I tondi a ruote fumanti dopo la vittoria in
India - scena usuale nelle gare Usa, meno nel più laccato mondo della F1 - e il successivo plateale inchino davanti alla sua RB9, hanno sicuramente aiutato a preservare dai fischi il podio di
Sebastian Vettel (infatti non ci sono stati, a differenza di altre vittorie). Indubbiamente anche la gara stessa ha avuto il suo peso, visto che stavolta non ha condotto asetticamente dal primo all'ultimo giro, ma è stato anche
capace di risalire senza problemi dal 17° posto dopo il primo pit-stop anticipato un po' forzosamente, senza stare ad aspettare il cedimento delle gomme soft. Anche il
ritiro di Webber è avvenuto quando già l'australiano era dietro, a scanso di ipotesi complottistiche. Al tutto aggiungiamo il più che lecito
clima di festa conseguente alla conquista del quarto titolo mondiale (aggiungendo quello Costruttori per la squadra) che si giustificano ampiamente i
complimenti a Vettel arrivati prima di tutto dai suoi avversari, ma anche da moltissimi che pure non sono suoi tifosi.
Eppure, sembra proprio che a tanti tutto questo
non sia sufficiente. Ovviamente non si sta a contestare la liceità di avere
simpatie e/o antipatie per questo o quel pilota. Ma il
poker di titoli conquistato (per non parlare della quantità di gare vinte) vorrà pur dire qualcosa. Con un
Seb Vettel che oltretutto più si va avanti e più accumula e mette in campo esperienza, dimostrandosi più maturo della sua età. Eppure gli si continua a
contestare qualcosa, anche al di là dei fatti. Gli si contesta di non essere bravo a rimontare, quando invece in svariate occasioni (fra cui Brasile 2012, ma anche oggi) ha proprio dimostrato il contrario. Come se poi fosse una colpa conquistare
innumerevoli pole position e da lì seminare tutti già nei primi due-tre giri. Allora gli si va a contestare di aver vinto solo con un team, quando non è certo stato l'unico pilota a farlo, dimenticando oltretutto che nemmeno con la
Toro Rosso aveva fatto brutta figura.
Forse allora va ribaltato il discorso: forse il difetto sta invece in chi, dopo tutte queste
stagioni vincenti di Vettel, ancora non ha l'acutezza di vedere quanto "di suo" il tedesco ha messo in quella che certamente è una splendida
prestazione complessiva di tutta la squadra. Perché chiedere la "
controprova" alla guida di un'altra auto è sicuramente il modo migliore e definitivo per capire il reale valore del pilota. Ma, se permettete, è anche un sistema "troppo facile": non bisogna certo essere degli esperti per capire che un pilota (o comunque un atleta di qualsiasi sport) è vincente, solo
dopo che questo ha vinto, per di più svariate volte...
Dunque il discorso si allarga: se ci pensiamo, in Italia si è arrivati a dire che
Mika Hakkinen "non era tanto male" solo dopo due titoli mondiali, e si è "scoperto"
Ayrton Senna solo dopo la sua gara sotto l'acqua a Montecarlo. Ripetiamo, "troppo facile". Per cui le critiche,
certe critiche, a Vettel fanno riflettere più in generale sull'atteggiamento sportivo e sulla cultura automobilistica di certi "tifosi" (ovviamente non tutti, vivaddio). Che non si rendono nemmeno conto, fra l'altro, che in questo modo non fanno che
sminuire, indirettamente, chi gli arriva dietro...
Maurizio Voltini