La “Lone Star”, la stella solitaria della bandiera texana, campeggia accanto alla Stars’n’Stripes degli Stati Uniti. Da queste parti si sentono un bel po’ indipendentisti, e la gente di
Austin per lo più non sa neanche che non solo questo non è il primo
Gp degli Usa, ma che in passato si è corso nello stesso stato, a Dallas.
In compenso
l’atmosfera è già bella carica, gli alberghi pieni, il clima di festa anche per l’avvicinarsi (venerdì sera) di Halloween. Anche al centro accrediti ti accolgono teschi e scheletri completi appesi al soffitto. Nel
paddock, però, si festeggia un po’ meno. Già si pensa al sabato, alle
qualifiche con solo diciotto vetture. Che diventeranno diciassette visto che
Sebastian Vettel - con grande disappunto dei media locali - ha già fatto sapere che starà a guardare.
La sostituzione prevista della power unit completa lo obbliga a partire dai box.
La
Ferrari aspetta il momento giusto per annunciare il suo nuovo campione, che addirittura avrebbe già rilasciato interviste “da ferrarista” alla tv, tenute però sotto embargo. Una situazione assurda, dovuta al fatto che
Fernando Alonso non ha ancora sciolto il dubbio sul suo futuro. Finché non si muove lui, niente da fare. Almeno fino ad Abu Dhabi.
Mancano Marussia e Caterham. La famiglia di
Jules Bianchi ha fatto sapere che il pilota continuerà a essere seguito nell’ospedale di Yokkaichi in Giappone, le sue condizioni “continuano a essere serie ma stabili”. In compenso è arrivato
Marcus Ericsson, della Caterham: gli svedesi lo vedranno almeno in tv, nelle vesti di commentatore.
Si discute perciò sul formato delle
qualifiche. Oggi, giovedì, dovrebbe arrivare la conferma ufficiale dai commissari di gara:
quattro esclusi nella Q1, quattro nella Q2, e i rimanenti dieci a giocarsi la pole. Senza
Vettel, ovviamente.
Alberto Antonini