F1 Ungheria: gregari, giochi di squadra e compromessi: chi ha ragione?

F1 Ungheria: gregari, giochi di squadra e compromessi: chi ha ragione?©  sutton-images.com

A Budapest si sono vesti due modi diversi d'intendere il gioco di squadra. Meglio il "bel gesto" Mercedes o il pragmatismo Ferrari?

Alberto Sabbatini

30.07.2017 19:07

Una volta i giochi di squadra erano proibiti in F1. Poi per evitare figure ipocrite e bugie pietose, perché i team davano lo stesso gli ordini di squadra nascondendoli dietro bugie fantasiose, sono stati liberalizzati.

Ma al GP Ungheria abbiamo assistito a due modi diversi di intendere il gioco di squadra. Quello Ferrari e quello Mercedes. Maranello ha esplicitamente sacrificato Raikkonen fin dalla partenza, chiedendogli di svolgere il ruolo di fedele scudiero di Vettel per assisterlo e proteggergli le spalle anche nelle difficoltà. La Mercedes, viceversa, ha chiesto a Bottas di far passare Hamilton per cercare di attaccare le Ferrari. promettendogli che Lewis, se non fosse riuscito nell’impresa, gli avrebbe reso il 3° posto. Cosa che è successa platealmente all’ultima curva quando Hamilton ha rallentato per farsi superare dal compagno (col rischio che Verstappen dietro in agguato potesse beffarli).

Due modi di ragionare diversi e due stili diversi che più opposti non potrebbero essere. Chi ha ragione? Chi ha agito meglio tra le due squadre? 

Diciamo che sono comportamenti che rispecchiano la diversa cultura di questi due team. La Ferrari, fin dai tempi di Schumacher, non ha mai messo in pari condizioni i suoi due piloti. Irvine prima e Barrichello poi, negli anni furono regolarmente sacrificati per spianare la strada della vittoria a Schumacher; poi con Alonso è successo lo stesso ai danni di Massa. Arrivato Vettel, le gerarchie fra lui e Raikkonen sono apparse subito chiare. Specie quest’anno dove Kimi già a Montecarlo è stato richiamato ai box con un giro di ritardo per far andare al comando Vettel nel gioco dei pit stop. in Austria tre settimane fa a Raikkonen è stato chiesto di non fare il pit stop quando necessario perchè restasse in pista a cercare di ostacolare Bottas e Hamilton, sacrificandogli ogni chance di piazzamento finale.

In Ungheria il ruolo di gregario di Kimi è stato chiaro fin dal via: si è spostato in partenza per proteggere spalle e traiettoria a Vettel chiudendo ogni possibile varco alle Mercedes. Non solo, alla prima curva Kimi ha pure rallentato leggermente con malizia al punto di corda per frenare Bottas e Verstappen alle sue spalle che togliendo il piede dal gas nel momento in cui si dovrebbe invece riaccelerare a fondo, hanno perso quei venti/trenta metri dalle Ferrari che hanno permesso a Vettel e Kimi di compiere in tranquillità i primi giri concentrandosi sul ritmo da tenere invece di dover pensare a difendersi. Piccole furbizie da piloti esperti che Kimi ha eseguito alla perfezione.

Poi nel finale di gara, quando Vettel ha avuto problemi allo sterzo, Raikkonen era nettamente più veloce. Avrebbe potuto superarlo e involarsi verso la vittoria. Aveva un passo di mezzo secondo migliore nel piede. Ma avrebbe probabilmente fatto diventare Vettel facile preda di caccia di un Hamilton feroce alle sue spalle. Perciò è rimasto buono buono lì dietro Seb a tutelarlo, nella difficile posizione fra l’incudine Vettel e il martello Hamilton. Raikkonen ha rispettato gli ordini e probabilmente si è ricordato che deve ancora firmare il contratto 2018. Sacrificare la vittoria per aiutare il capitano è stata la contropartita che ha offerto a Marchionne e Arrivabene che adesso non potranno non riconfermarlo.

Due considerazioni vanno fatte. Prima di tutto chi comanda sono i team, non i piloti che da questi son stipendiati. Quindi è anche giusto che facicnao gli interessi di squasdra e non quelli personali. E l’interesse di squadra Ferrari è che il mondiale lo vinca Vettel perché è l’unico che ha davvero delle chances tra i due.

Secondo, la gerarchia in una squadra lo fa anche la personalità del pilota. Il suo temperamento, la sua capacità di imporsi e farsi dar retta da tecnici e meccanici. Insomma, di essere un leader, una guida per tutta la squadra. Schumacher era un leader dalla forte personalità, Alonso idem. Barrichello, Massa, lo stesso Raikkonen invece non lo sono mai stati. Bravi ragazzi, bravi piloti ma troppo deboli e a volte insicuri caratterialmente.

Un campione deve per forza essere anche “cattivo” e spregiudicato. Un corridore veloce ma caratterialmente debole non dà garanzie di essere un leader nella guerra per il mondiale. Perciò la Ferrari, se vuole continuare a lottare per il mondiale, ha fatto bene a scegliere il cavallo su cui puntare. Attenzione però: l’ha fatto fin dal 2015 quando ha assunto Vettel, mica ci è arrivata ieri a questa scelta. Umanamente fa male per Kimi, pilota leale e meritevole di un successo quelle poche volte che sa guidare al massimo. Ma ai fini strategici il GP Ungheria tatticamente è stato corso alla perfezione: andava difeso il capitano in testa al campionato. Costi quel che costi. Con ogni sacrificio. Perché ogni punto oggi può far comodo a Vettel, che deve solo speare di arrivare alle gare più favorevoli allla Mercedes con un certo vantaggio da gestire.  

Mercedes invece apparentemente ha fatto il gesto più elegante e corretto. Quello che si definisce un bel gesto. Alla de Coubertin. Ma ha fatot davvero bene? Toto Wolff ha spiegato a fine gara: “Questo è il nostro spirito di squadra. Noi non diciamo bugie. Avevano promesso a Bottas che avrebbe riottenuto il 3° posto nel finale se Hamilton non fosse riuscito a passare le Ferrari e così abbiamo fatto”. 

Complimenti. Tanto di cappello per il gesto elegante e sportivo, anche se è costato 3 punti iridati a Hamilton. C’è da dire che Mercedes, a differenza di Ferrari, da tre anni ha sempre dovuto mettere i suoi piloti alla pari quindi è abituata più di Ferrari a come controbilanciare favori e dispetti. 

Poi però da un video fuori onda è spuntata una scena incredibile: l’immagine di Wolff che, vedendo in tv Hamilton sul traguardo restituire la posizione a Bottas, si toglie le cuffie con rabbia e sbatte il pugno sul tavolo imprecando. Forse rivolto a Lauda che lo guarda stupito. Come se fosse all’ignaro di tutto e comunque come se non approvasse il bel gesto sportivo. Allora dov’è la ragione? Wolff è sincero o è un paraculo quando pronuncia le parole che ha detto a fine corsa? 

Ci crede quando sostiene che queste scelte dimostrano lo spirito di squadra e la correttezza del team, oppure fa buon viso a cattivo giuoco, perché non approvava in realtà la manovra che si è verificata forse a sua insaputa e poi laverà in casa i panni sporchi prendendosela con chi ha dato l’ordine di scambiare le posizioni? Mistero. Forse i 7 punti in più guadagnati da Vettel ai danni di Raikkonen vincendo a Montecarlo possono fare una bella differenza a fine stagione per la Ferrari, ma i 3 persi da Lewis difficile che cambieranno l’equilibrio di un mondiale dove si è visto che da una gara all’altra è facile recuperarne dieci alla volta di punti iridati. E in palio ce ne sono ancora 225. 

Certo, se il “bel gesto” Mercedes fosse sincero ci sarebbe da togliersi il cappello. Ma quel video fuori onda fa trapelare un bel po’ di ipocrisia. E dimostra che in realtà a Brackley non pensano davvero quello che dicono. Quindi con tanti saluti al rispetto umano, ha fatto bene la Ferrari a non guardare in faccia ai suoi piloti e prendersi il massimo dei punti per chi è in testa al mondiale. Basta che prima o poi, quando non ha niente da perdere, Vettel renda il favore a Raikkonen.


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