Audetto: "In Ferrari se non vinci, salti"

Audetto: "In Ferrari se non vinci, salti"

Su Autosprint che esce in edicola domani nella rubrica Cuore da Corsa curata da Mario Donnini tanti ex ferraristi hanno dato il loro parere sul ribaltone al vertice della Gestione Sportiva.

14.01.2019 14:57

Tra i vari commenti che troverete sul numero 3 del nostro settimanale in anteprima ecco che cosa ha raccontato Daniele Audetto che è stato “Diesse” della Ferrari nell’apice dell’era maranelliana di Niki Lauda e di politiche Rosse ne mastica come pochi, quindi sul caso Arrivabene/Binotto ha idee sue e ben chiare.

 «Se non si vince, dopo quattro anni è difficile rimanere in una posizione di comando, c’è poco da fare. Mi spiece per Maurizio che è un amico, ma ha pagato anche il fatto di non avere un puro pedigree di gestione racing. Comunque già è un gran bel risultato essere restato in quella posizione per tutto quel tempo in una fase come qiuesta».

E su Binotto cosa puoi dire?

«Non lo conosco a fondo per azzardare nulla, ma so che è un buon tecnico e so anche che alla Ferrari è molto, molto difficile fare il team principal o anche il direttore sportivo. Ora Mattia ha bisogno di due cose fondamentali: di una buona macchina 2019 e di avere tutti i membri della squadra che tirino positivamente dalla stessa parte, ossia dalla sua. Nello stesso tempo, spero e gli auguro di avere la personalità, il carisma e l’esperienza per gestire il complesso di cose di cui dovrà interessarsi».

Come inquadri quanto è successo rispetto ad altri momenti simili nella storia della Ferrari?

«La fine della gestione Arrivabene mi fa pensare che, non c’è niente da fare: a Maranello se non vinci, non resisti. Anche il mio grande amico Cesare Fiorio aveva fatto molto bene alla Ferrari ma non era supportato da tutti e alla fine purtroppo si è ritrovato a pagare il conto e per colpe non sue. Va così, se una squadra come quella, nata per vincere, non vince, cambia automaticamente il responsabile. È la dura legge della F.1, che per la Rossa vale in modo speciale ed esclusivo, visto che vige un aspetto non valido storicamente per le altre squadre, nella fattispecie i famosi rivali anglosassoni...».

Cosa vuoli dire, Daniele?

«Intendo dire che anche Chapman alla Lotus, Williams, Dennis alla McLaren e Ken Tyrrell hanno passato periodi lunghissimi senza combinare granché, ma non hanno avuto problemi perché loro di fatto erano team owner, ossia i padroni delle squadre. E, se il team è tuo, fai come ti pare, duri senza problemi. Se invece sei a casa d’altri, hai mille pressioni e devi rispondere ogni giorno a qualcuno, la faccenda cambia e di molto. In altre parole, sei in zona Ferrari, che non è mica un posto tranquillo. E attenzione, è vero che Arrivabene rispetto al primo periodo di Todt ha fatto bella figura, ma bisogna considerare che Jean è sempre stato supportato e difeso da un grande uomo mediatico e cioè il Presidente Luca Cordero di Montezemolo, il quale per anni e anni ha fatto scudo alle sue scelte, tra le quali c’era lo stesso Schumi che i primi 4 anni non vinse titoli Piloti. E in questa fase in Ferrari non c’è un Montezemolo a difendere nessuno e a incantare i media...».


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