La pioggia ha azzerato tutti i piani immaginati dai team alla vigilia del Gran Premio di Monaco. Quello che poteva essere uno scenario alternativo, Ricciardo al via con le supersoft e tutti gli altri piloti nella top ten con le ultrasoft, ha ceduto il passo all'uniformità di scelta che una gara bagnata imponeva. Gomme full wet, i 15 minuti prima della chiusura della pitlane per saggiare l'aderenza, il via dietro safety car per prendere ulteriormente le misure. In un week end caratterizzato dal sole e un asfalto oltre i 41° C in qualifica, ci si è trovati di fronte a un quadro del tutto diverso.
Serviva "improvvisare" e chi ha giocato bene le proprie carte è stato Lewis Hamilton. Una sola sosta per lui, imitato solo da Wehrlein, buon 12mo con la Manor. Il resto l'ha fatto il box Red Bull, che ha distrutto una gara dominata da Daniel Ricciardo, lasciandolo senza gomme slick, in attesa, nella pitlane al giro 32. Tra i primissimi a liberarsi delle Pirelli full wet, Magnussen e Button, giro 7 e 8 rispettivamente, seguiti da Vettel al 13mo. Purtroppo per il tedesco e per la Ferrari, rientrerà dietro Massa, perdendo 7 giri dietro una macchina più lenta e compromettendo il risultato finale.
Proprio Felipe, così come Sainz, Rosberg, Perez e Ricciardo, sono stati tra i piloti che meno hanno utilizzato la gomma intermedia, poche tornate, 9 nel caso di Perez e Ricciardo, prima di montare le slick. La decisione, corretta, di Hamilton, è stata quella di proseguire su un asfalto che per ampi tratti mostrava una traiettoria asciutta, lasciando nel settore finale tracce di umido più importanti. Complice il fatto che il sorpasso è cosa quasi impossibile a Montecarlo, Ricciardo ha ripreso l'inglese - girando molto più veloce con le intermedie contro le full wet di Lewis - senza trovare il varco per guadagnare la posizione in pista.
Il passaggio alle gomme slick si è concentrato in tre giri: dal 30mo passaggio in cui si fermano, tra i primi 10 all'arrivo, Perez e Button, al 32mo scelto da Alonso, Ricciardo e Massa. Gran traffico al giro 31, quando in Mercedes decidono di fare il pit doppio, sfruttando l'ampio margine (27") che separava Hamilton da Rosberg. Nico ha pittato in contemporanea con Vettel, Hulkenberg e Sainz, perdendo la posizione su Sebastian e su Alonso, che è rimasto in pista un giro in più con le intermedie, fermandosi al giro 32. Sono stati ben 4 i secondi di differenza nel giro d'uscita tra Vettel (1'48"0) e Rosberg (1'52"0), gap nel quale si è inserita la McLaren.
Sull'asciutto le scelte sono state tutt'altro che uniformi. In tanti hanno preferito le gomme ultrasoft, Hamilton, Rosberg, Gutierrez, Wehrlein, Grosjean, riusciranno ad arrivare al traguardo; Ricciardo, Alonso, Sainz, Button, Massa opteranno per le supersoft, mentre le due Force India e Vettel per le morbide. Nell'analisi complessiva degli stint, Perez effettua 48 tornate con le gomme morbide, Button 47 con le supersoft, tanti quanti ne fanno Rosberg e Hamilton con le ultrasoft. Quanto ai tempi, pur con la differenza di mescola, sono poco più di 3 decimi a separare la miglior prestazione di Hamilton su ultrasoft (1'17"939) dall'1'18"294 di Ricciardo con supersoft. Molto più lento Rosberg (1'18"763 con la ultrasoft). Con gomme morbide, invece, Vettel rifila oltre 4 decimi a Perez nel miglior giro preso in esame: 1'18"005 contro 1'18"446, segnale di una competitività relativa a parità di gomma della SF16-H.
«A inizio gara, in condizioni di bagnato, i team hanno dovuto capire il punto di crossover tra full wet e intermedie, nonostante non avessero dati sul bagnato a Monaco con l’ultima generazione di monoposto. Di conseguenza, come spesso accade qui, le squadre hanno dovuto rivedere al volo le loro scelte strategiche. Abbiamo visto molte tattiche differenti, con Lewis Hamilton che è rimasto sulle full wet passando direttamente alle purple slick: un fattore-chiave per la sua splendida vittoria. Un mix brillante di strategie ha visto diversi piloti guadagnare posizioni rispetto a quelle di partenza, su un circuito dove i sorpassi sono notoriamente difficili», analizza Paul Hembery.