L’analisi del GP di Monaco

17.05.2010 ( Aggiornata il 17.05.2010 12:41 )

Mark Webber è il secondo pilota australiano a vincere nel circuito-salotto di Montecarlo. Il primo era stato Jack Brabham nel 1959 con la Cooper-Climax. Mark ci è riuscito con la Red Bull-Renault, al momento la monoposto migliore. In sette giorni, cioè Gran Premio di Spagna e di Monaco, l'atletico 33enne Webber ha messo a segno due pole position e altrettanti successi, entrambi costruiti con autorità. E conquistato pure la leadership provvisoria del campionato, sebbene a pari punti col più giovane compagno di squadra Sebastian Vettel. Nel toboga del Principato l’australiano ha certamente disputata la migliore corsa della sua carriera in Formula 1. Ha guidato con un mix di stile perfetto per le caratteristiche dell’insidioso circuito cittadino e di grinta. Non ha commesso il minimo errore. Non ha avuto incertezze. Gli interventi della “safety car” gli hanno ridotto a più riprese il vantaggio sugli avversari: non ha fatto un piega, a ogni ripartenza si è rimboccato le maniche. A Montecarlo Mark ha mortificato l’ambizioso Vettel. E’ giusto indicarlo tra i favoriti nella corsa al titolo. Personaggio dal basso profilo – dopo le libere del giovedì si era detto poco convinto che la Red Bull si qualificasse in prima fila – Webber è dunque il pilota del momento. Allo strepitoso successo a Montecarlo ci è arrivato dopo una lunga gavetta cominciata in Australia e  proseguita in Inghilterra, dove si è dato da fare dapprima in Formula Ford e poi in Formula 3. Ha gareggiato anche come pilota ufficiale dello squadrone Mercedes nelle competizioni per le gran turismo, nel triennio 1997-1999. E’ stato protagonista, con la Mercedes CLR, di uno spettacolare incidente durante le prove della 24 Ore di Le Mans del 1999: mentre affronta a 320 km/h il dosso che precede la curva Indianapolis, la biposto dell’australiano decolla paurosamente e, dopo un doppio tonneau, ricade sulle ruote. Il giorno dopo, e sempre con Mark al volante, la gran turismo-prototipo tedesca spicca nuovamente  il volo. Il pilota è miracolosamente illeso. Si scoprirà poi che l’aerodinamica della Mercedes CLR era sbagliata. Fino a qualche anno fa, Webber era conosciuto per quell’episodio. L’incontro con Flavio Briatore, che ancora detiene il “cartellino” dell’australiano, gli ha permesso di continuare in Formula 3000 e approdare alla Minardi Formula 1, all’epoca di proprietà dell’australiano Paul Stoddart. Il debutto in F.1 avviene al Gran Premio di Australia del 2001. Webber ha vinto il suo primo gran premio titolato l’anno scorso, in Germania.
A inizio stagione tutti gli occhi erano puntati sul giovane Sebastian Vettel. Adesso, dopo la superba prestazione a Montecarlo, si deve fare i conti anche con l'australiano. Il geniale Adrian Newey, progettista delle formidabili Red Bull, gli sta mettendo a disposizione una monoposto tanto semplice quanto competitiva, velocissima in qualifica e ora anche affidabile anche in gara; come certificano il primo e terzo posto in Spagna e la doppietta a Monaco.
E veniamo a Fernando Alonso, protagonista in negativo nel terzo turno di prove libere, quello del sabato mattina che precede le qualificazioni. Ha sbagliato clamorosamente, lo spagnolo. Non ha fatto un dramma quando gli hanno detto che era letteralmente impossibile riparare la Ferrari F10 in tempo utile per affrontare la sessione di qualificazione. Che ha seguito dal box con lo sguardo incollato sul monitor: non dava l’impressione di sentirsi fuori posto in quella condizione, pareva piuttosto un tecnico attento a interpretare i tempi che arrivavano dal tracciato. Era già concentrato su cosa e come fare il giorno dopo. Ciò che ha fatto in un’ora e cinquanta minuti di gara è stata la prova di un carattere determinato – cosa risaputa – e dell’intelligenza del pilota di classe superiore.Vale la pena ricordare rapidamente la successione delle sue posizioni: parte dalla corsia dei box con uno svantaggio dai primi stimata in una ventina di secondi; è 24esimo. Al secondo giro Hulkenberg sbatte violentemente nel Tunnel, entra la “safety car” e Alonso ne approfitta per effettuare subito il cambio gomme obbligatorio. Monta quelle a mescola dura. E ‘ una scelta che in quel momento appare rischiosa. Al terzo passaggio, grazie al ritiro di Bruno Senna, è 22esimo. In quello dopo guadagna un’altra posizione per l’abbandono di Button. Alla settima tornata il ferrarista supera Chandhok, all’11esima Di Grassi, e subito dopo Jarno Trulli. Al 15esimo giro tocca a Glock, quindi a Kovalainen. Alonso è 16esimo. Mentre gli altri rientrano al box per il cambio gomme, lo spagnolo della Ferrari resta in pista e guadagna posizioni: al 23esim passaggio è ottavo. Al 28esimo è kappaò Kobayashi, e Alonso si ritrova settimo. Diventa sesto due passaggi dopo, quando Nico Rosberg entra al box. Ha detto che è stato frustante guidare una monoposto molto veloce senza avere lo spazio fisico per superare. Non è che sul quel risultato finale ci sperassero in molti. Partire indietro, a Montecarlo, è sempre un grande rischio. Avrebbe potuto superare, nelle fasi finali, Lewis Hamilton. Avrebbe voluto tentare di passare l'inglese della McLaren non appena la “safety car” avesse lasciato il circuito. Ma dal box gli hanno detto di no, che era vietato.
Fernando Alonso ha dunque trasformato, con un risultato che lo ha portato al terzo posto del mondiale, a soli tre punti dalla coppia Red Bull Webber-Vettel, un sabato da incubo in una domenica di rivalsa. Contro se stesso, soprattutto. C’è tuttavia una considerazione da fare sullo spagnolo. Sta sbagliando un po’ troppo. In Australia si fa coinvolgere in un incidente alla prima curva, è quindi costretto a rimontare; in Cina anticipa il via e si vede infliggere la penalizzazione del passaggio nella corsia dei box, il cosiddetto “drive through”; a Montecarlo sbatte nelle prove libere che precedono quelle di qualificazione. A questo punto della stagione, quando cioè la partita si fa tosta, sarebbe forse meglio dare un taglio agli svarioni.



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