Quando si parla di
spettacolo e attrattiva relativamente alla
Formula Uno, un appassionato pensa subito ai duelli in pista. Ultimamente pure alla diminuzione del
rumore. Ma c’era una volta anche una serie di “eventi scenografici” che rendevano più spettacolari le F1 pure dal punto di vista visivo: si pensi alle
scintille contro l’asfalto, ai dischi freno
incandescenti, alle
scie di Berenice (i “rivoli” aerodinamici di condensa generati alle estremità dell’ala posteriore) e così via.
Ebbene, fra le cose che il
Gruppo Strategico della F1 si sta apprestando a studiare per riportare spettacolarità nella categoria, ci sono anche queste. Nelle prossime riunioni programmate fra il 1 e il 6 maggio, uno dei punti che certi team vorrebbero portare da analizzare sarà proprio quello di
rendere più intrigante la F1 da vari punti di vista, pensando al passato. Per cui si discuterà su come rendere il sound più gratificante - sebbene nell’impossibilità di riprodurre il lacerante urlo dei 12 cilindri ci si accontenterà probabilmente di “barare” con il volume... - ma anche su come
recuperare certi effetti visivi.
Ricordiamo che se ora non vediamo più quei vistosi “scintilloni” è per via del
regolamento che ha imposto un fondo “scalinato” per impedire che le monoposto fossero troppo vicine al suolo, rendendo inutili i
pattini in magnesio responsabili di questo effetto in precedenza. Come pure se ora difficilmente si vedono i
dischi freno incandescenti è perché i condotti di raffreddamento sono ben dimensionati, anche per via degli effetti aerodinamici “secondari” che possono permettere.
Questioni che potrebbero variare mettendo mano al regolamento: nel caso dei freni si ipotizza una
semplificazione dei condotti che oltre a ridurne l’efficacia primaria ne mitigherebbero pure gli effetti indotti di cui parlavamo, portando anche a una
riduzione dei costi, almeno nelle intenzioni (in realtà si butterebbero anni di studi in galleria e bisognerebbe ridefinire una parte consistente dell’aerodinamica). Inoltre i
dischi in carbonio possono lavorare fino a 1200°C, ma bisogna poi vedere che su piste come Singapore non si arrivi a passarli.
Per quanto riguarda
le scie dall’ala posteriore, queste erano causate da più fattori concomitanti: uno era il grande differenziale di
pressione fra facciata superiore e inferiore (ma anche laterale) dell’ala, conformata molto “carica”; l’altro la presenza di una certa
umidità nell’aria che arrivava a condensarsi per effetto di tali salti di pressione. Ora, posto che le regole attuali hanno limitato parecchio le dimensioni caratteristiche dei
profili alari, che dunque non generano più certi carichi, speriamo non salti fuori l’idea di applicare all’ala un...
umidificatore!
A parte le battute, in ogni caso resta evidente che si tratterebbe più che altro di
tanta scenografia, di soluzioni mirate ad effetti hollywoodiani indubbiamente piacevoli, ma pur sempre
artificiosi, senza andare ad intaccare in modo più profondo l’aspetto sportivo e tecnico. Ma siamo sicuri che gli
appassionati abbiano bisogno solo di “cinema”?
Maurizio Voltini