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La verità? Alla F1 fa ombra il WEC

Tanto per cominciare vorrei scrivere una cosa che non ho letto da nessuna parte ma che sento condivisa ovunque. Il 2023 è stato uno degli anni più brutti di tutti i tempi, per la F.1, con una serqua di gare semplicemente inguardabili. Una processione noiosa e pestilenziale, con un copione scontato dal primo chilometro del primo test in Bahrain. Ventitré Gran Premi e sei sprint race, con competizione reale solo a Miami, causa rimonta forzata di Verstappen, più prodigio di Sainz a Singapore, causa flop forzato di Verstappen, e colpaccio di Piastri nella sprint race del Qatar, causa recupero impossibile per Verstappen. Il resto, lasciamo stare. Magari fatta salva la fiammata Ferrari a Monza, in qualifica e nella prima parte della gara, ma tanto si sapeva benissimo dove si sarebbe andato a parare. Insomma, un’annata sfiancante, noiosa, inutile nella sua ipertrofia, che in confronto un torneo di canasta subacquea tra zie sorde sarebbe stato uno spettacolo planetario.

Trame asfittiche

Della serie, disputare tre, otto o cento gare non cambia la sostanza. Se la trama è scontata, asfittica e stracca c’è poco da fare. E poi il dominio di Verstappen non è la sola e principale ragione della bruttezza del tutto, ne è solo la premessa, perché ce n’è un’altra ancora peggiore e ben più grave. Per quanto la F.1 si sforzi d’essere piaciona, figa, trendy, stupenda, ricca e snella, il sottotesto che emana sa di decine e decine d’ore di ciarle inutili e vuote, di personaggi che in gran parte manco esistono e se esistono sono mediamente antipatici, spocchiosi, infarciti di frasi ripetitive e siparietti che farebbero meno ridere della barzelletta del Fantasma Formaggino. Perfino il re Verstappen è stufo, perplesso e depresso. Il tutto condito da un sensazionalismo di fondo che manco gli imbonitori da circo utilizzano più, per provare a contrabbandare che lo show è adrenalinico, la tecnologia è stellare, impensabile - hanno lo scalino dal 1994 per limitare l’effetto suolo e fanno freezing di motori da quando i Jalisse vinsero a Sanremo -, la Ferrari è in netta rimonta e sta per spopolare (ma quando mai? Ma dove?) e i giovani sono sempre più entusiasti delle nuove vie intraprese; provate a parlare con i primi dieci sedicenni che incontrate per strada e vi risponderanno: ma quando? Ma dove?. Poi sbandierano le decine di miliardi di biglietti venduti e il fatto che nei luoghi più ricchi del mondo ci si accapiglia per andare ai Gp, ignorando un aspetto decisivo: non vuol dire una ceppa di niente. Ci si accapiglia anche per andare alla prima della Scala, ma questo non significa che a tutti piaccia il bel canto. Ci si accapiglia per andare a vedere il Festival di Sanremo, audience alle stelle, sei sere di pienone, mai vista una poltrona vuota all’Ariston, ma nessuno si sogna di dire che i Pinguini Tattici Nucleari rappresentino la risposta decisiva a Carlos Santana e a Woodstock.

Avere follower non vuol dire nulla

Per non parlare dei followers oceanici di questo o quello che molto spesso parlan di niente. Semplicemente, se si riesce a rendere IN un evento o un personaggio, la gente li segue e ci va con lo stesso istinto con lui le formiche si precipitano verso una briciola o milioni di persone si sciroppano roba costosa e inutile sol perché l’influencer ha sentenziato di farlo. Poi mi fanno ridere, questi della F.1: risparmiosi col budget cap, pauperisti coi motori limitati e a sviluppo bloccato, salutisti col carurante sempre più verde, ambientalisti, perbenino e politically correct coi motogeneratori sempre più prevalenti sugli endotermici, ma poi affamati, sfondati, avidi e belve nei prezzi dei biglietti, spreconi nell’organizzare una mitragliata di Gp in notturna e faraonici nei motorhome e all’interno del paddock. Con costruzioni kolossal che sembrano folli cattedrali semivuote, erette in nome del dio quattrino per infilzarci due o tre clientacci privilegiati, con un cattivo gusto che il macellaio arricchito Mario Brega in Vacanze di Natale 83 in confronto è maestro di vita e d’eleganza. Questi, insomma, giocano e godono a fare gli ecologisti e i San Francesco se c’è da spender loro, ma poi son senza fondo e mai pieni quando c’è da sculacciare e spennare il culaccio degli altri. Il nostro.

Calendari F.1 e Wec, l’ultima follia

E questo è niente, fin qui abbiamo scherzato, perché adesso c’è pure la follia del calendario 2024, a dare l’idea dell’abisso di stupidità assurda in cui siamo precipitati, noi appassionati, per colpa di queste bande incontrollate e incontrollabili di affaristi sopraffini, che col concetto di Sport non hanno nulla, ma proprio nulla a che vedere. Riassumiamo: ventiquattro Gran Premi più sei sprint race per la F.1, per un totale di trenta competizioni annuali. Una roba mai vista al mondo. Ma, dico, ce n’è bisogno? Davvero più corri, più il verdetto finale è giusto e meditato? Che senso ha? Quale logica c’è, nel ripetere in modo salmodiante trenta volte lo stesso, prevedibilissimo rituale protocollo? Di più: per quale motivo la Formula Uno, che è un campionato del mondo sanzionato FIA, può avere trenta tra corse e corsette, mentre il Mondiale endurance deve accontentarsi solo di otto? Come mai la F.1, tra prove e gara, alla fine della fiera può e deve percorrere quasi lo stesso chilometraggio complessivo della serie iridata di durata? Ma stiamo scherzando? D’altronde la F.1 ormai è come Frate Indovino e la Canalis: tira davvero solo quando esce il suo calendario.

Concomitanze a go-go!

C’erano una volta le date protette. Si chiamavano così, in calendario, i fine settimana che possibilmente non dovevano soffrire accavallamenti e concomitanze inutili. Un anno di settimane ne ha cinquantadue, quindi non ha senso farsi concorrenza nociva e inutile, concentrando più eventi iridati nello stesso giorno. È una cosa che capisce anche uno di media intelligenza cinque minuti dopo un trauma cranico, invece nell’automobilismo moderno a quanto pare ciò non è. Incredibilmente, degli otto weekend di gara del Wec, ben cinque sono coincidenti con altrettanti fine settimana del mondiale di F.1. Addirittura il giorno due marzo, quindi di sabato, si parte insieme, stessa ora, in Qatar i prototipi, mentre le F.1 raspano asfalto presso il deserto di Sakhir, pensa te. Che so, bastava mettere di domenica una delle due e già si sarebbe evitato il pazzo ingorgo, invece no, troppo facile. Domenica 21 aprile il Wec va a Imola, per uno degli eventi più carini e graditi ai tifosi ferraristi, però attenzione, perchè lo stesso giorno la F.1 torna a correre in Cina. Geniale. Domenica 1 settembre, mentre ci godiamo il Gran Premio d’Italia a Monza, per la prima volta il mondiale Marche se ne va ad Austin, negli Stati Uniti. Quindi il 15 settembre il Wec gareggia al Fuji e il Circus della F.1 se ne guarda bene dallo star fermo, perché nel frattempo eccolo di scena in Azerbaijan, per buona misura. La chiusura per le Hypercar in Bahrain verrà pure essa impallata dai Gran Premi, visto che sarà di scena la corsa a Interlagos, al secolo il Gp del Brasile. Cioè, una vergogna assoluta. Una cosa inspiegabile tra persone corrette e intelligenti, ma che diventa spiegabilissima se si immagina che sia stata prevista, voluta e programmata da gente in totale cattiva fede.

Sovrapposizioni odiose

Da sempre nel mondo del Motorsport vige un codice non scritto il quale recita che non ha senso farsi la guerra impegnando e schedulando eventi nello stesso weekend. Addirittura, storicamente, c’è un antico patto di non aggressione che risale agli Anni ’70 tra motomondiale e Formula Uno, proprio perché è sciocco contendersi sistematicamente gli aficionados del Motorsport, quando, con scelte avvedute e calibrate, può esserci tanta trippa per tutti i gatti, pescando tutti nello stesso mare. Non solo: fin dalla nascita del mondiale di durata, che avvenne nel 1953, ossia tre anni dopo la F.1, i calendari per principio, fatti salvi casi di forza maggiore o circostanze non altrimenti gestibili, dovevano rigorosamente evitare concomitanmze. Anche perché la maggior parte dei piloti correva in entrambi, dividendosi equamente tra monoposto e biposto. Lo stesso Enzo Ferrari dal 1953 al 1973 non avrebbe avuto energie e personale, nella Rossa d’allora, per provvedere a trasferte incalzanti e coincidenti tra loro, all’interno di ben due campionati del mondo.

Occhio al metodo Ecclestone

Tutto questo, però, cambiò nettamente dal principio degli Anni ’80, ossia da quando il potere politico-sportivo finì in mano a Bernie Eclestone e alla Foca, ossia l’entità di rappresentanza dei costruttori britannici, in contrapposizione alla FISA (ovvero la FIA, la Federazione Internazionale) che polarizzava i grandi Costruttori, cosiddetti lealisti, tra i quali la stessa Ferrari. Alla fine le due fazioni in guerra di potere e di dollari si accordarono col primo dei patti della Concordia e da allora di rispetto di concomitanze per i calendari delle discipline altrui - moto a parte -, non ce ne fu più, causa la visione sempre più formulaunocentrica dell’automoibilismo e il progressivo impoverimento delle altre categorie. Addirittura nel 1992 il Mondiale prototipi venne killerato dalla FIA gestita da Max Mosley, già avvocato di famiglia di Bernie Ecclestone, in quel momento suo vicepresidente. Per carità, nulla da obbiettare sul piano legale, furono tutte cariche frutto di libere elezioni, tuttavia sul piano dell’opportunità sportiva di certe scelte ci sarebbe da scrivere libri, anzi enciclopedie, con dovizia d’indignazione. Ma ve le risparmio, perché qui e ora lo scopo semplice e pratico è un altro: voglio solo dire che quando si comincia a usare i calendari in modo sistematicamente aggressivo, vuol dire che è partita la guerra e che comunque la concorrenza in atto o il timore della stessa sta già portando ai prodromi di un conflitto.

Questo Wec fa paura?

A inizio Anni ’90 Bernie Ecclestone impazziva di rabbia solo a pensare che nel mondiale prototipi c’erano marchi quali Peugeot, TWR-Jaguar, Mercedes e Toyota, con piloti del calibro del promettente Michael Schumacher, più sponsor e budget ad essi corrispondenti, togliendo così tranche di visibilità, linfa e importanza alla F.1. Oddio, a dir la verità il Circus batteva l’endurance trenta a uno quanto a importanza globale e giro di dollari, ma a Bernie & C. era quel gol della bandiera a dare immensamente fastidio. Così il mondiale endurance venne trasformato da Mosley in torneo a gare sprint (a parte Le Mans), con motori da 3500 cc in tutto e per tutto uguali a quelli di F.1, di fatto incanalando progressivamente tutti i migliori team e i più bravi piloti dell’endurance a scegliere i Gp quale successivo terreno di sfida, abbandonando il castagneto delle gare di durata. Nel 1993 la pulizia etnica era praticamente andata a segno, con la sola Le Mans restata in Europa a tenere alta la bandiera dell’endurance. Pur con uno schieramento povero povero e da lì in poi con la certezza che ogni giugno Bernie avrebbe piazzato la concomitanza di un Gp di F.1 con la 24 Ore, per impedire che un qualiasi divo dei Gp potesse pensare di andare a correre alla Sarthe. Tutto chiaro, no?

Facciamo due conti

Per questo le incredibili, ripetute e sistematiche sovrapposizioni di date tra F.1 e Wec lasciano intendere che la guerra stia larvatamente e nanche tanto nascostamente ricominciando, visto il grande successo della categoria Hypercar e anche tutto il battage mediatico creato dal ritorno della Ferrari non solo nell’agone delle competizioni di durata, ma anche e soprattutto alla vittoria nella 24 Ore di Le Mans. Evento che, al netto del tifo, per qualità, quantità e incertezza della sfida, è stato di gran lunga il più bello ed emozionante di tutta l’annata motoristica 2023, anche se a bordo pista non v’erano casinò sfolgoranti, casini che promettevano prestazioni gratis ai piloti (vedi Las Vegas), sfere luminose e cangianti, ovvero barche finte e salassate vere. Da qui la reazione immediata, forte e lo scappellotto secco dato dalla F.1 al Wec. Anche perché, vedete, è pur vero che, per esempio, non sempre correre nello stesso fine settimana vuol dire partire allo stesso orario. Per esempio l’ultima gara Wec 2024 in Bahrain si corre di sabato, mentre il Gp del Brasile si disputa la domenica dopo. Ma il discorso vero è un altro: già il fatto di accavallarsi nello stesso fine settimana significa impallare dal punto di vista mediatico e dell’hype il tuo concorrente e, quindi, impallinarlo pesantemente. La soglia della concentrazione psicologica del’appassionato è costretta a dividersi e operare un’inconscia scelta di rilevanza, quindi di fatto, dando fiducia all’uno penalizzando l’altro. Tutto questo è elementare e non può essere ignorato né da noi ora che stiamo ragionando su questo e tantomeno da chi certe decisioni e scelte le adotta a monte, in base a una logica molto comprensibile e prevedibile, ma non per questo sportivamente accettabile. Per farla corta, questo non è giusto e rappresenta l’indice ulteriore di un modo d’agire spregiudicato e contrario ai benché minimi dettami della serena convivenza tra entità sportive.

Ma la FIA che fa?

Il Wec fa quindi paura alla F.1? Paura direi proprio di no, ma un po’ di fastidio francamente lo dà. Anche perché gli appassionati ragionano, hanno capacità di giudizio indipendente e a certe cose ci arrivano eccome. Nel Wec sono di scena Case da urlo, vige il principio della porta aperta e i fans vanno in sollucchero per il clima più aperto e i prezzi più umani. Invece in F.1 si stracciano le vesti perché l’ingresso di Andretti fa mettere il broncio a Lorsignori. Ma vergognatevi, va’. Torniamo ai calendari, che è meglio. Indipendentemente da questo, la domanda è un’altra: si può sapete esattamente cosa ci sta a fare la Federazione Internazionale? In fin dei conti la gestione, l’approvazione e la supervisione programmatica dei campionati dovrebbe spettare primieramente a essa. A quanto pare, al contrario, manco per idea. La F.1 fa tutto quello che le pare e gli altri in coda, zitti e buoni a subire, in silenzio. Poi si continua a dire che tra il Promoter Liberty Media e i Federali siano in atto grandi contrasti, ma guardando i fatti sembrerebbe proprio che gli interessacci reciproci più di tanto non vengono intaccati da questo rapporto magari vibrante, ma tutt’altro che concretamente ostile e guerresco.

E se il Wec...

Morale della favola, l’impennata epica della Ferrari a Le Mans 2023 sta già creando anticorpi e vaccini altrove. E la F.1 la sua rispostina poco carina la sta già dando, con un calendario del genere: aggressivo, entrante, insinuante, presenzialista e impallante, senz’altro privo di remore nel fare ombra agli scenari altrui. Peccato per i veri appassionati di corse, certo. In ogni caso, quanto sarebbe bello che il Wec rispondesse evitando le storture e le assurdità dell’anno scorso, permettendo una competizione sempre più libera, aperta, vera e spettacolare e scongiurando l’inquinamento politico del famigerato BoP, ovvero l’orrendo Balance of Performance... Lo dico? Lo dico. Se il Wec fosse gestito in maniera ancor più intelligente e meno intrallazzona, con ogni probabilità avrebbe - e avrà - la chance di creare grandi problemi a questa F.1 sempre più piena di sé e vuota di reali contenuti. Un altro paio di annate mosce e pestilenziali così e i signori dei Gran Premi metteranno mano ancora una volta al calendario, ma solo per raccomandarsi a tutti i santi.