Scusate, ma, a forza di far finta di niente, sarà anche ora di parlarne. Perché da un anno a questa parte in Ferrari - e pure fuori - si continua a ignorare che Sebastian Vettel non è più una soluzione del Cavallino Rampante, ma il problema.
Attenzione, chiariamoci: magari dal prossimo Gp Seb si sveglia e, da lì in poi, li vince tutti. Chissà, la vita è strana, tutto ci può stare. Ma non è questo il punto.
Perché adesso i fatti dicono ben altro.
Da un anno a questa parte, quindi da oltre venti Gran Premi, Vettel commette in media un grave errore ogni due gare e da inizio stagione si sta dimostrando in difficoltà perfino sul giro secco al confronto con il compagno di squadra Leclerc, il quale ormai gli sta davanti con indicativa regolarità.
A fronte di questo, fino a oggi Sebastian Vettel non è stato mai messo minimamente in discussione, il vertice della squadra continua a dargli piena fiducia e addirittura a livello di tattiche di gara puntualmente quella che funziona di più viene riservata a lui, che ha anche il privilegio di poterla rifiutare, se non ne è del tutto convinto.
Mentre, al contrario, Leclerc sembra dover lottare in pista a ogni Gran Premio con una sorta di avversario invisibile in più, ossia ciò che gli viene puntualmente prescritto dal muretto. Non che sia davvero così, ma, paradossalmente, l’impressione resta questa, considerando che anche la gestione dell’entrata della Safety-Car a Silverstone ha segnato un nuovo schiaffone sulle tenere e acerbe gote del peraltro stupendo pilota monegasco.
In altre parole, se la Ferrari non ha la miglior monoposto del lotto non è mica un dramma. Cose che non dovrebbero ma possono capitare, quando al top da un lustro c’è un superteam come la Mercedes. Dispiace però che dall’inizio anno a oggi la Red Bull si stia dimostrando in netta progressione, tanto di fatto da aver non solo millimetricamente scavalcato la Rossa, specie al confronto in condizioni gara.
E, ben al di là di questo, ci sono alcuni atteggiamenti della Ferrari che restano misteriosi, poco facili da spiegare e indecifrabili ai più. In particolare, perché far finta di niente di fronte alla spettacolare, malinconica e devastante crisi di Sebastian Vettel? Perché non prendere atto che la sua è la sequenza di errori più intensa, dannosa e preoccupante di un pilota Ferrari in 69 anni di F.1 iridata? Perché non sottolineare che di fronte a una mitragliata di svarioni del genere - in gergo, parlasi di Vettelate -, un timoniere come Enzo Ferrari avrebbe avocato a sé la situazione, convocando il pilota per uno scambio spassionato di battute, tale da ammettere qualsiasi possibile esito?
Ecco, qui nessuno vuole la testa di Vettel. Non è detto che fare a meno prima possibile dei suoi servigi sia la soluzione giusta. Ma cavarsela con una frasina di circostanza anche stavolta e guardare dall’altra parte non pare più la soluzione utile e ideale. Perché, dai e dai, ignorare la questione significa ingrandire il problema e soprattutto tenerselo tale e quale a tempo indeterminato. Sì, per almeno un altro anno e mezzo pieno, tanto s’estende la durata del contratto in vigore tra le parti.
Cosa succede a Sebastian Vettel? Mica facile capirlo. Di certo deve spiegare due ordini di questioni, ossia le seguenti:
A) Sotto pressione, sbaglia puntuale.
B) Più si va avanti, più soffre il confronto diretto col compagno di squadra Leclerc. Da ciò si arguisce che il guaio non è la Ferrari Sf90, la quale di suo non è stellare, avendo preso a Silverstone trenta secondi dalla Mercedes, malgrado una Safety-Car che ha neutralizzato la gara dopo 20 giri. No, anche se la Rossa andasse meno della Williams, in un momento nero come questo, il Sebastian Vettel di mezza estate sarebbe ultimo dietro a Leclerc, penultimo.
Ecco, semplicemente questa è una situazione che la Ferrari non può assolutamente permettersi. È tempo che la squadra scopra e realizzi cosa esattamente sta capitando sul Pianeta Vettel.
E allora delle quattro l’una:
1) Vettel potrebbe essere vittima di una semplice crisi (ma quasi infinita per tempistiche, pressioni e aspettative della F.1) transitoria, causa congiunzioni astrali sfavorevoli. Tranquilli, improvvisamente tutto tornerà a posto, tipo ai tempi dei quattro titoli mondiali con la Red Bull, e chiunque ha scritto un solo rigo di perplessità nei confronti di Seb, se ne pentirà amaramente. Magari a partire dal prossimo Gp.
2) Vettel potrebbe vivere quella che Enzo Ferrari definiva la parabola del campione. Ciascuno risponde al suo orologio psico-biologico-motivazionale. Prima o poi, passato l’apice, inesorabilmente peggiori e vai meno forte e, per compensare, spesso commetti più errori. Che sia la prole, la famiglia a carico o cosa, può darsi che Seb ne abbia sempre di meno, per cause naturali. In fondo Scheckter finì fritto come pilota a trent’anni d’età e Seb ne ha trentadue.
3) Vettel potrebbe avere problemi personali particolari, di foro interiore. Non comprensibili ma solo lontanamente intuibili dall’esterno, tali in ogni caso da minare la sua serenità e, di conseguenza, il rendimento in pista.
4) Vettel ormai sarebbe alla fine della luna di miele con la Ferrari, in quanto la reciproca fiducia ormai è svanita per sempre. Al termine della quinta stagione in Rosso, Michael Schumacher cominciava a vincere una mitragliata di titoli mondiali, cinque, mentre Seb potrebbe aver consolidato la certezza - e con lui il team nei suoi confronti -, che la possibilità d’abbracciare un titolo mondiale è più lontana del giorno in cui approdò a Maranello, per dare vita al dopo Alonso.
Be’ chi scrive teme terribilmente il punto 2) e si augura gioiosamente lo scenario 1). Anzi, come si dice in questi casi, spero tanto di sbagliarmi e forza Seb. Ma questo, in fondo, non sposta i termini.
Il punto è un altro. La situazione in Ferrari ormai sta toccando, per il caso Vettel, il livello di guardia ed è indifferibilmente ora di smettere d’ignorare il problema all’apparenza e di cominciare un confronto interno - mica un dibattito pubblico come marito e moglie che litigano il pomeriggio a pagamento in Tv sulle reti commerciali, neh -, allo scopo di capire e capirsi sullo stato delle cose.
Perché sono proprio le indicazioni e il sincero e reciproco contributo dialogico a poter dare indicazioni preziose sullo stato reale del rapporto e sulla sussistenza o meno di prospettive future di miglioramento della situazione. È tempo, cioè, di stilare una road map che permetta di ricalendariare target & sfide, riprogrammando la stagione alla luce del chiarimento da operare in maniera urgente e franca.
Il pilota si deve spiegare più di quanto abbia fatto fino a oggi e ha il dovere di cominciare a dare segnali concreti: prima all’interno del team e poi, ovvio, anche all’esterno, in pista. Ma, come si dice in politica, è tempo d’avviare una verifica vera. Perché, la butto là alla Checco Zalone, il posto fisso non esiste più e tantomeno alla Ferrari. Già tanti, troppi anni di gestione con lo schema di una punta e di un gregario ci avevano abituati alla presenza di un pilota su due inoffensivo da contratto, rassegnato e in funzione ancillare. Anni luce di Barrichello, Massa e del Raikkonen fase due, coccolati fino a che ci sono stati a perdere sorridendo e a portar la croce cantando, non devono certo propiziare condiscendenza e tolleranza verso la situazione di una punta come Vettel, che sta scatenando non solo campanelli d’allarme ma campanoni da suonare a distesa.
Sebastian Vettel può tornare ad essere il primo pilota della Ferrari, ma in questo preciso momento non merita di esserlo.
Niente di personale. Meritocrazia, risultati e logica vogliono che ora tocchi a Charles Leclerc ereditare da subito tale status. E con esso le tattiche migliori e più aggressive in gara, nonché quell’occhio di riguardo che a oggi è mancato al monegasco, nel tentativo - lecito ma infruttuoso - di continuare a dare credito a un Seb Vettel in caduta libera. Seb continui pure con la Ferrari, ma, dal prossimo Gran Premio in poi, tocca a lui dimostrare di meritarsela.