F1 Messico: su Vettel e Ricciardo i commissari hanno toppato

F1 Messico: su Vettel e Ricciardo i commissari hanno toppato© sutton-images.com

Spieghiamo perché il comportamento degli ufficiali di gara dimostra che la Fia non ha capito nulla sulla pericolosità delle manovre "alla Verstappen"

Maurizio Voltini

02.11.2016 16:39

A grande richiesta (passateci l’incipit ad effetto) affrontiamo dettagliatamente l’episodio di gara avutosi in Messico fra Sebastian Vettel e Daniel Ricciardo che ha portato alla penalizzazione del tedesco (10 secondi e 2 punti licenza) dopo un weekend controverso. Lo faremo con un discorso “punto per punto” come già fatto in occasione dell’articolo sui tagli pista di Hamilton e Verstappen, sperando perdonerete la prolissità che però serve a sviscerare tutti i dettagli della questione. Per dimostrare come stavolta i commissari abbiano sì applicato alla lettera il regolamento “aggiornato” dopo le lamentele dei piloti, ma che proprio per questo motivo hanno dimostrato che l’autorità sportiva in generale non ha capito “una mazza” (il riferimento è ovviamente al baseball…) sui motivi per cui le difese in staccata “alla Verstappen” sono pericolose. E questo va ben al di là di qualsiasi ragionamento tipo “Vettel avrebbe meritato il terzo posto”, beninteso.

Perché certe manovre sono pericolose - La premessa doverosa è quella di analizzare i motivi per cui le manovre “alla Verstappen” (ormai le chiamano così) sono pericolose, come del resto abbiamo già scritto in altre occasioni. Vi sono vari punti anche abbastanza precisi nell’analizzare queste manovre che sono state stigmatizzate dagli altri piloti (non solo quelli che le avevano subìte, e questo dovrebbe far riflettere) in più di un’occasione.
Punto 1: Max procede sulla traiettoria rettilinea normale e solo al momento della staccata va a deviare. Punto 2: più precisamente, lo fa esattamente nel momento in cui il pilota che lo segue esce di scia per attaccare (non sempre in staccata). Punto 3: di fatto Max agisce quando all’altro pilota resta ben poco margine, per non dire nullo, per altre manovre che non siano quasi disperate, tanto da poter dire che gli taglia letteralmente la strada. Punto 4: in aggiunta a questo, in molti casi Max ha chiuso completamente lo spazio nella direzione in cui l’altro pilota aveva deciso di attaccare. Punto 5: l’altro pilota è stato preso in completo contropiede, arrivando ad essere costretto a frenare (quando succedeva in pieno rettilineo) o a buttarsi di lato, arrivando spesso o a mancare la curva, o a danneggiare la macchina. Nel complesso, insomma, una manovra che comporta dei rischi soprattutto quando avviene a inizio frenata.

Perché Max conferma la sua bravura - Analizzando con completezza i fatti che hanno portato i colleghi a lamentarsi - in pratica tutte le varie scaramucce con Raikkonen, Rosberg e Hamilton - va detto che in tutto ciò si conferma comunque una maestria eccezionale dell’olandese. La deviazione viene effettuata con precisione chirurgica: né un decimo troppo presto, che vanificherebbe la difesa, né un decimo troppo tardi, che potrebbe portare al patatrack. In più non si può negare una certa (parziale) corresponsabilità di chi segue: da qualche tempo, infatti, è praticata l’abitudine di uscire di scia all’ultimissimo istante, per sfruttarla fino in fondo, quando invece una volta si usciva prudenzialmente un poco prima. È anche per questo che ai piloti attaccanti resta un margine esiguo di reazione quando Verstappen si difende. Restano comunque vere tutte le considerazioni sul fatto che “finora è andata bene”, ma mancava poco: vuoi perché sono manovre potenzialmente rischiosissime se effettuate in piena velocità e soprattutto proprio al momento della staccata, vuoi perché finora le “vittime” erano comunque piloti esperti che hanno evitato il peggio (ma con altri non è detto sia così facile), vuoi perché si stava già assistendo a tentativi di imitazione.

Regolamentazione poco esaustiva - Per tutti questi motivi e per le reiterate lamentele dei piloti ai vari briefing (dopotutto, che manovre potenzialmente così pericolose non venissero nemmeno investigate, era sconcertante) si è deciso che i richiami “amichevoli” come quelli fatti in precedenza da Charlie Whiting e da Emanuele Pirro non erano più sufficienti. E si è agito in modo regolamentare. Attenzione: non è stato promulgato un nuovo specifico articolo del regolamento, bensì si è fatto riferimento a quelli già esistenti (per la precisione gli artt. 27.5 e 27.8) con Whiting che ad Austin ha rilasciato una nota in cui si metteva nero su bianco che “qualsiasi cambio di direzione in frenata che costringa un altro pilota ad azioni evasive viene dunque considerato potenzialmente pericoloso con conseguente segnalazione ai commissari”. Oltre a qualsiasi considerazione su come mai non si fosse agito in tal senso fin dall’inizio in Ungheria (visto che i regolamenti c’erano già) va posto l’accento sul fatto che a determinare l’azione dei commissari siano giusto due punti fra tutti quelli che abbiamo considerato in precedenza, delle “manovre alla Verstappen”. Il che può anche andare bene finché permette agli ufficiali di gara di agire con criterio in caso di situazioni davvero pericolose, ma non quando si agisce “con il paraocchi” come nel caso di Vettel. Spieghiamo a seguire quest’ultima affermazione.

Manovra da campioni, ma penalizzata - L’episodio analizzato dai commissari è quello che ha visto protagonisti Sebastian Vettel e Daniel Ricciardo nelle fasi finali del GP del Messico, quando arrivando alla staccata della curva 4 l’australiano è entrato deciso, il tedesco si è difeso altrettanto decisamente, ma pur con le ruote fumanti che strisciavano tra loro non è successo nulla di devastante ed entrambi hanno proseguito la gara: è questo che fa la differenza fra i veri campioni e chi invece attacca o si difende alla “sperindio”. Dunque una fase esaltante e da rimarcare “ai posteri”, in cui Vettel ha mantenuto la quarta posizione, diventata terza quando Verstappen è stato penalizzato di 5 secondi (per un altro episodio) e poi infine commutata in quinta quando proprio per questo fatto descritto Vettel ha subìto la penalizzazione di 10 secondi. È stata appunto applicata per la prima volta (e paradossalmente proprio ad uno dei piloti più accesi nel richiederla) la norma descritta nel paragrafo precedente. Peccato che sia stata applicata proprio in un caso che in realtà ha pochissimo a che vedere con le “manovre alla Verstappen”, dimostrando così nei fatti che non si era capito nulla della pericolosità intrinseca di quellee manovre e dei motivi per cui i piloti si lamentavano. Vediamo il perché in un parallelo punto-per-punto.

Le tante differenze tra Verstappen e Vettel - Procediamo come precedentemente. Punto 1: Seb effettivamente compie una deviazione in staccata, ma a differenza di Max non ha tenuto una traiettoria rettilinea per poi deviare all’ultimo, ma proprio l’opposto: dopo aver tenuto la sinistra nel rettilineo per coprirsi da Ricciardo, si porta verso destra per affrontare la curva (lo si nota bene dal camera-car dell’australiano) e al momento della staccata semplicemente rimette dritta la macchina. È questa la “deviazione” incriminata, che però serve a fare la frenata praticamente dritto, come si vede bene dalle inquadrature frontali e dall’alto. Una bella differenza. Punto 2: la deviazione di Vettel non è effettuata in risposta ad una manovra di attacco di Ricciardo, che infatti non fa altro che proseguire dritto per affondare la staccata nello spazio che si apre di fronte a lui. Ben diverso da un taglio di strada, no? Punto 3: a Daniel appunto non è stato fatto nulla per impedire la manovra d’attacco, e di conseguenza perde qualsiasi significato parlare di “mancanza di spazio o tempo per reagire”, in quanto non ha dovuto mettere in atto nessuna reazione. Punto 4: Seb ha lasciato tutto lo spazio che serviva, quasi mezza pista di larghezza, tanto che Daniel è sempre stato dentro con mezza macchina e non è stato chiuso più del dovuto nemmeno quando ha mancato la corda. Punto 5: Ricciardo forse non si aspettava una difesa così agguerrita e ne ha approfittato per lamentarsi proprio alla ricerca della sanzione, ma comunque non ha dovuto effettuare alcuna manovra che non fosse il proseguire l’attacco fino alla fine, quando Vettel ha potuto avvantaggiarsi di essere a sinistra nella controcurva 5 (quindi all’interno) restando così davanti (e non certo perché abbia buttato fuori la Red Bull o altro).

Una sanzione motivata con menzogne - Per tutto quanto detto prima, la manovra di Vettel non doveva essere sanzionata come se fosse stata una “Verstappata”. Invece non solo i commissari del Messico hanno applicato il regolamento con il paraocchi attaccandosi alla “deviazione” (unico elemento in comune e previsto dalla nota, ma fino ad un certo punto) ma per giustificare la sanzione hanno scritto delle falsità, e questo è ancor meno accettabile. Infatti nella motivazione (decisione dei commissari n.38) sono stati evidenziati tre criteri che hanno portato alla penalizzazione. Primo: “guida potenzialmente pericolosa”, e questo può essere opinabile ma concediamo il beneficio della soggettività, per ora. Secondo: ”cambio di direzione anormale”, e abbiamo spiegato come la deviazione sia stata fatta solo per raddrizzare la frenata e comunque senza ostacolare direttamente l’avversario, quindi c’è da discutere. Terzo: “l’avversario ha dovuto compiere un’azione evasiva”. Ebbene, qui non ci siamo proprio e siamo di fronte a una menzogna vera e propria: quale sarebbe mai l’azione evasiva di Ricciardo? Quando mai ha dovuto compiere un significativo cambio di posizione o traiettoria, oppure effettuare altre azioni oltre a quella di frenare tardi per attaccare (e questa è stata una sua scelta che non è stata impedita). Certo, stando attento a “piallare” la Ferrari senza saltarci addosso, ma questo vale in tantissimi altri casi (e “casualmente” con Verstappen non si era mai arrivati a ciò). È questa puntualizzazione dei commissari a far preoccupare, anche perché “note alla mano” (rileggete quella di Whiting) è ciò che giustifica e tiene in piedi tutto il resto. Cioè, è l’azione evasiva (che non c’è) a far catalogare come pericolosa la manovra, eccetera eccetera. Insomma, se la penalizzazione a Vettel è stata data in seguito ad un fattore inesistente, il minimo che si possa fare è considerarla ingiusta (in ciò siamo d'accordo con Arrivabene) e questo a prescindere da qualsiasi simpatia personale, da “ferrarismi” vari o da semplici valutazioni meritocratiche sulla gara messicana del tedesco. O no?


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