Ferrari, cause e effetto della debacle di Vettel

Le gomme si sono scaldate troppo, ma all'origine c'è un assetto delicato e una monoposto troppo sensibile

Alberto Sabbatini

14 maggio 2016

BARCELLONA - Hanno lavorato ore i tecnici Ferrari analizzando dati di ogni genere. Alla fine hanno scoperto l'effetto della scadente prestazione della SF16-H di Vettel. Ma non la causa primaria che è ancora un mistero. L'effetto che si è generato è il surriscaldamento degli pneumatici. “Overheating” nel gergo tecnico. Secondo i ferraristi l'aumento della temperatura dell'asfalto fra sabato mattina e sabato pomeriggio, è bastato a far finire fuori dalla “finestra” di utilizzo le gomme soft di Vettel e Raikkonen. 

Le gomme di mescola soft Pirelli, come tutti gli pneumatici, hanno appunto una “finestra” di utilizzo ideale, cioé un valore di temperatura di funzionamento entro cui funzionano come si deve. Di solito la finestra delle soft è fra 100° e 125° gradi. Se la gomma va sopra o sotto quella temperatura, non rende al meglio: la mescola non fa più il suo dovere di “attaccare” le ruote all'asfalto e così la macchina in curva scivola via sulle quattro ruote impedendo di seguire la traiettoria migliore e di scaricare bene a terra la potenza. 

È quello che è successo sulla SF16-H di Vettel e i sensori montati sull'auto l'hanno dimostrato. Le gomme si sono scaldate troppo. Attenzione però: non è stata colpa degli pneumatici in questo caso, ma piuttosto della macchina stessa che è evidentemente troppo nervosa e sensibile alle regolazioni e alle minime variazioni delle condizioni. 

Qui nasce il mistero. Vettel sostiene di non aver fatto alcun cambiamento di assetto fra sabato mattina e sabato pomeriggio. Eppure lo stesso set up che nelle libere 3 era buono, in qualifica è diventato disastroso. Questo ha portato la Ferrari a concludere che l'unica spiegazione può essere l'aumento della temperatura sul circuito, dovuto al sole che picchiava più forte nel pomeriggio. Il termometro Pirelli però ha rilevato una crescita di appena 5 gradi della temperatura dell'asfalto, da 37° a 42°, fra le libere le qualifiche. Un'inezia. «È una differenza minima – dice Paul Hembery capo motorsport Pirelli – che non fa certo finire fuori finestra di utilizzo le nostre gomme. Tantomeno le soft che sono mescole progettate per lavorare in condizioni di temperatura elevata».

Bastassero quei cinque gradi in più sull'asfalto a mandare in crisi le gomme soft, tutti gli altri avrebbero dovuto accusare il medesimo problema. E peggiorare i tempi sul giro. Invece nessuno a Barcellona dopo le qualifiche si è lamentato della scivolosità della pista o della cattiva aderenza delle gomme. Anzi, un po' tutti hanno migliorato i propri tempi dalle libere del mattino al pomeriggio. Qualcuno addirittura di un margine molto ampio. Hamilton e Ricciardo hanno progredito di 1,2 secondi, Rosberg e Bottas di 8 decimi, Verstappen di 7 decimi. Nessuno è andato più piano del mattino; solo Vettel si è peggiorato. Aveva fatto 1'23”2 sabato mattina e non è andato oltre 1'23”3 in qualifica. Se contate che in qualifica, di solito, soltanto di ottimizzazione della vettura (minima quantità della benzina, mappatura motore più aggressiva aggressività di guida) si guadagnano sempre almeno 4/5 decimi, Vettel a pari condizioni avrebbe dovuto fare 1'22”7/1'22”8 che avrebbe riportato la Ferrari attorno all'abituale distacco di 6/7 decimi dalle Mercedes.

A questo punto, se l'effetto è il surriscaldamento delle gomme sulla Ferrari n.5, rimane il mistero delle cause. Che non possono essere le condizioni climatiche. L'unica spiegazione quindi è che l'assetto abbia fatto lavorare male le gomme scaldandole troppo. In fondo il set up di un'auto da corsa non è altro che l'arte di sapere trovare una regolazione ideale della geometria delle sospensioni (fra rigidezza, camber e altezza) per cui la gomma lavori il più perpendicolare possibile al suolo senza saltellare, scivolare o poggiare parzialmente. Se non si raggiunge questo equilibrio ideale la macchina consuma male o scalda male le gomme e perde aderenza.

Ma siccome l'assetto era lo stesso della mattinata, cosa può essere allora successo? La conclusione plausibile è che la SF16-H sia una monoposto molto sensibile e nervosetta. Troppo reattiva alle regolazioni infinitesimali. Una macchina difficile da mettere a punto perché estremamente delicata. Al punto che minime variazioni delle condizioni – ininfluenti per altre monoposto - possono creare della SF16-H ripercussioni sull'assetto e sul modo in cui le sospensioni fanno lavorare le gomme. L'assetto bilanciato raggiunto da Vettel nelle libere si vede che era talmente precario che è bastato un niente – la variazione di cinque gradi di temperatura – a far sballare tutto. Insomma, la Ferrari che aveva un tempo la dote di essere “gentile” sulle gomme, non è più così.

 


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