Il 2 settembre la
McLaren ha compiuto
50 anni. Era il 2 settembre del
1963 quando
Bruce McLaren, allora 26enne neozelandese, pilota e ingegnere venuto in Europa per proseguire la carriera di pilota professionista,
fondò una piccola squadra per costruirsi da solo le proprie auto da corsa stanco dell’esperienza di guidare e mettere a punto monoposto altrui, per primo le Cooper che aveva guidato fino ad allora.
McLaren quando fondò la
marca con il suo nome non era esattamente un pivellino: aveva 26 anni e all’attivo già una
quarantina di Gp in Formula Uno. Aveva già vinto 3 Gp in giovanissima età, un fenomeno per quei tempi in cui si arrivava in F.1 a età avanzata. Lui aveva bruciato le tappe tanto che trionfò nel suo primo Gp, in Usa nel 1959, ad appena 22 anni e tre mesi. Toccò aspettare l’arrivo di
Fernando Alonso quarant’anni dopo per
togliere a Bruce McLaren quel record di più precoce vincitore in Formula Uno.
Paradossalmente, da quando Bruce fondò la McLaren, smise di vincere in F1: conquistò un solo Gp al volante delle sue monoposto, nel 1968 a Spa. Era più preso dall’attività di costruttore e imprenditore per concentrarsi soltanto in quella di pilota.
Nel 1968 il team divenne tutto neozelandese, anche se aveva
base in Inghilterra, nel Surrey: accanto a lui McLaren chiamò il campione del mondo,
Denis Hulme, suo connazionale. Per come è nata la sua carriera, McLaren avrebbe potuto diventare il
Ferrari d’Inghilterra. Ma a quel tempo era la
Lotus il marchio mitico anglosassone, non il suo, relativamente giovane. McLaren non riuscì mai a conquistare quel titolo mondiale o da pilota o da costruttore perché
nel 1970 perse la vita a Goodwood, all’età di
33 anni, in un
incidente mentre provava una sua vettura Can-Am, le grosse biposto con motori V8 7 litri per le corse Usa dove la McLaren correva con successo dominando la categoria.
Lasciò la moglie e il socio, l’avvocato americano
Teddy Mayer che prese in mano le redini della McLaren per dare continuità al
sogno di Bruce. Nelle sapienti mani di Mayer la McLaren decollò e cominciò a diventare vittoriosa e un team di riferimento. Mayer distolse l’attenzione della McLaren dalle altre categorie dove correva il team (
Can Am, F2, F.5000) e si concentrò sulla
F1 dove attrasse capitali e finanziamenti sfruttando la grande popolarità della massima formula in quei primi Anni ‘70, tanto che fu tra le prime squadre a cambiare colore per motivi di sponsor.
Bruce l’aveva fondata dipingendo le sue macchine con il
colore arancione e come marchio aveva un
disegno di un Kiwi, un uccello tipico della Nuova Zelanda. Ma in F1 la McLaren cambiò veste cromatica più volte: prima quella bianca con righe nere e marroni dello sponsor di profumi Yardley, poi dal 1974 quella biancorossa della Marlboro che divenne sponsor storico per gli anni a seguire. E con i soldi Marlboro arrivò il successo: la
McLaren ingaggiò Emerson Fittipaldi, già campione del mondo con la Lotus due anni prima, per correre nel 1974 e conquistò con il brasiliano il primo di tanti titoli mondiali. Il segreto era anche una monoposto vincente che entrò nella storia della F1: la
M23 a cuneo,
disegnata da Gordon Coppuck che
dominò e vinse tra il 1973 e il 1976. Dopo Fittipaldi venne
Hunt e quell’incredibile titolo mondiale del ‘76 vinto ancora contro una Ferrari, come nel ‘74, ma in questo caso
Lauda e non
Regazzoni.
Ma poi al termine di quella stagione la
McLaren entrò in una fase di oblìo. Il team andò in
crisi con l’avvento delle
wing car e questo favorì l’avvento di
Ron Dennis, ex meccanico della Brabham, che aveva un proprio etam F2 sponsorizzato sempre dalla Marlboro.
Dennis convinse lo sponsor comune ad appoggiarlo per rilevare e risollevare la McLaren.
Dennis acquisì così nel 1980 la McLaren da Mayer e dagli eredi di Bruce, fondò una nuova società, la McLaren International e chiamò come ingegnere John Barnard che nel
1981 costruì la
prima monoposto con telaio in fibra di carbonio. Poi nel 1982, sempre complice i soldi del munifico
sponsor Marlboro, convinse
Niki Lauda a tornare alle corse.
Lauda portò alla McLaren il terzo titolo mondiale F1, nel 1984.
Dennis, nel frattempo aveva convinto i
proprietari arabi della Tag-Heuer a finanziargli la costruzione presso la Porsche di un motore turbo V6 per la nuova era dei sovralimentati; quel
V6 turbo Porsche-Tag montato sull’evoluzione del t
elaio MP4 di Barnard divenne imbattibile per anni. E la McLaren iniziò una striscia di successi prima con
Lauda, poi con
Prost (1985 e 1986). Poi
dal 1988 si legò alla Honda e continuò la striscia di successi iridati con Senna ottenendo ulteriori titoli mondiali per quattro anni di seguito, dal’88 al ‘91.
Il resto è storia recente: la McLaren nel 1996, dopo una breve parentesi con la
Peugeot come motorista, si legò alla
Mercedes: perse il
colore bianco-rosso Marlboro per acquisire quello
argento Mercedes ma da quel sodalizio sono venuti altri titoli mondiali
Piloti e
Costruttori, con
Hakkinen prima e
Hamilton poi. L’ultimo nel 2008. Nel frattempo le ambizioni di Ron Dennis sono cresciute a dismisura: ha deciso di diventare
costruttore anche di auto stradali realizzando una berlinetta, la
Mp4-12C anti-Ferrari e questo lo ha portato alla lite con Mercedes che nel 2014 fornirà per l’ultima volta i motori alla squadra inglese. Dal 2015 al fianco della McLaren in F1 ritornerà la
Honda, partner storico degli Anni ‘90.
La
McLaren di oggi è un colosso che ha una sede faraonica nei dintorni di
Woking, a sud overst di Londra, impiega
oltre duemila dipendenti, ha conquistato
182 vittorie in F,1, seconda della storia dopo la
Ferrari,
8 titoli mondiali F1 Costruttori e 11 titoli Piloti e ha conquistato il trittico storico sogno di ogni appassionati di motorsport vincendo anche a
Indianapolis (tra il 1972 e il 1976) e alla
24 Ore di Le Mans (nel 1995). Produce e costruisce circa duemila auto sportive e ha una divisione elettronica che fornisce le centraline in esclusiva sia a tutte le squadre di F1 che a quelle della Nascar.
Nemmeno
Bruce McLaren, quando cinquant’anni fa fondò la sua fabbrica, poteva immaginare tanto. Anche per gli appassionati inglesi più integralisti, la
Ferrari d’Inghilterra non è più l’opaca
Lotus ma è ormai diventata la
McLaren.
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