Si potrebbe pensare che con un
cambio di regolamento così radicale come quello di quest’anno, con il passaggio dal buon
vecchio motore aspirato otto cilindri a una
“power unit” così complessa (e costosa), una squadra come la
Williams non avrebbe avuto speranze contro una
Ferrari. I fatti stanno dimostrando, se non proprio il contrario, almeno una
sostanziale parità. Ma con presupposti molto diversi, che riflettono una profonda differenza di filosofia. Non parliamo, adesso, del motore: è chiaro che il
PU106 della
Mercedes fa la differenza rispetto allo
059/3 di
Maranello.
Ma non è tutto. La
Ferrari F14 T è, per dirla in un aggettivo, una
macchina sbagliata. Ma più passano il tempo e le gare di questo mondiale, più si vede che è sbagliata perché si è “voluto” sbagliarla.
Vediamo di spiegare: quando i progetti di queste F.1 ibride sono partiti, più o meno per tutti all’inizio del 2012, si sapeva già che la
Mercedes, intesa come squadra di Brackley,
sarebbe stata davanti a tutti. Perché aveva più
tecnologia, più
risorse e anche più
uomini per fare un lavoro migliore. Credeteci o no, persino alla
Ferrari tanti sapevano di partire battuti. Solo che non immaginavano di prendere una paga così. Ma con tutto questo, hanno seguito ancora una volta la filosofia della formichina.
La
F14 T è una macchina da piazzamenti. Al sabato entra nella Q3, con
Alonso e persino con
Raikkonen (con due eccezioni finora, in Australia e Cina), che sta facendo
rimpiangere Massa e piangere i tifosi. Ci riesce anche perché, finalmente, ha un
telaio in grado di trasmettere energia alle gomme, e quindi di portarle in temperatura subito. Ma ci riesce soprattutto per via del lavoro svolto al venerdì, invariabilmente con meno benzina - anche 20 Kg - rispetto agli altri.
Questo provoca facili illusioni negli spettatori che la vedono 3° o 4° al venerdi e poi spesso rimangono delusi, anche se
Alonso a Spielberg ha ottenuto il miglior piazzamento di qualifica di tutta la stagione con il quarto tempo (
ringraziando Hamilton e i suoi errori).
Il risvolto positivo è che si hanno buone indicazioni sul comportamento a serbatoi quasi vuoti: e questo lo vediamo in molte gare, compresa quella in
Austria.
Fernando aveva 10”4 di distacco dal leader dopo tredici giri, prima di entrare al primo cambio gomme. Ben 58 passaggi più tardi, sul traguardo,
è arrivato a 18”553 da Rosberg, che non si stava certo risparmiando per tenere dietro Hamilton.
È evidente che
a serbatoi pieni la Rossa soffre di più rispetto alla concorrenza (le strategie di pneumatici, in Austria, non hanno fatto la differenza tranne che per la
Force India). Non solo: a un certo punto, sempre nel finale,
Fernando è stato in grado di avvicinarsi fino a un secondo e mezzo dalla Williams di Massa. Ma non sarebbe
mai riuscito a superarla. E qui viene fuori la differenza concettuale. La
Williams FW36 non è una macchina “complicata” e anche gli ultimi affinamenti aerodinamici, come dice
Massa,
«sono più che altro modifiche di dettaglio».
Ma a forza di dettaglio la sua “veste” è cambiata parecchio, e quasi sempre in maniera efficace. Le
prese d’aria dei freni, che mandano subito in temperatura i battistrada anteriori, sono un buon esempio. Poi ci sono le velocità massime.
327,5 Km/h in qualifica (Massa) contro 319 della Ferrari (Raikkonen).
321,4 Km/h in gara - ancora Felipe - contro i miseri 307,3 di Nando. Ora, è ovvio che la velocità di punta è “figlia” della potenza massima del motore, ma non solo.
La Williams va forte in rettilineo perché ha una filosofia precisa, basata sull’efficienza
aerodinamica, sulla penetrazione.
La
Red Bull ha scelto il concetto opposto,
spostando l’equilibrio tutto sul carico aerodinamico. E forse ha sbagliato, per gare come l’Austria. Ma almeno ha vinto in Canada, pista potenzialmente ostica almeno quanto quella “di casa”. Conclusione:
Vettel e Ricciardo hanno ancora qualche speranza di far bene, magari in Ungheria, magari a Singapore.
Massa e Bottas possono guardare con fiducia ad altri appuntamenti, magari Spa, magari Monza.
Ma la
Ferrari, dov’è che può vincere? Dov’è che può qualificarsi in pole o in prima fila? Da nessuna parte. La
F14 T è condannata alla mediocrità, e con essa i suoi piloti - uno più dell’altro - a meno di non inventarsi qualcosa di radicale sull’aerodinamica.