Vettel: “Piccolo guaio, grandi conseguenze”

Vettel: “Piccolo guaio, grandi conseguenze”
Così i test Red Bull in funzione della gara sono finiti tutti sulle spalle di Ricciardo, peraltro due volte terzo

09.05.2014 ( Aggiornata il 09.05.2014 17:17 )

Solo quattro giri al mattino e addirittura l’intera sessione saltata al pomeriggio, in queste prove libere del venerdì a Barcellona: ma cosa è successo a Sebastian Vettel o, meglio, alla sua RB10? Lui la racconta così: «Abbiamo avuto un semplice guasto a un contatto, stamattina, che ha causato un cortocircuito facendo fermare la macchina. Abbiamo dovuto sostituire tutta la circuiteria, ed è un grosso lavoro: per questo non sono stato in grado di uscire in pista questo pomeriggio (sotto, l'immagine della RB10 ferma ai box mezza smontata). È un piccolo problema, ma con grandi conseguenze. Eppure non c’era nulla di nuovo in quella parte della monoposto, è stata una novità. Per fortuna è capitato oggi anziché domani, ma purtroppo per questo motivo abbiamo perso la possibilità di prepararci alla gara di domenica con due vetture. Quindi dovrò fare affidamento si quello che ha fatto Daniel oggi e cercare di entrare subito nel ritmo domani». Dunque le prove e le sperimentazioni sono state tutte a carico di Daniel Ricciardo, oggi, e in ogni caso l’australiano non è certo andato male, avendo ottenuto il terzo tempo in entrambe le sessioni, dimostrando dunque una certa competitività. «È bello non essere arretrati durante questa breve pausa - commenta Ricciardo in merito alle tre settimane dall’ultimo GP in Cina - e penso anzi che abbiamo dimostrato un miglioramento. Vogliamo recuperare sulla Mercedes, ma loro non sembrano mostrare alcun segno di rallentamento! Non è stato positivo che Seb sia stato fermo, perché avere due macchine in pista significa ottenere il doppio dei dati, per la squadra. Non si impara tanto con una sola monoposto quando si stanno collaudando nuove componenti, ma almeno abbiamo avuto alcuni buoni riscontri. E siamo andati bene sia negli stint corti che in quelli lunghi». Maurizio Voltini

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