F1, circuito Baku: un "cocktail" di rettilinei e tortuosità

F1, circuito Baku: un "cocktail" di rettilinei e tortuosità
Terzo tracciato cittadino consecutivo, quello in Azerbaijan presenta un allungo considerevole (2,2 km) ma anche parti "strette"

Maurizio Voltini

22.06.2017 15:53

Dopo quelli di Monaco e di Montreal, la Formula 1 si presenta per la terza volta consecutiva su un tracciato "cittadino" o quantomeno non permanente: quello di Baku in Azerbajian. Qualcuno ha definito questo circuito come una somma tra Monza e Montecarlo: una descrizione abbastanza calzante, dato che nei suoi 6.003 metri (il secondo come sviluppo, dopo Spa) troviamo settori con allunghi notevolissimi tra i quali si evidenzia il rettilineo di partenza di ben 2,2 km, che terminano con staccate decise, e in questo sono dunque assimilabili allo storico tracciato brianzolo. Allo stesso tempo, però, altri settori sono decisamente stretti e tortuosi come solo certi tracciati cittadini possono proporre, tanto da rendere problematici persino i "soli" 20 cm in più di larghezza delle monoposto edizione 2017.

Tale "mix" alla fin fine si esplica con una certa difficoltà nel definire l'assetto che si dimostri migliore su tutto l'arco del giro. Tendenzialmente si punta infatti a limitare il carico aerodinamico per non penalizzare la velocità, ma ciò può avere ripercussioni negative anche perché l'asfalto liscio e poco abrasivo (ma il fondo è nuovo in diversi punti) porterebbe il battistrada a lavorare troppo poco e "fuori range", nonostante il caldo ambientale. Insomma, un certo impegno attende gli ingegneri di pista per riuscire a definire il set-up più corretto e prestazionale.

A farci capire meglio certe difficoltà, ci viene in aiuto la spiegazione di Romain Grosjean: «Il grosso rettilineo di Baku ci porta ad avere velocità molto forti, ma anche un bel punto di staccata come quello di Monza, per cui è sì molto importante avere un'alta velocità di punta, ma anche una buona stabilità in frenata. Poi nel settore successivo ci sono punti stretti e con avvallamenti, con curve più simili a Montecarlo, e quindi è difficile trovare il giusto assetto della macchina, trovare un buon compromesso, capire quali parti sono da migliorare».

Su come non sia così scontato avere riscontri velocistici positivi riducendo l'incidenza delle superfici alari, il francese della Haas aggiunge: «Non è sempre vero. Abbiamo per esempio visto l'anno scorso che molti team avevano ridotto parecchio il carico aerodinamico, cosa che ti aiuta soprattutto in qualifica. Però poi in gara si sono ritrovati dopo pochi giri con le gomme "andate". La sfida è trovare il punto d'incontro ideale tra la velocità in qualifica e il passo in gara, che dipende naturalmente dall'assetto generale della macchina. In più l'anno scorso avevamo avuto problemi anche con i sacchetti di plastica che volavano per la pista…».

Rispetto all'unica edizione corsa finora, quella del 2016, il tracciato non è cambiato sostanzialmente, se non per la risistemazione di molte delle barriere esterne e soprattutto dei cordoli all'uscita di curva 1 e agli apici delle curve 3 e 5, oltre che nel corridoio di uscita dalla pitlane. Ricordiamo infine che i punti di azionamento del DRS sono due, ognuno con il suo "detection point" specifico: il rettilineo del via, che però non viene sfruttato in tutta la sua estensione, ma solo a partire da 347 metri dopo la "piega" di curva 20, e il controrettilineo tra le curve 2 e 3.


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