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Interviste ritrovate: Nigel Mansell

È l'anno "di grazia" 1986 quando Nigel Mansell rilascia ad Autosprint l'intervista che abbiamo ripreso nello Speciale con le "interviste ritrovate". Non è quella di un debutto, ma piuttosto di una rinascita modello Fenice: perché se l'inglese è in F1 dall'80, è tuttavia solo quest'anno quello che lo vede "esplodere", anzi rinascere. Perché è proprio questa stagione in Williams che lo farà ribattezzare da "Mansueto" a "Leone", grazie all'incredibile grinta che mostrerà in gara una volta presa piena coscienza di sé e delle proprie capacità, misurate al fianco di grandi campioni come Keke Rosberg e Nelson Piquet. Del resto i risultati e quindi la carriera di un pilota non dipendono sempre solamente da lui, e Mansell non manca di evidenziarlo nell'intervista quando gli si chiede delle differenze fra Lotus (dove ha corso per 4 anni) e Williams come team. «La prima grande differenza fra le due squadre - "spara" subito Nigel senza tanti giri di parole - è la percentuale minima di stupidaggini che alla Williams fanno. Vogliono sapere tutte le cause delle rotture, o le spiegazioni degli errori; non hanno mai sprecato tempo per urlare o per piangersi addosso. Il mio rapporto è stato quindi perfetto fin dall'inizio. Quando ho provato per la prima volta con il team di Frank, mi era sembrato di essere tornato indietro nel tempo: perché si lavora come alla Lotus nell'epoca di Chapman». Mansell era infatti un pupillo di Colin Chapman, che appunto lo volle alla Lotus prima della scomparsa nel 1982. Una perdita che il pilota inglese sentì sia a livello personale - «Per sostituirlo, alla Lotus sarebbero servite almeno tre persone di altissimo livello», dichiarò Mansell in proposito - sia da quello sportivo per le prestazioni seguenti del team e della monoposto. Infatti lui ricorda così i mesi successivi: «Fu un periodo terribile. La Lotus 93T era una monoposto tremenda, forse la peggiore F1 mai costruita. Se ne rese conto anche la squadra intera. Quando arrivò Gerard Ducarouge, a metà stagione '83, le cose iniziarono a migliorare nuovamente, ma ormai i rapporti in seno al team si erano deteriorati». Dopo aver parlato anche del modo di gestire in gara le macchine di quel periodo, che già dovevano fare i conti con la gestione di motore, gomme e consumi, così risponde Mansell alla domanda di come vorrebbe fossero le monoposto e i regolamenti della F1: «La situazione ideale sarebbe che le vetture avessero una potenza più o meno identica, con una differenza massima di 10 cavalli tra l'una e l'altra, senza restrizioni di carburante in modo da poter viaggiare più velocemente con meno potenza. Mi piace immaginare una Formula 1 con una dose di cavalli pari a 750-800». Viene facilmente da pensare che anche ai giorni nostri un pilota come il "Leone" non avrebbe modificato più di tanto le sue opinioni, vero? In ogni caso, trovate sullo Speciale Autosprint attualmente in edicola tutto quello che pensava Mansell sui suoi rapporti non solo con i team Lotus e Williams, ma anche con la Honda e con gli altri piloti come Keke Rosberg, Alain Prost, Nelson Piquet e Ayrton Senna (piuttosto tesi, per inciso, quelli con i piloti brasiliani…) in quella stagione che, lo ricordiamo, finì con Mansell e Piquet a giocarsi il titolo fino all'ultima gara di Adelaide, dove però lo conquistò Prost…