Vi dico io chi è Vettel

23.11.2010 ( Aggiornata il 23.11.2010 10:47 )

Nella sua lunga carriera ha accompagnato tanti campioni del mondo. Da Ayrton Senna a Nelson Piquet, da Nigel Mansell a Sebastian Vettel. Conosciuti in momenti diversi della loro professione: all’inizio, nel pieno della maturità, nella fase crepuscolare. Ma con tutti l'ingegnere Giorgio Ascanelli, 51 anni, ha lavorato alla pari; grazie alla sua grande preparazione tecnica e alla sua maniera "dura" ma sincera e onesta di interpretare le corse, li ha aiutati a migliorarsi, arricchendoli sia sotto il punto di vista tecnico che umano. Con Sebastian Vettel è stato lo stesso ed è innegabile che il tecnico italiano abbia giocato un ruolo importante nella fase di apprendimento del pilota tedesco, durante quell’anno e mezzo magico trascorso alla Toro Rosso, a Faenza, e culminato con la vittoria nel Gran Premio d'Italia a Monza, nel 2008. Ad Abu Dhabi, dopo la gara i due si sono abbracciati «Non dico cosa ci siamo detti - dice Ascanelli - è un segreto tra di noi».
Ma quando Vettel ha deciso di scrivere la parola "Monza" sul sottocasco, ricordando così un momento di grande serenità e armonia, utile a ritrovare le forze e le energie per l’ultima grande sfida finale, quella che sulla carta sembrava impossibile, indirettamente il tedesco, nuovo campione del mondo, ha fatto il miglior complimento possibile a Giorgio Ascanelli.

Quando hai conosciuto Vettel per la prima volta, che sensazione hai avuto?«Quella di incontrare un ragazzo ben educato che sapeva stare al mondo e relazionarsi in modo corretto con gli altri».

Dopo i primi giri di pista invece? «Si vedeva che aveva già lavorato, l’esperienza Bmw era servita a creare una buona base. Mi ha colpito il fatto che non ha aspettato che gli facessimo delle domande, ma ha cercato subito di comunicare quello che lui percepiva, con le conoscenze che in quel momento aveva. Mi sembrava il primo della classe in terza elementare. Contrariamente ad altri piloti, non confondeva causa con effetto».

Riportava fedelmente le reazioni della vettura?«Non è questo il punto. Vettel è un ragazzo intelligente che ha la capacità di gestire nella sua testa un modello complesso della vettura, della gomma, del pilota stesso. Sa sempre risolvere nel migliore dei modi una equazione con tanti variabili, in più è molto veloce».

Hai lavorato con tanti campioni, da Senna a Piquet. Che caratteristiche simili hai ritrovato in Vettel?«Non è giusto fare paragoni simili perché si trattava di uomini che ho conosciuto in momenti diversi della loro vita. Piquet aveva ormai 40 anni e 4 figli, Senna aveva vinto già tre campionati del mondo. Non si può paragonare un uomo di 40 anni con un ragazzo di 18. In macchina, Vettel ha la caratteristica dei grandi piloti, ossia riesce a mantenere un livello di attenzione molto alto per molto tempo. Se uniamo questo alla volontà del distruttore, allora viene fuori un campione».

Durante la gara di Abu Dhabi, Vettel ha scritto sul sottocasco la parola Monza, dicendo che gli ricordava un periodo di grande soddisfazione e serenità. Cosa gli avete dato nel periodo che ha corso con voi? «Dovresti chiederlo a lui. Abbiamo cercato di dargli il meglio di noi stessi, come abbiamo fatto anche con gli altri piloti. Poi, come ogni cosa, c’è chi dà e chi riceve. Nel suo caso, entrambi abbiamo ottenuto il massimo da quella collaborazione. Ricordo quando ha debuttato con noi in Ungheria. Si qualificò indietro, credo in diciassettesima posizione. Commise un errore di guida e dopo dieci secondi, via radio, ci chiese scusa per lo sbaglio».

Dal Vettel di Monza 2008 a quello di Abu Dhabi 2010 in cosa è cambiato? «Il Vettel che ha vinto il campionato è certamente un pilota migliore, in tutto. è ancora un pilota giovane, destinato a maturare e quindi a migliorare ulteriormente. Vettel ha fatto una stagione perfetta, con un solo errore, a Spa, quando era in lotta con Button. Non ritengo abbia sbagliato in Turchia e non ha sbagliato a Budapest, anche se in pochi lo hanno capito. Anzi, in quella occasione, dietro la safety car, ha cercato di agevolare la gara di Webber, lo stava aiutando. Ha sempre mantenuto una motivazione assoluta, inalterata, su 19 gare, anche quando certi guasti meccanici che ha lamentato, avrebbero fiaccato il morale di molti piloti. Ci ha sempre creduto, anche dopo la Corea, quando la sua situazione era numericamente difficile. è diventato campione del mondo perché non ha mai smesso di crederci, nemmeno per un momento. Webber nelle ultime tre gare non ha mostrato la stessa intensità mentale, la stessa forza caratteriale».

Qual è la caratteristica migliore di guida di Vettel?«Il suo punto forte è la frenata, la sua capacità di gestire la vettura in questa fase. Questo è la base del suo successo. Nella fase di frenata e di impostazione della curva, lui riesce sempre a guadagnare tantissimo rispetto agli altri. Il suo vero segreto è quello».

L'intervista completa è pubblicata nel numero 47 di Autosprint, in vendita in edicola, e nella versione per iPAD

(Nella foto, Giorgio Ascanelli e Sebastian Vettel festeggiano la vittoria al GP d'Italia 2008, a Monza)



  • Link copiato

Commenti

Leggi autosprint su tutti i tuoi dispositivi