Eccoci ad analizzare quello che è stato l’impiego dei
pneumatici Pirelli in occasione del
GP in Canada, sempre con l’aiuto delle relative infografiche. Come a Monaco, anche in questa occasione sono state portate le
mescole più morbide disponibili in gamma, vale a dire
la supersoft e la soft, distinguibili per la banda rossa e gialla rispettivamente. Però le differenti velocità e condizioni climatiche in gioco hanno determinato un utilizzo diverso da parte delle squadre.
Infatti a Monaco è stata generalizzata la tattica su
un solo pit-stop, ma anche per via dell’
aumento delle temperature, qui a Montreal solo la Force India ha seguito questa tattica. E visto che
Perez (cambio gomme esattamente a metà gara) si è ritrovato a lottare nel gruppetto di testa (prima dell’incidente con
Massa) diremmo che si sia rivelata positiva o quantomeno equivalente. Va tuttavia considerato che i primi 7 giri (cioè il 10% della gara) sono stati effettuati in regime di
safety car. Ma ciò non è stato sufficiente a far cambiare idea a quanti hanno impostato la
gara su due soste, strategia oltretutto più flessibile specie in previsione di altre neutralizzazioni, qui statisticamente probabili. E in effetti la safety car è stata “chiamata” due volte, pur se quasi ininfluenti essendosi trattato del primo e dell’ultimo giro.
La statistica vede
33 pit-stop totali, che portando a una media di 1,5 soste a pilota farebbe pensare vi sia stata un’equa spartizione delle strategie fra una e due soste. Invece, come spesso accade, i numeri sono condizionati da altri fattori, in questo caso i
ritiri di Bianchi, Chilton, Ericcson, Maldonado e Kobayashi prima di poter effettuare la loro prima sosta. Per cui in realtà oltre al già citato Perez, solo
Hulkenberg ha adottato la tattica del pit-stop singolo: è per questo che i due detengono il
record dei giri percorsi per set, con 34 di Perez sulle supersoft e 41 di Hulkenberg sulle soft.
Peraltro il tedesco è partito in controtendenza, montando
fin dal via le gomme soft per cambiarle con le supersoft al 41° giro. Quindi una buona gara, visto che col 5° posto finale ha salvato la buona prestazione complessiva della Force India, sebbene non si possa ignorare si trovasse comunque
alle spalle di Perez e di Massa prima dell’incidente, come pure abbia avuto non poche difficoltà a contenere
Alonso e soprattutto
Button, riuscito a sfruttare molto bene l’ultimo set di soft nonostante l’avesse montato al 38° giro. Eppure sul finale la
McLaren era molto veloce, tanto da permettere a
Button di ottenere l’ottimo 4° posto proprio all’ultimo giro "buono", beffando appunto
Alonso e Hulkenberg in lotta serrata fra loro.
Ciò detto, alla fine si è dunque rivelata statisticamente migliore la scelta di effettuare
due pit-stop con sequenza supersoft-soft-soft, per quanto sembri che le strategie “gommistiche” non siano ciò che ha fatto davvero la differenza, quanto piuttosto le singole
messe a punto degli assetti, e quindi al modo in cui questi stressavano o no i pneumatici. Tant’è vero che oltre a Button va segnalato come
Ricciardo sia riuscito a compiere dei giri finali superlativi (che gli hanno meritato la vittoria finale) nonostante avesse montato gomme soft usate al 37° giro! Fra le “mosse” positive dell’australiano, da evidenziare anche il
primo pit-stop anticipato che gli ha permesso di evitare perdite di tempo in una situazione sfavorevole di traffico.
Infine, il grafico mostra come tattiche pressoché simili abbiano portato a risultati molto differenti. Se prendiamo ad esempio
Alonso, posto che non si possa prendere a confronto
Rosberg e la Mercedes (nonostante i problemi), vediamo come una strategia simile l’abbia adottata
Magnussen, che però è finito tre posizioni più indietro. Insomma, i
problemi Ferrari sono altri, e non basta che i
meccanici di Raikkonen abbiano effettuato
il cambio gomme più veloce, in 2,5 secondi. Perché è invece
Ricciardo quello che ha perso complessivamente meno tempo considerando tutta la permanenza in corsia box. Insomma, non basta svettare in certi aspetti, ma bisogna curare tutto: in questo caso, per esempio, che il regolatore di velocità in pit-lane sia tarato davvero al limite e che non ci siano altre perdite parassite di tempo. Una dimostrazione in più di come alla
Red Bull curino molto ogni singolo dettaglio e come questo incida sui riscontri finali.
Maurizio Voltini