&quot;Stirling Moss se n&rsquo;&egrave; andato stamattina, domenica 12 aprile, esattamente come ha vissuto: in modo meraviglioso&quot;.&nbsp;Sono le parole della moglie del Campionissimo, spentosi a 90 anni. Mi sembra il saluto pi&ugrave; bello immaginabile.  Fine delle favole  Con Stirling Moss perdiamo l&rsquo;et&agrave; dell&rsquo;innocenza, la dimensione della favola racing e il fascino stesso dell&rsquo;unica realt&agrave; residua capace d&rsquo;essere perfino pi&ugrave; affascinante del mito a essa ispirato. Perch&eacute; Sir Stirling Moss &egrave; una marea di cose, la quale, ritirandosi, ci lascia aridi e soli. Tristi e distanti da un mondo, il suo, ovvero la civilt&agrave; delle corse ruggenti, che lui incarnava in una sorta d&rsquo;apparentemente immortale dignit&agrave; e signorile meritocrazia, in delicata sospensione.  Dimensione che adesso appare improvvisamente un film in bianco e nero, seppiato, implacabilmente altro, disomogeneo, ormai visto da un obl&ograve; che s&rsquo;appanna, antagonista rispetto al nostro presente e al futuro prossimo. Perch&eacute; Moss vivendo ci dava la romantica illusione che da qualche parte esistesse ancora quel regno fatato in cui lui era stato re senza corona e allo stesso tempo eroe con immensa gloria, come pu&ograve; esserlo un tribuno alieno alla toga senatoriale ovvero un capopopolo amatissimo che se ne frega dell&rsquo;investitura prefettizia.  Cavaliere del rischio fin da subito    Bastava una frase di Moss, vederlo guardare il vuoto come a cercare in un forziere visibile solo a lui, per prepararsi al luccichio d&rsquo;un gioiello dialettico, di una frase fulminante che allo stesso tempo faceva ridere, pensare e commuovere. Moss essenzialmente era uno che aveva rischiato la pelle da quando aveva 17 anni d&rsquo;et&agrave;, ovvero dal 1946, con tanto di licenza da corsa strappata precocemente (non) si sa come, fino al 1962, il giorno di Pasquetta, con l&rsquo;incidente terribile in una gara di F.1 che non conta niente, ma sufficiente a distruggergli la carriera.  Quando ad aspettarlo c&rsquo;era una Ferrari da Gran Premio, per un&rsquo;inusitata autogestione made in Britain. Moss non &egrave; quantit&agrave;, anche se le 212 vittorie su 529 gare disputate qualcosa dicono. No, lui sta tutto nella qualit&agrave;. Nobilt&agrave;, purezza di guida, d&rsquo;animo e coglioni superquadri.  Dai, diciamoci la verit&agrave; una volta per tutte. Il mondo delle corse, nel secondo dopoguerra era un&rsquo;enclave strana, particolare e per certi versi decisamente anomala e fatta a modo suo. Sul Pianeta Terra, dopo il casino bellico conclusosi con l&rsquo;immane tragedia, Italia e Germania, e in special modo la Germania, erano state escluse da tutto e tutti.  Ma solo nelle corse potevano vivere una specie di zona franca, di terra di nessuno sulla quale la superiorit&agrave; acquisita negli anni d&rsquo;oro dei Grand Prix e delle Vetturette poteva ancora esplicarsi e svilupparsi, incurante di tutto ci&ograve; che era (ac)caduto e s&rsquo;era distrutto.  Italia Vs. Germania    Cos&igrave; la F.1, nei primi nove anni 1950-1958, &egrave; una faccenda italo-tedesca, coi cicli Alfa Romeo, Ferrari e quindi Mercedes, finalmente tornata, nonch&eacute; ancora Ferrari, Maserati e di nuovo Ferrari. Lasciate stare che il primo Gp iridato della storia si corre in Gran Bretagna nel 1950 e che il re passa in rassegna i piloti dando la mano a tutti loro. La verit&agrave; &egrave; che i britannici, sinonimo financo d&rsquo;antiche battaglie calcistiche, a qualsiasi italiano, partigiano, democratico, repubblicano, repubblichino o monarchico, stavano sul piano squisitamente sportivo tutto sommato amabilmente sulle palle.  Ecco, attenzione: Stirling Moss, no. Lui mai. Gi&agrave;. &Egrave; il primo, tra i Figli d&rsquo;Albione - e meno male sarebbe poi seguita una lunga e graditissima schiera - a superare barriere culturali, pregiudizi, steccati simpatici e, a turno, odiosi se non immaginabili.  Storia di un sopravvissuto  Lui, britannico, nel 1950, poco pi&ugrave; che ventenne, eccita all&rsquo;inverosimile il pubblico in un infuocato pomeriggio a Caracalla, sul tracciato cittadino dove infuria un indimenticabile Gp di Roma, non valido per il mondiale.  Manda tutti in visibilio volando al volante di una minuscola Hwm in zona podio a sfidare le Ferrari ufficiali di Ascari, Villoresi e Vallone, fino a che gli si stacca una ruota.  E leggenda vuole che Moss sia volato davvero, fino ad atterrare sopra un albero. Mah, chiss&agrave;. Mio padre, che quel giorno era l&igrave;, non sull&rsquo;albero ma in zona box, giurava d&rsquo;aver visto i meccanici della Hwm piangere, perch&eacute; quel 20enne ragazzo dalla guida meravigliosa doveva esser morto, in quell&rsquo;incidente cos&igrave; pugnacemente omerico. E invece no. Moss &egrave; vivo. Eccome.  &Egrave; un sopravvissuto e tale poeticamente rester&agrave;, anzi, diventer&agrave; sempre di pi&ugrave;, nelle sette decadi successive, a incarnare l&rsquo;ultimo, il pi&ugrave; emblematico e anche il pi&ugrave; affascinante survivor d&rsquo;un&rsquo;epoca intera. La pi&ugrave; rivissuta dai posteri afflitti dalla nostalgia pi&ugrave; lancinante, provata per i sogni altrui, per i miti della generazione precedente e rimpianta. Ma dai, non &egrave; mica solo questo.  Inglese ed ebreo, vincente su auto tedesca  Guardiamo la faccenda anche da un altro lato che di solito non racconta nessuno. Stirling Moss, di nonno ebreo, &egrave; il primo grande personaggio sportivo di chiara tracciabilit&agrave; semitica ad essere ingaggiato dalla Mercedes in F.1 e nelle gare sport, ovvero da una delle Case che fino a tre lustri prima godevano dell&rsquo;appoggio, della sovvenzione e del beneplacito propagandistico della Germania nazista.  Certo, si parla solo di Jesse Owens alle Olimpiadi di Berlino 1936 che fa incazzare Hitler, ma pensate quale meraviglioso e liberatorio segnale di rivoluzionaria pacificazione e di meravigliosa neorealt&agrave; condivisa &egrave; vedere Stirling Moss - il cui vero cognome, di famiglia storicamente ebrea, mica per caso era Moses - trionfare nel 1955 in sequenza nelle gare pi&ugrave; importanti del mondo con le Mercedes - monoposto e Sport - fino a tre lustri prima sostenute dai nazi.  Parlo di Mille Miglia, Targa Florio, Gp di Gran Bretagna e Tourist Trophy. Il 16 luglio 1955 vince il Gp di Gran Bretagna di F.1 al volante di una Silberpfeil, di una freccia d&rsquo;argento. Be&rsquo;, e pensate un po&rsquo;, sempre in quel 1955, ma nel bel mezzo della primavera Moss, era gi&agrave; nella leggenda e per sempre, visto che il 30 aprile-1 maggio a bordo della Mercedes-Benz 300 SLR spyder (di 2982 cm&sup3;) aveva sbancato la Mille Miglia in 10h07&rsquo;48&rdquo; a 157,650 di media, record imbattuto nei secoli dei secoli amen, per il tracciato Brescia-Roma-Brescia. In quella che viene unanimemente ricordata come la corsa pi&ugrave; epocale e magica in tutta la storia delle competizioni.    Oddio, nella leggenda lui entra anche per altri motivi. Si tramanda che Stirling Moss quella notte si sia sparato lunghi tratti a oltre 290 orari di velocit&agrave; di punta e, consapevole che la morte poteva ghermirlo da un momento all&rsquo;altro, abbia ospitato accanto a s&eacute; un frate, declamante a voce stentorea passi della bibbia.  Ma no?! Vai e senti, il barbuto a bordo c&rsquo;era eccome, ma costui era Denis Jenkinson, poi guru dei giornalisti british e al tempo anche passeggero di sidecar, il quale in realt&agrave; snocciolava note e caratteristiche del tracciato, ricorrendo a un pioneristico tripmaster in veste di road book, altro che messale.  Ecco, visto? Con Stirling Moss la verit&agrave; &egrave; pi&ugrave; premiante, razionale, telescopica e bella della fantasia che vorrebbe avvolgerla, tanta &egrave; la sostanza rispetto alla forma e alla vulgata oleografica.  Eppoi, aridaje, quei racconti favolosi di Moss il quale al via da Brescia ha in dono una pillola da Fangio, che lo fa stare con gli occhi sbarrati e senza paura dall&rsquo;inizio alla fine. Be&rsquo;, era vero sul serio.  La pastiglia conteneva benzedrina e dexedrina. Con essa, ma non certo grazie ad essa, perch&eacute; il resto fu solo classe, Stirling sbaragli&ograve; tutto e tutti, Fangio compreso, che l&rsquo;aveva ingerita pure lui.  E in corpo il british ne aveva ancora, perch&eacute; appena finita la maratona, fatta una doccia e cambiata auto, l&rsquo;asso prese a bordo la fidanzata riaccompagnandola a Colonia, gi&agrave; che c&rsquo;era, facendo colazione a Monaco e pranzando a Stoccarda.  Passato e presente  Cristo santo, leggi &rsquo;ste cose di quest&rsquo;uomo e tremi, felice che sia esistito, mentre, francamente, prende la peronospora solo a pensare che la cosa pi&ugrave; stordente con la quale ci pu&ograve; stupire ora Lewis Hamilton &egrave; se si spara un selfie al cesso, mentre indossa una sciarpina di Ferragamo. Poi, per carit&agrave;, Lewis &egrave; un grande, immenso pure lui, ma &egrave; lo status symbol che cambia, il feedback emotivo, la stessa connotazione esistenziale a lanciare scariche adrenaliniche differenti.  E questo &egrave; lo stesso Lewis Hamilton a riconoscerlo per primo, penso. E poi non finisce qui.  Torniamo a quel mondo della F.1 ancora tutta e solo italo-tedesca. Nel 1958 &egrave; proprio Stirling Moss sulla superbritish Vanwall ad attaccare per primo il duopolio iridato e la cosa assolutamente incredibile &egrave; che Moss e la Vanwall piacevano, facevano sognare e affascinavano tutti, italiani e tedeschi compresi.  A Monza 1958 Moss su Vanwall nel finale perde pezzi di copertone grandi come stracci, ma va a vincere con mezzo minuto sulle Ferrari di Hawthorn e Hill. E qui passo al parere di Romolo Tavoni, ultranovantenne diesse di quella Rossa, il quale dice chiaramente: &laquo;Moss e la Vanwall nel 1958 erano i pi&ugrave; forti e noi dietro, nessun dubbio. Alla fine il titolo lo vincemmo per un pizzico di fortuna e affidabilit&agrave; in pi&ugrave;, anche e soprattutto perch&eacute; nel finalone di Casablanca ci fu gioco di squadra. Ma sul piano del merito e delle capacit&agrave;, Moss numero uno, punto&raquo;.  Campione sempre  E poi c&rsquo;&egrave; la faccenda dello spirito sportivo. Dell&rsquo;animo duro ma puro. Dai, su, quattro su cinque top driver - e mi tengo bello largo nella stima - sono invariabilmente, ciascuno a modo suo, dei sonori figli di mignotta. Stirling Moss, no. &Egrave; una brava persona, ecco. Nel Gp del Portogallo a Oporto 1958 potrebbe far squalificare il rivale Hawthorn che &egrave; ritornato in pista percorrendo un tratto a rovescio di una via di fuga per far riaccendere la sua Ferrari.  Ma Moss medesimo, anzich&eacute; accusarlo, lo difende disperatamente: &laquo;Sono stato io a urlargli di farlo, era la cosa pi&ugrave; logica, lui neanche ci avrebbe pensato. La colpa di ci&ograve; che ha fatto Mike &egrave; mia, lasciatelo stare&raquo;. Fantastico.  E Mike viene assolto e infine gli puppa il titolo. Vado oltre. A chi a fine anno - avendo perso il mondiale per un nonnulla a Casablanca, ovvero per la malinterpretazione di una segnalazione dai box -, gli chiede se non sia pentito del suo spirito cavalleresco, Moss ribadisce bello tosto: &laquo;Per me vincere ha un senso solo se dimostro d&rsquo;essere il pi&ugrave; forte in pista, in modo netto e leale. Non mi interessa essere il campione del mondo pi&ugrave; furbo. Ho paura di fare mio un titolo senza meritarlo, non certo di perderlo essendo il pi&ugrave; veloce&raquo;.  Bingo. Lui lo dice e lo mette in pratica. Mai pi&ugrave; nessuno, a oggi, sar&agrave; moralmente e sportivamente capace di fare e testimoniare altrettanto.  Ed &egrave; cos&igrave; che tra il 1955 and 1961 Moss &egrave; per quattro volte vice-campione del mondo e tre volte si piazza terzo. Sempre in quel seminale 1958, Moss, vincendo il Gp d&rsquo;Argentina con la Cooper T43 di Rob Walker, &egrave; il primo a fare centro con squadra privata in un Gp iridato e, soprattutto, su una monoposto a motore posteriore, annunciando la nuova era.  Troppa sfortuna  Poi c&rsquo;&egrave; un dolce paradosso. Se nei Gran Premi tante volte le sfighe ovvero noie tecniche quasi inspiegabili - i suoi tifosi le chiamano &ldquo;gremlins&rdquo; - gli tolgono vittorie e titoli, &egrave; nelle gare di durata che il campionissimo vince superbamente non tutto ma di tutto, da Sebring (con la Osca!) alla Targa Florio passando per una mitragliata di trionfi alla 1000 Km del Nurburgring, comprendo anche il Tourist Trophy del Rac. La verit&agrave; &egrave; che Moss ben prima di Gendebien e Ickx potrebbe essere visto come il pi&ugrave; forte dell&rsquo;era eroica nell&rsquo;endurance e peccato solo che al tempo il mondiale di durata premiasse solo le Marche. A ben guardare gli sfugge Le Mans 1955 solo perch&eacute; la Mercedes si ritira per lutto, causa l&rsquo;immane tragedia di Levegh, mentre la coppia pi&ugrave; forte di tutti i tempi, ossia Fangio-Moss, veleggia in testa, con due giri di vantaggio.  Amore per il rischio  Ma son particolari. Moss &egrave; avanti, nelle corse e nella vita. Se Fangio ha Marcello Giambertone, Stirling in veste di manager vanta Ken Gregory ed &egrave; senz&rsquo;altro pioniere nell&rsquo;avere una visione gestionale professionistica e modernissima della sua carriera, che, questo s&igrave;, fa convivere ancora con gli impulsi pulsionali pi&ugrave; ancestrali, come l&rsquo;amore per il rischio allo stato puro. Eppure non &egrave; n&eacute; corporate n&eacute; avido.  Addio doloroso  La sua partnership con Rob Walker resta indice della dimensione pi&ugrave; amata, quello dello sportsman. Eppoi arrivano quella Pasquetta che gli spezza la carriera e questa Pasqua che lo passa a miglior vita.  In mezzo quasi sessant&rsquo;anni vissuti da patriarca, guru, adorato simbolo sincero di se stesso. Icona intelligente delle Corse, opinionista conservatore, custode della fede racing, mai banale e dimostrazione sistemica che se sfiori il mondiale troppe volte alla fine a rimetterci &egrave; il titolo che non viene ghermito.  Piace a Enzo Ferrari, che lo paragona a Nuvolari, strega Forghieri, il quale, nel primo Gp visto dal vivo, lo ammira a Montecarlo 1961 vincere con la Lotus di Rob Walker priva di carrozzeria laterale, per refrigerarsi.  Ma il matrimonio con la Rossa sfuma sui gradini della chiesa, per colpa del crash maledetto, lasciando per sempre nell&rsquo;aria il fascino di quella distopia eccitante, di ci&ograve; che avrebbe potuto essere e mai fu. &laquo;Sono un uomo molto fortunato, perch&eacute; per tutta la vita ho avuto la possibilit&agrave; d&rsquo;essere me stesso. Il resto non mi interessa, zero rimpianti&raquo; - amava ripetere.  E a chi gli chiedeva come si collocasse nella classifica di tutti i tempi come pilota, lui, dopo una sapiente pausa recitativa stupita, rispondeva puntualizzando: &laquo;I&rsquo;m not a driver. I&rsquo;m a racer&raquo;. E solo questo conta, adesso, qui ed ora, che lo salutiamo, volendogli ancora pi&ugrave; bene. Stirling Moss non &egrave; un pilota. &Egrave; un corridore. 

Ecco perch&eacute; il grande campione, scomparso di recente a 90 anni d&rsquo;et&agrave;, &egrave; destinato a restare per sempre nella storia delle corse pi&ugrave; epiche e amate dagli appassionati

Stirling Moss, non ti dimenticheremo

Tutto inizi&ograve; con Nando Minoja e Giuseppe Morandi, primi vincitori della corsa pi&ugrave; bella del mondo. Erano passate da due minuti le 6 di mattina, quando la OM 665 Superba dei due bresciani tagli&ograve; il traguardo di Viale Venezia tra il tripudio della folla. Il &quot;Corriere della Sera&quot; cos&igrave; celebr&ograve; l&rsquo;impresa: &laquo;Poco pi&ugrave; di venti ore, nemmeno un giorno e una notte per compiere quasi 1700 km: una media che supera i 77 orari. L&#39;automobile &egrave; passata per le strade di mezza Italia come un dominatore di tempo e di spazio. Il successo del mezzo meccanico appare dunque grandioso&raquo;.  Era nata la leggenda Mille Miglia. Epica pura, i cui primi eroi furono Nuvolari, Campari e Varzi, maggiori esponenti dello squadrone Alfa Romeo, capace di vincere dieci edizioni nel decennio 1930-40. Solo Mercedes e BMW furono in grado di spezzare il dominio delle 6C e delle 8C in una sfida Italia Germania che travalicava i confini dello sport.  Nuvolari con &ldquo;l&rsquo;Alfa rossa fa quello che vuole&rdquo;, cantava Dalla e il Mantovano volante &egrave; il pilota che pi&ugrave; di tutti ha legato il suo nome alla Freccia Rossa. E fra tante imprese merita di essere ricordata soprattutto l&rsquo;ultima, quando il vecchio campione, ormai avanti con gli anni e devastato a causa della morte prematura dei figli, cedette alle lusinghe di Enzo Ferrari. Era il 1948 e la Mille Miglia contribuisce a far tornare alla normalit&agrave; un Paese in ginocchio, dopo che l&rsquo;anno precedente Giannino Marzotto e Roberto Rossellini avevano vinto la prima edizione del dopoguerra (vedi il video).  &nbsp;    &ldquo;Sfasciala, non ti preoccupare. Non avere paura, nessuno potr&agrave; superarti, neanche il diavolo!&rdquo;. Cos&igrave; Ferrari incit&ograve; Nuvolari, riferendosi alla nuova 166 SC. E Nivola paura non ne aveva. Si trovava in testa, quando iniziarono i guai, con la sua macchina che lasciava pezzi in giro per mezza Italia. Alla fine si spacc&ograve; anche una balestra e nei pressi di Reggio Emilia Nuvolari costretto a ritirarsi. Era distrutto, esaurito. Un prete gli mise a disposizione la sua canonica mentre Ferrari accorse dal suo campione: &ldquo;Coraggio Tazio, sar&agrave; per il prossimo anno&rdquo; disse il Drake. &ldquo;Ferrari, giornate come questa, alla nostra et&agrave;, non ne tornano molte&hellip;.&rdquo; La replica dell&rsquo;eroico mantovano, che sarebbe morto quattro anni dopo.  Ora la Mille Miglia compie 90 anni, un anniversario eccezionale, da celebrare con un&rsquo;edizione degna. Per la 35esima edizione rievocativa, organizzata per il 5&deg; anno da 1000 Miglia Srl, &nbsp;le richieste di iscrizione sono state 695 ma &ldquo;solo&rdquo; 440 saranno le vetture accettate (tutte costruite tra il 1927 e il 1957), provenienti da 41 paesi di tutto il mondo.  Il percorso illustrato oggi durante la conferenza stampa di Brescia, presenta alcune varianti rispetto al 2016. Da gioved&igrave; 18 a domenica 21 maggio saranno attraversati pi&ugrave; di 200 comuni, 7 regioni italiane e la Repubblica di San Marino. Tra le novit&agrave;, spiccano le &ldquo;prove spettacolo&rdquo; che le vetture in gara disputeranno in alcune piazze storiche italiane e un sostanzioso aumento del numero di prove cronometrate, che salgono a 112, pi&ugrave; 18 rilevamenti in 7 prove a media imposta.  La classifica finale, dopo l&rsquo;applicazione dei coefficienti (invariati dopo le modifiche dello scorso anno) sar&agrave; cos&igrave; costituita da un totale di 130 tratti a cronometro. Le ultime prove cronometrate, decisive per la classifica, saranno disputate in un contesto suggestivo: le piste dei Tornado del 6&deg; Stormo dell&rsquo;Aeroporto Militare di Ghedi.  Quattro, come sempre, le tappe: il prologo (marted&igrave; 16 maggio) sar&agrave; il Trofeo Roberto Gaburri, gara di regolarit&agrave; alla quale prenderanno parte un centinaio di vetture. Dopo verifiche e punzonatura, che saranno come sempre tenute alla Fiera di Brescia e, di seguito in Piazza della Vittoria con partenza da Viale Venezia, alle ore 14:30 di gioved&igrave; 18 maggio.  Da Brescia, dopo i classici passaggi sul Lago di Garda, superata Verona, le punteranno su Vicenza, per chiudere la prima tappa a Padova. Il giorno dopo la seconda tappa porter&agrave; i concorrenti a Roma percorrendo l&rsquo;Umbria e attraversando a Ferrara, Ravenna, San Marino, Urbino, Gubbio, Perugia e Terni. L&rsquo;arrivo a Roma &egrave; previsto intorno alle 21:15, con la passerella in Via Veneto e il consueto tour notturno nel cuore dell&rsquo;Urbe.  Sabato 20, con start alle 6:30, il percorso dalla Capitale rester&agrave; invariato fino alla Toscana. &Egrave; il tratto pi&ugrave; classico della corsa che comprende il passaggio a Ronciglione, Viterbo, Radicofani e Siena, con l&rsquo;irrinunciabile spettacolo di Piazza del Campo.  Da qui la Mille Miglia salir&agrave; verso Nord passando a Montecatini Terme e Pistoia, valicando gli Appennini lungo il Passo dell&rsquo;Abetone, per poi percorrere la pianura da Reggio Emilia a Modena. La terza tappa si concluder&agrave; a Parma, prima della volata finale di domenica 21 maggio, attraverso la Pianura Padana fino a Brescia, passando per Cremona e Mantova. 

Il 18 maggio parte da Brescia la 35esima edizione moderna della Freccia Rossa, la corsa pi&ugrave; bella del mondo&nbsp;

Mille Miglia, la leggenda compie 90 anni

Dalla vittoria di Minoja e Morandi nel 1927 passando ai trionfi di Nuvolari su Alfa Romeo e alla vittoria record di Stirling Moss su Mercedes 300 SLR. La Mille Miglia ha contribuito a creare vere leggende del motorsport e per i 90 anni della Freccia Rossa &nbsp;l&rsquo;Automobil Club Brescia ha organizzato un&rsquo;edizione 2017 veramente speciale. Ben 440 le vetture iscritte, costrite dal &rsquo;27 al &rsquo;57, che si corre dal 18 al 21 maggio, con partenza e ritorno a Brescia dopo l&rsquo;usuale giro di boa a Roma.&nbsp;

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Mille Miglia, 90 anni di leggenda Freccia Rossa