In una Formula Uno che sta consegnando i record più importanti a una Casa di bibite e la leadership ideale e lineare all’ex teenager più veloce del mondo, si avverte terribilmente impellente il bisogno di radici. Di nomi dal peso specifico importante e che profumano d’epoche andate e struggente nostalgia. Per questo, in una massima categoria che cambia, che azzarda sempre più le sprint race, che pratica il culto dell’impeding e dei track limits, che vive di VSC e di astruse mescole, di decisioni degli steward e di indecisioni della FIA, delle stranezze di Liberty Media e delle giornate no della Ferrari, rivedere anche se per una manciata di giri iniziali una McLaren fare capolino in testa è stupendo.
La McLaren è viva
Perché sa di continuità, di resilenza, di gloria antica sposata al fascino moderno e post brufoloso di uno tra i ragazzi più simpatici, spontanei e ironici della nuova generazione, ovvero Lando Norris, che sa essere velocissimo e intelligente ogni volta che apre bocca e a volte perfino per come sa star zitto. Accanto a lui niente male contemplare Oscar Piastri piazzare il garone della vita in F.1, dopo che per tutta la prima parte della stagione aveva pagato una MCL60 non proprio competitiva e tutta da evolvere e mettere a punto cammin facendo. Bene, non bastasse questo, adesso arriva anche un quarto posto che per ora salva la stagione dell’australiano, grazie alle modifiche migliorative che mettono le ali ai piedi della sua monoposto arancione, non ancora parificandola ma se non altro avvicinandola a quella del compagno di squadra. In altre parole, c’era una una bruciante sete di novità e nuove storie nell’aria e questo meraviglioso Gran Premio di Silverstone porta alla luce un nuovo possibile filone narrativo di una stagione che giunta a questo punto ha un disperato bisogno di volti, storie e sensazioni diverse dalle solite. Eppoi ne volete sapere un’altra, di sporca verità? A noi over cinquanta, vecchi invererati appassionati della Formula Uno che fu, sapere che la McLaren vive ancora e combatte insieme a noi è una di quelle cose che ci fa letteralmente impazzire di piacere, perché è uno degli ultimi nomi che ci fanno ancora sentire giovani e cristallizzati a un eterno presente fatto di passione, di imprese, di gare, campioni e circuiti semplicemente da urlo.
La magia dello sport
Chissà, forse dietro la McLaren, eterna damigella del mondiale, e della Williams che batte un colpo in un fine settimana come quello di Silverstone c’è l’anelito dell’eternità dello sport, un po’ come quando l’Uruguay torna a giocare alla grande nel mondiale di calcio o un ciclista con la maglia della Bianchi va a vincere un tappone alpino per distacco. In fondo siam tutti dei maledetti romantici e aggrapparci alla Ferrari a volte non basta, visto che c’è bisogno di sensazioni più allargate e ampie, di carezze e ritorni di fiamma ulteriori e altri per darci l’illusione di poter fermare il tempo e vivere in una specie di atmosfera sospesa da innamorati delle corse. E così domenica scorsa a farci commuovere diventano, quasi paradossalmente, i due nomi che nel passato ci dettero più delusioni e tuffi al cuore, ovvero la McLaren, quella di Fitti e Hunt, del Watkins Glen e del Fuji, ovvero di Senna e Prost, più la Williams, il cui avvento sancì il tramonto definitivo della Ferrari del Drake. Questo è. In un presente così asettico, sciapo e incolore anche il flatus vocis di nomi evocativi sa far battere forte il cuore. Bruce McLaren, Teddy Mayer, Tyler Alexander, Ron Dennis, John Barnard, Malcolm Oastler, Gordon Murray, Steve Nichols, Adrian Newey, Jo Ramirez, Zak Brawn... Altro che vuoti nomi, sembra una hall of fame che sa di Gran Premi e corse toste, nonché imprese mai dimenticate.
I meriti di Stella
A costoro si aggiunge il bravo Andrea Stella, che ha il merito infinito - e non è il solo - di essersi ricostruito una carriera importante in Gran Bretagna, laddove non è che in genere siano disposti a far ponti d’oro a un italiano se non è bravo, meritevole e capace di incassare lezioni di vita prima ancora che lauti stipendi. E adesso rigustarsi quella prima frenata del Gp di Gran Bretagna 2023 così orange e quel podio talmente beneaugurante, è un inno inesausto all’eterno tempo sospeso degli innamoramenti perenni, poiché noi vecchi appassionati, immedesimandoi in chi rischia davvero, da decenni esorcizziamo la malinconia della morte e la tristezza delle cose perdute. Per questo ciò che è accaduto a Silverstone acquista rilevanza dolce, struggente e maledettamente importante. Se la McLaren è ancora viva e punge, non tutto può essere perduto, nel mondo delle corse. Tantomeno il nostro anelito a continuare a vivere questa lunga storia d’amore con i nomi e i momenti più belli del Motorsport.