da Interlagos (Brasile): Alberto Antonini
Chi avrebbe mai detto che
queste F1 così goffe e pesanti, che nelle prime gare dell’anno beccavano quattro secondi al giro da quelle del 2013, sarebbero state in grado di
battere un record che resisteva da dieci stagioni? Eppure oggi, a
Interlagos, è successo. Il 1’10”646 della pole di
Rubens Barrichello con la Ferrari nel 2004 è stato spazzato via dal supertempo di Rosberg, 1’10”023 (per i pignoli: Barrichello in un’altra sessione aveva fatto anche meglio, con 1’09”822, ma accontentiamoci).
Merito sicuramente del
nuovo asfalto che ha donato maggiore aderenza e
livellato le sconnessioni che mettevano in crisi l’aerodinamica, soprattutto alla prima curva. Ma un po’ di credito va anche riconosciuto ai motori turbo, il cui sistema di aspirazione compressa riesce a compensare l’altitudine.
In passato, a Interlagos
si perdevano 50-60 cavalli (sui motori V8 da 2400 cc). Ora la potenza massima è più o meno la stessa che si potrebbe avere a Sochi, a livello del mare. In più, c’è l’evoluzione tecnica nel corso della stagione. Che ha premiato di più squadre come la
Williams, oggi in seconda fila dietro le Mercedes.
La
Ferrari, invece, è più o meno al livello di sempre: non ha grosse difficoltà a entare nel Q3, ma qui deve accontentarsi.
Raikkonen ha trovato un miglior feeling di guida ma in qualifica il sottosterzo è tornato.
Alonso ha sofferto un problema con la batteria nella prima uscita, ma questo non ha pregiudicato il resto della sessione.
Certo che
se in gara pioverà (probabilità 60 per cento, per ora) le cose potrebbero cambiare. In peggio per
la Williams che non ha troppo carico aerodinamico (342 km/h toccati alla misurazione!), in meglio per la Mercedes che ha evidenziato sia doti di velocità che
ottima trazione nel settore più guidato. Ma questa non è più una novità.