Home

Formula 1

Mondo Racing

Rally

Pista

Foto

Video

Formula E

Autosprint

LIVE

F1 2023: i 5 temi del campionato

Tre... mendi!

Di non voler più essere un ragazzino, Max Verstappen lo ha deciso praticamente da subito. Era già abbastanza sicuro di sé per non voler fare la parte del pivello nemmeno a Suzuka, nel 2014, quando la Red Bull, via Toro Rosso, lo mise in macchina per la prima volta in una sessione di libere e lui aveva addosso gli occhi del mondo. Ma anche avesse voluto diversamente, non avrebbe avuto scampo: in troppi avevano già puntato su di lui per concedergli del tempo. Per papà Jos Max è stato un progetto di vita, “costato forse il matrimonio”, per Helmut Marko invece è stata una scommessa vinta dopo averci puntato senza nemmeno pensarci troppo su: folgorante il modo in cui era emerso in una giornata di pioggia a Norimberga. Altro che crescita, subito un contratto di F1 con la promessa di saltare su una Red Bull entro tre anni. Ne sarebbero serviti meno della metà.

Quella stessa F1 che lo ha accolto si divideva a metà: c'era chi diceva di fare attenzione a quel ragazzino brufoloso perché stava arrivando il nuovo Maradona del volante, e chi invece si trincerava dietro un più circospetto scetticismo. Da allora, Max ha messo d'accordo tutti, mettendo a frutto un talento fuori dal comune con un successo propiziato finalmente da una macchina all'altezza. In questi anni rispetto a tanti colleghi la crescita fisica di Max è stata più graduale rispetto all'esplosione muscolare che hanno avuto tanti altri colleghi, il conto in banca si è gonfiato ed il palmarès arricchito a dismisura. Attorno a sé Max ha le stesse persone del debutto: Jos, Marko e Horner, anche se nel frattempo si è aggiunta Kelly, la quale a quanto pare gli ha trasmesso quella pace interiore che gli ha permesso di fare uno scatto in più anche a livello professionale. Non avremo mai la controprova, ma c'è chi è pronto a giurarlo.

In macchina Max si è affinato, come si confà ad un talento cristallino che ha solo bisogno di essere sgrezzato. Alla velocità Max ha aggiunto l'arte della pazienza: non sempre e mai volentieri, ma vi ricorre nei momenti giusti. Lo fa controvoglia quando serve, non quando non ha più necessità di classifica, come dimostra la partenza di Las Vegas, dove oltre ad un errore in frenata Max ha offerto anche una frenata non priva di rischi: ma a titolo vinto, a Max non interessa calcolare, così com fu a Interlagos 2022. Altre volte, invece, è stato più guardingo, anche se quest'anno non si direbbe, visto che ha potuto fare praticamente ciò che voleva. In un'annata che verrà ricordata per la cascata di record portati a casa, ci sono state spesso due gare: la sua e quella degli altri.

Per il resto, fuori dalla pista, Max si è ammorbito in alcune circostanze, anche se quando qualcosa non gli va a genio, lo dice: è stato l'unico a schierarsi apertamente contro Las Vegas, è l'unico che con costanza ripete che gare e garette in numero eccessivo non sono un bene. I tratti oggi sono più maturi rispetto a quelli efebici degli inizi, ma lo sguardo è rimasto lo stesso: ricorda quello di papà Jos, e dalla visiera, ogni volta che vengono inquadrati i suoi occhi di ghiaccio, traspare un senso di durezza, con le pupille fisse sull'obiettivo. Magari non regala troppo di sé fuori dall'abitacolo, se è vero che a casa la prima cosa che fa è mettersi al simulatore a guidare: ma anche questo rivela un cannibalismo riscontrabile solo in poche altri figure.

Il titolo del 2021 lo ha forgiato e dopo una battaglia che avrebbe potuto far cedere chiunque, oggi Max si gode un raccolto fin troppo abbondante anche per le sue più rosee previsioni. Quella che stiamo vivendo, è la passeggiata solitaria di un'invincibile armata che dopo aver resistito negli anni bui, quando la Pu Renault non era tutta 'sta gran cosa, ora si sta gustando i frutti di un lavoro andato avanti a testa bassa, creando i presupposti per l'occasione. Max, un freddo, si è quasi commosso nel raccontare che l'ultimo giro a bordo della RB19 è stato emozionante, perché sapeva di dire addio ad una macchina che ha fatto la storia. Christian Horner, dopo 19 stagioni, può finalmente dire gongolando che anche la Red Bull si è tolta la soddisfazione di fare 1-2 nel campionato Piloti; Adrian Newey, invece, ha scoperto che si può sempre fare meglio pur veleggiando verso i 65 anni e dopo una carriera che sembrava irritepetibile già prima; e poi c'è Marko, che chissà quante volte avrà ripensato a quel pomeriggio di Norimberga. E siccome il tempo vola, oggi si ritrovano già tutti quanti a festeggiare il terzo titolo iridato, in una stagione in cui non hanno fatto prigionieri: tre... mendi.

Sfoglia per continuare a leggere