapponese di Vincenzo Sospiri sono saliti Kevin Giovesi (FMS Racing) e Markus Pommer (Super Nova) che sulla pista di casa non ha messo a frutto al 100% la sua quarta pole position stagionale. I top 6 sono stati completati da Pal Kiss, come detto, davanti ad Andrea Roda e Michela Cerruti.  &nbsp;  &nbsp;

Con un primo e un terzo posto al Nurburgring il giapponese del Team Sospiri si aggiudica la serie

AutoGP: vince Kiss, Sato campione

da Spielberg: Enrico Rosi Cappellani  Al Red Bull Ring, teatro del 6&deg; doppio round stagionale dell'Auto GP, vittorie per il giapponese Kimiya Sato (al 5&deg; successo nel 2014 con l'Euronova) e per il nostro Andrea Roda (al primo centro pieno in campionato per i colori del team Virtuosi UK). Con 2 posti d'onore ottima la trasferta in Austria per Tamas Pal Kiss, passato dal team Zele Racing al Virtuosi UK. L'ungherese a Zeltweg ha guadagnato 2 posizioni in classifica, che ora lo vede 2&deg; a 44 punti da Sato.  Roda, prima di vincere gara-2, &egrave; salito sul gradino basso del podio nella corsa della mattina. 3&deg; posto nella gara conclusiva per Michela Cerruti (Super Nova), dopo una sfortunata gara-1, in cui &egrave; stata urtata alla prima curva. Sato non ha completato la corsa conclusiva, stessa sorte toccata a Giovesi (FMS Racing), invece 4&deg; in gara-1. Sfortunato week-end per il tedesco Pommer, a secco di punti e sceso da 3&deg; a 5&deg; in campionato. Prossima trasferta Auto GP al Nurburgring, con il DTM, a Ferragosto.

Prima vittoria per il driver di Virtuosi UK e 5&deg; successo per quello Euronova. Con 2 secondi posti Pal Kiss da 4&deg; a 2&deg; in campionato dietro Sato

Auto GP: Roda e Sato vincono a Zeltweg

da Marrakech (Marocco): Enrico Rosi Cappellani  Gara-1 ad eliminazione in Marocco nell'Auto GP. Ha vinto il giapponese Sato (Euronova), davanti a due piloti italiani: Michele La Rosa (MLR71 by Euronova) e Giuseppe Cipriani (Ibiza Racing). Per entrambi si tratta del pimo podio nella categoria.  Giovesi (Eurotech), in pole, &egrave; finito fuori nelle fasi iniziali lottando assieme all'ungherese Kiss (Zele). Dopo alcuni giri con la safety car, si &egrave; riaccesa la battaglia con Sato davanti a tutti. Campana (Zele), lento nel pit stop, &egrave; uscito di scena dopo un contatto con i muretti. Il nostro Roda (Virtuosi UK) sembrava aver conquistato il secondo posto, ma anche lui all'ultimo &egrave; incappato in un'uscita di pista. Quarta Michela Cerruti (Super Nova), davanti ai debuttanti Dejonghe (Virtuosi UK) e Spinelli (Eurotech).

In una gara "a eliminazione" finisce davanti agli italiani La Rosa, Cipriani e Cerruti

AutoGP: a Marrakech vince Sato

Una vista pi&ugrave; generale dell'incidente tra Franchitti e Sato e di come Viso non riesce ad evitare Sato

Incidente Franchitti-Sato a Houston 2

L'inizio dell'incidente che ha visto il decollo di Franchitti dopo l'urto contro Sato

Incidente Franchitti-Sato a Houston 1

La seconda gara Indycar di Houston &egrave; stata segnata da un brutto incidente all'ultimo giro: nella lotta per il 10&deg; posto, Dario Franchitti ha toccato lateralmente con la ruota anteriore quella posteriore di Takuma Sato, che aveva avuto un piccolo "sbandieramento", decollando contro le barriere che sono state sfondate. La vettura fortunatamente &egrave; rimasta in pista e l'incidente si &egrave; concluso con EJ Viso che non &egrave; riuscito ad evitare la macchina di Sato, mentre la De Silvestro e gli altri un po' pi&ugrave; staccati sono riusciti ad evitare i rottami. Il pi&ugrave; colpito &egrave; stato Franchitti, rimasto per un po' in macchina prima di essere portato in ospedale. Ma dal suo team (Ganassi) hanno fatto sapere che il pilota era cosciente e si &egrave; lamentato solo di dolori alla caviglia e alla schiena.Tuttavia gli ultimi referti dello staff medico parlano di commozione cerebrale e di tre fratture, fra vertebre e caviglia destra. Tuttavia non sarebbe necessario alcun intervento chirurgico. Il pilota verr&agrave; trattenuto stanotte presso il Memorial Hermann Texas Medical Centre.  Sono invece pi&ugrave; frammentarie le notizie relative a spettatori feriti dai detriti e addirittura da una parte delle reti, lanciata verso la tribuna: sarebbero una quindicina quelli che si sono rivolti alle strutture sanitarie per escoriazioni e altro, due dei quali portati all'ospedale ma gi&agrave; rilasciati, secondo le ultime notizie.  Per quanto riguarda la gara, Will Power ha approfittato di un restart per superare Scott Dixon e mantenere il comando fino alla fine, seppur incalzato da quello che &egrave; il capoclassifica della serie, visto che Helio Castronewes ha accusato anche stavolta problemi alla macchina dopo essere partito in testa. Terzo classificato James Hinchcliffe, di poco davanti a Justin Wilson.  Condannato a partire 23&deg; per l'annullamento delle prove di qualifica, a causa delle eccessive pozzanghere dopo un temporale (lo schieramento &egrave; stato stilato in base al campionato), Luca Filippi &egrave; risalito fino al 12&deg; posto (a soli 5 secondi dal 3&deg;) quando ha anticipato il pit-stop per non perdere troppo tenpo da "intruppato". Rientrato 20&deg;, ha forse preso troppa confidenza con le gomme fresche e si &egrave; infilato nelle protezioni in gomma. &Egrave; stato in grado di ripartire e rientrare ai box, per&ograve; ritrovandosi 23&deg; a 2 giri di distacco. Alla fine si &egrave; classificato 19&deg;, ma almeno con la consolazione del giro pi&ugrave; veloce in gara.  Maurizio Voltini   Il video dell'incidente - parte 1   Il video dell'incidente - parte 2 

L'incidente all'ultimo giro della gara Indycar vinta da Power su Dixon. Si parla di una 15ina di feriti fra il pubblico

Gran botta a Houston tra Franchitti, Sato e Viso

dal N&uuml;rburgring: Enrico Rosi Cappellani  Kimiya Sato (Euronova), vincendo gara-2 al N&uuml;rburgring, &egrave; tornato ad essere solo in testa al campionato dell&rsquo;Auto GP. Il giapponese pupillo di Taki Inoue, al quarto centro stagionale con il team di Vincenzo Sospiri, ha preceduto sotto alla bandiera a scacchi il nostro Ghirelli (Super Nova) e l&rsquo;olandese De Jong (MP Mototorsport). A ridosso del podio &egrave; terminato Campana (Ibiza Racing), ora secondo in campionato a 13 punti da Sato, mentre Ghirelli &egrave; terzo a 2 lunghezze dall&rsquo;emiliano.  La corsa &egrave; stata ricca di colpi di scena ed ha visto, nell&rsquo;ordine, al comando Campana, il rookie venezuelano La Rocca (Comtec), De Jong, Giovesi (Ghinzani) e Sato. Ottimi debutti in Germania per La Rocca (settimo) e per Michela Cerruti (MLR71), ottava al termine. Solo decimo Giovesi, attardato nel corso del pit stop obbligatorio. Prossima trasferta dell&rsquo;Auto GP a Donington, il 1 settembre.  &nbsp;

Al N&uuml;rburgring lo segue sul traguardo Ghirelli, 3&deg; De Jong

13 risultati per 'sato'

L'editoriale del Direttore: Indianapolis una bella storia

Sato & Alonso, ovvero Honda crea e distrugge

500 Miglia di Indianapolis: Sato fa il bis, Alonso solo 20°