Scott Dixon ha centrato la sua quinta pole per la 500 Miglia di Indianapolis, battendo il giovane compagno di colori Alex Palou e tornando prepotentemente in auge con la seconda velocit&agrave; pi&ugrave; alta della storia in qualifica, dietro solo al record assoluto di Arie Luyendyk nel 1996. Inoltre, si &egrave; trattato della velocit&agrave; pi&ugrave; alta registrata per la conquista della pole position.  A realizzare l&#39;impresa, il quarantunenne neozelandese si &egrave; avvalso di una vettura velocissima come tutte quelle di casa Ganassi. La scuderia ha infatti piazzato cinque vetture nel &quot;Fast 12&quot;, a tutti gli effetti il Q2 dell&#39;evento tenutosi la domenica con i migliori 12 piloti del sabato. Anche la terza sessione, il &quot;Fast Six&quot;, ha visto protagonisti gli uomini di Chip Ganassi, quattro su sei. Palou si &egrave; accomodato al secondo posto, mentre solo le due vetture dell&#39;Ed Carpenter Racing di Rinus VeeKay e del patron Ed Carpenter si sono inserite. Il giovane olandese, primo nella qualifica del sabato, &egrave; riuscito a guadagnare l&rsquo;esterno della prima fila, assistito tra gli altri proprio dal connazionale Luyendyk.    Tutte le notizie dell&#39;IndyCar  Da Grosjean a Malukas: altro che rookie  Pi&ugrave; staccati Marcus Ericsson e Tony Kanaan, comunque autori di una prova di qualit&agrave; che li ha portati in seconda fila. Fuori dal Q3 le due vetture di casa McLaren che al sabato erano sembrate potenziali contendenti con Pato O&#39;Ward ancora di poco davanti a Felix Rosenqvist, e lo stesso destino &egrave; toccato a Romain Grosjean. L&#39;ex pilota Haas F1, cos&igrave; come il duo della squadra inglese, aveva approfittato di un sorteggio fortunato al sabato, che l&#39;aveva mandato in pista con temperature pi&ugrave; basse e senza vento. Comunque, la sua prova al debutto assoluto a Indy &egrave; degna di nota, a evidenziare una classe &ldquo;universale&rdquo; .  A seguire, Takuma Sato, Will Power e Jimmie Johnson. Il giapponese ha recuperato l&#39;accesso al Q2 nonostante un contatto con le barriere nella prima qualifica, mentre il campione Nascar &egrave; ha rischiato grosso la domenica causa l&#39;inesperienza, avendo a che fare con condizioni diverse e pi&ugrave; complesse di grip rispetto alla mattina. Ha concluso dodicesimo.  Anche se di fatto Johnson e Grosjean sono rookie di Indy, il primo rookie &quot;del campionato&quot; &egrave; stato David Malukas, che ha approfittato anche dell&#39;esperienza di Sato per piazzarsi tredicesimo, e battere Josef Newgarden. Pur con Power in Q2, il Team Penske non &egrave; ancora stato brillantissimo, ma meglio del disastro 2021, con Power undicesimo. Anche in Andretti, solo la vettura di Grosjean ha passato il taglio. Guai tecnici e qualche errore hanno tolto di mezzo Alexander Rossi, Colton Herta e Marco Andretti. Difficolt&agrave; anche per i vincitori in carica del Meyer Shank Racin, con Simon Pagenaud sedicesimo ed Helio Castroneves ventisettesimo.  Lo schieramento di partenza della 105a Indy 500:  1. Scott Dixon (Dallara-Honda - Chip Ganassi Racing - 376.660 kmh 2. Alex Palou (Dallara-Honda - Chip Ganassi Racing - 375.779 3. Rinus VeeKay (Dallara-Honda - Ed Carpenter Racing - 375.596 4. Ed Carpenter (Dallara-Chevy - Ed Carpenter Racing - 375.105 5. Marcus Ericsson (Dallara-Honda - Chip Ganassi Racing - 374.596 6. Tony Kanaan (Dallara-Honda - Chip Ganassi Racing - 373.966 7. Pato O&rsquo;Ward (Dallara-Chevy - Arrow McLaren SP - 374.501 8. Felix Rosenqvist (Dallara-Chevy - Arrow McLaren SP - 373.660 9. Romain Grosjean (Dallara-Honda - Andretti Autosport - 373.365 10. Takuma Sato (Dallara-Honda - Dale Coyne Racing - 372.836 11. Will Power (Dallara-Chevy - Team Penske - 372.617 12. Jimmie Johnson (Dallara-Honda - Chip Ganassi Racing - 372.182 13. David Malukas (Dallara-Honda - Dale Coyne Racing - 372.734 14. Josef Newgarden (Dallara-Chevy - Team Penske - 372.691 15. Santino Ferrucci (Dallara-Chevy - Dreyer&amp;Reinbold Racing - 372.575 16. Simon Pagenaud (Dallara-Honda - Meyer Shank Racing - 372.200 17. JR Hildebrand (Dallara-Chevy - AJ Foyt Enterprises - 371.938 18. Conor Daly (Dallara-Chevy - Ed Carpenter Racing - 371.756 19. Callum Ilott (Dallara-Chevy - Juncos Hollinger Racing - 371.695 20. Alexander Rossi (Dallara-Honda - Andretti Autosport - 371.455 21. Graham Rahal (Dallara-Honda - Rahal Letterman Lanigan Racing - 371.381 22. Sage Karam (Dallara-Chevy - Dreyer&amp;Reinbold Racing - 370.895 23. Marco Andretti (Dallara-Honda - Andretti Autosport - 370.703 24. Devlin DeFrancesco (Dallara-Honda - Andretti Autosport - 370.673 25. Colton Herta (Dallara-Honda - Andretti Autosport - 370.526 26. Scott McLaughlin (Dallara-Chevy - Team Penske - 370.396 27. Helio Castroneves (Dallara-Honda - Meyer Shank Racing - 369.553 28. Kyle Kirkwood (Dallara-Chevy - AJ Foyt Enterprises - 369.192 29. Dalton Kellett (Dallara-Chevy - AJ Foyt Enterprises - 368.404 30. Juan Pablo Montoya (Dallara-Chevy - Arrow McLaren SP - 367.931 31. Christian Lundgaard (Dallara-Honda - Rahal Letterman Lanigan Racing - 365.405 32. Jack Harvey (Dallara-Honda - Rahal Letterman Lanigan Racing - 365.080 33. Stefan Wilson (Dallara-Chevy - Cusick-DragonSpeed - &nbsp; 

Il pilota neozelandese centra la quinta pole, con la seconda velocit&agrave; pi&ugrave; alta della storia in qualifica dietro solo al record assoluto di Arie Luyendyk nel 1996

IndyCar: pole supersonica di Scott Dixon

Il motorsport statunitense piange la morte di&nbsp;Bobby Unser, protagonista delle piste USA tra gli anni &#39;60 e &#39;80, diventato celebre per aver trionfato alla 500 miglia di Indianapolis nel&nbsp;nel 1968, 1975 e 1981. Lasciato l&#39;asfalto, Bobby ha continuato a correre portandosi a casa 13 primati di categoria nella bella, quanto pericolosa, sfida della Pikes Peak, la cronoscalata terrificante sulla cima della montagna in Colorado. Addio a un grande.

Addio a Bobby Unser, re della Indy e della Pikes Peak

Takuma Sato, il primo giapponese della storia a vincere la 500 Miglia di Indianapolis, &egrave; riuscito a ripetere l&rsquo;impresa. Il pilota del team Rahal-Letterman-Lanigan, che gi&agrave; aveva prevalso nel 2017, ha scritto il proprio nome per la seconda volta nell&rsquo;albo d&rsquo;oro in un anno difficilissimo per tutti, ma soprattutto per lui. Sin dal terzo posto della qualifica, si era capito che poteva fare la differenza, e in gara si &egrave; tenuto nelle posizioni che contavano. Sempre nei primi cinque, mai sopra le righe ma lasciando intuire il proprio potenziale.  Arrivato alla battaglia finale col favoritissimo della giornata, Scott Dixon, Sato ha semplicemente rotto gli indugi al giro 172, passando il rivale senza paura di affrontarne il ritorno nelle fasi finali. Anzi, chiudendo anche la porta al limite estremo del regolamento, intuendo all&rsquo;ultimo istante il momento di lanciarsi senza incorrere nella penalit&agrave; per &ldquo;chiusura di reazione&rdquo;.  Indy 500, Alonso vede il traguardo non il risultato  Il fuoco di Sato  Un brutto botto di Spencer Pigot (illeso) con 4 giri alla conclusione ha neutralizzato la parte rimanente della corsa, ma anche senza la safety-car, Sato si trovava in una posizione invidiabile, con due doppiaggi da fare che non avrebbero lasciato speranze ai rivali. Forse, un po&rsquo; corto col carburante. Come detto, sin dai primi giri si era visto che lui, insieme ad Alexander Rossi e Dixon, sarebbe stato tra coloro che si sarebbero giocati il successo. La prova generale nei confronti del pentacampione di casa Ganassi era stata al giro 158, prima di perdere posizioni all&rsquo;ultima sosta ai box. Ma alla fine, riportandosi in scia, Takuma ha eseguito il piano come meglio non poteva. Due volte vincitore di Indy, a 43 anni. Un&rsquo;et&agrave; che per molti prelude quasi alla fine della carriera, per uno che ha iniziato cos&igrave; tardi &egrave; ancora quella del pieno splendore. Avrebbe dovuto portare la torcia nelle olimpiadi di Tokyo. Lo far&agrave; l&rsquo;anno prossimo, con il doppio della motivazione.  Sbalordito Dixon  Dopo il traguardo, Dixon era scioccato come raramente lo si &egrave; visto. Il supercampione, punto di riferimento dell&rsquo;IndyCar, darebbe forse quattro dei suoi titoli per un altro anello a Indy, ma non &egrave; finita a suo favore. Un minimo di aggressivit&agrave; in pi&ugrave; al momento giusto magari gli avrebbe consentito di tornare davanti, ma l&rsquo;esitazione &egrave; stata fatale e, come nella vita, a Indy i se e i ma contano poco. Dixon ha condotto 111 passaggi, ma per lui &egrave; arrivata solo la piazza d&rsquo;onore, la terza in carriera, che brucia moltissimo nonostante dei punti che in campionato aprono un precipizio nei confronti di tutti i competitor.  In Ganassi si &egrave; voluta fare troppa strategia? La realt&agrave; &egrave; che, pur senza parlare o fare troppi proclami, anche il team diretto da Bobby Rahal ha lavorato alla grande, come testimoniato dal terzo posto di Graham Rahal. Dopo una qualifica non facile, il figlio del patron ha recuperato, passo dopo passo, in una giornata che per via delle temperature alte e della loro interazione con l&rsquo;aerodinamica si &egrave; rivelata davvero complicata per chi doveva attaccare e sorpassare, specie nei long-run. Il terzo posto &egrave; stato un risultato importante per Rahal, che porta punti utilissimi ma che lo mette ulteriormente in ombra nei confronti del compagno di colori. Nonostante l&rsquo;assenza di pubblico, l&rsquo;Indy 500 2020 ha mantenuto le promesse. Peccato per il finale neutralizzato: alcuni, partendo da Dixon stesso, si aspettavano una bandiera rossa che portasse ad uno shootout finale al cardiopalma, ma con quattro giri alla fine, sarebbe stato difficile da giustificare: c&rsquo;era troppo poco tempo e sarebbe stato tutto troppo artificiale.  Rossi sfortunato  Per un vincitore passato che ha trionfato di nuovo, ce n&rsquo;&egrave; un altro che va a casa arrabbiato e deluso. Si tratta di Rossi, che dopo aver agguantato i primi, ha visto le aspettative sue e dell&rsquo;Andretti Autosport crollare in pit-lane. In occasione della penultima serie di soste, &egrave; stato fatto uscire dai box mentre sopraggiungeva Sato, colpendolo e vedendosi affibbiare una penalit&agrave; per &ldquo;unsafe release&rdquo;.  Nessuno ha avvisato Rossi che stavano sopraggiungendo altre vetture, e l&rsquo;americano si &egrave; lanciato direttamente nella corsia esterna: inevitabile il contatto e la sanzione che l&rsquo;ha visto sprofondare a fondo gruppo. Il tentativo di mettere a segno un miracoloso recupero si &egrave; infranto contro le barriere al giro 144. Il californiano non ha nascosto la delusione, accusando anche Sato di mettere in atto manovre difensive scorrette. Comprensibile la frustrazione, visto il risultato che compromette anche tutta la stagione.  Ferrucci, che poker! Andretti solo 13&deg;  Da rimarcare invece la prova di grande livello di Santino Ferrucci, che ha lavorato benissimo col team Coyne per migliorare la vettura, e alla fine &egrave; riuscito a portarsi a casa il quarto posto, completando il poker di alfieri Honda. Primo dei portacolori Chevrolet &egrave; stato invece Josef Newgarden: anche grazie agli incidenti e alle caution, ha trovato il giusto percorso piazzandosi quinto.  Sesto Patricio O&#39;Ward, leader della pattuglia McLaren-Schmidt, seguito da un treno di vetture Andretti composto da James Hinchcliffe, Colton Herta, Jack Harvey (nella scuderia satellite Shank) e Ryan Hunter-Reay. Ha perso subito smalto, non trovando pi&ugrave; il feeling delle prove con la sua Dallara, il poleman Marco Andretti, tredicesimo. Nella stessa situazione gli ultimi due vincitori, Will Power e Simon Pagenaud: quest&#39;ultimo si &egrave; anche toccato con Hunter-Reay, chiudendo ventiduesimo. Ai margini della top-10 Helio Castroneves, probabilmente all&#39;ultima gara col team Penske, e Felix Rosenqvist, che nel finale ha tentato una disperata strategia con una sosta ritardata in bandiera verde.&nbsp;  Alonso ultima Indy da dimenticare  Una gara complicata da gestire per via del grip e delle condizioni meteo ha visto i rookie pagare pesantemente dazio non solo con la guida, ma anche con situazioni in cui &egrave; mancato il sangue freddo. Si &egrave; iniziato con Rinus VeeKay, protagonista di un primo stint eccellente, con sorpassi da pelo sullo stomaco e un passo confrontabile con quello dei primi. Il pilota olandese ha per&ograve; commesso un enorme errore in corsia dei box, dove bloccando le ruote ha toccato i propri meccanici, stallando inoltre all&#39;uscita. Inevitabile lo stop&amp;go che l&#39;ha spedito sotto di un giro. Si &egrave; piazzato ventesimo.  &Egrave; stata poi la volta di Dalton Kellett, che &egrave; finito al muro, come confermato da lui stesso, per la troppa impazienza al giro 82. Lo spavento pi&ugrave; grosso &egrave; stato per Oliver Askew, che al re-start successivo &egrave; finito contro le barriere in modo molto violento. Il debuttante della McLaren, campione in carica Indy Lights, &egrave; stato colto di sorpresa dal rallentamento del gruppo per un testacoda di Conor Daly, ed &egrave; andato forte sui freni perdendo il posteriore prima di centrare il soft-wall interno.  Al giro 121 ha salutato la compagnia Alex Palou, anch&#39;egli molto positivo fino a quel momento. Finito troppo alto come linea, lo spagnolo ha tentato frenando di rallentare ma ci&ograve; l&#39;ha mandato dritto nelle protezioni. Anche gente pi&ugrave; esperta, come sempre capita, ha dovuto rinunciare ai sogni di gloria. Primo tra tutti, Ed Carpenter, che al primo giro &egrave; stato schiacciato nel muro da Zach Veach, piegando una sospensione e finendo sotto di 13 giri. Poi, Marcus Ericsson, ancora tradito dallo Speedway proprio quando sembrava aver messo a posto il bilanciamento e prepararsi a lottare per la top-5.  Indy500, l&#39;ultima chiamata per Alonso. O forse no  Ovviamente, tra i pi&ugrave; delusi c&#39;&egrave; anche Fernando Alonso. In quella che per il momento potrebbe essere la sua ultima Indy 500, con l&#39;imminente ritorno in Formula 1 che gli far&agrave; accantonare i sogni di &quot;Triple Crown&quot; ha concluso solo ventunesimo.  Il pilota asturiano, che gi&agrave; in qualifica non aveva trovato il giusto compromesso, finendo anche a muro per un errore nelle libere, ha sempre navigato a cavallo della ventesima posizione, incontrando non solo difficolt&agrave; di bilanciamento, ma anche a livello tecnico, probabilmente elettronico.  L&#39;avventura del 2017, in cui grazie ad un propulsore Honda straordinario (ma purtroppo poco affidabile) era stato tra i leader fin dalle prime battute, &egrave; stata un lontano ricordo, e la situazione si &egrave; fatta via via sempre pi&ugrave; simile a quella per cui, nel 2019, aveva mancato l&#39;accesso alla gara. Ovviamente, non cos&igrave; drammatica, ma per un campione arrivato con l&#39;obiettivo di vincere, non pu&ograve; esserci vera soddisfazione. 

Il primo giapponese a vincere la Indy nel 2017 riesce a ripetersi e a lasciare di stucco Dixon, il superfavoritissimo. Male invece per lo spagnolo, ad un passo dal ritorno in Formula 1 e in quella che quasi sicuramente &egrave; stata la sua ultima Indy

500 Miglia di Indianapolis: Sato fa il bis, Alonso solo 20&deg;

        La Dakar ha rappresentato una sfida inedita per Fernando Alonso. Una sfida personale e una scoperta, di certo non l&rsquo;obiettivo sportivo numero 1 del 2020. Quello era e resta la conquista della 500 Miglia di Indianapolis. Correre con un team competitivo, di vertice, per evitare il ripetersi della fallimentare avventura 2019 affrontata con McLaren impegnata in prima persona, una necessit&agrave;. I rumours che lo davano a un passo dall&rsquo;accordo con il team di Michael Andretti erano supportati anche dalle parole del diretto interessato, a confermare: a verificare le condizioni e mettere insieme il budget per schierare Alonso il prossimo maggio al volante di una delle Dallara-Honda schierate dal team. Sterzi a parte: Non ti dimenticheremo, John Andretti A cambiare lo scenario &egrave; arrivato il &ldquo;no&rdquo; della Honda, dritto dal quartier generale di Tokyo, secondo quando riporta Racer.com. Con un motore Honda e la struttura di Andretti, nel 2017, Alonso si era messo in luce a Indianapolis, correndo una gara di testa, prima che l&rsquo;affidabilit&agrave; del V6 appiedasse le speranze di Tripla Corona. Un sedile da motorizzato Chevy Il tentativo di qualificazione, mancata, nel 2019 ha visto Fernando utilizzare un&rsquo;unit&agrave; Chevrolet. E raggiungere un accordo con uno tra i team motorizzati dal marchio della General Motors appare l&rsquo;unica soluzione per inseguire l&rsquo;appuntamento clou della stagione. Alla base dell&rsquo;opposizione Honda sull'accordo Alonso-Andretti &ndash; non solo la gara di Indianapolis ma anche una serie di gare successive della Indycar, su circuiti stradali &ndash; vi sarebbe soprattutto il legame con Toyota, recentissimo nell&rsquo;impegno alla Dakar. Impossibile, poi, cancellare i trascorsi in Formula 1 e le continue critiche mosse alla power unit Honda, che raggiunsero il culmine in quel &ldquo;GP2 Engine&rdquo; a bollare le prestazioni del motore, proprio nella gara di casa a Suzuka. GP2 Engine fu un'uscita infelice Un commento che, col senno di poi, Fernando ha rielaborato recentemente, in un&rsquo;intervista a F1 Racing: &ldquo;E&rsquo; stato frutto della frustrazione e forse non avrei dovuto dirlo, ma non l&rsquo;ho fatto nelle interviste tv o in conferenza stampa. Stavo parlando al mio ingegnere in una conversazione privata, non intendevo renderlo pubblico. Per&ograve; il motore era davvero pessimo, a Jerez il primo anno coprimmo 7 giri in 4 giorni&rdquo;. Alonso: nessuno approfitta dei punti deboli di Hamilton       

L'accordo con il team Andretti bloccato da Honda. I legami recenti con Toyota e i trascorsi in F1 due ostacoli sufficienti a cambiare scenario: la 500 Miglia di Indianapolis per Fernando ancora con un motore Chevy

4 risultati per '500 Miglia di Indianapolis'

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