Il circo arriva, corre e va. In Qatar come in Arabia Saudita, in Bahrain, in Turchia, in Russia, in Azerbaijan, in Cina. Posti, più di altri, dove la materia del rispetto dei diritti è questione di stabile attualità.
Alla Formula 1 si rinfaccia spesso lo stringere accordi con paesi non esattamente campioni di democrazia. A Losail, nell'avvicinamento al GP del Qatar, il promoter ha assicurato "libertà di esprimersi" ai piloti. A Losail, nel venerdì di prove libere, Lewis Hamilton è sceso in pista con un casco arcobaleno e un messaggio: al posto del consueto We Rise Together (cresciamo insieme; ndr), un We Stand Together (restiamo uniti; ndr).
Parlare dei diritti e rendere la F1 responsabile
Un simbolo, come tanti. Circa l'efficacia effettiva, tanti dubbi. Come l'idea, di alcuni, che quanto è sport non debba confondersi con tematiche di ordine politico e sociale.
"Un singolo può fare solo una certa parte, piccola, di differenza; insieme possiamo avere un impatto più grande. Certo, quindi, che vorrei più sportivi e sportive esprimersi su questi temi.
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Quel che è importante, credo, è che proviamo ancora a portare consapevolezza su questi problemi e, pur essendoci stati dei cambiamenti nel corso del tempo, non è mai abbastanza", ha commentato Hamilton al giovedì.
"Come sport e personalmente, siamo stati in molti di questi paesi ignorando, essendo inconsapevoli di alcuni problemi che ci sono. Sta a te stesso scegliere di imparare e rendere lo sport maggiormente responsabile, assicurarci che faccia qualcosa quando si corre in questi posti. Per questo ho provato a far sentire la mia voce".