Felipe Massa parla e spiega tutto. Il brasiliano racconta per filo e per segno tutti i termini dell’affaire, svelando in esclusiva la situazione relativa alla ridefinizione del caso Singapore 2008 all’interno della storia della F.1 e anche e soprattutto del mondiale assegnato a Lewis Hamilton. Titolo che il brasiliano rivendica in sede sportiva e, se necessario, anche legale, dopo le dichiarazioni dell’ ex capo del Circus Bernie Ecclestone, risalenti al marzo scorso. Quando Mister E di sua spontanea volontà ha ammesso che il Gp di Singapore, minato dalla frode sportiva dei capi del team Renault Flavio Briatore & Pat Symonds, che mandarono a muro Piquet jr per far vincere Alonso, andava annulla- to, consegnando così il mondiale a Felipe. Questo non fu fatto solo per evitare un danno d’immagine alla F.1. Pertanto privando scientemente Felipe (e la Ferrari) di un titolo sportivo legittimamente conquistato in pista.
Quando è iniziata dentro di te la voglia di sostenere questa battaglia? Dopo le parole di Bernie?
«Anzitutto permettimi di dire grazie di cuore per il tuo aiuto e di Autosprint, per lo spazio e l’appoggio che mi date, il tutto all’interno di una lunga vicenda di reciproca amicizia. Venendo all’argomento sotto i riflettori, posso dirti che ovviamente sono venuto a sapere tutto del caso Singapore durante la stagione 2009, quindi con mesi di ritardo rispetto a quanto accaduto nel finale del 2008. E l’ho subito considerata la più grande manipolazione mai avvenuta all’in- terno di una gara automobilistica, la quale è quindi diventata di fatto, a tutti gli effetti, una gara rubata. Non solo: al tempo io chiesi consiglio sul da farsi agli avvocati della Ferrari, ma loro mi risposero che ormai i mesi erano passati, il titolo era stato assegnato e non c’era più niente da fare. Per legge non si poteva più provare a cambiare le cose. Ma quando, di recente (ovvero dall’inizio dello scorso marzo, ndr), si è venuto a sapere direttamente dalle parole di Bernie Ecclestone che le autorità sportive e tutti coloro che contavano erano perfettamente a conoscenza della frode sportiva perpetrata a Singapore, malgrado questo decidendo di non fare nulla, cioé di non annullare quella gara, al fine di non distruggere l’immagine della F.1, be’, per me ciò è stato un vero colpo al cuore. Venire a sapere e metabolizzare che le cose erano andate proprio così mi ha fatto provare sensa- zioni particolari e anche vivere un momento difficile. Però da lì ho avuto la certezza che in nome della giustizia è assolutamente doveroso cercare di portare a casa il titolo che ci hanno rubato».
Parli al plurale, non al singolare. “Ci” hanno rubato. Puoi spiegarti meglio?
«Il titolo è stato rubato a me, certo, come pilota, ma anche al mio Paese, al Brasile, ai tifosi, alla stessa Ferrari, alla mia famiglia e anche alla storia stessa, perché la giusta verità dei fatti indica che applicando le regole sono io il campione del mondo e nessun altro».
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