La vita di un appassionato vero ricomincia quarant&rsquo;anni dopo. Anzi, ricomincia sempre e in alcuni casi ancora di pi&ugrave;. Perch&eacute; certe annate non se ne vogliono andare dal cuore e dalla testa, oppure perch&eacute; ci sono ere che ci piacciono e basta. Ricche di nomi, rombi, ricordi, cronache e sensazioni che ormai fanno inscindibilmente parte del nostro vissuto. Quindi qua siam dentro un album di famiglia, nostra quindi vostra, mica a parlare di questo o quello, purchessia. L&rsquo;anno di grazia automobilistico-corsaiola 1983, novello quarantenne dalla notte del recente capodanno, giace bello bello in questa zona magica e per un sacco di ragioni, che qui val la pena restringere a due: per ci&ograve; che accade in F.1 e, con particolare interesse, all&rsquo;interno della Ferrari.&nbsp;  Mauro Forghieri sapeva tutto  E qui vado sul personale e non poco. Tra le cose che Mauro Forghieri mi aveva pregato di non scrivere mentre era vivo ma, sfiorandosi scaramanticamente, semmai solo dopo, non a caso, c&rsquo;&egrave; questa: &quot;Sai, il mondiale di F.1 1983 per me resta una questione aperta, un dolce fastidio che ogni tanto mi viene a cercare. Perch&eacute; noi della Ferrari quel campionato l&rsquo;avevamo vinto, secondo me. Cio&egrave;, non dico mica corbellerie: il mondiale Costruttori a tutti gli effetti resta attribuito alla Ferrari, ma io parlo del mondiale Piloti. Insomma, a conti fatti, sommando i risultati dei nostri due piloti Arnoux e Tambay, e dei nostri due modelli impiegati, la 126C2 e quindi la nuova 126C3 in carbonio, schierata dal Gp di Gran Bretagna in poi, il Cavallino batte tutti, fine, non c&rsquo;&egrave; discussione, con la Renault staccata di ben dieci punti. E la Brabham addirittura &egrave; solo terza, staccatissima di 17 punti da noi, cio&egrave; un abisso. Strano, no, che la macchina che fa suo il mondiale Piloti nel Costruttori sia cos&igrave; indietro, difatti qualcosa da capire c&rsquo;&egrave;. E fino a tre gare dalla fine il nostro Arnoux &egrave; chiaramente in lizza per vincere il mondiale Piloti, poi all&rsquo;improvviso Nelson Piquet e la Brabham-Bmw sembrano mettere un razzo nel motore, tramutandosi in imprendibili&quot;.&nbsp;  Tanti vincenti, ma alla fine...  Continuo il tema. E la Brabham vince tre gare consecutive, ossia quelle determinanti, le ultime in calendario: due con Nelson e una con Riccardo Patrese, guarda caso all&rsquo;interno di una delle stagioni pi&ugrave; incerte e col maggior numero di vincitori (Piquet, Prost, Arnoux, Tambay, Rosberg, Watson e Patrese), non solo tra i piloti ma anche tra le monoposto, con Brabham, Ferrari e Renault in veste di top team ma anche con Williams, McLaren e Tyrrell, che piazzano almeno una zampata da race winner e l&rsquo;Alfa Romeo Euroracing che ottiene due secondi posti.&nbsp;  Anno di spartizione democratica  Insomma, il 1983 &egrave; anno di spartizione quasi democratica della gloria, fatti salvi i tre atti conclusivi del tutto controcorrente, in cui la Brabham si trasforma in asso pigliatutto e in effetti piglia tutto, monopolizzando i punti pesanti quando contano davvero e champagne, nonch&eacute; laureandosi iridata con Nelson Piquet. A questo si aggiunge che, secondo ripetute analisi, il limite per il carburante fissato a 102 ottani nelle gare decisive fosse stato superato proprio dalla Brabham, a 102,5. Un vero e proprio giallo, avvalorato da una serie di documenti riportati da Autosprint dell&rsquo;epoca, diretto da Gianni Cancellieri - uno che non ha mai fatto sconti a nessuno, Ferrari per prima -, con l&rsquo;inviato Giancarlo Cevenini scatenato e prolifico assai nel cercare la verit&agrave;. Tutto questo fino a che, un bel giorno, si comincia a parlare di una lettera di scuse di Bernie Ecclestone e la faccenda muore l&igrave;, a sostituire benzine e sospetti con il classico men&ugrave; a base di vino e tarallucci.  Le confidenze di Forghieri  A me per&ograve; restano le confidenze di Forghieri, che tanti anni dopo adombrano serenamente ben altri dubbi: &quot;Parliamoci chiaro, sono passati decenni - mi disse un giorno l&rsquo;ingegnere a pranzo in una piola dalle parti di Baggiovara. S&igrave;, piola, come la chiamava lui: ossia in un posto modesto in cui per&ograve; si mangia pi&ugrave; che discretamente -, eppure secondo me il 1983 ebbe un finale inatteso non solo in pista, ma soprattutto dopo. Prendi Enzo Ferrari: l&rsquo;Enzo Ferrari che conosco io, in una storia del genere avrebbe tirato in aria il mazzo di carte e preso a calci il tavolo da gioco, se solo roso dal dubbio, dal semplice, legittimo dubbio, d&rsquo;essere stato battuto e fregato con un mazzo truccato nelle ultime tre mani. Invece, niente di tutto questo. Io analizzavo i dati in nostro possesso, li rettificavo in base all&rsquo;esperienza e all&rsquo;osservazione che avevo avuto sui campi di gara della Brabham e mi restava la sensazione che forse ci avevano buggerato. E dico forse, perch&eacute; resto una persona educata. Tanto che andavo in ufficio dal Vecchio e gli dicevo: &#39;Commendatore, mi creda, c&rsquo;&egrave; da fare del gran casino, qui. Da spender dei soldi in avvocati e carte da bollo, perch&eacute; questi non ce la raccontano mica giusta&#39;. Insomma, lo infuocavo sempre pi&ugrave;, ma lui niente. Poco reattivo, anzi, sempre pi&ugrave; freddo, peggio: placido. Fino a che un bel giorno mi disse a bassa voce, prendendomi a braccetto, di lasciar stare e di concentrarmi sulla stagione successiva. Secondo te, perch&eacute;?&quot;.&nbsp;   Un OMISSIS di quelli tosti  E qui, francamente, non sapevo cosa rispondere, ma no problem, perch&eacute; era lo stesso Forghieri ad andare al punto: &quot;Non dirmi che io Enzo Ferrari non lo conoscevo bene. Cio&egrave;, sul lavoro ero tra i pochi al mondo a conoscerlo davvero. E il suo comportamento a fine 1983 secondo me sta a significare una cosa ben precisa: giunto a quel punto, lui aveva pi&ugrave; convenienza a stare zitto e a lasciar perdere, che non ad arrabbiarsi sul serio. E difatti lasci&ograve; stare, per sempre. E la cosa fin&igrave; l&igrave;. E sai, perch&eacute;, secondo me? Ma questo non dovrai scriverlo mai, &egrave; la parte che dovr&agrave; restare tra noi... OMISSIS&quot;.  &quot;Un anno che resta dentro&quot;  Qui debbo fermarmi, perch&eacute; non ho delega, n&eacute; mai l&rsquo;avr&ograve; dalle celesti sfere. Mi spiace, la faccenda sta esattamente in questi termini. Posso solo dire che il finale, ovvero la spiegazione paventata dal compianto Mauro Forghieri in fuori onda, era ed &egrave; l&rsquo;interpretazione di uno pi&ugrave; realistico del re. Punto. Morale della favola, l&rsquo;ingegnere tornava nel raccontabile, dicendo: &quot;Fatto sta che quel 1983 lo ricordo e lo sento come un anno speciale, perch&eacute; &egrave; l&rsquo;ultimo mondiale che ho vinto con delle macchine progettate da me e resta anche l&rsquo;ultimo campionato Costruttori vinto da Enzo Ferrari. Per&ograve; &egrave; anche l&rsquo;ultimo mondiale Piloti che abbiamo rischiato di vincere insieme, io e il Commendatore, quindi non so se privilegiare il bicchiere mezzo pieno o quello mezzo vuoto... Per&ograve; &egrave; di sicuro stagione molto particolare, ecco, questo s&igrave;. Un momento che mi &egrave; restato dentro pi&ugrave; di tanti altri, per belli o brutti che fossero&quot;.&nbsp;   Storia di una stagione  E in effetti particolarissimo il 1983 lo &egrave;, perch&eacute; quasi a ogni gara capita qualcosa di inatteso e cinematografico. In Brasile vince subito Piquet, con quella Brabham che sembra una freccia, fatta realizzare solo in due mesi scarsi dal genio di Gordon Murray. Si va a Long Beach e trionfa John Watson con la vecchia McLaren Mp4/1, mettendo a segno la pi&ugrave; grande rimonta nella storia dell&rsquo;umanit&agrave;. Quindi in Francia Prost impone la legge della Renault e a Imola, nel GP di San Marino, Patrick Tambay trionfa in trance agonistica e in pieno transfert con l&rsquo;anima di Gilles Villeneuve, mandando in visibilio centomila persone, tra le quali chi scrive, al tempo diciottenne, di stanza al Tamburello.&nbsp;  Il giorno della vergogna  &Egrave; il giorno della vergogna per il comportamento di tanti tifosi Rossi nei confronti di Patrese, che esce alle Acque Minerali, subendo psicologicamente la rimonta di Tambay, e gli sberleffi del pubblico in&nbsp; tribuna che esulta da stadio, dispensandogli a pi&ugrave; riprese il gesto dell&rsquo;ombrello. Si va a Montecarlo e in mixed condition Keke Rosberg con la altrove moscia Williams Fw08 disputa la pi&ugrave; bella gara della sua vita, andando a vincere di prepotenza. Quindi dopo quasi tre lustri si torna nella rinnovata e accorciata ma superba Spa e svetta Prost, anche se per qualche giro fa sognare De Cesaris, in testa con l&rsquo;Alfone di Pavanello. Ed eccoti a Detroit, con una notizia brutta e una bella. Prima la brutta, dai. Tambay litiga con la Ferrari dopo aver saltato un briefing per assistere in Tv al Roland Garros di tennis, dove gioca l&rsquo;amico Yannick Noah. Quindi in&nbsp; gara manco parte, perch&eacute; resta fermo al via. Gli coster&agrave; cara, col non rinnovo a fine anno e l&rsquo;arrivo di Michele Alboreto che intanto sorprende tutti andando a vincere sul cittadino statunitense da campione, con la modesta ma onesta Tyrrell. Era questa la bella notizia.  Ferrari &amp; Arnoux grandi!  In Canada &egrave; il gran giorno di Arnoux che rilancia le chance iridate della Ferrari vincendo anche in Germania e alternandosi con Prost e la Renault che fanno centro in alternanza all&rsquo;odiato collega ferrarista di Grenoble in Gran Bretagna e Austria, mentre in Olanda &egrave; Ren&eacute; a tornare in auge. Prost e Piquet sono fuori a Zandvoort, autoeliminatisi in una sconcertante collisione che al tempo, quando tutto era lecito, ovviamente non termina con sanzioni n&eacute; reprimende. Tutto &egrave; aperto. Chiss&agrave; chi vincer&agrave;, perch&eacute; mai i valori in campo sono cos&igrave; indecifrabili. E invece no, come sappiamo. Sul pi&ugrave; bello, all&rsquo;improvviso, la Brabham-Bmw trita tutti e porta Piquet a Kyalami a vincere il mondiale, davanti a un Alain Prost e a una Renault distrutti. Al punto che, poco dopo, il vertice della squadra francese si dissolve.&nbsp;  Metti una sera a cena  Anni pi&ugrave; tardi a cena con Jean Sage, alto dirigente della Renault sui campi di gara, gli chiedo se era vero che la squadra era saltata perch&eacute; qualcuno fin&igrave; a letto con la moglie sbagliata e lui mi risponde: &quot;Complimenti per la domanda, la ritengo assolutamente pertinente, ha fatto benissimo a pormela, ma mi consenta di passare al men&ugrave; della serata&quot;. Ordinati i primi, mi guarda strizzandomi l&rsquo;occhio e non aggiungendo mai pi&ugrave; nulla in vita sua. Chiaro, no? Larrousse se ne va e sbatte la porta, Prost pure e alla Renault in chiave 1984 va il transfuga Tambay, portando con s&eacute; l&rsquo;amico ingegner Carletti. Cose cos&igrave;. E poi c&rsquo;&egrave; il poi. La Bmw festeggia il primo mondiale Piloti vinto da un turbo nella storia della F.1, anche se, come mi diceva Forghieri, smembrando una cotoletta: &quot;Il primo titolo mondiale vinto da un turbo in realt&agrave; &egrave; il campionato Costuttori 1982 con la Ferrari 126 C2 al top, ma nessuno lo dice mai e anche questo &egrave; un bel mistero, che riguarda per&ograve; voialtri giornalisti, ma mica posso adesso picchiare te per prendermela con tutti... Buone anche queste patatine fritte, vero?&quot;.&nbsp;  La verit&agrave; di Patrese  Bene. Poche sere fa sono con Patrese, un dopocena alla presentazione di un libro su De Angelis e Riccardo torna sul 1983 dicendo una cosa giustissima, cio&egrave; questa: &quot;Se in quella stagione Piquet fa 59 punti e io solo 15, la spiegazione c&rsquo;&egrave;: per quasi tutto l&rsquo;anno io vengo utilizzato dalla squadra come cavia, per verificare prestazioni e affidabilit&agrave; di componenti che poi vengono montati, se validi ed efficaci, da Nelson. &Egrave; questo il motivo per cui a prestazioni, specie in prova, posso dire la mia rispetto a lui, ma in gara sono molto spesso vittima di ritiri. Questo spiega anche perch&eacute; la Brabham sia cos&igrave; indietro nel mondiale Costruttori&quot;.&nbsp;   Rivali ma Amici  Infine, la storia resta fatta pur sempre da uomini. Per gli strani gioci del destino, Paul Rosche, ovvero il pap&agrave; del potentissimo ma in quel caso discusso motore 4 cilindri Bmw che a fine 1983 batt&eacute; la Ferrari di &ldquo;Furia&rdquo; e del Drake in circostanze mai del tutto chiarite, &egrave; estimatore incondizionato oltre che uno degli amici pi&ugrave; grandi e pi&ugrave; cari di Mauro Forghieri. E, due decadi dopo, quando ci sar&agrave; da affidare un ruolo importante nel ritorno della Bmw in F.1, sar&agrave; proprio l&rsquo;Oral Engineering dell&rsquo;ingegnerone e del fedelissimo collega Franco Antoniazzi a ricevere la fiducia della Casa di Monaco. Di pi&ugrave;. Sempre l&rsquo;Oral, con Forghieri &amp; Antoniazzi, proceder&agrave; alla realizzazione della non pi&ugrave; fantomatica - perch&eacute; mostrata nel corso della nostra serata di festa, durante la passata edizione dei Caschi d&rsquo;oro di Autosprint -, Bmw MotoGp tre cilindri. Vado oltre. Gordon Murray, pap&agrave; della Brabham Bt52 freccia, da lui stesso ritenuta tra le tre vetture pi&ugrave; importanti nella sua carriera di progettista, ritiene il trionfo nella stagione 1983 tra i pi&ugrave; belli della sua vicenda agonistica sui campi di gara. Del tutto inutile chiedergli qualcosa circa le benzine, perch&eacute; quella era una materia riservata al motorista Rosche, che per&ograve; non c&rsquo;&egrave; pi&ugrave; da quel d&igrave;, ovvero dal 2016. La sola cosa certa &egrave; che anche Murray fino all&rsquo;ultimo &egrave; stato amico di Forghieri, tanto che andava a trovarlo in villa a Magreta una volta all&rsquo;anno, mangiando grana all&rsquo;aceto e rinverdendo i bei tempi andati.&nbsp;  L&rsquo;unica certezza? Roberto Rinaldi  Al giorno d&rsquo;oggi, l&rsquo;unico che potrebbe dire qualcosa in materia potrebbe essere Bernie Ecclestone. Chiss&agrave;. Quel che conta davvero e anche il vero motivo della stupenda cover di As di questa settimana, ad opera del maestro Roberto Rinaldi - capace di passare con nonchalance da Dylan Dog alla F.1 1983 -, e delle pagine che seguono, qui e ora, &egrave; non dimenticare. Non dimenticare l&rsquo;anniversario numero 40 di un&rsquo;annata intensissima, combattutissima e comunque bellissima, la quale ci regala l&rsquo;ultima Ferrari iridata del Drake. E non dimenticare neanche che tutti tecnici apicali rivali giurati di quell&rsquo;annata, ingegneri Ferrari e Brabham-Bmw in primis, con gli anni, invece d&rsquo;odiarsi, erano diventati fraterni amici e convinti estimatori l&rsquo;uno dell&rsquo;altro. Perch&eacute; l&rsquo;intelligenza unisce. Solo la stupidit&agrave; divide. E quando il genio si sposa al cuore, certe storie intense non finiscono mai. 

Un quarantennale F.1 che &egrave; anche un giallo!

Quel 1983 da onorare

Mauro Forghieri vive. E&#39; tristemente vero che il leggendario ingengere, che ha segnato un epoca di successi in Ferrari, &egrave; scomparso quest&#39;anno, ma sul palco dei Caschi d&#39;Oro c&#39;era. Nelle parole, nei ricordi di chi nella vita dentro e fuori dalle piste lo ha sempre accompagnato.&nbsp;  Vivo nei ricordi condivisi della moglie Elisabetta e del suo invincibile squadrone di meccanici,&nbsp; Modesto Menabue,&nbsp; Anselmo Menabue, Luciano Prandini e Gabriele Pagliarini: tutti sul palco per raccontare chi &egrave; stato Mauro. Per ricordarlo e tenerlo vivo per sempre.    Il ricordo di chi gli &egrave; stato vicino  Brenda Vernor, la segretaria di Enzo Ferrari, unica donna in un ambiente di soli uomini e capace di tenere testa a tutti, a raccontato che Mauro: &quot;Per me &egrave; stato l&#39;uomo pi&ugrave; simpatico che ho conosciuto. Mai visto uno come lui&quot;.  &quot;&Egrave; stata una vita bellissima, Mauro aveva un&#39;intelligenza straordinaria. Ha sempre amato moltissimo i ragazzi, appena poteva, andava in universit&agrave; per dare lezioni. Per lui, i giovani, erano il fururo, faceva di tutto per avvicinarli al suo mestiere&quot; ha raccontato sua moglie Elisabetta.  Ci ha pensato Piero Corradini a togliere il gorppo dalla gola, raccontanto un aneddoto divertente: &quot;Una volta, in Sud Africa, nel briefing dopo le prove pur di avallare la sua tesi e far valere il suo ruolo di capo, era arrivato a coinvolegere Elisabetta e le disse &#39;Elisabetta hai visto anche te la macchina che si comportava cos&igrave;!&#39;. Una volta tornato in albergo, sono andato dagli altri ingegneri e ho detto: &#39;Che assetto facciamo, l&rsquo;assetto Elisabetta?&#39;&quot;.  Forghieri, dalle auto alle moto  Forghieri &egrave; stato un grande uomo, ma soprattuto un grande ingnegnere, uno dei pochissimi a poter progettare tutta la vettura, dal motore all&#39;aerodinamica. Ma non solo. La sua firma &egrave; anche su una moto, il prototipo progettato per BMW per la MotoGP, realizzata dalla Oral Engineering. Ed &egrave; stato Franco Antonazzi, CEO dell&#39;azienda, a raccontare come nacque quel progetto: &quot;BMW non aveva mai corso in MotoGP e inzi&ograve; il programma una volta completato quello per iniziare a correre in F1. BMW voleva che quella moto doveva essere un concetrato di idee e innovazioni, in modo da maturare ricerca e sviluppo per la produzione. Doveva essere una moto innovativa e cos&igrave; facemmo. Aveva il cambio semiautomatico derivato dalla F1, un motore a 3 clindiri 900 cc, l&#39;acceleratore elettronico, le trobette variabili, tutte cose passate poi sulle SBK BMW. E l&#39;abbiamo fatta senza appoggiarci a Motorrad, perch&eacute; volevamo avere campo libero senza limiti alla nostra fantasia. Ed &egrave; ancora bella oggi, dopo tanti anni&quot;. 

Questa edizione dei Caschi &egrave; stata anche il momento di ricordare Furia, il geniale ingegnere a capo della Ferrari, scomparso quest&#39;anno

Caschi d&#39;Oro 2022, il ricordo di Forghieri

La Scuderia Ferrari nel corso del weekend del Gran Premio di San Paolo, in Brasile, ricorder&agrave; Mauro Forghieri &ndash; mancato luned&igrave; scorso a 87 anni &ndash; con un elemento grafico che comparir&agrave; sulle F1-75 di Charles Leclerc e Carlos Sainz. Lo sticker, che &egrave; stato applicato oggi nei box di Interlagos, porta la dicitura &ldquo;ciao Furia&rdquo;, e fa riferimento all&rsquo;affettuoso soprannome che era stato coniato dai meccanici della Scuderia per il geniale ingegnere che si distingueva per un carattere a dir poco focoso  Forghieri, che con la Scuderia ha vinto 54 Gran Premi di Formula 1 cui si aggiungono undici campionati del mondo oltre che nove titoli nelle competizioni di durata, andava fiero di questo soprannome ed &egrave; per questo che il team lo ha scelto per un ultimo saluto. Oltre che sulle F1-75 in pista in Brasile, lo sticker sar&agrave; presente anche sulle altre Ferrari ufficiali in gara nel fine settimana, le due 488 GTE impegnate nell&rsquo;ultimo round del World Endurance Championship in Bahrain, la numero 51 di Alessandro Pier Guidi-James Calado e la 52 di Miguel Molina-Antonio Fuoco. 

Le Rosse in gara in Brasie e in Bahrain omaggeranno la memoria del mitico Furia con uno sticker sulle scocche

Ferrari, un adesivo per ricordare Mauro Forghieri

Modena, i rintocchi delle campane nella Basilica di San Pietro inchiodano alla realt&agrave;. Tante volte Mauro Forghieri aveva scherzato, esorcizzando l&rsquo;argomento, ironizzando sulla fine della sua vita terrena. A Modena nel giorno dell&rsquo;ultimo saluto all&rsquo;ingegnere si misura la grandezza di un uomo che ha fatto la storia. Ora ci sono fiori e opere di penne per provare a spiegare il perch&eacute; e il percome. Ma &egrave; tutto impossibile. Non si possono mettere confini, tracciare linee di demarcazione davanti a un personaggio cos&igrave;. Soprattutto non bastano le parole.  Il numero di Autosprint di questa settimana &egrave;&nbsp;un tributo al Migliore. Racconta Giampaolo Dallara: &laquo;Era il migliore di tutti noi perch&eacute; era il pi&ugrave; completo. Della macchina progettava tutto: il motore, il cambio, il telaio, l&rsquo;aerodinamica. Faceva tutto non solo delle vetture di F.1, ma anche di quelle per Le Mans, delle F.2, delle auto per le corse in salita, diciamo che era normale che fosse sempre un po&rsquo; agitato. Io e lui siamo arrivati in Ferrari a due mesi di distanza l&rsquo;uno dall&rsquo;altro. Forse lui avrebbe preferito stare all&rsquo;ufficio tecnico, mentre a me sarebbe piaciuto il reparto corse, e invece ai tempi and&ograve; al contrario. Era una bella persona, e un amico. Lo &egrave; stato per tutta la vita&raquo;.  Mauro Forghieri nel ricordo di piero Ferrari, Mattia Binotto e Antonello Coletta    L&#39;ultimo viaggio in Maserati  Sul sagrato di questa chiesa che tanto piaceva al Nostro si mischiano emozioni e ricordi. C&rsquo;&egrave; tutto un mondo che non esiste pi&ugrave;. Le memorie, per&ograve;, sono ancora attuali. &laquo;L&rsquo;&egrave; andeda acse&raquo;. Scuote la testa Pietro Corradini e sorride amaro mentre guarda arrivare il carro funebre. &laquo;&Egrave; andata cos&igrave; - sibila l&rsquo;ex meccanico della Ferrari - Forghieri ha fatto grande la Ferrari, ha portato il suo grande ingegno alla Lamborghini e ora &egrave; qui che fa il suo ultimo viaggio su una Maserati. D&agrave;i, ha chiuso il cerchio dei grandi marchi. Non voglio neanche pensare a cosa avrebbe detto il Vecchio...&raquo;.  Si racconta di quella volta che col motore incandescente l&rsquo;ingegnere urlava ai suoi uomini di fare in fretta. Loro armati di guanti ci davano dentro come matti, con chiavi e cacciaviti. Ma lui, Furia, grande irrequieto fin&igrave; per spazientirsi: ci stavano mettendo troppo. E cos&igrave; fece per avvicinarsi con le mani al propulsore ma si ritrasse subito per il troppo calore. A quel punto uno dei meccanici alz&ograve; la testa e gli disse &laquo;ora avr&agrave; capito perch&eacute; ci mettiamo tanto tempo...&raquo;.  Racconti pieni di ironia ma all&rsquo;interno di un rispetto immenso per quell&rsquo;uomo burbero e diretto con quale hanno diviso vittorie, sconfitte e gioie terribili. Perch&eacute; Forghieri era avanti. A volte pure troppo. Un magnifico visionario che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno mentre traghettava la Ferrari e la F.1 dentro a un futuro sul quale lasciare un&rsquo;impronta gigantesca. Piedi per terra e umilt&agrave; come punti cardinali nella mappa di una vita dedicata al Motorsport.  &nbsp;  Dico ancora una volta grazie all&#39;ingegnere  &laquo;M&egrave;, per&ograve;, a d&eacute;gh anc&agrave;rra &lsquo;na volta grazie all&rsquo;ingegnere&raquo;. &Egrave; un altro dei suoi ex ragazzi a voler ringraziare per l&rsquo;ennesima volta il Grande Maestro. Davanti alla Basilica di San Pietro nel cuore di Modena si sono radunati tanti suoi ex colleghi di lavoro. Ragazzi di una volta, cresciuti al fianco del Genio, tra urla e carezze, bastone e carota. Perch&eacute; - dicono quasi in coro - Mauro prima ti sparava ma dopo pochi minuti era l&igrave; che voleva estrarre la pallottola dal corpo. &laquo;Una volta - racconta ancora Corradini - facevo una gran fatica a lavorare sulla monoposto, ero costretto quasi a fare delle contorsioni e di questo mi lamentai con Forghieri. Sai quale fu la sua risposta? Tir&ograve;&nbsp;fuori la matita dal taschino e mi disse: la prossima volta disegnala te, la macchina...&raquo;.  Intervistato dalla Gazzetta di Modena Ermanno Cuoghi ricorda: &laquo;Ai tempi di Lauda nelle trasferte, ci portavamo dietro ci&ograve; che serviva per cucinare un buon piatto di pasta. Un giorno Forghieri si improvvis&ograve; cuoco e cucin&ograve; un orribile piatto di carbonara: sembrava stucco. Era decisamente molto meglio come ingegnere che come cuoco&raquo;.    Una vita unica e impareggiabile  Dici Mauro Forghieri e si apre un mondo straordinario. Una storia meravigliosa all&rsquo;interno di una vita da corsa unica e impareggiabile, premiata da 4 titoli mondiali Piloti, 7 titoli Costruttori, 9 campionati del mondo per vetture Sport e GT e oltre 70 prototipi e monoposto che portano la sua inequivocabile firma. Nella sua rubrica il Tunnel su Autosprint quasi venti anni fa Franco Gozzi, per oltre 40 anni uomo di fiducia del Commendatore, scriveva: &laquo;Ferrari poteva discutere in modo molto, ma molto animato, con tutti i suoi collaboratori, ingegneri o tecnici che fossero. Mai con Mauro del quale accettava la superiorit&agrave;. Solo se si spingeva troppo in alto lo bloccava; era gi&agrave; accaduto anche con l&rsquo;ingegner Chiti: &ldquo;Piano col definirla la mia macchina, &egrave; una Ferrari e porta il mio nome&rdquo;.  Mauro Forghieri, ventiquattrenne e neolaureato, varca i cancelli di Maranello il 2 dicembre del 1959. Due anni pi&ugrave; tardi Enzo Ferrari decapita d&rsquo;un colpo i vertici aziendali (Carlo Chiti, Giotto Bizzarrini e Romolo Tavoni tra gli altri) e mette nelle mani di questo giovane ingegnere la responsabilit&agrave; di tutte le vetture da competizione del Cavallino. Una scommessa folle e vincente. Ricordava Giulio Borsari, uno dei meccanici mito del Cavallino nel libro scritto assieme a Cesare De Agostini nel 1981: &laquo;Nel 1962 Ferrari doveva veramente agitare talenti e il suo dito si punt&ograve; su un giovane alto e magro, gran ciuffo di capelli neri e gran cervello: Mauro Forghieri. Tutti lo conoscevano, sia perch&eacute; era il fglio di Reclus Forghieri, un anziano della fabbrica; sia perch&eacute; il giovanotto durante gli anni dell&rsquo;universit&agrave; capitava spesso all&rsquo;ufficio tecnico di Maranello per iniziare un precoce tirocinio&raquo;.  &laquo;Capit&ograve;&nbsp;come per Gilles Villeneuve: Ferrari scommise su uno sconosciuto e non si sbagli&ograve;&raquo;. Sottolineava ancora Gozzi: &laquo;Gi&agrave; nell&rsquo;ambiente studentesco a Modena, Mauro era un personaggio, un giovane animoso, noto per le alzate di cresta. Non &egrave;&nbsp;diventato Furia a Maranello. Lo era gi&agrave; prima. Aveva le doti da leader e non solo per le sue capacit&agrave;&nbsp;tecniche. Lo chiamavano Furia ma le sfuriate duravano poco. Era un sanguigno e aveva il difetto di non saper contenere quella parola in pi&ugrave;, della quale poi si pentiva subito. Succedeva quando se la prendeva con i colleghi, meccanici o con gli stessi piloti. Per&ograve; era uno sfogo che finiva l&igrave;, non era un uomo che teneva i rancori&raquo;. Progettista e responsabile del Reparto Corse Ferrari fino al 1984, &egrave; fra i nomi di maggior fama e prestigio nel mondo della Formula Uno. Di pi&ugrave;.  Scomparsa Forghieri, i ricordi da Montezemolo a Elkann  &nbsp;  Dopo il Drake, Furia il pi&ugrave; grande Cavallino  Dopo il Commendatore, Mauro Forghieri &egrave; l&rsquo;uomo che incarna maggiormente la genialit&agrave; e l&rsquo;estrosit&agrave; del Cavallino. Il suo nome &egrave; gi&agrave; sulla strada dell&rsquo;immortalit&agrave; destinato a passare alla storia accanto a quelli di Ferdinand Porsche, di Vittorio Jano, di Ettore Bugatti, di Alfieri Maserati. Ma Porsche, Bugatti, Maserati hanno dato anche il nome alle loro macchine. Forghieri no, perch&eacute; il destino lo ha messo sotto la grande ombra di Enzo Ferrari. Ma pu&ograve; anche darsi che certe ombre esaltino pi&ugrave; della luce. Questa &egrave; una storia di impegno, competizione e ricerca ai vertici assoluti, ma soprattutto una vicenda profondamente umana.  Genio senza data di scadenza  Ci eravamo abituati alla sua presenza, ad averlo accanto, alle sue esternazioni. Lui il Grande Testimone, l&rsquo;attore protagonista, l&rsquo;ingegnere a tutto tondo che diventava Furia anche con il Drake. Un vero e proprio rifugio nel quale era dolcissimo mettersi al riparo nella consapevolezza che avremmo sempre trovato sollievo. Le cose non vanno bene alla Ferrari? E allora chiamiamo Mauro Forghieri, perch&eacute; avr&agrave; sicuramente una chiave di lettura, un punto di vista diverso, un rimando al passato per trovare soluzioni nel presente e lanciarsi nel futuro. E ogni volta, c&rsquo;era sempre qualcuno che storceva il naso, accusandoci di essere accaniti passatisti. Il mondo andava avanti e che cosa poteva dire il vecchio Mauro? Sorridevo ogni volta, pensando a quanto si faccia in fretta a mettere le etichette, a tranciare giudizi specialmente davanti a personaggi come lui, un visionario che ha anticipato le epoche. Ma si &egrave; mai visto il genio avere la data di scadenza? No, non si &egrave; mai visto. A meno di non avere le fette di prosciutto sugli occhi. L&rsquo;immensit&agrave; di Furia viceversa &egrave; sempre stata un paragone scomodo per tutti quelli che sono arrivati dopo di lui.  &nbsp;  Mauro un grande amico di Autosprint  Mauro Forghieri &egrave; stato anche un grandissimo amico di Autosprint. Sempre disponibile, sempre pronto a rispondere alle domande che il nostro settimanale ha continuato a sottoporgli fino a pochi giorni fa. E Furia lo ricordano su questo numero gli ex direttori Italo Cucci e Carlo Cavicchi, facendo emergere quel lato umano e quella modestia che hanno segnato la sua esistenza e trasformato in cose all&rsquo;apparenza semplici imprese clamorose e novit&agrave; che hanno fatto scuola segnando per sempre varie epoche del Motorsport.  &laquo;Ma voi siete impazziti!&raquo;, disse a chi scrive quando gli comunicammo che avremmo voluto consegnargli un Casco d&rsquo;Oro alla carriera. Era il 2017 e l&rsquo;ingegnere, coronando un sogno di Paolo Barilla, aveva appena fatto rivivere un mito, rimettendo in pista per il GP Storico di Monte Carlo la Ferrari 312B di Clay Ragazzoni. Nel 2020 festeggiammo gli 85 anni dell&rsquo;Ingegnere con un Autosprint Gold Collection. Questa la sua prefazione: &laquo;Si dice tanto del rapporto che intercorre tra ci&ograve; che uno ha fatto nella vita e ci&ograve;&nbsp;che gli altri alla fine gli riconoscono. &Egrave; un bilancio importante, delicato e fondamentale, all&rsquo;interno del nucleo esistenziale di un uomo maturo. Voglio che questa sia l&rsquo;occasione per dire che sono grato, immensamente grato, a tutti coloro i quali mi hanno riconosciuto e mi riconoscono qualcosa di positivo, nel mio lungo impegno all&rsquo;interno delle corse.    Posso dire che nella mia vita ho incontrato rivali celeberrimi in pista e in ogni caso complessivamente delle persone molto interessanti che valeva la pena conoscere. E, in grandissima parte, delle belle persone che mi hanno sempre fatto sentire importante, gradito, accettato&raquo;. Ma poco prima aveva anche scritto: &laquo;Non avete la minima idea di cosa succeder&agrave; subito dopo l&rsquo;uscita in edicola di questo numero speciale. Le donne non mi daranno pi&ugrave; pace, tanto mi brameranno e non potr&ograve; neanche uscire di casa. E alla mia et&agrave; un po&rsquo; mi fa piacere e un po&rsquo; mi dispiace, perch&eacute; qui non riesco mica a far contente tutte eh. Ma va beh dai alla peggio vi chieder&ograve; aiuto&raquo;.  Aveva l&rsquo;ironia sottile e spesso tagliente degli emiliani. Si divertiva a prendersi in giro. Eppure &egrave; stato il pi&ugrave; grande di tutti. Con i piedi piantati nel presente e la testa sempre proiettata in avanti. Alle sfide del futuro. Un innamorato della vita. Quando dava la stura ai Grandi Ricordi potevi stare ore ad ascoltarlo. Lui anche nei ricordi, in quelle memorie che fanno ancora battere il cuore, era cos&igrave; avanti che precedeva ogni tipo di domanda e curiosit&agrave;. Una vera leggenda che ha sempre anteposto il gruppo all&rsquo;io. Autoritario e carezzevole. Le due anime di questo straordinario uomo che faceva di tutto per essere ordinario. Mauro Forghieri &egrave; stato ben pi&ugrave; di un formidabile ingegnere da corsa. Ha rappresentato l&rsquo;Italia migliore del Novecento.  Addio, Mauro Forghieri: con Furia se ne va una parte di storia  &nbsp;  Quello strano gioco del destino  Per quegli strani giochi del destino, la scomparsa di Forghieri &egrave; giunta a pochi giorni dalla presentazione della Ferrari 499P, la hypercar del ritorno ufficiale del Cavallino nell&rsquo;Endurance, a Le Mans. Con una Sport Prototipo progettata da &ldquo;Furia&rdquo;, la 312 P poi battezzata PB, si chiuse nel 1973 un periodo d&rsquo;oro per il Cavallino nelle gare a ruote coperte. E proprio alle corse endurance era legato il pi&ugrave; grande rimpianto della sua carriera. &laquo;Il mio rimpianto pi&ugrave; grande comincia a nascere quando Enzo Ferrari, dopo la 312P, inizia a credere meno nei prototipi, nelle gare di durata - raccontava l&rsquo;ingegnere ad Autosprint - Poi &egrave; vero poco dopo nel 1972 abbiamo vinto un Mondiale Marche, ma la concorrenza in quel momento non era fortissima. Infine a partire dal 1974, la Ferrari &egrave; uscita del tutto dalle corse di durata gestite in modo ufficiale, per concentrarsi nella F1 ed &egrave; l&igrave; che cresce e si matura il mio pi&ugrave; grande rimpianto.  Perch&eacute; cos&igrave; facendo siamo tornati vincenti nel Circus, ma abbiamo rinunciato a un immenso know how sul piano tecnico e non abbiamo forse onorato le vere radici della leggenda Ferrari, che non sono fatte tanto di monoposto ma di vetture a ruote coperte quali la GTO, la 250P, la P3, la P4, la 312 del 1969, quindi la P e la PB. Quello &egrave; il cuore della leggenda Ferrari, l&agrave; resta il crogiuolo ardente di quello che ha colpito per decenni l&rsquo;immaginario collettivo. Perch&eacute; l&rsquo;uomo della strada le macchine da corsa vere le pensa, le vive e le sogna con la carrozzeria avvolgente&raquo;.  E ora rendiamo grazie a Mauro Forghieri, genio immortale. Glielo dobbiamo.  &nbsp; 

&quot;Forghieri era il migliore perch&eacute; il pi&ugrave; completo. Della macchina progettava tutto&quot; queste le parole di Giampaolo Dallara sull&#39;ingegnere recentemente scomparso. Sul numero di Autosprint in edicola, l&#39;omaggio a Furia

L&#39;editoriale del Direttore: Mauro Forghieri, il saluto al migliore

Una volta, anni fa, ci dovevamo vedere per un&rsquo;intervista e Mauro Forghieri mi dette appuntamento fuori dal casello di Modena Nord. All&rsquo;ora convenuta pagai il pedaggio, vidi alzarsi la sbarra e sulla destra cercai l&rsquo;ingegnere, che gi&agrave; era l&igrave; ad aspettarmi. Tirai gi&ugrave; il vetro e lui venne a parlarmi, appoggiandosi al montante della macchina. &quot;Allora, tutto bene? Come &egrave; andata? Traffico?&quot;.   Momento memorabile  Lo guardai e il cuore mi manc&ograve; un colpo. Ero al volante e lui chino a parlarmi, con quelle domande. Poco importa avessi una Skoda da 200mila chilometri e non una Ferrari 330 P4. Era la sua postura a mandarmi in orbita. Sai quando ti si apre un universo in due secondi? Col cuore a mille stavo pensando in diretta: &quot;Forghieri chino a farmi domande mentre lo guardo dall&rsquo;abitacolo. &Egrave; una cosa sacrale, la porta del paradiso, vedere un uomo che per decenni &egrave; stato in questa posizione con i pi&ugrave; grandi piloti del mondo facendoli vincere, &egrave; un&rsquo;immagine laicamente messianica, il senso della passione di noi tutti. Il simbolo del cuore per le corse, delle emozioni pi&ugrave; belle, di Clay, Niki, Gilles e Jody. Questo non &egrave; solo un genio, un vincente, un uomo piacevole, l&rsquo;effige fosforica della Ferrari primordiale e verace e il testimone privilegiato e decisivo del suo tempo... No, Mauro Forghieri &egrave; anche molto di pi&ugrave;, per tutti noi malati di corse, specie di una certa Ferrari di una certa epoca. &Egrave; la romantica password della nostra passione, il custode di un paradiso nostalgicamente perduto, che quando vuole tira fuori le chiavi e ci riaccompagna amabilmente dentro. Tra i nostri sogni belli che furono realt&agrave;. Quest&rsquo;uomo &egrave; magico, ora come allora. &Egrave; magico e lo sar&agrave; per sempre, perch&eacute; ha il potere di far viaggiare le anime nostre solo evocando un ricordo, un nome, una sigla di macchina. &Egrave; uno degli uomini pi&ugrave; importanti delle nostre vite di appassionati e di sicuro il pi&ugrave; evocativo, il pi&ugrave; caldo, il pi&ugrave; vero&quot;.  &quot;Be&rsquo;, alora ? - Con una elle sola, all&rsquo;emiliana, mi disse lui -: che hai, lacrimi?&quot;. Ma no, ingegnere, sar&agrave; l&rsquo;allergia.  Custode dei sogni  Fine dell&rsquo;aneddoto, che precede la notizia secca, anche se nel giornalismo serio non bisognerebbe mai fare cos&igrave;. Ho scritto queste righe subito e davanti, perch&eacute; penso sia cos&igrave; per tutti noi, adesso. Non se ne va solo un grande della F.1, dell&rsquo;endurance e del Motorsaport, ma il custode caldo dei nostri sogni motoristicamente pi&ugrave; nostalgici ed esaltanti. Se n&rsquo;andato a ottantasette anni, ma &egrave; uno di quei pochi uomini che ha sempre avuto la stessa et&agrave;.  L&rsquo;et&agrave; di Mauro Forghieri. Una cosa unica, tutta sua. Maturo gi&agrave; quando era giovanissimo, fresco, freschissimo nel momento in cui l&rsquo;anagrafe avrebbe potuto farlo vecchio. Lui &egrave; stato sempre lui, altroch&eacute;. Il pi&ugrave; rinascimentale dei geni ingegneristici della F.1, perch&eacute; sapeva e sapeva fare tutto. Telaio, aerodinamica, motore, e che motori, sospensioni, viti, rondelle e prigionieri. Tutto. Come Pico della Mirandola. Dal foglio bianco alla macchina finita, passando per gestione in pista, sviluppo, tattiche, rapporto coi piloti e, ovviamente, litigate con Enzo Ferrari. &quot;Ho anche dato consigli sentimentali a Chris Amon, peraltro sbagliando&quot;, ricordava. Brenda Vernor, la mitica segretaria particolare del Commendatore, lo dice ancora: &quot;Mauro &egrave; il solo che poteva strillare nel&rsquo;ufficio di Enzo Ferrari. Poi tutto si calmava. Cominciava la spiegazione dolce e alla fine si salutavano di buon grado. Funzionava cos&igrave;&quot;.  Una vita di corsa  Arriva in F.1 a ventisei anni, da neolaureato in ingegneria meccanica e, essendo bravissimo e figlio di Reclus, capomeccanico della Ferrari dell&rsquo;era ruggente, il Vecchio lo mette subito nel giro dei Gran Premi, sulle prime a vivere il clima della squadra dominatrice con la Sharknose, nel 1961. &quot;A dire la verit&agrave; in Ferrari c&rsquo;ero gi&agrave; stato per una specie di stage, poi alla chiamata vado felice, anche se il miuo sogno &egrave; sempre stata l&rsquo;aeron autica. Debutto in F1 assistendo al Gp di Montecarlo 1961 e mi godo la vittoria di Moss con la Lotus di Rob Walker. Il solo campione della storia che cava la carrozzeria per guidare refrigerato. E fa bene. Cio&egrave;, al mio esordio, la pi&ugrave; grande lezione di ingegneria me la d&agrave; un pilota. &ldquo;Cominciamo bene...&rdquo;, penso. Poi tutto scorre veloce. Il gran capo Chiti litiga con Ferrari, con lui Tavoni e altri che se ne vanno. La Rossa resta sguarnita e il Commendatore resta quasi solo e mi chiama. &ldquo;Mauro, tocca a te&rdquo;. Ho ventisei anni e mezzo&quot;.  Gli dico che so di una gran cazziata che prese da Chiti, a met&agrave; stagione, al Gp di Francia 1961. Lui mi guarda e fa &quot;Vero, ma non ricordo perch&eacute;. E se non lo ricordo, vuol dire che era una cosa da niente. E non ne ricordo altre, di cazziate prese&quot;.   Neanche da Enzo Ferrari? &quot;Quelle erano discussioni in modenese, altra roba&quot;.   Campione del mondo con Surtees nel 1964, a 29 anni. Campione del mondo con Lauda, a quaranta. Poi ancora con Lauda, quindi con Scheckter nel 1979. Iridato con la Ferrari in endurance nel 1962, 1963, 1964, 1965, 1967 e 1972. In tutto fanno dieci. Dieci e lode, Ingegnere. E poi c&rsquo;&egrave; la Ferrari 330 P4, il bolide pi&ugrave; bello nella storia del creato. &quot;Dai, non esageriamo - commentava lui - . Mi spiace solo che ne abbiam fatte poche e che non me ne sono fatta regalare una&quot;, chiosava ridendo. Direttore tecnico e timoniere in pista della Ferrari dal 1962 al 1984, poi Lamborghini, Bugatti, Oral e le consulenze per la Bmw. Tante cose. Ma lui &egrave; l&igrave;, a rappresentare molto di pi&ugrave;. Lui &egrave; e rester&agrave; per sempre l&rsquo;uomo immagine della nostra passione.  Se la F.1 ha una effe davanti, bloccata da un punto, l&rsquo;unica spiegazione possibile &egrave; che quella effe, nel cuore di noi tutti, vuol dire Forghieri.   

Aneddoti e ricordi&nbsp;di una persona&nbsp;formidabile che ha segnato un&#39;epoca. Ecco chi era Mauro Forghieri

Addio, Forghieri, custode dei nostri sogni

Furia non c&#39;&egrave; pi&ugrave;. La Ferrari, e tutto l&#39;automobilismo, hanno perso un progettista geniale, capace di progettare ogni aspetto di una vettura, dal motore, al telaio all&#39;aerodinamica. Le sue vetture hanno portato Maranello a vincere 54 GP, 4 titoli mondiali piloti e 7 titoli mondiali costruttori, un Campionato Marche e un Campionato Europeo della Montagna

Le Ferrari di Mauro Forghieri

Mauro Forghieri, una leggenda della Ferrari e di tutto l&rsquo;automobilismo ci ha lasciato. Furia, l&rsquo;ingegnere nato a Modena nel 1935 &egrave; morto all&rsquo;et&agrave; di 87 anni.  Nel 1959, fresco di laurea in Ingegneria Meccanica all&rsquo;universit&agrave; di Bologna, entr&ograve; immediatamente in Ferrari, assegnato allo sviluppo motori del Reparto Corse.  Dalle prime ali, al V12 piatto  Sul finire del 1961, con il terremoto a Maranello che port&ograve; al licenziamento di Chiti e il passaggio di Dallara a Maserati, Enzo Ferrari promosse Forghieri al ruolo di Responsabile del Reparto Tecnico, dedicandosi allo sviluppo delle monoposto di F1 e delle Sport Prototipo.  Incarico che copr&igrave; dal 1962 al 1984, anni diventati immortali nella storia del Cavallino per i successi ottenuti grazie alle macchine incredibili e alle trovate geniali della sua mente brillante.  Ad esempio, le ali che oggi troviamo normali in F1, sono parto dell&rsquo;ingegno di Forghieri, apparse per la prima volta sulla Rossa del 1968 nel GP del Belgio.  E come non citare i trionfi della serie 312, con la rivoluzione portata dal V12 piatto e il cambio trasversale.  Idee rivoluzionarie e vincenti che portarono a Maranello le vittorie di 54 GP, 4 mondiali piloti e 7 costruttori. 

Furia non c&rsquo;&egrave; pi&ugrave;. Addio al direttore tecnico della Ferrari che mise la firma su 7 mondiali

Morto Mauro Forghieri, addio Furia

Ha da pochi giorni compiuto 85 anni l&#39;inegegner Mauro Forghieri, che tra gli anni &#39;60 e gli anni &#39;80 ha conquistato 4 titoli mondiali piloti e 7 titoli mondiali costruttori in Formula 1 con la Ferrari.&nbsp; Tra le sue creazioni pi&ugrave; riuscite la Ferrari 312 T che &egrave; stata definita l&#39;auto di Formula 1 pi&ugrave; bella di tutti i tempi. Nell&#39;augurare buon compleanno all&#39;ingegner Forghieri, non possiamo non ricordare questa vera e proria auto dei sogni.

Mauro Forghieri e la Ferrari, due nomi per una storia

Oggi, marted&igrave; 13 gennaio, l&rsquo;ingegner Mauro Forghieri compie 80 anni. Un grande traguardo per il tecnico che ha legato il suo nome dal 1961 al 1985 alla Ferrari, nell&rsquo;era ruggente delle corse, ideando e gestendo in pista monoposto e prototipi vincenti in tutto il mondo, dalla F.1 al Mondiale marche.  In particolare, in F.1 vanno ricordati i mondiali vinti da Surtees nel 1964, da Lauda nel 1975 e nel 1977 e da Scheckter nel 1979, gli ultimi tre col leggendario motore 12 cilindri piatto. In seguito lo stesso Forghieri, lasciata la Casa del Cavallino, ha lavorato anche per Lamborghini, Bugatti e Oral Engineering.  Autosprint, oltre a rinnovare i suoi auguri all&rsquo;ingegnere, nel numero della prossima settimana pubblicher&agrave; una sua intervista effettuata in esclusiva da Mario Donnini, all&rsquo;interno della rubrica Cuore da Corsa, nella quale il valente tecnico stila il bilancio di una vita dedicata al mondo dei motori.

Compie 80 anni l&rsquo;ingegnere che dal 1961 al 1985 ha legato il suo nome alla Ferrari 

9 risultati per 'Mauro Forghieri'

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Buon compleanno Mauro Forghieri!