Azione e reazione, come in ogni principio fisico e questione inerente le umane cose. Comincia Ecclestone e risponde Massa. Materia del contendere, il controverso mondiale 2008. Quello del finalone di Interlagos, con Felipe ferrarista presunto iridato per pochi secondi e poi spogliato del titolo da un sorpasso di Lewis Hamilton su McLaren al pilota Toyota, Timo Glock, ammosciatosi in vista del traguardo, alla Dorando Pietri. Ancor più spogliato, anzi, spogliatissimo, praticamente derubato, il brasiliano lo è dei punti determinanti dal crashgate di Singapore, ordito da Flavio Briatore e Pat Symonds in casa Renault tramite Nelson Piquet junior a muro - e da quest’ultimo denunciato, quale reazione al licenziamento subìto nel bel mezzo della stagione successiva -. E tale da inquinare sportività e punteggio finale complessivo del campionato in oggetto, ossia il famigerato titolo mondiale 2008.
Cosa successe 15 anni fa
Ma la vittoria in gara di Alonso, finta come le tette della Signora Coriandoli, incredibilmente nessuno la tocca e la classifica finale del mondiale, neppure. E ’sta cosa adesso diventa più che ultracerta e sol per questo, ovvio, grida vendetta. Addirittura, come noto, quindici anni dopo a dar fuoco alle polveri ci pensa Ecclestone Bernie di anni 92, ufficialmente pensionato, che però trascorre molto tempo davanti ai mondiali passati, quasi fossero cantieri aperti. L’ex patron del Circus di recente riprende di sua spontanea volontà l’argomento e piazza una bomba dialettica mica da ridere, finendo col dare pienamente ragione a Massa: «Abbiamo deciso di non fare nulla, in quel momento. Volevamo proteggere lo sport e salvarlo da un enorme scandalo. All’epoca vigeva la regola che una classifica del campionato del mondo dopo la cerimonia di premiazione della FIA alla fine dell’anno era intoccabile. Così Hamilton ricevette il trofeo e tutto andò bene».
E questo sarebbe niente, perché lo stesso Mister E prosegue, ammettendo: «Ricevemmo abbastanza informazioni in tempo per indagare sulla questione – tutto ciò lo ha rivelato all’interno di un’intervista rilasciata al sito web F1-Insider -. Secondo lo statuto, avremmo dovuto cancellare la gara di Singapore. Questo avrebbe voluto dire che quel Gp non sarebbe mai stato nell’elenco ufficiale della serie, e che Felipe Massa sarebbe diventato Campione del Mondo» - ha concluso il manager 92enne. Bene.
Massa, la nostra intervista esclusiva
Di fronte a una cosa del genere, non resta che andare alla fonte e porre in essere una serena chiacchierata con Felipe Massa, il quale non si fa pregare e dichiara, in esclusiva ad Autosprint: «Penso che si debba fare giustizia, per quello che è successo nel 2008 e per l’esito della stagione. E soprattutto per ciò che Bernie ha detto di recente e che tutti hanno potuto ascoltare. Ossia che sia lui che Max Mosley sapevano benissimo la verità delle irregolarità già nel 2008. E questa ammissione rende quanto è accaduto e il verdetto sportivo finale del tutto inaccettabile, per lo Sport. Come esito sportivo del campionato 2008, io ho pagato tanto per questo e penso sia dovuto l’andare a investigare tutte le situazioni che hanno portato a questo, all’interno dell’azione legale che ho in preparazione. Ciò che è accaduto non è giusto per me e non è giusto neanche per il Brasile. Un Paese che con un mondiale vinto in più poteva e potrebbe cambiare tanto anche per i piloti che verranno, e per le sorti dell’automobilismo nella mia nazione. Sappiamo quanto il Brasile stesso è innamorato della Formula Uno e quanto Ayrton Senna ha fatto per la nostra nazione e quanti piloti brasiliani sono entrati nei Gran Premi dopo il successo che lui ha avuto. E i miei risultati del 2008 stavano maturando un traguardo importantissimo, dopo tanti anni in cui il Brasile non vinceva un titolo mondiale. Anche per questo penso che non sia affatto giusto, quello che è accaduto».
La richiesta del pilota brasiliano
Be’, in effetti, Felipe, la questione da un punto di vista equitativo, morale e deontologico, sta in piedi eccome. E non riguarda soltanto il pilota Massa, ma anche, a ritroso e a cascata, la Ferrari e tutto ciò che a te e ad essa è idealmente collegato. «Concordo. Quello che accadde al tempo, non è giusto per me, ma neanche per la Ferrari e per i tifosi italiani. Per questo penso sia giusto tornare a riaprire il caso e chiedere che giustizia sia fatta».
Fatta okay, ma come? Cosa cerchi? Conoscendoti, non vuoi un mega risarcimento, ma il titolo che al tempo ti fu negato per valutazioni riservate che nulla avevano a che vedere con l’equità...
«Quello che deve essere chiaro è che mi interessa solo la giustizia. Non sono interessato ad alcuna forma di risarcimento eventuale o di quantificazione del danno. I soldi non mi interessano. Desidero solo che sia ristabilita e fatta giustizia, appunto. E in questo spero che i tifosi italiani si schierino con me, perché penso che siamo tutti nella stessa barca, in questa lotta che intendo portare avanti».
Parlare di ciò sta in piedi eccome, ma poi bisogna vedere quale organo competente chiamare in causa. E, per una materia passata teoricamente in giudicato, non è mica facile. Vorresti rivolgerti direttamente alla FIA o alla giustizia ordinaria? E, se sì, di quale Paese?
«Con quale atto legale muoversi e che tipo di tribunale adire, sono tutte cose che fanno parte dell’aspetto legale specifico della questione. Ossia di una materia molto particolare, nella quale per adesso è prematuro entrare. Studieremo il tutto, insieme ai miei legali. Ciò che è certo, è che io intendo andare avanti e che tuttora credo fermamente nella giustizia. Il resto lo scopriremo passo passo solo nel tempo che verrà».