Formula 1, Vettel e la sindrome di Baku

Formula 1, Vettel e la sindrome di Baku©  sutton-images.com

Meglio il Vettel attendista di Montecarlo o quello aggressivo di Baku? Tra i quesiti emersi da Monaco emerge però un problema in casa Ferrari, dove urge risolvere il rebus delle gomme fredde

Alberto Sabbatini

28.05.2018 12:26

Secondo la Red Bull, il motore di Ricciardo, per il guasto al kers, il sistema di recupero dell’energia dai freni, a Montecarlo ha subìto un calo di potenza di circa 100 cavalli.

Su qualsiasi altra pista, una F1 con un deficit di prestazioni del genere, sarebbe stata sverniciata in rettifilo da chiunque come accadeva l’anno scorso ad Alonso con un motore Honda che aveva 120 cv in meno dei rivali. A Monaco invece Ricciardo ha fatto le spalle larghe, non ha offerto varchi ai rivali e ha resistito agli attacchi di Vettel per più di 50 giri. Com’è possibile? 

La prima spiegazione è che Vettel in realtà non ha mai attaccato davvero la Red Bull. Si è limitato a raggiungere Ricciardo e seguirlo da vicino. Però non ha mai cercato una volta un affondo, non l’ha disturbato, non si è fatto vedere, non è mai uscito dalla scia né ha tentato un affondo in frenata. Perché Vettel, quando Ricciardo ha cominciato ad accusare il calo di potenza aveva cambiato le gomme da pochi giri. E con i pneumatici ultrasoft che aveva montato doveva arrivare a fine gara, quindi percorrere quasi sessanta giri. Per cui, siccome c’era il rischio che le gomme si degradassero costringendolo a una seconda sosta - il che sarebbe stata una disgrazia perché poi sarebbe finito imbottigliato nel traffico del gruppo di centro classifica - ha cercato di guidare per tanti giri con i guanti di velluto per non sforzare le gomme. Se non vuoi affaticare gli pneumatici, la regola è una sola: guidare dolcemente. Ovvero, non forzare un ingresso in curva sennò finisci per consumare la spalla e il battistrada, non cercare un attacco in frenata per non spiattellare gli pneumatici, non uscire di traiettoria altrimenti raccogli sporco sulla mescola. 

Vettel ha così adottato una tattica “attendista” mettendosi al passo (lento) di Ricciardo, aspettando un suo errore oppure gli ultimi dieci giri di gara per cercare un vero attacco. A quel punto, se avesse conservato bene le gomme fino al 70° dei 78 giri restandogli in scia, avrebbe potuto giocarsi il tutto per tutto nelle staccate finali alla Santa Devota o in fondo al tunnel. O anche un sorpasso da brivido sorprendendo l’avversario in un punto imprevisto, come aveva fatto con successo Markelov in Formula 2 al Loews il giorno prima. Invece la virtual safety car, uscita per l’incidente Leclerc-Hartley al 73° giro, ha guastato la tattica di Vettel. In quel giro di neutralizzazione le gomme di Vettel si sono raffreddate troppo - la Ferrari soffre di questo problema - e quando è stato il momento della ripartenza, oltre a avere una McLaren doppiata fra i piedi, Vettel ha sofferto di mancanza di grip in inserimento di curva per più di un giro; così Ricciardo è riuscito ad aprire un gap di 5 secondi su una Ferrari sottosterzante che ha dato al pilota australiano un margine di sicurezza fino all’arrivo.

Col senno di poi Vettel avrebbe dovuto prendersi qualche rischio in più ben prima, verso il 30° giro, quando Ricciardo era stato appena colpito dal guaio, perché era in chiaro affanno e sarebbe stato più vulnerabile. Se anche Vettel avesse rovinato eccessivamente le gomme in un tentativo di sorpasso, avrebbe potuto proseguire lentamente invece di fare un nuovo pit stop. Tanto l’esito della gara ha dimostrato che anche andando piano, bastava fare le “spalle larghe” per mantenere la posizione. Però Ricciardo era davvero tanto lento sul giro: andava anche 4” più piano del ritmo di chi aveva pari gomme ultrasoft. Possibile che non ci fosse davvero modo di attaccarlo e mandarlo in crisi? Non nel finale di gara ma subito appena l’australiano ha accusato il calo di potenza. Lui stesso ha detto che per qualche giro ha temuto di doveri ritirare. Se la Ferrari avesse fatto una pressione esagerata per qualche giro, tipo quella che si è vista nella gara F2 di Markelov su Deletraz dove il russo si affiancava al rivale nella salita di Santa Devota per indurlo all’errore, Ricciardo non avrebbe potuto difendersi facilmente. Se Vettel l’avesse aggredito con cattiveria come sa fare lui, invece di aspettare una volata finale che non si è verificata, forse sarebbe andata diversamente. Ma è facile dirlo dopo, quindi fidiamoci del giudizio del ferrarista quando dice: «Attaccare Ricciardo era praticamente impossibile perché non riuscivo a stargli dietro nelle curve più lente». 

Però sicuramente Vettel è stato colpito dalla sindrome di Baku, dove per eccessiva frenesia e un tentativo di sorpasso malriuscito per colpa delle gomme fredde nella ripartenza dalla safety car, aveva buttato via i 18 punti di un secondo posto sicuro. Probabilmente, mentre seguiva Ricciardo, Vettel avrà pensato in cuor suo ai punti persi a Baku e si sarà detto che stavolta era meglio far tesoro degli errori del passato ed accontentarsi del secondo posto senza cercare rischi eccessivi. Anche perché a Baku c’era la via di fuga ad accoglierlo nel suo “dritto”; a Montecarlo invece ci sarebbero stati solo i guard rail. Ora però ci sorge un dilemma: ci piace di più il Vettel attendista e “ragioniere” di Montecarlo, che non ci prova nemmeno e si accontenta raccogliendo punti, o ci divertiva di più il pilota aggressivo a “la va o la spacca” di Baku 2018 o di molti Gran Premi 2017, dove a volte sprecava ma in tante altre occasioni raccoglieva il bottino pieno? A voi la risposta.

Di sicuro tra tante cose positive del 2018, è emerso un problema serio sulla Ferrari SF71H di quest’anno. Ha una pericolosa tendenza a non portare rapidamente in temperatura le gomme. Anche le sofficissime hypersoft e ultrasoft faticano sulla SF71H a scaldarsi, tanto che i piloti pagano questo problema nelle prime curve del giro in qualifica e nel giro di ripartenza dopo il pit stop. Il difetto si è visto nel giro di qualifica in Spagna e a Montecarlo, dove Vettel e Raikkonen perdevano decimi preziosi nel primo settore di ogni giro. E s’è ripetuto in corsa a Monaco quando al 16° giro non è riuscito il tentativo di undercut su Ricciardo perché Vettel nel giro di ripartenza a gomme fredde ha girato tutto sommato piano (1’18”1). Per cui, per puntare al mondiale, oltre che vincere la sindrome di Baku, urge risolvere il rebus delle gomme fredde.


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