Faletti, un estratto da Autosprint speciale

Faletti, un estratto da Autosprint speciale
Pubblichiamo l'articolo che apre il numero speciale di AS dedicato al grande artista scomparso un mese fa

11.08.2014 ( Aggiornata il 11.08.2014 23:34 )

Vi presentiamo l'articolo di Mario Donnini che apre il numero speciale di Autosprint dedicato a Giorgio Faletti. Prima di diventare il romanziere di successo che tutti conoscono, Faletti è stato per sei lunghi anni collaboratore di Autosprint dove teneva una rubrica dal titolo "Io, canaglia". In segno di omaggio alla memoria di questo grande artista che era anche uno sanguigno appassionato di automobilismo, Autosprint ha voluto realizzare un numero speciale monografico da collezione con la raccolta di una selezione degli articoli che Faletti aveva scritto fra il 1993 e il 1999. Questo articolo di Mario Donnini all'inizio del numero speciale, racconta il personaggio Faletti e spiega le ragioni che ci hanno spinto a pubblicare questa monografia. Autosprint speciale dedicato a Giorgio Faletti con la raccolta dei suoi articoli più belli è in edicola dal 12 agosto. ----------------------------------------------------- È inutile facciate finta di niente. La domanda l’avete in punta di lingua, quindi ponetela pure. Anzi, eccola: ma come, un anno dopo lo special su Enzo Ferrari, arriva un numero unico su Faletti Giorgio da Asti? Perché mai quest’antologia di mezza estate dedicata al best&long seller, autore della leggendaria rubrica “io, canaglia”? Okay, il rapporto privilegiato tra il compianto Giorgio Faletti e As c’entra, ma anche no. C’entra eccome, perché per noi era un amico di quelli buoni, oltre che un collaboratore di riconosciuto talento, quando a riconoscerglielo, al mondo, nel 1993, eravamo solo noi della redazione e, soprattutto, voi lettori. Ma anche no, perché i motivi veri sono altri. Riscoprendo Giorgio, noi e voi abbiamo l’opportunità di sfogliare un album di famiglia caldo di nostalgia - mai così Canaglia come stavolta, direte - gettando una passerella emotiva che fa apprezzare una volta ancora quanto Giorgio fosse grande con la penna in mano. E con l’anima in modulazione racing. Anni fa lo incontrai nell’hotel di rimpetto alla stazione di Bologna e il risultato fu l’intervista a cuore aperto che ripubblichiamo integrale in altre pagine del numero speciale. Il ritratto strano d’un uomo così appassionato di corse, trascinante, creativo, colto, telescopico, analitico e vero. In quell’occasione, come sempre accade, Giorgio non disse solo ciò che poi fu pubblicato, no, fece molto di più. S’abbandonò a un fluviale fuori onda che adesso è giusto e stimolante sbobinare e finalmente pubblicare perché dice e racconta tanto di lui. Mentre Angelo Orsi ci scattava foto, tante, avevamo tutto il tempo per parlare di robe sue e solo sue. Gli chiesi una cosa semplice, anche stupida - “ehi, perché ti sei messo a scrivere così bene e così tardi? ”, e lui partì a molla con un Kers che non sapeva d’avere dicendo: «Ma taci, che è stata la nostalgia. Alle superiori facevo temi fantastici. Cioè, io pensavo fossero normali, ma i voti non lo erano. Altissimi, per me quasi inspiegabili, con le professoresse che leggendomi mi guardavano più dolci. Eppoi finì lì. Quando secoli dopo il direttore di Autosprint mi chiese di scrivere per voi, io, davanti a me, non vidi i suoi baffi - mi perdonerà e se ne farà una ragione -, ma ricordai lo sguardo felice e divertito di quelle professoresse. Forse sarei riuscito, scrivendo, a farlo tornare in volti altrui. Il mio futuro avrebbe potuto contenere un frammento bello del mio passato adolescente. C’è della poesia, in tutto questo, non trovi? Se stai a questi giochi, la vita diventa più bella, ecco. Con voi e con me stesso tutto cominciò così. Quando mi raccontavate delle reazioni entusiaste dei lettori, puntata dopo puntata di “io, canaglia”, le mie sensazioni in fondo erano tornate quelle godute delle scuole superiori». Proseguii con quelle domande oziose giusto per ammazzare il tempo. Una, in particolare. Questa: ora Giorgio sei un autore tradotto in 40 paesi. Quanto è stato importante Autosprint, se lo è stato? E lui: «Poniamo che io scrivendo abbia vinto qualcosa. Non so quanto ma di certo molto più di quanto potevo prevedere. Bene, prendi Fernando Alonso. Prima di avere l’opportunità di correre con Briatore, aveva debuttato in F. 1 con la Minardi e poi per un anno ha fatto il tester Renault. Lì ha capito che poteva farcela, anche se nessuno all’esterno se l’aspettava. Be’, non sono mica Alonso, io, ma per me siete stati un po’ Minardi, per l’amicizia, il clima bello e spontaneo e nello stesso tempo un po’ un test team al top, perché con voi e grazie a voi mi sono messo alla prova con una bella platea, tanto e come pareva a me. Il resto, il successo come autore di romanzi, è stato sorprendente anche per me, ma tutto era nato, anzi rinato, prima. Con Autosprint. Quasi per gioco». Gioco mica tanto. Dal n. 10 del 1993 al n. 2 del 1999, per un totale di 295 puntate, Giorgio in “io, canaglia”, umilmente per noi fa di tutto e di più. A cinquantamila lire al pezzo, 25 euro di adesso. Una pizza margherita con birra piccola, al cambio attuale. Dallo sbotto di satira pura, diretto, da opinionista finto-sgangherato, in prima persona, a quello a sponda, usando l’artificio della lettera rubata, del manoscritto ritrovato, perfino della missiva accorata al direttore, del tabulato fantasma, dell’intercettazione ambientale, financo dell’evangelo apocrifo. Dal dialogo fittizio tra personaggi vivi a scene di dibattito tra illustri anime del paradiso, vere o immaginarie, Enzo Ferrari e Ayrton Senna su tutte, ma ogni volta portando alla luce una sorridente, irriverente, ridacchiante fiammata di verità che ha per sottotesto una profonda preparazione e per risultato il divertimento di chi legge venato del retrogusto d’una riflessione agrodolce e mai banale. Faletti è già autore, con e in Autosprint. Sfaccettato e complesso anche se apparentemente sfacciato e semplice. Per questo va riscoperto e gustato. Perché vale. Perché valeva fin da allora e tante delle sue conclusioni alla Pulcinella che scherzando-scherzando dice la verità restano valide ancora oggi, nel nostro mondo. A voi il piacere stuzzicante di scovare e capire quali. Eppoi la forma. Giorgio spediva ad Autosprint col fax, in carta chimica. Roba nata perfetta. Mai una correzione, mai una virgola da togliere o aggiungere, never a single mistake: senza errori. Simply perfect. E lo stile. Secco, nervoso, onestamente paraculo, scosso e scuotente, imprigionato in una colonna claustrofobica che con lui diventava una stanza che non aveva pareti ma alberi. Giorgio per sei lunghi e velocissimi anni è stato il nostro cielo in una stanza. Quindi - «In un momento di stasi, nella quale non avevo neanche più tanta voglia di far ridere» - la svolta thriller. Dalle poche righe di “io, canaglia” al mezzo milione di battute di “Io uccido”. Quell’io quasi freudiano scaramanticamente ripetuto era la sola cosa in comune tra i due impeti, visto che col suo primo annichilente, stupendo thriller, Giorgio s’era tramutato da crisalide in farfalla. Dagli spazi stretti della colonna di sinistra di As, volava negli orizzonti infiniti del romanzo, dove i pensieri correvano liberi e soffici come nuvole, pronte da bianche a trasmutarsi in cirri tempestosi tra i fulmini mortiferi di delitti efferati frutto, più che di moventi, di motivazioni antiche e malate, con la levità della pagina a far da contrappunto ai colpi incalzanti e stordenti del timone della trama. Un grande, punto. Che scrivesse per Baldini&Castoldi o Einaudi - la sua Ferrari letteraria alfine meritatamente raggiunta -, Giorgio continuava a vincere. Sempre. Lo farà, ne siamo certi, anche in queste pagine. Un “Giorgio Faletti io canaglia Greatest Hits” antologico, da leggere lentamente e poi da custodire con lieta gelosia. E l’affetto forte con cui negli ultimi anni, al crescere del suo successo, avevamo capito che la salute l’aveva abbandonato. Certe interviste e diverse chiacchierate telefoniche s’interrompevano prima del tempo, con lui che chiudeva la comunicazione, dicendo seccamente “scusa, sto male”, clic. Okay, no problem. Magari non richiamerà, speriamo bene. Invece, poco dopo richiamava. Sempre. Mica solo perché stava un po’ meglio, no, perché era okay, era uno che non se la tirava. Al punto da dire: «Oi, pronto, rieccomi, anche se non ho niente da aggiungere. Il fatto è che salutarsi bene nella vita è una cosa importante. Mi sono ripreso, non era niente, statemi bene anche voi, a presto. Ciao, né». Stavolta è toccato a noi, con questo numero speciale, il piacere di richiamarti. Per salutarti così. Per salutarti bene. Ciao, Giorgio. Mario Donnini

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