Chilton, troppe differenze in Formula 1 per chiamarla sport

Chilton, troppe differenze in Formula 1 per chiamarla sport© sutton-images.com
L'ex pilota Marussia, oggi in Indycar, critica le enormi disparità tra i team di vertice e il resto della griglia. Molto meglio il mondo delle corse USA, che offre battaglie più ravvicinate

Fabiano Polimeni

20.12.2017 09:32

Rappresenta il massimo livello delle corse automobilistiche, il punto più alto della tecnica motoristica e manda in pista le monoposto più rapide del pianeta. Il quid assente in Formula 1 è il livellamento dei valori in griglia, la possibilità di produrre diversi vincitori a ogni gara, il ricambio continuo di piloti in grado di salire sul podio. Viene meno il concetto di sport? Secondo Max Chilton, che dalla Formula 1 c'è passato con l'esperienza in Marussia, per due stagioni, sì.

IndyCar nel 2016 e 2017, per il pilota inglese. Mondo che apprezza maggiormente, più livellato nel confronto. «Il problema è che la Formula 1 al momento ha un divario di 4 secondi tra la macchina in testa e l'ultima, questo non è davvero chiamarlo sport. Lo sport dovrebbe giocarsi su valori livellati o più ravvicinati possibile.

Non accadrà mai nel motorsport, è impossibile, però in Indycar il prossimo anno ci sarà la cosa più vicina di sempre a una categoria monomarca. Tutti hanno lo stesso kit aerodinamico e ci sono piccole differenze tra i motori, le gare che dovrebbero essere ancora più combattute», racconta al Daily Mail.

Questione di equilibri, perché se è poco avvincente conoscere già le due o tre scuderie che durante una stagione saranno in grado di vincere ed essere in lotta per il titolo, da una serie che praticamente azzera le differenze tecniche viene meno l'aspetto della ricerca, la dimostrazione delle abilità progettuali, parte essenziale della qualità complessiva di una serie. Che Formula 1 e IndyCar fossero mondi agli antipodi era noto. Se n'è accordo Fernando Alonso nell'esperienza a Indianapolis, ad esempio del diverso rapporto tra i piloti e tra questi e il pubblico, altro punto richiamato da Chilton, a vantaggio delle corse USA: «Talvolta corriamo in posti desolati, tutti hanno il loro motorhome. C'è un grande spirito di cameratismo tra i piloti, stiamo bene e abbiamo più tempo per socializzare, c'è più amicizia. Il problema in Formula 1 è che è così intensa e così frequenti gli spostamenti da un paese all'altro che c'è meno tempo per godersela davvero».

Quarto a Indianapolis quest'anno, spiega perché, la mancata vittoria di Alonso, sia stato un bene per la IndyCar: «Ho sempre considerato Alonso uno dei migliori piloti, se non il migliore, in Formula 1 quindi sapevo del suo incredibile talento e piloti come lui imparano in fretta. Ma lo ha fatto ancor più rapidamente di quanto pensassi. So che alcuni hanno commentato su come abbia fatto apparire quanto fosse facile correre a Indianapolis. Credo sia un bene per la IndyCar che non abbia vinto perché ci avrebbe fatto passare tutti un po' per degli stupidi. Ha detto, però, delle cose molto positive su quanto sia stata impegnativa la sfida e quanto siamo coraggiosi, oltre al desiderio di voler tornare per vincere. Ha fatto un gran favore alla IndyCar a venire e correre».


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