Marted&igrave; 29 novembre. Pomeriggio inoltrato. &Egrave; gi&agrave; buio a Fiorano quando le pale dell&rsquo;elicottero del presidente John Elkann si mettono in azione. Il velivolo prende sempre pi&ugrave; quota e svanisce nella notte su una rotta che ormai &egrave; diventata consueta. Da poche ore, stavolta ufficialmente, un comunicato ha sancito l&rsquo;uscita di scena di Mattia Binotto. Maranello sta sempre pi&ugrave; diventando il centro del mondo del numero uno del Cavallino, mentre ridisegna uno dei settori strategici della Ferrari, quella squadra di F.1 che la Nazionale Rossa degli italiani. Si riparte dalle ceneri di un rapporto mai decollato con l&rsquo;ingegnere reggiano. &Egrave; da qui che il presidente ricostruisce il futuro F.1 della Scuderia, in mezzo alle inevitabili incertezze di questi giorni, perch&eacute; l&rsquo;uscita di scena di quel team principal con il quale non ha legato, arriva in un momento delicatissimo della stagione, quando si dovrebbe pensare solo a sviluppare la vettura e a cercare di renderla il pi&ugrave; affidabile e performante possibile e soprattutto dovrebbe gi&agrave; esserci qualcuno al comando della GES perch&eacute; &egrave; quasi gi&agrave; tempo di ripartire.  Binotto e gli altri, quando finisce un amore Rosso  Il momento &egrave; molto particolare e in mezzo a grandi rivoluzioni inizia una nuova era alla Ferrari. Prendono sempre pi&ugrave; forza le idee del presidente, la sua visione di come vorrebbe fossero gestite le cose da chi andr&agrave; a prendere il posto di Mattia Binotto, all&rsquo;interno di un&rsquo;azienda che lavora spingendo in un&rsquo;unica direzione. Sempre pi&ugrave; gioco di squadra in tutti i settori, una distribuzione diversa delle responsabilit&agrave;, soprattut- to una visione unica. La convinzione &egrave; quella che non si pu&ograve; pi&ugrave; avere un uomo solo al comando, caricato da troppe responsabilit&agrave;, investito da troppi ruoli. Serve un capo e servono senior officier di riferimento. Il modello ispiratore &egrave; quello della Red Bull con la triade Newey-Horner-Marko. Insomma con una catena di comando a pi&ugrave; punte e una personalit&agrave; forte alla quale affidare le redini della Gestione Sportiva.  &Egrave; un inverno di rivoluzioni a Maranello mentre sta nascendo la monoposto del 2023. Quella che riparte dal secondo posto nel Mondiale Costruttori e dall&rsquo;eredit&agrave; che lascia Mattia Binotto che il prossimo 31 dicembre chiuder&agrave; la sua avventura quasi trentennale a Maranello. &quot;Con il dispiacere che ci&ograve; comporta, ho deciso di concludere la mia collaborazione con Ferrari - ha spiegato Binotto -. Lascio un&rsquo;azienda che amo, della quale faccio parte da 28 anni, con la serenit&agrave; che viene dalla convinzione di aver compiuto ogni sforzo per raggiungere gli obiettivi prefissati. Lascio una squadra unita e in crescita. Una squadra forte, pronta, ne sono certo, per ottenere i massimi traguardi alla quale auguro ogni bene per il futuro. Credo sia giusto compiere questo passo, per quanto sia stata per me una decisione difficile&quot;.  Ha sottolineato l&rsquo;amministratore delegato Benedetto Vigna: &quot;Desidero ringraziare Mattia per i suoi numerosi e fondamentali contributi nei 28 anni passati in Ferrari, e in particolare per la sua guida che ha portato il team ad essere di nuovo competitivo nella scorsa stagione. Grazie a questo, siamo in una posizione di forza per rinnovare&nbsp;il nostro impegno, in primo luogo per i nostri incredibili fan in tutto il mondo, per vincere il pi&ugrave; importante trofeo nel motorsport. Tutti noi della Scuderia e nella pi&ugrave; vasta comunit&agrave; Ferrari auguriamo a Mattia tutto il meglio per il futuro&quot;.   Parte una nuova era alla Ferrari F.1 in attesa di un nuovo team principal. La candidatura di Fred Vasseur rimane in buona posizione ma nella rosa ci sono anche altri nomi al vaglio. Il dopo Binotto riparte con tanti punti interrogativi ma nel solco di una visione diversa di come debbono funzionare le cose nella squadra regina della Formula Uno. Il 2023 rappresenta uno snodo fondamentale per la Ferrari che torna a essere costruttore impegnato su diversi fronti nel motorsport con programmi al top. &Egrave; un grande ritorno alle origini del mito che sul versante endurance evoca memorie straordinarie, sublima il Dna di un marchio che &egrave; tutto nelle competizioni.  C&rsquo;&egrave; un Cavallino che galoppa nel futuro secondo un concetto di squadra che marcia in un&rsquo;unica direzione alla ricerca del massimo dei risultati. La Grande Bellezza visiva della 499P, il prototipo con il quale Maranello torna a Le Mans dopo cinquant&rsquo;anni dall&rsquo;ultima apparizione ufficiale, deve ora tradursi in risultati perch&eacute; se sei la Ferrari scendi in pista con un unico obiettivo: la vittoria. In una lunga intervista, il responsabile delle Attivit&agrave; GT Antonello Coletta racconta come si sta preparando la discesa in campo della Ferrari sul versante endurance e traccia anche il bilancio di un&rsquo;annata sportiva che si &egrave; chiusa con la riconferma sul tetto del mondo GT della 488 che lascia da assoluta regina la classe Pro. &Egrave; un inverno con poche vacanze anche a Fiorano. A gennaio sulla pista di Daytona debutter&agrave; la 296 GTE, a marzo a Sebring sar&agrave; la volta della 499P, la Regina di Cuori, attesa da cinquant&rsquo;anni, che sar&agrave; al via del primo round del Mondiale Endurance. Dentro a una stagione in cui si &egrave; giocato soprattutto contro il tempo la Ferrari sta edificando il suo futuro nel mondo endurance e scende in campo con un progetto fortemente voluto dal presidente John Elkann. La 499P &egrave; figlia di un lavoro d&rsquo;insieme che in maniera trasversale ha coinvolto tutta l&rsquo;azienda. E se vogliamo in questo progetto &egrave; riassunta la filosofia di chi ha in mano le redini del Cavallino. Perch&eacute; la Ferrari &egrave; tradizione, innovazione e passione.   

&quot;Credo che sia stato giusto compiere questo passo, per quanto sia stata una decisione difficile, per me&quot;, ha detto Mattia Binotto

L&#39;editoriale del Direttore: La Ferrari del Presidente

E meno male che erano solo spifferi. A Maranello &egrave; arrivata la tempesta. L&rsquo;inverno &egrave; un inferno anche se dopo il fuoco e le fiamme &egrave; calato il gelo. &Egrave; una Ferrari che riparte da zero quella che andr&agrave; a ricomporsi nelle prossime settimane. Con un nuovo uomo al comando della Gestione Sportiva. Finisce l&rsquo;era di Mattia Binotto team principal del Cavallino. Si chiude un quadriennio in mezzo a silenzi assordanti. &quot;Il problema di noi italiani &egrave; che non abbiamo pazienza, altrove non hanno vinto per tanto tempo ma senza subire la pressione come qui da noi&quot;. Si sfogava cos&igrave; con chi scrive l&rsquo;ormai ex capo della GES nella primavera di quest&rsquo;anno quando la Ferrari era un fiore rigoglioso che stava germogliando sopra anni di pietra. Finalmente giorni di rosso acceso dopo classifiche imbarazzanti. Pochi mesi dopo era gi&agrave; tutto finito. L&rsquo;effetto andava esaurendosi condito da errori con la spia dell&rsquo;affidabilit&agrave; sempre accesa, il muretto e le strategie spesso sul banco degli imputati e una seconda parte di stagione chiusa col fiatone a difesa del tesoretto messo da parte prima della pausa estiva. Non c&rsquo;&egrave; stata pi&ugrave; la pazienza di aspettare da parte della presidenza.  La partita si chiude prima. E sigilla la fine di una storia. Mattia Binotto non paga solo per gli errori e le mancate vittorie, nei suoi quattro anni passati al comando della Gestione Sportiva della Ferrari. A mettere la parola fine alla sua storia quasi trentennale col Cavallino c&rsquo;&egrave; soprattutto una fiducia che si &egrave; sempre pi&ugrave; ristretta con il passare delle stagioni. Non &egrave; un mistero che ormai da tempo tra le parti c&rsquo;era scarsa sintonia. L&rsquo;inizio dei primi sussurri e dei primi scricchiolii ci sono nell&rsquo;estate del 2021. &Egrave; da questa data che si percepisce una rottura netta e soprattutto si cominciano a sentire voci di possibili candidati alla successione. L&rsquo;ingegnere reggiano ha vissuto in bilico da mesi. Un&rsquo;annata difficile. Sempre nel mirino. Sommerso dalle critiche. Irriso sui social. Ci ha messo sempre la faccia. Ha continuato a farlo fino all&rsquo;ultimo giorno quando ha capito, con dolore, che Maranello non era pi&ugrave; il suo posto. La sua casa. Lascia il Cavallino al secondo posto nel Mondiale dopo una stagione che prima ci ha sedotto e poi abbandonato. Con gli errori e le polemiche che hanno coperto l&rsquo;eco delle vittorie. Si congeda l&rsquo;ingegnere reggiano che da mesi era gi&agrave; proiettato al 2023, a una stagione dove provare a colmare un gap che visto adesso sembra gigantesco.  UNA SPIACEVOLE APPENDICE  &quot;Ho parlato con il presidente e il comunicato ha chiarito che non c&rsquo;&egrave; alcun fondamento nella cosa&quot;. Diceva cos&igrave; Mattia Binotto due domeniche fa ad Abu Dhabi, dopo una vigilia agitata dalle voci. Adesso, per&ograve;, anche noi dobbiamo capire. Dobbiamo capire perch&eacute; c&rsquo;&egrave; stato un finale come questo, quando tutto sembrava deciso, la conferma assicurata per un&rsquo;altra stagione da team principal. Un&rsquo;appendice spiacevole all&rsquo;interno di un rapporto che finisce anzitempo rispetto alla scadenza del contratto. Questa &egrave; la storia di un rapporto che non &egrave; mai decollato tra il presidente John Elkann e l&rsquo;ormai ex team principal. Non sempre sulla stessa lunghezza d&rsquo;onda. Il periodo di permanenza al vertice della Ges da parte di Binotto ha coinciso con la piena presa di potere da parte di Elkann in sella al Cavallino. Stagioni difficili non solo per la pandemia, macchiate da un 2019 con troppe ombre, un 2020 negli inferi del Mondiale (con uno dei peggiori piazzamenti di sempre) e un 2021 finito al terzo posto nel Costruttori ma senza neanche una vittoria.  UN UOMO SEMPRE PI&Ugrave; SOLO AL COMANDO  &quot;Non seguo le speculazioni, sento la fiducia del presidente e dell&rsquo;amministratore delegato e la squadra &egrave; molto unita. Chi &egrave; alla Ferrari &egrave; abituato alle voci&quot;. Peccato che fossero vere. Avr&agrave; avuto modo di ripensarci a fondo anche a queste parole Mattia Binotto, quando in conferenza stampa alla vigilia dell&rsquo;ultimo Gp di Abu Dhabi, difendeva disperatamente il suo fortino, sperando che, alla fine, ci fosse ancora per lui un futuro sostenibile a Maranello. E invece pochi giorni dopo appena tornato alla base e messo le sue cose nell&rsquo;ufficio della GES, gli spifferi si sono trasformati in uno tsunami, pronto ad infuriare. E ha capito che il vento era cambiato. Definitivamente. Esce di scena Mattia Binotto dopo quattro anni da team principal della Ferrari e quasi trenta trascorsi a Maranello, sempre col Cavallino al petto. Un uomo solo al comando. E progressivamente sempre pi&ugrave; solo. Una squadra divisa, sussurri e grida. I lampi rossi della Ferrari all&rsquo;inizio di questa stagione avevano fatto pensare a qualcosa di magico. Il ritorno alla vittoria e poi la leadership del Mondiale. Roba che non si vedeva da anni. Momenti di gloria del Cavallino, il tutto esaurito a Imola con Charles Leclerc e la sorprendente F175 in vetta alle classifiche iridate. Pi&ugrave; o meno l&rsquo;inizio della fine del grande sogno del popolo rosso, col vantaggio iniziale fagocitato da Max Verstappen e una Red Bull sempre pi&ugrave; imprendibile. Affidabilit&agrave;, errori di strategia, errori dei piloti, poi qualche altro lampo, 12 pole position, e la seconda piazza nel Mondiale Piloti e in quella Costruttori.  UN FUTURO TUTTO DA SCRIVERE  &Egrave; domenica 27 novembre mentre chiudiamo questo numero di Autosprint. Ancora non &egrave; stato ufficializzato il nome di chi prender&agrave; il posto di Mattia Binotto nel ruolo di team principal F.1. Due le ipotesi che circolano. Si parla di un ruolo ad interim per l&rsquo;amministratore delegato Benedetto Vigna, oppure dell&rsquo;ufficializzazione dell&rsquo;arrivo di Frederic Vasseur, il cui nome circola insistentemente da alcune settimane. Sar&agrave; un inverno molto caldo a Maranello, un nuovo anno zero per il Cavallino in sella al quale sale ora un nuovo condottiero. Occorrer&agrave; del tempo prima di vedere gli effetti che provocher&agrave; il terremoto al vertice di questi giorni e quale conseguenza avranno le inevitabili scosse di assestamento.  IL 2023 ANNO STORICO PER MARANELLO  Il 2023 &egrave; un anno storico per il Cavallino che torna a essere impegnato ufficialmente oltrech&eacute; in Formula Uno anche nel Mondiale Endurance. Era dai tempi di Enzo Ferrari che Maranello non aveva un duplice impegno nelle corse di pi&ugrave; alto livello dove ha germogliato il Dna della Scuderia. Dopo cinquant&rsquo;anni &egrave; proprio il presidente Elkann a rilanciare una nuova affascinante sfida che riporta alle origini del marchio, al mito Ferrari. Ci ha creduto da subito. L&rsquo;ha voluto. Si &egrave; appassionato. Conosce l&rsquo;effetto Le Mans. Con orgoglio alcune settimane fa a Imola ha presentato la Ferrari 499P, la prima Hypercar di Maranello, uno straordinario lavoro di squadra che ha coinvolto tutta l&rsquo;azienda. Quella che produce le famose emozioni Ferrari e plasma l&rsquo;eccellenza. Chi sale ora al comando del Cavallino in F.1 deve essere consapevole del ruolo che va a ricoprire dentro alla galassia di una Maranello sferzata dal vento del cambiamento.   

Si chiude un quadriennio in mezzo a silenzi assordanti. &Egrave; la fine di un rapporto mai decollato tra il presidente Elkann e il team principal Mattia Binotto

L&#39;editoriale del Direttore: Una Rossa con le spine

Premetto che non amo vedere chi spranga chi non pu&ograve; pi&ugrave; difendersi e, tantomeno, chi infierisce su un uomo fino a poco prima potente e invidiato. In generale, &egrave; roba da vigliacchi e Mattia Binotto non lo merita affatto, non fosse altro perch&eacute; incarnava apicalmente tutto ci&ograve; che restava a Maranello della gloriosa era Schumi e poich&eacute; senz&rsquo;altro ha fatto tutto quanto poteva e pensava fosse utile realizzare per ottenere i migliori risultati possibili. Di pi&ugrave;. Oltre che un bravissimo ingegnere, in pi&ugrave; di un&rsquo;occasione Binotto ha dimostrato d&rsquo;essere una bella persona. L&rsquo;ultima volta il 4 novembre a Maranello, quando s&rsquo;&egrave; presentato ai funerali di Mauro Forghieri a titolo personale, senza griffe Ferrari addosso. Cosa che gli fa pieno onore. Per&ograve; da qui a diventare buonisti, olianti, carezzevoli e fumiganti ce ne corre, visto che non &egrave; il caso neanche di tacere il rovescio della medaglia. E cio&egrave; risultati e comportamento di Binotto nell&rsquo;esercizio delle sue funzioni.  Mattia Binotto, c&#39;&egrave; l&#39;addio alla Ferrari: non sar&agrave; pi&ugrave; il team principal del Cavallino  Da un quarto di secolo a oggi, quindi dalla rifondazione Montezemoliana, Binotto &egrave; l&rsquo;unico responsabile Ges a durare quattro anni di seguito in F.1 senza mai essere in lizza per il mondiale sino a fine del campionato. Quest&rsquo;anno di fatto nella seconda met&agrave; dell&rsquo;anno Leclerc &egrave; sparito dal radar iridato, con una serqua di piazzamenti, mentre Verstappen era sempre pi&ugrave; dominatore e il viceiridato sembrava pi&ugrave; Perez dello stesso Charles, con una F1-75 calante. A proposito di mondiali giocati sin quasi alla fine, Maurizio Arrivabene con Seb Vettel aveva senz&rsquo;altro saputo far di meglio, prima che quest&rsquo;ultimo, specie nel 2018, mandasse tutto a ramengo con errori mai visti prima a un ferrarista aspirante iridato. Ma torniamo a oggi. Binotto resta responsabile Ges da inizio 2019 a fine 2022, per un totale di 82 GP, dei quali la sua gestione ne riesce a vincere solo sette in quattro anni, con neanche due vittorie a stagione, di media. In confronto Stefano Domenicali, al timone dal 2008 al 2014, sembra Alfred Neubauer, con un mondiale Costruttori vinto nel 2008 e ben tre titoli Piloti sfiorati all&rsquo;ultimo tuffo. E ben otto vittorie, cio&egrave; una in pi&ugrave; di tutte quelle Binotto, gi&agrave; nella prima annata di Stefano al timone. Lo stesso Arrivabene aveva chiuso con 13 centri in quattro stagioni, quasi il doppio di Binotto. Ma nelle corse e nella vita mica si spiega tutto col pallottoliere. Anzi. Il guaio &egrave; un altro. Nel primo anno binottiano, il 2019, la Ferrari ha risultati stupendi con Leclerc, vincendo a Spa e a Monza, quindi con Vettel a Singapore: gare favolose. Ma c&rsquo;&egrave; un problema. La Rossa entra nel mirino di pi&ugrave; penetranti verifiche e da l&igrave; sulla vicenda cala un&rsquo;imbarazzante silenzio, per niente chiarito dal verdetto finale. Il quale si limita&nbsp; a riportare che tra Fia e Ferrari c&rsquo;&egrave; stato un accordo con clausola di reciproca riservatezza.  Roba priva di precedenti, nella storia F.1, con le parti in causa che ritengono di non dovere dire e dare spiegazioni a nessuno, appassionati e tifosi compresi. Della serie, quando c&rsquo;&egrave; da pagare biglietti e merchandising, devi stare pronto a versare bastimenti di denaro, ma tu, caro fan, non hai mica diritto di sapere cosa ha fatto la tua squadra di riferimento o come si &egrave; comportato il suo (e sportivamente tuo) responsabile della Ges. Silenzio e pedalare. E qui si inaugura il tratto distintivo pi&ugrave; caratterizzante, inquietante e inaccettabile della gestione Binotto. L&rsquo;essere al timone di una Casa di rilevanza sportiva (e commerciale, ovvio) planetaria, ma di non sentire alcun dovere di spiegazione, chiarezza e trasparenza dialogica nei confronti dell&rsquo;opinione pubblica. Dall&rsquo;affaire 2019, quindi dopo neanche una stagione, nasce questo stranissimo modo di gestire non solo il team ma anche il riflesso mediatico delle azioni portate avanti in pista e non solo. Come? In un modo incredibile. Ottenendo poco, sbagliando molto e facendo inesorabilmente finta di niente. &quot;Dobbiamo capire&quot;, butta l&agrave; Binotto la prima volta che le cose non si mettono bene, &quot;Dobbiamo capire&quot;, ripete la seconda e al terzo &ldquo;Dobbiamo Capire&rdquo; il potentissimo responsabile Ges diventa per la prima volta nella storia ultrasettantennale della Ferrari oggetto regolare della satira di Maurizio Crozza, peraltro carina, sorvegliata e sottotraccia, che certe volte &egrave; Binotto, con le sue dichiarazioni del dopo corsa, a diventare il feroce inserto satirico di se stesso. Nel 2020 e nel 2021 Ferrari corre spompata da decreto e senza possibilit&agrave; di combinare niente, quale punizione per quell&rsquo;oscura porzione di 2019 vincente ma di dubbia regolarit&agrave;? Binotto continua a fare finta di niente, piazzando una spassosa mitragliata di &ldquo;Dobbiamo capire&rdquo;, che mano mano nei bar e sui tram diventa una specie di buffo tormentone, ormai utilizzatissimo da parte degli italiani quando vengono incalzati da moglie o suocera e proprio non sanno come cavolo giustificarsi.  Verso la fine del malinconico biennio 2020-2021, Binotto inventa una specie di traguardino da scuola serale, coniando la favola esilarante della titanica sfida per il terzo posto Costruttori, che &egrave; come lottare nella vita per essere il terzo uomo che piace alla donna pi&ugrave; amata, poi vantandosene pure. Ess&ugrave;. Infine arriva il decisivo 2022 e con esso ecco la meravigliosa F1-75, una delle Ferrari pi&ugrave; belle e competitive mai viste. Bravo, Mattia, stavolta. Per&ograve; le F.1 son come le piante: van curate e fatte crescere, senn&ograve; si seccano e ti cadono addosso. Ebbene, tempo met&agrave; stagione, e la vettura non vincer&agrave; pi&ugrave; manco mezza gara. In compenso in squadra sbagliano un po&rsquo; tutti. L&rsquo;affidabilit&agrave; latita, i piloti non sono esenti da errori e il muretto, con apice a Montecarlo, a volte si indiustria a perdere gare gi&agrave; vinte riuscendo a consegnarle in mano altrui, con errori marchiani, scelte bizzarre e tattiche che ricordano un diabetico che per dormir sereno mangia vassoi di pasticcini.    E Binotto cosa fa? Interpretando meravigliosamente se stesso, continua a far finta di niente. Vive in un mondo tutto suo e argomenta che che non &egrave; giusto mettere all&rsquo;indice il muretto. Assistere ai commenti del dopogara o leggere i comunicati &egrave; un&rsquo;esperienza surreale, col capo della Ges a spiegare imperturbabile che tutto va bene e non c&rsquo;&egrave; motivo di polemizzare. Ormai non &egrave; neanche la sconfitta o gli errori che fanno rabbia, ma indigna il teatro dell&rsquo;assurdo messo in piedi per negare tutto, stilando bilanci ragionevolmente positivi anche quando appare chiaro che la Ferrari sa costruire stupende monoposto come la F1-75 ma deve ancora imparare a gestirle e a svilupparle, perch&eacute; la macchina quest&rsquo;anno merita 9 ma la squadra solo 6. Intanto Binotto parla di tutt&rsquo;altro. A met&agrave; stagione il clima diventa incandescente tra Leclerc e Sainz? Lui continua a fare finta di niente. Ci sarebbe bisogno di rincuorare il monegasco, che sta vedendo scivolare via le speranze di contrastare Verstappen in fuga? Binotto gli mostra il ditino predicatore in mondovisione, tale e quale a sgridare l&rsquo;unico pompiere il quale sta cercando di spegnere le fiamme che ti bruciano casa... Ma lui &egrave; cos&igrave;. Fa finta di niente. Quindi la Rossa ne fa di ogni. Ordina tattiche inspiegabili dal muretto? Monta le bianche quando non le monta nessuno? Mette gomme da pioggia in qualifica mentre ancora la pista &egrave; asciutta? Dai, ci pu&ograve; stare, no?   Tutti i quattro anni di Binotto sono cos&igrave;. La parte argomentativa, dialettica e consuntiva della responsabilit&agrave; di comando, che &egrave; anche se non soprattutto mediatico obbligo di rendiconto logico, lui la salta quasi completamente, trovando una giustificazione pervicace e una frase fatta per qualsiasi magagna del team. Al punto che la tifoseria ferrarista si sente, se non ignorata, peggio: quasi presa per i fondelli o considerata mezza fessa. Ed ecco che la base comincia a provare per Binotto una saziet&agrave; mai avvertita per nessun altro capo Ges, neanche per Mattiacci a fine 2014. Perch&eacute;, vedete, se c&rsquo;&egrave; una morale in questa storia, riguarda il futuro e non il passato. E dice una cosa semplice. La Ferrari non pu&ograve; e non deve essere gestita cos&igrave;. Le situazioni, perfino quelle belle e premianti, vanno spiegate, didascalizzate. Gli errori ammessi. Le mancanze riconosciute. Chi pensa di non dover dare spiegazioni, si pone da subito contro chi invece sente di aver il diritto di averle. E questo vale per il Presidente Elkann ma anche per il pi&ugrave; recente e fresco dei tifosi, perch&eacute; la Ferrari non &egrave; conventicola,&nbsp; loggia o elite di schifiltosi, ma un patrimonio di tutti, un&rsquo;estasi popolare. Un bene culturale e sportivo nazionale. Per questo, a chiunque prender&agrave; il posto di Binotto, sia almeno chiara la lezione: mai pi&ugrave; far finta di niente. Qualsiasi appassionato pu&ograve; accettare di non vincere il mondiale, ma non d&rsquo;essere ignorato. E chi di dovere, a forza di &ldquo;Dobbiamo capire&rdquo;, speriamo che almeno questo l&rsquo;abbia capito. 

Ha perso anche questo modo surreale e pervicace di negare problemi, lacune ed errori

Binotto e quello sfiancante far finta di niente

La domanda si insidia sempre pi&ugrave; pressante: ma quale sar&agrave; il nostro futuro adesso? Quale sar&agrave; la nostra vita una volta che, speriamo al pi&ugrave; presto possibile, si sar&agrave; allentata la morsa di questo virus maledetto che semina morte, quarantene, disastri economici? Impossibile disegnare adesso uno scenario plausibile senza rischiare di sbagliare completamente il tiro e mandare in tribuna qualsiasi considerazione.  &laquo;Quando tutto questo sar&agrave; finito, ci sar&agrave; ancora voglia di andare alle gare? O ad una partita, in teatro, al ristorante, al cinema? Dobbiamo capire come ricominciare, perch&eacute; al momento siamo tutti limitati in quella che era la nostra libert&agrave;, a seconda di chi siamo e dove ci troviamo&raquo;. Lo ha detto nei giorni scorsi il presidente della Federazione Internazionale Jean Todt.   Jean Todt ed il compromesso sul budget cap  Come dargli torto? Parlando di Motorsport.com il presidente ha anche aggiunto: &laquo;Appena sapremo che si pu&ograve; ripartire penso che ci potranno essere due o tre Gp al mese. Cominciando a luglio o agosto e proseguendo fino a dicembre. Abbiamo sei mesi, moltiplicando per tre siamo su un numero ottimo di gare. Ma non dimentichiamo che stiamo affrontando situazioni diverse perch&egrave; gli organizzatori possono anche procedere con tutte le misure di sicurezza, ma se poi si rifiutano di farlo o hanno perplessit&agrave;? Un evento &egrave; una festa e dobbiamo fare che sia cos&igrave;, non possiamo organizzarlo, se poi non ci sono questi presupposti&raquo;.  Anche Mattia Binotto su Sky Sport UK ha parlato di futuro. &laquo;Dovremmo guardare al futuro e non dimenticare che come aziende e come squadre abbiamo responsabilit&agrave; sociali, ad iniziare dalle persone che lavorano per noi. Amiamo il lavoro che facciamo, penso che sia un aspetto molto importante, posso dire di essere davvero appassionato del mio lavoro, come lo sono tutte le persone che sono in questo ambiente&raquo;.  Nel frattempo &egrave; solo da applaudire la risposta che tutto il Motorsport sta dando in questi giorni difficili e terribili. Una gran bella filiera di solidariet&agrave;, una storia alla quale abbiamo dedicato la copertina di questo numero di Autosprint. Voglio ringraziare i nostri fedelissimi lettori che continuano a seguirci e non smetto di ringraziare gli edicolanti per il loro tener duro. In tempi di chiusure e quarantena la lettura &egrave; uno degli svaghi che va per la maggiore.  E anche se il mondo si &egrave; fermato con l&rsquo;arrivo della pandemia che ha sconvolto le nostre vite non se ne sono andate le passioni. Che continuano ad ardere forte, spinte anche dall&rsquo;onda dei ricordi che in questo periodo affiorano a decine. Anche sul fronte del Motorsport l&rsquo;interesse non si placa anche in questa situazione di sospensione totale in attesa di un futuro diverso. Ed &egrave; anche per questo che ogni settimana Autosprint esce in edicola sull&rsquo;onda di una passione che non &egrave; stata ancora definitivamente contaminata.  Cos&igrave; anche per andare incontro ai nostri fedelissimi lettori abbiamo deciso di proporre una grande offerta per l&rsquo;edizione digitale del nostro settimanale da corsa. Un abbonamento ad Autosprint digitale della durata di 90 giorni a 5,99 anzich&egrave; 15,99: un&rsquo;ottima occasione per leggere di corse con un&rsquo;offerta lancio di tre mesi. Pronto per uscire in edicola &egrave; anche il numero 2 di Autosprint Gold Collection. Ed &egrave; da non perdere. Parla di Ayrton Senna e regala immagini e ricordi da brivido. Restiamo in casa, ma almeno leggiamo delle meravigliose storie di corse.  &nbsp;  &nbsp; 

Ci sar&agrave; ancora voglia di andare alle gare? Impossibile disegnare per ora uno scenario in Formula 1. Ma una cosa &egrave; certa:&nbsp; l&#39;emergenza coronavirus, che ha sconvolto le nostre vite, non ha intaccato le nostre passioni. Per questo &egrave; pronto per uscire in edicola il numero 2 di Autosprint Gold Collection, dedicato a Senna con immagini e ricordi da brivido

L&#39;editoriale del Direttore: Con lo sguardo dritto nel futuro

Le ragioni sono tante e sono diverse. Le ragioni del silenzio. Il silenzio che circonda la Ferrari e che la Ferrari circonder&agrave; lungo un inverno freddo, nebbioso e padano. Da una parte c&rsquo;&egrave; il desiderio, persino il bisogno, di cacciar via l&rsquo;anno che muore, cos&igrave; carico di sogni infranti, speranze disattese, rogne pi&ugrave; o meno insistenti, amarezze e delusioni. Per certi versi, si &egrave; salvato il solo Raikkonen, non si capisce nemmeno se per meriti suoi o per demeriti del suo titolatissimo compagno di squadra. Il che comunque - con tutto il rispetto per Kimi &ndash; offre la misura del disagio. In aggiunta, nel momento della festa di fine stagione, un momento tutto sommato gioioso, con la cornice nobile di Daytona, ogni raggio di sole &egrave; stato offuscato dal tifone-Rosberg. Un annuncio tanto clamoroso da mettere in ombra lo smalto rosso della famiglia pi&ugrave; celebre e celebrata del motorismo.  &Egrave; IL MOMENTO DI MATTIA BINOTTO - Silenzio, dunque, attorno al quale si agitano speculazioni e proiezioni inevitabili. Dato il casato, appunto, date le premesse e data, soprattutto, la fame di chi aspetta e spera. Di chi aspetta a gufa. &Egrave; il momento, &egrave; la stagione, di Mattia Binotto, un giovane uomo (Losanna, 3 novembre 1969) al quale il silenzio non dispiace affatto, come avr&agrave; capito chiunque, viste le parole, ai minimi termini, pronunciate dal momento della nomina a responsabile tecnico Ferrari (27 luglio 2016). Cosa che, in questa epoca di sceneggiate e fuffa, ha offerto campo libero a una platea di sedicenti intenditori votati al pessimismo. Le perplessit&agrave; riguardano il passato, inglobano il presente, permeano il futuro. Si concentrano sulle competenze accumulate (un motorista, non un telaista, non un disegnatore), sulla squadra che sta gestendo (nemmeno una star da pista), sulla tendenza dello stesso Binotto a muoversi dietro le quinte piuttosto che sulla ribalta (niente interviste, TV a quota pressoch&eacute; zero).&nbsp;  LA SCELTA DI MARCHIONNE - Il fatto che una vecchia volpe come Sergio Marchionne abbia deciso di scegliere proprio lui come riferimento primo, &egrave; parso a molti come una mossa azzardata. Pur senza avere alcuna misura delle informazioni in possesso del Presidente. Uno che non pare proprio l&rsquo;ultimo della pista in fatto di intuizioni, a meno che non si stia qui per tutta la vita a colpevolizzare Marchionne per l&rsquo;abbaglio preso lo scorso inverno. Un abbaglio emanato all&rsquo;interno della stessa Ferrari, ovviamente, cosa niente affatto trascurabile. &Egrave; vero, Binotto &egrave; un motorista. Non progetta motori. Eppure sotto la sua gestione il reparto motori di Maranello ha compiuto l&rsquo;unico balzo in avanti certo del 2016. Dunque, oltre a Raikkonen, nel conto dell&rsquo;attivo va messa anche la power unit Ferrari. Curiosamente, allo stesso Binotto, il motorista, quello che non ha esperienza e non sta in vetrina, Luca Cordero di Montezemolo e Stefano Domenicali assegnarono il compito di supervisionare la completa e complessa ricostruzione della Gestione Sportiva.  IL RAGAZZO SA CAVARSELA - Un lavoro estraneo alle competenze supposte e svolto con assoluta brillantezza. Il che ci porta a pensare che il ragazzo sappia cavarsela in mezzo a guai di natura diversa. Che sappia, soprattutto, fare squadra, scovare competenze sopite o frustrate o nascoste per farle fruttare. Ovvio, non basta mica, non baster&agrave;. Infatti Binotto si trova, forse per la prima volta, a dipendere in maniera marcata da talenti altrui. Il tutto, per&ograve;, in un&rsquo;epoca tecnologica che premia un sistema operativo pi&ugrave; di una individualit&agrave; brillante, come spiegano indirettamente Mercedes e Red Bull, dove persino una eccellenza come Newey, &egrave; stata per cos&igrave; dire inserita in un gruppo di lavoro che funziona.&nbsp;  DIFENDERE E TUTELARE - Forse Binotto &egrave; stato costretto a prendersi una patata davvero bollente. Di sicuro fatica e faticher&agrave; a misurarsi con problemi enormi. Pu&ograve; capitare che non riesca a portare in pista una Ferrari vincente. Ma di sicuro non rischia di fare cattiva figura. E non ha alcun senso metterlo all&rsquo;angolo ora. Anche considerando qualit&agrave; che brillano solo dentro le mura della Ferrari, parole che non escono dalle mura della Ferrari. Certo, andr&agrave; difeso, servir&agrave; tutelarlo proprio all&rsquo;interno, a cominciare dal tempo concesso per una vera ristrutturazione, se possibile rintuzzando frenesie da ansia al galoppo. Ma chi conosce Binotto davvero, chi ha lavorato con lui lungo un percorso in realt&agrave; molto articolato e per niente deludente, non dubita affatto sulla sua straordinaria capacit&agrave; di trovare il modo di mettersi in relazione e di mettere in relazione.  IL SILENZIO VA APPREZZATO - &Egrave; poco? Forse. Ma &egrave; anche ci&ograve; che alla Ferrari &egrave; mancato in questi anni. Cos&igrave;, possiamo trattare il silenzio di oggi, suo di certo, con un pizzico di entusiasmo a fondo perduto. Lo stesso che Binotto usa da molti anni. Ci voleva? Oh, s&igrave;. Intanto e di sicuro, s&igrave;. Non &egrave; detto che dentro ogni silenzio si nasconda un tesoro, ma di certo ogni tesoro cresce nel silenzio. 

Il direttore tecnico Ferrari sta lavorando per far rinascere il team come piace a lui: nell&#39;ombra.

Mattia Binotto, il silenzio dell&#39;innocente

Simone Resta ha sottolineato il lavoro congiunto con l&rsquo;equipe diretta da Mattia Binotto. Gi&agrave; lo scorso anno la power unit si era segnalata per aver compiuto un balzo in avanti sorprendente, sviluppando il motore fino ad arrivare &ldquo;in scia&rdquo; a Mercedes.  

Il direttore del settore power unit Ferrari spiega i due filoni principali seguiti nell&rsquo;evoluzione del motore 

Mattia Binotto: cos&igrave; la nuova power unit (video)

Mattia Binotto: cos&igrave; la nuova power unit

In poche righe, prassi normale quando le notizie sono di peso, la Ferrari ha annunciato ufficialmente la nuova organizzazione della struttura dedicata alla Power Unit.  Come anticipato da Autosprint, l&rsquo;ing. Luca Marmorini ha concluso il suo rapporto con Maranello, ed il ruolo di &ldquo;Chief Operating Officer&rdquo;, &egrave; cos&igrave; passato a Mattia Binotto.  James Allison, Direttore Tecnico, conserva la responsabilit&agrave; del progetto di tutta la vettura, avvalendosi del supporto di Nikolas Tombazis, Chief Designer Autotelaio, e di Lorenzo Sassi, Chief Designer Power Unit.  Roberto Chinchero

Confermata l&rsquo;indiscrezione di Autosprint: l&rsquo;ing. Marmorini lascia Maranello. Pieni poteri ad Allison e Binotto

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