Quando usa la doppietta, la Ferrari lascia una rosa ampia e devastante. Al Drake le vittorie pigliatutto piacevano più d’ogni altra cosa, perché gli uno-due sono i trionfi d’uomini che più premiano le macchine. Imprese le quali, persino a prescindere da chi le compie, fanno godere la squadra intera, il marchio, la firma. E restano, di solito, nella storia Ferrari a significare qualcosa di simbolicamente importante.
Ferrari, una lunga storia di doppiette
Questa è l’86esima. La prima ha luogo nel 1951 con Ascari e Gonzalez nel GP d’Italia a Monza e di fatto annuncia l’iniziale e iniziatica era iridata Rossa, quella 1952-1953 con “Ciccio” medesimo che poi ne ottiene nove, in collaborazione con Taruffi, Farina e Villoresi, a sublimare l’inaugurale ciclo mondiale del Cavallino. Proprio mentre, nel 1953, la Ferrari stessa diventa la prima squadra al mondo a centrare l’iride in F.1 - che era solo per Piloti - e quello nelle gare di durata - che era solo per Case -: una doppietta pure questa, no?
E ce ne sono altre indimenticabili, addirittura doppiette doppie, come il poker a Spa 1961 con Phill Hill, von Trips, Ginther e Gendebien, ovvero la passerella a due di Monza 1966 con Scarfiotti-Parkes, piloti entrambi al quarto Gp in carriera. E vanno citate pure le quattro Ickx-Rega tra il 1970 e il 1972, a segnare la nascita dell’era 12 cilindri Boxer.
Poi c’è Spagna 1974, quando Lauda e lo stesso Regazzoni facendo il pieno spiegano al mondo che è in atto la rinascita Ferrari della prima era Montezemolo, che porterà Niki a segno l’anno dopo, col titolo vinto. Ribadito nel 1977.
L’en plein di Villeneuve e Scheckter a Monza 1979 dove lo mettiamo? Be’, a volte con una doppietta inizia un ciclo, altre volte termina. Lì si chiude la raccolta di mondiali Piloti del duo Drake-Forghieri, grazie a Scheckter scortato da Villeneuve, quindi tanto di cappello. Pure alla correttezza di Gilles. Però, sempre per la Ferrari ci sono doppiette per così dire catastrofiche. Quella di Imola 1982 tra Pironi e Villeneuve è l’inizio della fine di un’amicizia e anche di una coppia teoricamente fortissima, rovinata dall’individualismo di chi non seppe rispettare precedenze e cartelli, in questo caso Didier, ahinoi e ahilui.
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Ferrari, quando le doppiette feriscono
Poi, certo, robe tipo Austria 2002 o Indianapolis dello stesso anno, servono solo a restare con la bocca amara. Nella prima, Barrichello, stizzito dall’odioso ordine di scuderia by Jean Todt, fa passare in extremis Schumi, nella seconda c’è una specie di volatone tra i due che si dicono quasi - come Fantozzi e Filini - vinca lei, no, ma ci mancherebbe, batti lei; e alla fine la spunta Rubens ma manco lui in fondo in fondo sa di preciso perché. Fatto sta che il tedesco e il brasiliano rappresentano la coppia più prolifica da questo punto di vista, considerando che di doppiette correndo insieme ne ottengono in tutto ventiquattro.
Anche il giorno dell’ultimo mondiale Piloti conquistato da una Ferrari è sinonimo di doppietta, con Raikkonen primo davanti a un Massa molto altruista e al servizio della squadra. L’anno dopo, quello controverso del mondiale che Felipe ancora va cercando nelle aule dei tribunali, è anche l’ultimo del titolo Costruttori vinto dalla Rossa, guarda caso con tre doppiette della coppia finnico-brasiliana.
Da lì in poi, è bene sottolinearlo, le doppiette in casa Ferrari diventano rare. Solo sette, in sedici anni. Praticamente un evento ricercato ma infrequente assai, quindi davvero entusiasmante, e quotatissimo, in quelle poche volte che capita.
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