Un po' come Cassandra, Alain Prost ha avuto in dote un dono e una maledizione. Cassandra ebbe la virtù della profezia, ma la maledizione di restare sempre inascoltata; Alain ha avuto la grazia di sopravvivere ad Ayrton Senna, ma con la condanna di essere ricordato, un po' troppo ingiustamente, come il "cattivo".
E' successo anche ad altri sportivi, che hanno avuto la sola "colpa", o la sola fortuna, di sopravvivere all'eterno rivale. E' andata più o meno così pure tra Fausto Coppi e Gino Bartali, altri due giganti che hanno consegnato alle competizioni una rivalità andata oltre i confini sportivi. Rispetto ad Ayrton Senna, Alain è nato cinque anni prima ed ha vissuto, per ora (e con tutti gli scongiuri del caso), trent'anni di più. Ayrton se n'è andato a 34 anni, Alain Prost oggi può godersi i suoi magnifici 70 anni, più del doppio del brasiliano; come se il destino, anche in questo, avesse deciso di metterli agli antipodi.
Quella sfida con Senna
Lo erano, agli antipodi. Tranne che per l'ambizione. E fu proprio quella a metterli ai due lati del ring, perché in piedi alla fine poteva rimanerne solo uno. Ayrton era estro, istinto, un filo di incoscienza. Alain no: era calcolo, raziocinio, controllo totale e maniacale delle situazioni. Entrambi efficaci, a modo loro. Con una certezza, che ci è stata tramandata da chi in quegli anni c'era, da chi Senna e Prost li ha visti correre in pista, lavorare ai box e camminare nel paddock: due fuoriclasse, ma se Alain aveva la macchina esattamente come voleva lui, state tranquilli che non lo avrebbe battuto nessuno. Erano diversi anche per i modi di fare: Alain era più diplomatico e più politico. Fu lui, il primo a scatenare il punto di non ritorno, l'incidente di Suzuka 1989 ben ripagato (da Ayrton) con la stessa moneta a Suzuka 1990. Alla fine, vincendo la McLaren in entrambi i casi, ci rimise solo la Ferrari, ma questa è un'altra storia.
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Prost contro i grandi
Comunque, vedete? Non si può parlare di Prost senza citare Senna, ma vale anche il contrario. Perché hanno dato vita a qualcosa di unico, irripetibile nella F1. Ma parlare di Prost significa parlare pure di Lauda, di Mansell, di Piquet, di Schumacher. Con Schumi si sono a malapena sfiorati, ma nell'albo d'oro è come se ci fosse un ideale passaggio di consegne: l'ultimo titolo di Alain è del 1993, il primo di Michael dell'anno successivo. Passaggio di consegne che potrebbe valere anche tra lo stesso Michael e Ayrton, un po' come avvenne allo stesso Prost con il suo compagno di squadra precedente in McLaren, Niki Lauda. Con Lauda, Alain si è giocato un titolo ed ha perso: quel mezzo punto a favore di Niki nel 1984 è il distacco più piccolo mai registrato in F1 per una faccenda iridata, il che rende Prost, oltre che uno straordinario tetra campione del mondo, pure un Illustre Sconfitto. Ne ha vinti quattro, Alain, ma ne ha persi altrettanti d'un soffio: il 1983, il 1984, il 1988, il 1990. Sognò di vincere con i colori di casa, quelli della Renault, ma dovette tornare in McLaren per farcela davvero, nella squadra che lo aveva lanciato ad inizio carriera. A Woking diventò grande, a Maranello cercò la consacrazione definitiva, con la Williams del 1993 trovò l'ultima gioia prima di dire basta.
A "lezione" da Lauda
Con Lauda aveva affinità anche nel soprannome: Niki era il "Computer", Alain il "Professore". L'epiteto è nato proprio sulle lezioni di Niki: perché già in quel 1984 Alain era più veloce, ma il titolo finì a Lauda. Da lui, Alain prese quegli spunti che poi lo avrebbero fatto diventare grande davvero. Divenne un maestro nella messa a punto, perfetto nella gestione delle gomme, il numero uno per visione di gara. Poco appariscente, poco appassionante persino, ma tremendamente efficace. E questo suo essere poco spettacolare, forse lo fa emergere meno di altri nella memoria degli appassionati, ma nessuno si è mai lamentato di avere Prost al volante di una sua macchina. E poi, quei difetti forse un filo ingigantiti, tra l'idiosincrasia per la pioggia (in Brasile, patria di Senna, lo chiamavano "O Cauteloso", nomignolo dispregiativo andato ben oltre i confini brasiliani) ed il suo licenziamento in tronco da parte della Ferrari al termine di un 1991 disastroso. La "paura" per la pioggia affonda radici nel terribile incidente di Pironi a Hockenheim 1982, con Didier costretto a dire addio per sempre alla carriera in F1: un trauma dal quale Prost non si riprese mai del tutto. E poi, quella frase sulla 642: "Si guida come un camion", riferito alla pesantezza del mezzo. La traduzione, sbagliata, fu "la Ferrari è un camion" e fu fatto fuori senza possibilità di replica.
La storia gli riconoscerà la giusta grandezza
In questi suoi 70 anni, Alain Prost merita un posto di rilievo nel panorama della F1, perché resta uno dei più grandi di sempre. E' un campione che rimane, immeritatamente, troppe volte in dissolvenza rispetto ad altri. Era talmente efficace, quando correva, da diventare quasi "noioso". Ma aveva uno dei piedi destri più pesanti che la F1 ricordi, e questo va oltre qualsiasi classifica di gradimento. Perché poi, come accade sempre con quelli che hanno ragione troppo in anticipo, si finisce per dar loro ragione troppo in ritardo. Cassandra ne sa qualcosa. E forse pure Alain Prost. Joyeux anniversaire, Alain.