Analisi Brasile: il GP perfetto di Rosberg

Analisi Brasile: il GP perfetto di Rosberg
Nessun allarme psicologico, anzi, una risposta da campione. Per un weekend Nico ha fatto il... Lewis

09.11.2014 ( Aggiornata il 09.11.2014 21:48 )

20 luglio, 9 novembre. 112 giorni durante i quali si sono disputati sette Gran Premi in cui Nico Rosberg non è mai riuscito a salire sul gradino più alto del podio. Un periodo lungo, che lo è ancora di più quando si parla di un pilota che dispone della migliore monoposto del mondiale. C’è tutto per una crisi di nervi, soprattutto quando durante il periodo “buio” il compagno di squadra inanella cinque successi consecutivi con un parziale di 148 a 116 sul fronte del punteggio. Tutti si aspettavano la caporetto psicologica del pilota tedesco, ed invece l’approccio del “nulla da perdere” (ormai l’unico possibile per Nico) ha messo da parte ogni paura, e Rosberg ha rotto il digiuno cogliendo quella che molto probabilmente è la vittoria più bella e meritata della sua carriera. Almeno finora. È vero che Lewis Hamilton si è concesso lo show della rimonta, recuperando un gap di sette secondi accumulato per una sua sbavatura, ma alla fine il leader del mondiale ha avuto 15 giri a disposizione per piazzare un sorpasso che non è mai arrivato. Interlagos ha restituito al campionato un Rosberg in gran forma, ma forse in ritardo per poter dire la sua in chiave titolo, che ora vede il tedesco in svantaggio 317 a 334. Hamilton a San Paolo ha fatto le prove generali in vista di Abu Dhabi, rischiando un po’ più del necessario ma sempre con la certezza che per lui la strada del secondo posto è quella che porta dritto al titolo mondiale. Resta il rebus della mancata chiamata ai box (errore dell’ingegnere o incomprensione?), e la certezza che in gara non basta poter contare sul DRS per superare. Era già accaduto in Bahrain (a ruoli invertiti) ed è accaduto anche ad Interlagos. Ora parola ad Abu Dhabi, per un finale in cui l’unico incubo di Hamilton sarà l’affidabilità. La domenica brasiliana è stata anche quella di Felipe Massa. C’era aria da grande impresa prima del via, forse in Williams hanno pensato troppo in grande puntando tanto su una velocità di punta che serve, indubbiamente, ma solo se si riesce a restare dietro a chi si segue. Le Mercedes sono ancora troppo grandi per il team inglese, ma il podio di Massa è comunque qualcosa di speciale per un brasiliano, che in pieno rispetto della tradizione ha visto sotto il podio mezzo albero genealogico. Certo, ancora una volta la Williams (team e piloti) ha ricordato a tutti che cosa serve per vincere un Gran Premio oltre che ad una macchina vincente. Molto vario il menù delle pecche: errori in corsia box, pit-stop mai velocissimi, sviste come quella delle cinture di sicurezza di Bottas, insomma, una check-list perfetta su come rischiare di mandare in fumo un lavoro comunque molto buono. Un aspetto su cui lavorare per il 2015. Buon per la Williams che la concorrenza, ovvero Ferrari, non abbia approfittato del passo falso di Bottas, solo decimo, mantenendo la terza posizione nella classifica costruttori. In “Scuderia” possono fare le valigie per rientrare a casa dalla lunga trasferta delle Americhe con qualche spunto positivo. Non tanto per il sesto posto di Alonso (comunque prezioso per rispondere alla positiva quarta posizione di Button) quando per il settimo di Raikkonen, che in Brasile è apparso l’Iceman dei tempi d’oro. Sarà stato per il degrado della gomma, o per le curve amiche di San Paolo, oppure (come sperano in Ferrari) per aver finalmente capito il feeling richiesto dal finlandese sul fronte del setup della monoposto. Alla fine Kimi ha risposto bene, con una gara significativa, duello in famiglia incluso. Per Alonso, Vettel e Bottas (forse l’unico a cui il traguardo può interessare) ad Abu Dhabi ci sarà la volata per la quarta posizione nella classifica di campionato, con il tedesco davanti 2 punti su Alonso e 3 su Bottas. Roberto Chinchero

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