Mentre a Suzuka si dibatteva di
Alonso e di
Ferrari e del futuro pilota di Maranello, un altro evento a diecimila km di distanza aveva un personaggio Ferrari per protagonista: il salone dell'auto di Parigi. Dove stavolta la novità più importante non era un'automobile, ma la conferenza stampa in cui
Montezemolo avrebbe parlato per l'ultima volta
da presidente Ferrari.
Un evento tutto sommato storico: quello di
un presidente che lascia - anzi viene buttato fuori - contro ogni logica aziendale dall'azienda che ha diretto per 23 anni con risultati eccezionali. Vale la pena raccontarvi quella mezz'oretta nell'atelier privato dietro lo stand
Ferrari, tra un musetto della F1 dell'anno scorso appeso al muro ed i pellami dei rivestimenti dei sedili delle Gt stradali a far da coreografia perché l'abbiamo vissuto di persona e quello che è successo fa capire ancora meglio la vera natura dei
rapporti di forza al vertice Fiat e Ferrari.
Montezemolo ha mostrato un po' di commozione e tanta rabbia repressa, nascosta sotto a un sorriso forzato. Ma a un primo momento si era lasciato andare, raccontando fatti e aneddoti, come di quando la
Fiat era talmente in crisi finanziaria nel 2002, che dovette cedere il 35% della proprietà a
Mediobanca e un'altra piccola fetta, il 5%, fu comprata da
Mubadala (il fondo d'investimento di Abu Dhabi) che arrivò grazie ai buoni rapporti che intratteneva con la Ferrari di cui divenne anche sponsor e per cui realizzò il Parco tematico del Cavallino ad Abu Dhabi.
Insomma, quanto basta per far dire a
Montezemolo:
"In quell'anno la Ferrari fu fondamentale per Fiat...". Una frecciata
a Marchionne e alla famiglia Agnelli e la rivendicazione di un merito, quello di aver contribuito all'epoca a trovare un salvatore per la Fiat.
Poi la conferenza ha cambiato tono: perché all'improvviso si è materializzato nella saletta anche
Marchionne e Montezemolo, con educazione ma anche controvoglia pur se celata dietro a un sorriso, l'ha educatamente invitato a sedersi al suo fianco. Da quel momento però è cambiato tutto. Le parole di
Montezemolo, da appassionate e franche che erano all'inizio, si sono fatte più misurate e formali. Marchionne, gomito appoggiato sul tavolino e mento poggiato sul palmo della mano, lo osservava di sottecchi da un paio di metri, quasi volesse cogliere critiche nascoste e doppi sensi, pronto a intervenire e correggere o puntualizzare.
Una scena francamente imbarazzante, con il presidente uscente sotto esame e il suo successore lì a fargli sentire l'ingombrante presenza e quasi a fargli capire chi detiene adesso il potere.
A un certo punto
Montezemolo ha anche commesso un lapsus, parlando della quotazione in Borsa del gruppo. Quando ha detto:
"È Il momento adatto per una staffetta alla Presidenza (e chissà quanto gli sarà costato dire queste parole...)
alla vigilia di un momento storico importante come quello della quotazione della Ferrari-Chrysler...".
Marchionne è intervenuto correggendolo con determinazione:
"No, non Ferrari-Chrysler, ma Fiat Chrysler". E
Montezemolo:
"È un lapsus perché ho sempre la Ferrari in testa...".
Ma in una seconda occasione
Montezemolo fra le righe è riuscito a far passare una frecciatina: quando ha detto, parlando della appena presentata
Ferrari 458 Speciale Aperta, la spider esposta al salone,
"Non chiamatela l'ultima Ferrari di Montezemolo, ma semmai l'ultima Ferrari della Ferrari". Che intendeva dire la macchina più recente del Cavallino, ma a tutti è suonata come una battuta relativa al fatto che senza di lui non ci saranno più
vere Ferrari.
Imbarazzante anche il momento sull'immancabile domanda sul
caso Alonso. Marchionne ha svicolato facendo capire che lui entrerà in carica solo il 13 ottobre, quindi ha tagliato corto:
"È materia di Luca, chiedetelo a lui".
E
Montezemolo, che sa bene che l'accelerazione della rottura con Alonso viene su impulso di Marchionne, è stato sibillino:
"Alonso per me è il miglior pilota del mondo, specialmente in gara. Non si è mai tirato indietro. Il suo futuro? Sta parlando con Mattiacci, credo che ci si debba venire incontro fra le sue esigenze e quelle della Ferrari. Vediamo cosa vuol fare lui e ci parleremo in funzione delle necessità della squadra. L'importante è avere un buon clima nel team, c'è un contratto, loro (
Alonso e Mattiacci, ndr)
stanno parlando e si troverà la miglior soluzione. Ma non c'è l'assillo di trovare la soluzione in fretta, l'assillo è di fare una bella gara in Giappone".
Parole che si prestano a varie interpretazioni. Ma anche un modo elegante di comunicare il suo pensiero. Che forse lui un accordo diplomatico per salvare il matrimonio del pilota con la squadra l'avrebbe trovato. E che se non si trova, la colpa non è sua ma di Marchionne.
A
Marchionne poi è stato chiesto quante volte si senta con
Mattiacci. E lui ha spiegato il suo pensiero con un esempio:
"Ci parliamo spesso ma soprattutto per sms, non a voce perché siamo sempre all'altro capo del mondo. Ma non è che stia sempre li a controllare cosa fanno. È un po' come al ristorante: ordini di fare il ragù e i cuochi lo fanno, ma non vai continuamente in cucina a guardare gli ingredienti e controllare anche punto è la cottura". Quindi è una parziale ammissione del fatto che, a
Mattiacci, è stato
Marchionne a dare istruzioni precise di agire in un certo modo ed è lui l'ispiratore della strategia di svincolamento da
Alonso.
Alberto Sabbatini