Tutte le volte che sento parlare qualcuno del giro di Liberty Media - Ross Brawn è l’ultimo in ordine d’apparizione -, sul futuro della F.1, mi vengono i brividi. Robe tipo estensione, anzi, raddoppio delle qualifying race, da tre a sei nel 2022, quindi calendario con gare in culonia - solo perché là sono sfondati di quattrini, ma non conoscono la differenza tra Nuvolari e l’idrolitina - , e prima o poi possibili griglie di partenza inverite. Ecco, cose così. E se parli e dici la tua non mostrandoti per niente d’accordo, ti dicono che sei vecchio, rincoglionito, talebano, poco americano e non hai idea dell’avvenire. Bene. Allora sapete cosa faccio, visto che questa è una rubrica che va a rovescio, controcorrente e di traverso? Mi sparo due chiacchiere pubbliche con Mario Andretti a mo’ di disintossicante e rigenerante, perché a uno come lui, eterno giovane, lucidissimo, espertissimo e pure americanissimo - oltre che ancora italianissimo -, il bavaglio della delegittimazione dialettica non lo possono mica mettere, eh.
Allora, Mario, sembrava fatta tra tuo figlio e la Sauber per rivedere ben presto lui e te stesso in F.1 sotto le insegne dell’Andretti Motorsport e magari col marchio Alfa Romeo, e invece non se ne è fatto niente...
"Guarda, non mi dire - attacca “Piedone” -, è stato un gran peccato. E adesso posso svelare che la trattativa durava da mesi e mesi e in pratica era tutto fatto, ma poi, all’ultimo secondo, in extremis, sono sorti problemi e tutto è saltato".
E il motivo vero qual è, se è lecito chiederlo?
«Niente a che vedere coi soldi. Sul piano finanziario l’accordo era stato raggiunto con soddisfazione e massima serietà di entrambe le parti. È stata una questione di controllo. Nel senso che loro volevano cedere il team ma riservarsi di mantenerne il controllo e così per Michael non avrebbe funzionato...».
La trattativa potrebbe riprendere?
«Al momento è finita, non so se potrà riaprirsi una finestra d’opportunità».
Cosa ti dispice, più di tutto?
«Mi sarebbe piaciuto veder correre insieme Valtteri Bottas e Colton Herta. Il ragazzo americano ci sa fare davvero, ha già corso in F.3 contro Norris e Lando lo conosce, mentre io stesso lo stimo tremendamente. In IndyCar ha fatto cose fantastiche alle sue prime stagioni e ha i numeri per fare belle cose anche in F.1: comunque non è detta l’ultima...».
Cioè?
"Be’, intendo dire che mio figlio Michael resta intenzionato a entrare nel Circus iridato e non lascerà nulla di intentato, presumibilmente facendo tentativi anche con altri, anche se le opzioni sono ben poche. Ma, vedrai, ci saranno sorprese, perché Michael è molto attratto dalla F.1 del futuro».
Ecco, parliamo della F.1 di oggi e domani. Iniziamo dal presente.
«Questo è un anno favoloso per la lotta al vertice. Finalmente c’è sfida allo stato puro per vincere il mondiale e mi sto godendo questo campionato come non accadeva da tanti anni».
Chi preferiresti come vincitore?
«Auspico il più meritevole, sul piano sportivo, comunque aggiungo che mi piacerebbe che Verstappen riuscisse a farcela, perché è sempre bello vedere ricambio e alternanza al vertice, dopo anni di dominio incontrastato della Mercedes e di Hamilton».
Hai un favorito?
«Mi piacerebbe tanto sapere chi vincerà o chi ha più possibilità di farcela, ma, visto che mancano ancora diverse gare alla fine, non ho nessun tipo di certezza. So solo che Verstappen ha avuto qualche sfortuna che gli ha impedito di concretizzare in termini di punteggio ancor di più la superiorità del suo pacchetto nel corso della stagione. Avesse preso ogni volta i punti che meritava, adesso la situazione sarebbe un po’ più chiara e netta, là davanti».
E la Ferrari?
«La Rossa ha una gran bella coppia di piloti, che mi piacciono entrambi, anche se hanno caratteristiche diverse, tra loro. Vedi, la Casa di Maranello prima o poi risorgerà e tornerà a vincere, perché la sua storia è ciclica e fatta di alti e bassi. Bisogna solo vedere quando: preferiremmo tutti che ciò accadesse prima e non poi, ma non si può sapere».
E qui si innesta il discorso sulla F.1 ristrutturata per l’anno prossimo. Sarà vera rivoluzione e la Ferrari stessa ha davvero buone possibilità di trarne vantaggio?
«Come sarà davvero la F.1 del 2022, ossia la turboibrida di seconda generazione, lo scopriremo solo assistendo al primo Gran Premio della stagione, perché la pratica e la realtà fanno sempre più testo rispetto alla teoria e ai buoni propositi. Però, qui e adesso, mi limito a dire che i cambiamenti sono sempre salutari perché danno una scossa allo stato delle cose, propiziando nuove opportunità. Da questo punto di vista la Ferrari non ha niente da perdere a cambiare il mazzo delle carte da gioco. E ciò che guadagnerà lo scoprirà solo correndo. Però, attenzione, la Rossa risorge sempre. È solo questione di capire quando...».
E speriamo che resti un italiano in gara nel mondiale, perché la posizione di Giovinazzi non è per niente sicura e tu lo sai...
«Sì, sarebbe un vero peccato restare ancora una volta senza piloti tricolori in F.1. D’altronde faccio un ragionamento semplice e dico che il problema non è che in Italia non ci siano piloti bravi a guidare. No, il guaio è che ora ci sono meno soldi di prima. La chiave di tutto sta lì».
La rivelazione di questo mondiale?
«Senz’altro la McLaren, perché vincendo a Monza e piazzando la doppietta con Ricciardo e Norris è riuscita a dare un segnale di grande ritorno al vertice, che è piaciuto a tutti».
A te e a tuo figlio Michael piaceva e piace l’idea del salary cap e di una F.1 più aperta e inclusiva anche nelle posizioni per vincere, no?
«Sì, l’idea di una F.1 in grado di concedere nuove e più ampie chance piace tantissimo a mio figlio Michael, il quale è una persona molto seria e farà di tutto per entrare in ballo in una situazione solida e a condizioni interessanti. D’altronde ritengo che un mondiale meno dominato e più lottato sia la miglior garanzia per il Circus di domani».
Sempre a proposito della F.1 che sarà, cosa mi dici dell’esperimento fatto della Qualifying Race e dell’idea di raddoppiare questo tipo di gare da tre a sei nel 2022?
«Dico che non mi piace la Qualifying Race, perché di fatto duplica le corse di F.1 nel weekend togliendo importanza e unicità al Gran Premio. E questo non è un bene, perché la corsa deve essere una e unica, per avere il giusto rilievo. Duplicare, moltiplicare la quantità non aiuta a migliorare la qualità, in nessun settore e neanche in F.1, quindi a me la Qualifying Race non piace e non mi piace neanche l’idea di aumentarne il numero, addirittura raddoppiandolo».
E sulla possibilità futura di griglie di partenza invertite rispetto al risultato delle qualifiche, cosa mi dici?
«Dico che l’idea mi vedrebbe sconcertato e sbalordito, oltre che totalmente contrario. Vedi, è una cosa che nell’automobilismo si può anche fare, per carità, non ho pregiudizi. Però la accetto per animare le formule minori, le garette che non hanno un’importanza e un’incidenza forti. La Formula Uno resta la massima espressione dello sport automobilistico e queste cosucce non le deve avere. Le griglie di partenza invertite per movimentare le cose sono espedienti da formule minori, ecco, non da mondiale di F.1. Se non capiamo questo, vuol dire che ci sfuggono i fondamentali di questo Sport».
Chiaro?