Massa in esclusiva: Felipe di dire ciao

Massa in esclusiva: Felipe di dire ciao

Il 4° ferrarista più vincente di sempre si racconta in esclusiva: il titolo 2008 portatogli via, il rapporto con Schumacher e Alonso, la decisione di lasciare la F1 dopo quasi 15 anni

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Cesare Maria Mannucci

11.11.2016 13:25

Nella lunga storia della Ferrari, Felipe Massa occupa un posto di grande rilievo. Non fosse altro perché con 11 vittorie in F.1, tutte ottenute con vetture made in Maranello, il brasiliano è il quarto pilota più vittorioso nella storia del Cavallino. Dopo Michael Schumacher che di Gp ne ha vinti 72, Niki Lauda con 15 vittorie e Alberto Ascari con 13. A parità con Fernando Alonso, anche lui con 11 Gp vinti.

Massa è stato il primo e per ora unico pilota giovane sul quale la Ferrari ha investito tempo e denaro, e che poi sia arrivato in F.1 con successo. Una scommessa fatta da Montezemolo e Jean Todt, che decisero di puntare su di lui, nonostante avesse seguito un percorso diverso, quasi minimalista. Non aveva corso nel campionato internazionale di F.3000 o nei grandi appuntamenti della F.3. Era fuori dai grandi giri del management o dei programmi academy. Una scommessa andata a buon fine, cementata sia dai risultati che dalla lunga militanza alla Ferrari. Ancora due Gp, quelli di Brasile e Abu Dhabi, poi Felipe abbandonerà la F.1. Che non farà così più parte della sua vita. Dopo una carriera complessivamente positiva e dopo avere corso sempre ad alti livelli, dimostrando dignità e carattere. Di lui resteranno vive le immagini di quando a Interlagos nel 2008, pur vincente ma in lacrime per il titolo perso all’ultimo secondo, si batteva il petto per dire che lui il cuore comunque ce l’aveva messo. Oppure il suo volto sfigurato dopo che era stato colpito ad un occhio da un pezzo di molla perso dalla Honda di Barrichello durante il Gp di Ungheria nel 2009. Grave incidente che però non riuscì a piegare la sua tempra di combattente. Per Massa però, ora è tempo di bilanci.

Hai maturato tu la decisione di abbandonare la F.1 oppure è stata una conseguenza della mancanza di opzioni alternative alla Williams?
«Semplicemente penso che sia arrivata l’ora di smettere. In F.1 ho sempre corso con l’obiettivo di essere protagonista, di avere possibilità di vittoria, anche se remote, di salire sul podio. Quest’anno mi sono trovato nella situazione di non avere più possibilità per il futuro di correre con vetture e team competitivi. Avessi voluto continuare in F.1, avrei potuto farlo ma con squadre di basso livello. In realtà non ho nemmeno esplorato un’ipotesi simile. Quindi dal mio punto di vista, dopo 15 anni di F.1, semplicemente non ne valeva più la pena. Ho riflettuto a lungo sulla cosa e sono felice per la decisione che ho preso in totale autonomia».

Se devi dare un giudizio complessivo sulla tua esperienza in F.1, cosa diresti?
«Tutte le volte che ho avuto a disposizione una vettura competitiva, ho dimostrato il mio valore. Quando ho guidato una vettura potenzialmente vincente, sono stato in lotta fino alla fine per la vittoria del campionato del mondo. Perché anche nel 2007, sino al Gp d’Italia, io avevo 7 punti di vantaggio su Raikkonen, che alla fine vinse il titolo iridato. A Monza il mio motore si è rotto, quando ero davanti a lui. Quindi almeno avrei concluso con 8 punti di vantaggio. Invece il Gp successivo del Belgio, era il limite che la Ferrari aveva stabilito perché chi aveva meno punti, avrebbe poi dovuto aiutare il compagno di squadra nelle rimanenti gare. Per questo motivo al Gp del Brasile ho dovuto lasciare la vittoria a Raikkonen, mi sono fatto da parte quando ero in testa. Perché a lui la vittoria serviva per essere campione del mondo. Nel 2008 invece ho perso il campionato solo alla fine, anzi per qualche secondo sono stato pure campione del mondo. Poi c’è stato il mio incidente in Ungheria e in seguito una relazione di lavoro con Alonso non proprio facile…. ».

Guardando complessivamente la tua carriera, lo shock per il campionato perso a Interlagos 2008, all’ultimo secondo, alla fine è stato forse più difficile da recuperare che i postumi dell’incidente in Ungheria 2009...
«Non credo che quel giorno realmente danneggiò il mio futuro, perché io a Interlagos la corsa l’ho vinta. Più di quello non potevo fare. Il campionato non l’ho perso a Interlagos come molti pensano, l’ho perso prima. Per il problema tecnico in Ungheria e il caos del rifornimento a Singapore. Quando sono arrivato a Interlagos, per continuare a sperare, dovevo vincere la gara, ed è quello che ho fatto. Il risultato di Hamilton era al di fuori delle mie possibilità, non potevo farci nulla».

Il Gp di Singapore 2008 è stato un episodio vergognoso.? Perché senza il piano di Briatore per manipolare la gara, poi eseguito da Piquet jr, il tuo rifornimento sarebbe avvenuto in condizioni normali, non ci sarebbe stato il panico che invece si era creato, quando tutti furono costretti a rientrare ai box per la neutralizzazione...
«Esatto, è li che il campionato mi è stato portato via, non l’ho perso certo io. Improvvisamente in pit lane si sono ritrovate 18 macchine, tutti a rifornire. Una situazione di panico generale, che poi contribuì all’errore dei box della Ferrari, quando mi fecero ripartire con ancora il tubo per il rifornimento attaccato…».

Quando emerse lo scandalo, non sembrò che la Ferrari ti appoggiasse molto, sembrava quasi un’ossessione tua quella di chiedere giustizia alla Fia per quella gara...
«Lo scandalo emerse quasi un anno dopo, io ne ho parlato sia con Montezemolo che Domenicali, con gli avvocati. Perché quello era stato un furto, come se nel calcio ci fossero le prove che l’arbitro era stato pagato. Però sia la Ferrari che gli avvocati mi spiegarono che essendo un fatto avvenuto l’anno prima, non c’era più nulla da fare. Non si poteva chiedere l’annullamento della gara, come sarebbe stato giusto. Che quella era la regola. Cosa potevo fare di più?».

Hai mai parlato direttamente con Piquet Jr dell’episodio?
«Lo feci subito dopo la gara, perché mi era evidente che quella manovra era stata fatta volontariamente. Lui disse di no, che non l’aveva fatto apposta. Piquet non ha fatto nulla per danneggiarmi direttamente, ma è andato contro il muro per potere continuare a correre in F.1. E questo se vuoi è stato addirittura più grottesco. Ma da quell’atto, l’esito del campionato è stato manipolato. Non ci sono dubbi».

Sei stato compagno di squadra di quattro piloti campioni del mondo: Jacques Villeneuve, Michael Schumacher, Kimi Raikkonen e Fernando Alonso. Come ti sei trovato con ognuno di loro?
«Villeneuve è una persona e un pilota molto diverso da tutti. Ha un modo di lavorare, di vestirsi, di relazionarsi con il team davvero unico. All’inizio alla Sauber i nostri rapporti sono stati difficili, pensavo che tra di noi le cose sarebbero state complicate. Io stesso lo guardavo con ostilità. Perché al mio primo anno in F.1, lui al briefing sempre si lamentava di me, del mio comportamento in pista, e dei piloti giovani in generale. Un giorno venne a conversare con me con tono cordiale e amichevole. Io gli chiesi, ma perché ora ti comporti così con me, quando prima invece sempre mi criticavi? Lui disse che in passato aveva fatto molti errori, ma che non aveva nulla contro di me in particolare, che mi considerava un bravo pilota. Da quel momento siamo diventati molto amici, è una delle persone nel paddock con cui mi trovo meglio. Michael Schumacher, invece, è stato il mio professore. Nel lavoro tecnico, come relazionarmi con i tecnici, da lui ho imparato moltissimo. Il pilota più professionale con il quale abbia mai corso. Certo, era molto egoista, ma la mia fortuna era che lui mi guardava come un ragazzino. Questo ha contribuito ad aiutare la mia posizione i miei rapporti con lui. Diciamo che forse gli facevo tenerezza, non riusciva ad essere egoista e duro con me, come magari era stato con altri».

L'intervista completa a Felipe Massa è in edicola fino al 14 novembre nel numero 45 di Autosprint


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