        Una F1 che sfreccia davanti al Colosseo, &egrave; un'immagine che &egrave; gi&agrave; di per s&eacute; una suggestione. Un rombo che scuote l'aria, una corsa calata nel bel mezzo della Citt&agrave; Eterna. La Formula 1 e Roma sono stati come due amanti che si sono sfiorati, annusati, persino guardati negli occhi. Spesso vicini, ma sempre troppo distanti per diventare un qualcosa di concreto. E' stata una specie di solitudine dei numeri primi, ma in salsa corsaiola. F1 2021, ufficiale: torna Imola, slittano Australia e Cina L'aut aut di Ecclestone Esattamente dieci anni fa, Bernie Ecclestone poneva l'aut aut e distruggeva, di fatto, le speranze di vedere un Gran Premio di Formula 1 a Roma. Era precisamente il 13 gennaio 2011, il Circus si apprestava a dare il benvenuto a Drs e Pirelli ed il bentornato al Kers, mentre Bernie scriveva al sindaco di allora, Gianni Alemanno: "I team vogliono tenere il numero delle gare fino ad un massimo di 20 in un anno e con pi&ugrave; appuntamenti negli Usa. Per questo ora risulta impossibile programmare un altro Gp di F1 in Italia. Comunque se Monza fosse tolta dal calendario o si potesse alternare Monza con Roma, questo potrebbe essere accettabile e potrei tentare di ottenerlo". Mentre lo comunicava, gi&agrave; sapeva che stava spazzando via le ultime speranze romane. Steiner difende Mazepin: "Bravo e con i soldi" Monza, ma anche Mugello ed Imola Monza pi&ugrave; che una gara &egrave; un'istituzione, impensabile toglierla. E va anche detto che in un Paese come l'Italia, che oltre a Monza ha altre piste fantastiche come Imola ed il Mugello, si far&agrave; sempre fatica a portare nuovi circuiti, proprio perch&eacute; quelli che ci sono gi&agrave; sono storici e meravigliosi, per cui non c'&egrave; apparentemente motivo di farne altri. Ma nell'epoca della Formula 1 (leggi: Ecclestone) che voleva per forza andare a correre nel bel mezzo delle capitali (a quello, poi, ci ha pensato la Formula E), candidare Roma era quasi un atto naturale. Se il Circus doveva correre nel pieno centro di una grande citt&agrave; (erano gli anni in cui si vociferava anche di tappe a Londra e Parigi, ma soprattutto in varie citt&agrave; americane), tanto valeva, per l'Italia, provarci con Roma. Quel tentativo fu anche il modo per rispolverare una suggestione sopita da pi&ugrave; di 30 anni. Roma si era gi&agrave; affacciata pi&ugrave; volte alle corse, in un rapporto con i motori mai lineare e spesso contorto. Riviviamolo. Dakar 2021: Peterhansel, mani sulla vittoria Le prime gare a Roma Roma ed il mondo dei motori si incontrarono per la prima volta quasi 100 anni fa, il 22 febbraio 1925. Si trattava del &ldquo;Reale Premio di Roma&rdquo;, detto anche Gran Premio Reale di Roma, vinto da Carlo Masetti su Bugatti. Si corse sul circuito di Monte Mario, davanti a Mafalda di Savoia, figlia del re: partenza da via delle Milizie per un circuito lungo pi&ugrave; di 10 chilometri che toccava la salita della Camilluccia per poi andare lungo il Tevere ed arrivare in viale Beato Angelico. L'automobilismo era anche propaganda: l'automobile all'epoca era simbolo di potenza, ed a Mussolini non dispiaceva l'idea di vedere crescere le industrie delle quattro ruote, con la velocit&agrave; come tematica fondamentale della cultura artistica molto in voga allora, il futurismo. Niente di meglio, insomma, che promuoverlo nella Capitale. Per questo, in un proliferare di gare, la prova di Roma si ritagli&ograve; un suo spazio. Il Gran Premio Reale di Roma and&ograve; avanti fino al 1932, alternandosi su vari tracciati come Villa Giulia, Parioli, Tre Fontane ed il Circuito del Littorio, nuovo e ricavato nell'area dell'aeroporto del Littorio, oggi Aeroporto dell'Urbe. Inaugurato nel 1928, il Littorio doveva essere la &ldquo;risposta&rdquo; all'Autodromo di Monza, con Mussolini che non disdegnava la riproposizione dell'ideale &ldquo;Roma caput mundi&rdquo;. Non funzioner&agrave; con il Littorio, complice un'errata gestione delle risorse economiche, e le corse automobilistiche a Roma cesseranno qualche anno dopo, con altre gare disputate sul &ldquo;Circuito dell'Impero&rdquo; ad Ostia ma non valide come Gran Premio di Roma. Bottas, traversi di prova aspettando l'Artic Lapland Rally Il dopo guerra Quello che accadde dal 1939 al 1945 &egrave; storia, ma Roma voleva e doveva avere un ruolo dopo il conflitto mondiale. Tocc&ograve; cos&igrave; alle Terme di Caracalla tornare ad ospitare le aspirazioni di un'Italia che ripartiva, anche se a stento, dopo la Seconda Guerra Mondiale. La prima edizione fu quella del 1947, consegnata agli annali: fu la prima affermazione di una Ferrari in veste di costruttrice totale e la storia non si cancella. Nonostante questo per&ograve;, Roma non riusc&igrave; a diventare imprescindibile per il mondo dei motori: nel 1950 fu formato il nuovo campionato di Formula Uno, che per la tappa italiana scelse Monza, e da l&igrave; la storia automobilistica vedr&agrave; Roma sempre come una succursale defilata. Tuttavia nella Capitale il pubblico riuscir&agrave; ad ammirare lo stesso la F1 dal vivo, con l'edizione del 1954 che attraversava la pineta Castelfusano, ad Ostia, con all'opera anche le monoposto della massima formula, sebbene in un'edizione non valida per il mondiale, cos&igrave; come quelle del 1963 e del 1972 (quest'ultima nota come &ldquo;Gran Premio della Repubblica Italiana), entrambe fuori dal calendario ufficiale e disputate tutte e due e Vallelunga, da l&igrave; in poi vero cuore pulsante dell'automobilismo romano. L'edizione del 1972 sar&agrave; un'occasione mancata, perch&eacute; tanti bei nomi snobberanno una corsa non ufficiale per il campionato e tra questi pure Enzo Ferrari. In un autodromo comprensibilmente deluso e non scaldato dal successo di Emerson Fittipaldi su Lotus, fu quella l'ultima volta della F1 nelle terre romane, mentre Vallelunga a partire dal 1963 diventava tappa fissa dei campionati di Formula 2 prima e di Formula 3000 poi. Edicola: l'editoriale del Direttore Cos&igrave; vicini Arrivarono poi gli anni '80, e fu lo stesso Ferrari a riaccendere la fiamma della passione: &ldquo;Serve vivacizzare l'automobilismo romano, da tempo stagnante&rdquo;. L'investitura che arriv&ograve; direttamente dal creatore del marchio automobilistico pi&ugrave; conosciuto al mondo mise improvvisamente in moto una girandola di tentativi, il cui motore era un'idea che poggiava su solide prospettive. La zona indicata per la corsa sarebbe stata quella dell'Eur, ed a Bernie Ecclestone, ormai gi&agrave; capo supremo del Circus, portare direttamente le F1 nel cuore della Citt&agrave; Eterna non dispiaceva affatto. Lo stesso Ferrari parl&ograve; di un accordo trovato tra Comune, CSAI ed Ecclestone, con la corsa romana che sembr&ograve; avere possibilit&agrave; per il 1985. Inserita inizialmente come sostituta di New York, saltata la tappa newyorkese il Gp di Roma sogn&ograve; di vedere veramente un Gp tra le sue strade, soprattutto dopo l'ispezione con esito positivo del circuito dell'Eur nel febbraio del 1985. Roma fu inserita in calendario come Gp d'Europa, e fu trovata anche una data: 13 ottobre 1985. Sembrava fatta, ma nel marzo di quell'anno, in seguito anche alle forti proteste degli ecologisti, il Consiglio Comunale fece marcia indietro e della Formula Uno a Roma non se ne fece pi&ugrave; nulla. Passeranno pi&ugrave; di 20 anni e la nostalgia canaglia si far&agrave; risentire, con il 2009 che si apr&igrave; con una notizia da prima pagina: Bernie Ecclestone vuole la F1 a Roma. Che fine hanno fatto: Robert Doornbos L'ultima speranza, poi l'elettrico Altre peripezie, il vortice si rimise in moto ed altre trattative indussero ad immaginare un Circus per le strade di Roma nel 2012. In un primissimo schizzo di circuito, si immagin&ograve; un passaggio vicino al Colosseo, ma la cosa si rivel&ograve; infattibile e si ripropose nuovamente un circuito cittadino all'Eur, con gli organizzatori che firmarono un accordo con Ecclestone alla fine del 2009. L'idea stava assumendo concretezza, il lavoro andava avanti e si cominciava a pensare che il tutto potesse divenire realt&agrave;: in tanti lo volevano, tutti ne parlavano, mentre Fiorello nei suoi show ci scherzava su dicendo che sarebbe stato l'unico Gran Premio di sempre con le buche sulla pista. L'ipotesi di una doppia tappa in Italia per&ograve; stonava con l'idea dello stesso Ecclestone di estendere il calendario a pi&ugrave; Paesi possibili, cosa che imponeva al tempo stesso un massimo di un Gp per nazione. Inevitabili dunque gli scontri sul piano politico tra Roma e Monza, con la tappa lombarda che rappresenta ancora oggi un monumento delle corse indissolubile. Gli accordi con Monza erano ferrei, e la pista brianzola aveva alle spalle una storia quasi secolare: cancellarla sarebbe stato un errore, per questo si lavor&ograve; ad un doppio, speciale appuntamento in Italia, fino a quando Bernie Ecclestone impose il dentro o fuori, con quelle parole sciorinate in precedenza: o una o l'altra, al massimo alternanza tra le due piste di anno in anno. Di l&igrave; a poco tramont&ograve; definitivamente l'idea della F.1 a Roma, con la Citt&agrave; Eterna che ha trovato la sua riscossa ai giorni nostri: l'ePrix della Formula E &egrave; stato per due anni un successo ed oggi la Capitale si gode questa nuova realt&agrave; delle corse elettriche. Il Covid-19 ha cancellato l'edizione 2020, ma non importa: con un accordo esteso fino al 2025, dopo tanti anni Roma &egrave; riuscita finalmente ad avere la sua gara.&nbsp; Bonaccini: "Imola deve diventare un appuntamento fisso"       

<p>Esattamente 10 anni fa l'ex padrino della Formula 1, dopo aver pi&ugrave; volte caldeggiato l'idea di correre nella Capitale, imponeva un dentro o fuori con Monza che segn&ograve; l'inizio della fine delle speranze per Roma</p>

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GP Roma, la suggestione e l'aut aut di Ecclestone